Contaminazione di un qualsiasi ambiente o mezzo, a opera di batteri o altri agenti, in particolare rifiuti di produzioni industriali.
L’espressione i. ambientale indica la presenza in un determinato luogo limitato o circoscritto di una o più sostanze estranee, dette inquinanti, capaci di alterare i componenti dell’ambiente in cui l’uomo vive: aria, acqua e suolo; talvolta invece che da sostanze estranee l’i. può essere provocato da costituenti normali dell’ambiente, ma presenti in proporzioni superiori alla media. L’i. dell’ambiente può essere di origine naturale o causato dalle attività umane.
L’i. naturale è dovuto soprattutto all’attività vulcanica e a fattori eolici come pure a contaminazioni locali naturali (frane nei fiumi, emanazioni di gas naturali ecc.). I fumi dei vulcani in attività sono capaci di riversare nell’atmosfera un’ingente quantità di polveri e di anidride solforosa. Egualmente ingenti sono le quantità di polveri trascinate dai venti in zone anche molto lontane da quelle di origine. Le acque dei mari possono venire contaminate da sorgenti sottomarine e dalla presenza di particolari vegetazioni localizzate in alcune aree come per es. la presenza di alghe in eccesso. L’i. naturale ha in genere un’importanza limitata, perciò in genere si fa riferimento soltanto a i. prodotti dalle attività dell’uomo.
L’uomo, per lottare contro la fame e le malattie e per raggiungere crescenti livelli di benessere, ha modificato profondamente l’ambiente in cui vive. Lo sviluppo dei concentramenti urbani e degli stabilimenti industriali, l’incremento della motorizzazione, l’impiego di prodotti chimici nell’agricoltura hanno accresciuto assai rapidamente la massa dei prodotti elaborati e delle relative scorie. Nello studio degli i. spesso gli effetti non vanno considerati soltanto a livello locale (città, zone industriali), ma anche a un livello più globale che coinvolge gruppi di paesi, come l’aumento dell’acidità atmosferica e le conseguenti piogge acide (➔ pioggia), o addirittura l’intero pianeta, come la modificazione del clima dovuta all’aumento della percentuale di anidride carbonica nell’atmosfera (effetto serra; ➔ serra) e la deplezione dello strato di ozono nella stratosfera (➔ ozono). Un altro aspetto da considerare nello studio degli i. è la difficoltà ad accordarsi sugli effetti che devono essere evitati: una riduzione di benessere, o un vero fastidio, o addirittura un danno obiettivo, sia pure producibile solo per un’azione prolungata. I suddetti criteri variano anche a seconda che si tratti di aree confinate o di aree aperte.
Nell’uomo (come negli altri organismi), esistono meccanismi biochimici di difesa che lo proteggono da molte sostanze nocive presenti in natura e che possono difenderlo dagli i. ambientali da lui stesso prodotti: esistono livelli minimi al di sotto dei quali non è rilevabile alcun effetto anche con un’esposizione prolungata a sostanze inquinanti (con l’eccezione delle sostanze cancerogene, mutagene e teratogene, per le quali l’abbassamento del livello di esposizione riduce la probabilità dell’evento nocivo ma non la annul;la). A differenza di quanto accade per le tossicità acute, per quelle croniche è difficile determinare i limiti di concentrazione degli agenti inquinanti, in quanto in questi casi le concentrazioni sono comunque basse e, a causa delle piccole probabilità di eventi rilevabili, occorre un gran numero di dati da analizzare statisticamente. Perciò nella lotta contro gli i. vengono stabiliti limiti massimi ammissibili che garantiscono un notevole margine di sicurezza anche per esposizioni prolungate. Nel caso di ambienti di lavoro (fabbriche, miniere, industrie) vengono spesso applicati i cosiddetti valori limite di soglia, differenziati a seconda del tipo di sostanza inquinante alla quale fanno riferimento e delle modalità dell’esposizione. Molto impiegati sono anche i valori limite biologici, riferiti ai liquidi biologici prelevati dalle persone che operano nell’ambiente di lavoro sotto controllo. Un altro ambiente confinato il cui i. viene considerato con attenzione è rappresentato dalle case, dagli uffici e dai locali di ritrovo; al riguardo un i. molto particolare è dovuto al radon (➔), emanazione radioattiva derivata dal radio contenuto nelle rocce ricche di uranio, che proviene dal substrato roccioso su cui poggia l’edificio o dai materiali da costruzione e può raggiungere nell’interno delle case concentrazioni relativamente elevate.
