Corpo celeste, già considerato il pianeta del Sistema Solare più lontano dal Sole, declassato dall’Unione Astronomica Internazionale nel 2006 a pianeta nano (134340 Pluto).
Il nome deriva da uno di quelli di Ade.
L’orbita di P., fortemente ellittica, ha un semiasse maggiore di 5900 milioni di km (39,44 UA) e un’eccentricità ε=0,248. La sua distanza dal Sole varia da un minimo di 29,58 UA (al perielio) a un massimo di 49,19 UA (all’afelio). L’inclinazione dell’orbita rispetto al piano dell’eclittica è 17°10′. Il periodo del suo moto di rivoluzione intorno al Sole è di 247,7 anni. Come Venere, P. ruota su sé stesso in senso retrogrado (cioè nel senso opposto a quello del suo moto di rivoluzione attorno al Sole). In altre parole, l’asse di rotazione di P. è rovesciato rispetto a quello della Terra: il polo nord (definito come il polo dal quale la rotazione appare nel verso antiorario) giace al di sotto del piano dell’orbita e il polo sud al di sopra (la parte al di sopra del piano essendo quella da cui il moto di rivoluzione appare antiorario). Il periodo di rotazione è di 6,39 giorni. L’equatore è inclinato di 58° rispetto al piano dell’orbita.
Il diametro di P. misura ∼2300 km (meno di 1/5 di quello della Terra) e la sua massa 1,3∙1022 kg (∼1/500 di quella della Terra). La sua densità media è ∼2 g/cm3. L’accelerazione di gravità alla superficie è ∼0,6 m/s2; la velocità di fuga ∼1 km/s. La riflettività della sua superficie è ∼50%.
L’esistenza di un pianeta al di là di Nettuno fu ipotizzata, fra il 1915 e il 1920, da W.H. Pickering e P. Lowell, per spiegare alcune perturbazioni delle orbite di Urano e Nettuno. Le ricerche del pianeta furono, in un primo tempo, vane. Soltanto nel 1930, all’Osservatorio di Flagstaff (Arizona), C. Tombaugh scoprì P. a pochi gradi di distanza dalla posizione prevista dai calcoli di Pickering e Lowell. Dopo la scoperta, P. rimase a lungo praticamente sconosciuto: il suo diametro angolare (∼0,1″) è troppo piccolo non soltanto per tentare di distinguere strutture superficiali, ma anche per ricavarne una stima delle dimensioni. Nel 1955, M. Walker e R. Hardie scoprirono una variazione periodica della luminosità del pianeta: interpretando il fenomeno come una conseguenza della rotazione, combinata con una riflettività non uniforme della superficie, stabilirono che il periodo di questo moto fosse 6,39 giorni.
Nel gennaio 2006 la NASA ha lanciato la sonda New Horizons alla volta di Plutone. L’incontro con il pianeta è avvenuto il 14 luglio 2015: percorsi cinque miliardi di chilometri, alle 13,49’ 57” la sonda, alla velocità di 13,78 km al secondo, è passata a una distanza minima di 12.500 km dalla superficie del pianeta nano per riprendere immagini ravvicinate della sua superficie.
Nel 1978, J.W. Christy scoprì il primo satellite di P., Caronte, aprendo nuovi orizzonti alle ricerche. Innanzitutto, dal periodo di rivoluzione e dalle dimensioni dell’orbita del satellite, e applicando la III legge di Keplero, si poté calcolare la massa di P. (o, più precisamente, del sistema P.-Caronte): si trovò così che era assai meno massiccio di quanto fino ad allora si fosse pensato. Altre importanti informazioni sono state ricavate sfruttando una serie di occultazioni reciproche dei due corpi avvenute fra il 1985 e il 1991, fenomeno che si ripete soltanto due volte ogni 248 anni (circa il periodo di rivoluzione del pianeta intorno al Sole). Dalla durata delle eclissi reciproche si sono determinati i diametri di P. e di Caronte (1200 km). Poiché il periodo di rivoluzione è uguale a quello di rotazione (rotazione sincrona), il satellite rivolge sempre lo stesso emisfero verso P., come fa la Luna con la Terra. Nel caso del sistema P.-Caronte, vi è però un’ulteriore coincidenza, in quanto il periodo di rotazione di Caronte è di 6,39 giorni come quello di P.: come la rotazione sincrona, questa particolare configurazione dinamica è stata certamente prodotta dalle forze mareali che agiscono fra i due corpi (➔ satellite).
Nel 2005, esaminando le immagini prodotte dal telescopio spaziale Hubble, sono stati individuati altri due satelliti, successivamente denominati Hydra e Nix, mentre nel 2011 è stato individuato Cerbero, che presenta un diametro tra 13 e 34 km ed è la quarta luna conosciuta e la seconda luna più piccola dopo Stige; quest’ultima è stata scoperta nel 2012 e ha un diametro stimato tra 10 e 25 km.
Il dato fondamentale su cui ci si basa per ipotizzare la struttura interna di P. è la sua densità media (∼2 g/cm3). Ciò indica che P. è ricco di materiali rocciosi: si pensa che esso consista di un nucleo di silicati, comprendente il 70-80% della massa totale, circondato da un mantello di ghiacci (acqua, metano). P. è dotato di una crosta solida, che sembra essere costituita prevalentemente da metano congelato: si è trovato, infatti, che lo spettro della radiazione solare, riflessa dal pianeta, presenta un minimo assai marcato alle lunghezze d’onda infrarosse, dove cade una banda di assorbimento di questa sostanza. È risultato che la riflettività della superficie non è uniforme: le calotte polari sono le aree più brillanti, mentre nella fascia equatoriale si alternano zone chiare e zone oscure. Sull’esistenza di un’atmosfera si è a lungo speculato, finché essa è stata rivelata nel corso di un’occultazione stellare, avvenuta nel 1988. La scomparsa della stella dietro al disco del pianeta non è stata, infatti, brusca ma graduale, indicando che la luce, prima di essere intercettata dalla superficie solida, aveva subito un’attenuazione dovuta all’attraversamento di strati via via crescenti di atmosfera.
Caronte ha una densità media che, probabilmente, è simile a quella di Plutone. La sua crosta superficiale è, però, di natura diversa. Ciò è indicato non solo dal valore più basso della riflettività, ma anche dall’analisi dello spettro della radiazione solare riflessa, che non presenta le bande di assorbimento caratteristiche del metano. Si pensa che il satellite sia ricoperto da uno strato di ghiaccio d’acqua, anziché di metano. La spiegazione più plausibile di una differenza così netta di composizione chimica fra due corpi vicini risiede nella diversa intensità dei campi gravitazionali di Caronte e di Plutone. In origine, entrambi dovevano possedere un mantello costituito da uno strato più interno di ghiaccio di acqua e uno esterno di metano solido (che è più leggero dell’acqua). La sublimazione del metano, prodotta dalla radiazione solare, avrebbe creato una tenue atmosfera sia intorno a P. sia intorno a Caronte: tuttavia, mentre P. avrebbe trattenuto il metano gassoso, Caronte, dotato di un campo gravitazionale più debole, lo avrebbe perduto. La progressiva sublimazione del metano su Caronte avrebbe alla fine portato allo scoperto lo strato di ghiaccio d’acqua sottostante, che su P., invece, rimarrebbe nascosto sotto la coltre di metano ghiacciato. Data la vicinanza dei due corpi, è anche presumibile che P. abbia catturato gran parte del metano perduto da Caronte.