Radiazione elettromagnetica, con lunghezza d’onda compresa all’incirca fra 1 mm e 0,7 μm (7000 Å), cioè di frequenza all’incirca fra 3∙1011 e 4∙1014 Hz; si estende dall’estremo superiore dello spettro delle onde hertziane (microonde) all’estremo inferiore (rosso) dello spettro delle onde luminose. La banda infrarossa (IR) è generalmente suddivisa in i. vicino, che indica il campo di lunghezza d’onda da 0,7 a 10 μm, i. medio, lontano ed estremo, che indicano i campi da 10 a 50 μm, da 50 a 300 μm e da 300 μm a 1 mm, rispettivamente.
Le radiazioni infrarosse sono emesse da ogni corpo ‘caldo’ e, inversamente, ove siano assorbite da un corpo, danno luogo in questo a uno sviluppo di calore; queste proprietà termiche sono comuni a tutte le radiazioni elettromagnetiche, ma si manifestano in modo più sensibile con le radiazioni infrarosse, che pertanto sono anche dette radiazioni termiche. L’emissione infrarossa è legata a transizioni tra livelli energetici vibrazionali delle molecole. La circostanza che la lunghezza d’onda della radiazione sia in relazione con i moti vibratori molecolari fa sì che lo studio degli spettri di emissione (e di assorbimento) nell’i., cioè la spettroscopia nell’i., costituisca un efficace mezzo d’indagine delle strutture molecolari e dei legami reticolari.
Le radiazioni infrarosse sono sfruttate anche per varie applicazioni tecniche. Così, il fatto che lo spettro di assorbimento dei gas atmosferici e dell’atmosfera terrestre nel suo insieme, presenti ‘finestre’ di grande trasparenza nel campo dell’i. permette di eseguire fotografie con emulsione per i. di oggetti a grande distanza, quasi sino al limite dell’orizzonte geometrico, in condizioni di scarsa o nulla visibilità causate dalla foschia. Il progredire delle tecniche infrarosse ha reso possibili numerose applicazioni in diversi campi, tra cui la fisica dell’atmosfera e la meteorologia, l’ecologia, la geologia e l’oceanografia per lo studio delle risorse terrestri, la medicina per la diagnosi precoce di alcuni tumori, l’identificazione e l’allarme anticrimine, e numerose applicazioni militari. La fotografia con lastre sensibili alle radiazioni i. ha anche applicazione nell’indagine archeologica e nel restauro delle opere d’arte.
L’astronomia nell’i. (o astronomia infrarossa) è il settore dell’astronomia che utilizza osservazioni infrarosse per lo studio di sorgenti astronomiche.
Rivelatori nell’i. di grande sensibilità sono relativamente difficili da utilizzare, per la necessità di raffreddarli a temperature criogeniche per diminuirne il rumore; inoltre l’atmosfera terrestre è complessivamente molto meno trasparente nell’i. che nel visibile. Ciò è dovuto in gran parte alla presenza di molecole di vapor d’acqua, O2, O3, CO2, CO: la radiazione infrarossa eccita transizioni vibrorotazionali di tali mole;cole ed è quindi intensamente assorbita (v. fig.). Le stesse transizioni molecolari producono intense righe di emissione, per cui l’atmosfera è una brillante sorgente infrarossa, che rende difficile la misura dei deboli flussi di radiazione infrarossa provenienti da sorgenti celesti. Osservare la radiazione da una galassia nell’i. termico presenta la stessa difficoltà di osservarne l’emissione ottica di giorno, con un telescopio ben illuminato. È quindi essenziale effettuare le osservazioni infrarosse da siti molto secchi e freddi, in modo da ridurre il contenuto di vapor d’acqua presente sulla verticale del luogo. Per questo gli osservatori infrarossi sono situati in alta montagna o in regioni a clima desertico; anche in questi luoghi è possibile compiere osservazioni infrarosse solo nelle cosiddette finestre atmosferiche: regioni spettrali lontane dalle lunghezze d’onda delle transizioni del vapor d’acqua. Le più importanti finestre atmosferiche sono tra 3 e 4 μm, tra 7 e 14 μm; tra 17 e 24 μm e oltre 800 μm. Per effettuare osservazioni in bande diverse da dette finestre, è necessario portare il telescopio al di sopra della maggior parte del vapor d’acqua atmosferico, montandolo su un aereo (a quote comprese tra 10 e 14 km), su pallone stratosferico (operando così tra 25 e 45 km), su razzo (massima quota circa 400 km) o su satellite (quote superiori a 400 km).
I telescopi infrarossi hanno alcune particolarità che li differenziano dai telescopi ottici. La maggiore lunghezza d’onda comporta la necessità di realizzare grandi telescopi per ottenere risoluzioni angolari ragionevoli. Infatti, poiché l’ordine di grandezza della risoluzione angolare è ϑ=1,22λ/D, dove λ è la lunghezza d’onda di operazione e D è il diametro dello specchio primario del telescopio, per ottenere una risoluzione di un secondo d’arco è necessario, per es., uno specchio con diametro di 25 cm a una lunghezza d’onda di 1 μm e di 25 m a 100 μm. Fortunatamente la maggiore lunghezza d’onda di osservazione permette di utilizzare specchi con maggiore rugosità superficiale e minore precisione a larga scala che nel caso ottico. Nell’i. l’emissione termica del telescopio, come quella dell’atmosfera, può essere alcuni ordini di grandezza superiore a quella delle sorgenti astrofisiche da osservare.
La legge di Wien (➔ Wien, Wilhelm) e, più in generale, la legge di Planck per un corpo nero (➔ corpo) permettono di calcolare la lunghezza d’onda di massima emissione di un corpo a temperatura T: λ=2898/T μm, per cui nell’i. hanno massima emissione tutti i corpi con temperature termodinamiche tra circa 3 e 3000 K. Emissione termica infrarossa si ha nei seguenti esempi: il fondo cosmico cosmologico (T=3 K); i grani di polvere interstellare nelle nubi molecolari e in oggetti protoplanetari (temperature tra 30 e 500 K). Le stelle di bassa luminosità e le stelle fredde di alta luminosità hanno temperature fotosferiche tra 2000 e 5000 K, ed emettono nell’i. come corpi neri. Emissione infrarossa continua non termica ha luogo con elettroni che spiraleggiano in un campo magnetico, ed è presente in sorgenti sedi di fenomeni violenti (resti di supernovae, nuclei galattici, quasar). Emissione di righe infrarosse è comune nel mezzo interstellare, ove si producano transizioni energetiche di atomi, ioni e molecole, eccitate da collisioni o da onde d’urto. La densità del mezzo interstellare è estremamente bassa: un atomo eccitato da una collisione ha tutto il tempo di diseccitarsi radiativamente, prima di subire una successiva collisione, emettendo righe che alle densità raggiungibili in laboratorio non sono osservabili (righe proibite).
Gli oggetti del sistema solare vengono riscaldati dalla radiazione solare a una temperatura che dipende dalla loro distanza dal Sole e dalla loro albedo. Le loro temperature risultano comprese tra 1000 K (grani di polvere interplanetaria vicini al Sole) e 40-10 K (oggetti più lontani di Plutone), ed emettono quindi radiazione infrarossa nell’intervallo da ∼3 a ∼300 μm. La Luna viene osservata soprattutto nell’i. termico: al variare della fase lunare, si possono ottenere immagini di una frazione della superficie lunare e studiare la geologia della zona, misurando la velocità di raffreddamento di differenti regioni. Un campo vastissimo è quello dello studio della composizione delle atmosfere planetarie, attraverso spettroscopia infrarossa. È stato possibile osservare la presenza di metano, etano, ammoniaca nelle atmosfere dei pianeti giganti, e studiare i moti e la struttura delle nuvole nonché le variazioni stagionali di pressione atmosferica e temperatura. Allo stesso modo sono state studiate la composizione delle rocce e delle polveri che formano gli anelli planetari e la fascia degli asteroidi.
Nel vicino i. è importante la spettroscopia di stelle fredde (T ≲ 3000 K) che permette di osservare sia righe di assorbimento da atomi e ioni (con grande sensibilità alla temperatura e ai campi magnetici nella fotosfera stellare) che di molecole semplici come CO, CN e H2O. La banda del CO a 2,4 μm è molto intensa e permette di ricavare informazioni su temperatura, gravità superficiale e velocità radiale della stella. Le osservazioni nell’i. termico hanno permesso di scoprire la presenza di gusci di polvere che circondano molti tipi di stelle ed è stato osservato in alcune novae il processo di formazione del guscio di polvere.
I nuclei delle nubi molecolari giganti (GMC) sono i luoghi dove si formano nuove stelle; nel visibile essi sono profondamente oscurati da nubi di polvere: le osservazioni infrarosse rappresentano l’unico mezzo di indagine di tali regioni. Mentre la morfologia a grande scala delle GMC viene studiata attraverso l’emissione di righe rotazionali del CO, i nuclei più densi sono forti emettitori nell’i. termico e nell’i. lontano. Nelle regioni del nucleo in cui la densità è abbastanza alta da far prevalere la autogravità rispetto alla pressione del gas, comincia un collasso gravitazionale che forma una protostella o un piccolo gruppo di protostelle, circondate da una struttura a disco dove cominciano a condensare strutture planetarie. Il satellite artificiale astronomico Infrared space observatory (ISO), dell’ESA, in funzione tra il novembre 1995 e il maggio 1998, ha raccolto le prime immagini della fase di formazione di una stella, della collisione di due galassie e del disco di materia che probabilmente circonda la stella calda supergigante Eta Canis Majoris.
La polvere interstellare è diffusa in tutto il piano della nostra Galassia e il suo coefficiente di assorbimento è fortemente decrescente all’aumentare della lunghezza d’onda. Per es., la luce visibile proveniente da una stella distante nel piano della nostra Galassia è attenuata anche di 20 magnitudini (cioè 108 volte più debole di quanto non sarebbe in assenza di polvere interstellare), mentre a una lunghezza d’onda di 2 μm la radiazione della stessa stella è attenuata solo di 8 volte: le osservazioni nell’i. vicino hanno quindi una notevole capacità di studiare oggetti fortemente oscurati dalla polvere. La polvere interstellare è riscaldata dalla luce delle stelle a temperature comprese tra 5 e 50 K: ci si aspetta quindi che la stessa polvere assorbente nel visibile sia sorgente di radiazione nel lontano infrarosso. Questa emissione è stata studiata in dettaglio nelle 4 bande del satellite IRAS (Infrared astronomical satellite, lanciato nel 1983). I risultati hanno mostrato che la polvere è distribuita in modo molto irregolare in nubi filamentose. I dati raccolti hanno anche mostrato che coesistono diverse componenti nella polvere interstellare diffusa: grani normali, di diametro dell’ordine di 0,1 μm costituiti da silicati, grafite o carbonio amorfo; ‘micrograni’ di dimensioni dell’ordine dei 50 Å e molecole policicliche aromatiche (PAH).
Una galassia contenente polvere interstellare è una forte sorgente infrarossa. Il satellite IRAS ha rivelato circa 25.000 galassie, delle quali solo metà era conosciuta nei cataloghi ottici. La grande maggioranza di questi oggetti è costituita da spirali evolute, con grandi quantità di polvere interstellare. Al contrario, a causa della mancanza di polvere, solo pochissime galassie ellittiche sono state rivelate da IRAS. Le luminosità infrarosse di queste galassie variano da 106 a 1013 luminosità solari, e molte centinaia di queste galassie emettono nell’i. più del 95% della loro luminosità. Una forte luminosità infrarossa è indice di processi di formazione stellare in corso. È stato rivelato ovunque il fenomeno degli starburst: brevi periodi di rapida, intensissima formazione di stelle, con associata una elevatissima luminosità infrarossa. Nell’i. estremo avviene la transizione del meccanismo dominante di emissione da termico (polvere interstellare) a non termico (radiazione di sincrotrone). Le osservazioni nell’i. estremo mostrano che l’emissione da polvere è molto importante anche a lunghezze d’onda millimetriche, perfino in oggetti quali i quasar, ove sono attivi processi altamente energetici.
Il lontano i. è una regione spettrale in cui l’Universo è particolarmente trasparente, possono essere quindi osservate sorgenti più lontane e più antiche. Inoltre, a causa dell’espansione dell’Universo, la radiazione proveniente dalle sorgenti più lontane subisce un effetto Doppler (redshift), per cui se è emessa nel visibile o nell’ultravioletto (radiazione di origine stellare) viene osservata nell’i. vicino o termico, mentre se è emessa nel medio i. (radiazione termica da polvere interstellare) viene osservata nell’i. lontano ed estremo. Ci si aspetta quindi radiazione diffusa infrarossa da tutte le fasi evolutive dell’Universo in cui c’è stata forte emissione di radiazione. Di estrema importanza è l’osservazione della radiazione del fondo cosmico a 2,7 K: una radiazione di corpo nero che proviene dalla fase di plasma attraversata dall’Universo nel primo milione di anni dopo il big-bang. L’osservazione di tale radiazione (che ha il massimo di brillanza a una lunghezza d’onda di 1000 μm ed è quindi osservabile nell’i. estremo e nelle microonde) costituisce uno dei fondamenti della teoria cosmologica standard del big-bang (➔ cosmologia). Lo spettro di corpo nero è stato misurato con estrema precisione dal satellite COBE (Cosmic background explorer) lanciato dalla NASA nel 1989: la temperatura misurata è 2,735 ± 0,060 K. La radiazione di fondo cosmico è eccezionalmente uniforme; la sua distribuzione angolare è caratterizzata da un andamento di tipo dipolare, dovuto all’effetto Doppler provocato dal moto dell’osservatore rispetto alla sorgente: l’entità di questo effetto è di circa 1 parte su 1000. A scale angolari inferiori si trova che la brillanza della radiazione di fondo cosmico è la stessa entro poche parti su 100.000. Le osservazioni del satellite COBE hanno anche permesso di rivelare per la prima volta l’esistenza di deviazioni dall’uniformità (anisotropie) a grandi scale angolari (da 10 a 90 gradi).
Tra le malattie da raggi infrarossi assume importanza pratica la cataratta oculare. Si osserva non molto frequentemente tra i fonditori di metallo e i soffiatori di vetro. Essa può insorgere anche a dieci anni di distanza dall’esposizione ai raggi infrarossi. In questi lavoratori si manifestano malattie oculari anche più lievi, quali l’iperemia semplice dell’iride, la paresi dello sfintere pupillare, l’atrofia dell’iride.