Una classificazione degli i. si può fare in base al componente dell’ambiente che risulta contaminato: aria, acqua, suolo. Questa classificazione ha notevole importanza pratica, ma nello studio e nella lotta contro gli i. è essenziale tenere presente che questi sono strettamente connessi ed è frequente che la contaminazione di un componente dell’ambiente sia il risultato di un i. inizialmente prodotto in un altro. Una diversa classificazione degli i. si può fare in base al tipo di inquinante. Si ha i. biologico nel caso di inquinanti di origine biologica (umana, animale) quali deiezioni, batteri, virus, microrganismi patogeni. Si ha i. chimico, quando il materiale è costituito soprattutto da sostanze chimiche, quali per es. gas tossici, fumi, polveri, oli minerali, sottoprodotti di lavorazione industriale, pesticidi, detergenti. Si definisce i. fisico la condizione che porta a modificare le caratteristiche fisiche dell’ambiente, per es. quando si modificano, con l’installazione di una centrale termica, le temperature delle acque di un fiume o di un lago (i. termico). Anche l’i. acustico, da rumore, nelle città e nei complessi industriali, è un tipo d’i. fisico, come pure l’i. radioattivo, dovuto alla presenza nell’ambiente di una concentrazione di radioisotopi superiore alle norme. Ancora gli i. si possono classificare secondo la loro origine come: i. urbano, industriale, agricolo, da traffico.
Il risanamento ambientale e la prevenzione possono essere perseguiti attraverso interventi preventivi e correttivi. Soprattutto questi ultimi richiedono un’affidabile conoscenza della situazione. Ciò significa mettere a punto e disporre di metodi di analisi accurati.
L’i. atmosferico, prodotto da impianti di riscaldamento domestico, da motorizzazione e da attività industriali, interessa principalmente i grandi concentramenti urbani di cui rappresenta il principale problema sanitario. Nell’atmosfera di una città quotidianamente vengono immesse tonnellate di anidride solforosa, di polveri in sospensione, di idrocarburi, di ossidi di azoto. I valori assunti dalle concentrazioni di queste sostanze sono utilizzati come indicatori della qualità dell’aria e la loro evoluzione temporale consente di valutare sia gli impatti dell’i. atmosferico sulla salute e sugli ecosistemi, sia l’efficacia degli interventi correttivi adottati per ridurre le emissioni.
Queste sostanze vengono portate verso l’alto dai moti convettivi e quindi disperse dalle correnti atmosferiche. Il moto convettivo ascensionale è dovuto al gradiente di temperatura fra il suolo e le quote alte dell’atmosfera; a questo fatto si deve la dispersione degli inquinanti atmosferici. In alcune particolari condizioni meteorologiche questo fenomeno s’inverte, cioè gli strati superiori sono più caldi di quelli inferiori (inversione termica). Di conseguenza non si verifica più il moto ascensionale dell’aria, anzi, a una quota che può essere di poche centinaia di metri, si viene a formare una barriera che impedisce ai gas e alle particelle di sfuggire. Questo fenomeno crea un comparto isolato tra suolo e strati superiori dell’atmosfera, nel quale non circola l’aria e si accumulano gas e polveri, creando concentrazioni che possono superare i livelli di fastidio e di pericolosità, specie per la presenza di anidride solforosa e di ossidi di azoto.
Non sempre gli inquinanti che vengono versati nell’atmosfera agiscono come tali: possono combinarsi per dare origine ad altri prodotti, talvolta anche più tossici, detti inquinanti secondari; un esempio è dato dalla formazione di ozono (dotato di potere irritante per le mucose) per reazione fra idrocarburi e ossidi di azoto in presenza di radiazioni ultraviolette. Le particelle in sospensione possono esercitare un effetto catalitico nelle reazioni fotochimiche fra componenti gassosi presenti nell’aria, e costituiscono altresì centri di condensazione per l’umidità atmosferica.
In base alla loro origine, gli inquinanti dell’aria possono raggrupparsi in: inquinanti da impianti di riscaldamento domestico, inquinanti da motorizzazione e inquinanti da impianti industriali.
I principali inquinanti sono l’anidride solforosa formatasi per combustione dei prodotti solforati contenuti nei combustibili e le particelle solide (polveri) disperse nel mezzo gassoso dovute a combustione incompleta. Per combattere l’i. da impianti di riscaldamento domestico, i sistemi più efficaci sono: controllare i combustibili impiegati e le modalità della combustione e imporre sia l’abbattimento di gran parte delle polveri contenute nelle emissioni gassose, sia un’efficace dispersione nell’aria per mezzo di camini opportunamente dimensionati e ubicati. Con il controllo dei combustibili si vieta l’uso sia di quei prodotti (ligniti, frazioni petrolifere molto pesanti ecc.) che nelle condizioni usuali degli impianti domestici non possono essere bruciati completamente, sia di prodotti contenenti troppo zolfo.
Nei centri abitati una notevole causa d’i. dell’aria è lo sviluppo sempre crescente della motorizzazione. La pianificazione urbanistica è risultata in genere inadeguata allo sviluppo del traffico, con conseguenti ingorghi e continui acceleramenti e deceleramenti degli autoveicoli. In tali condizioni i motori a scoppio producono percentuali più elevate di ossido di carbonio nei gas di scarico, e i motori Diesel una maggiore percentuale di fuliggine. Inoltre nei gas di scarico sono contenuti idrocarburi nocivi alla salute.
I mezzi che si possono adottare per la riduzione dell’i. prodotto da un autoveicolo sono principalmente i seguenti: motori che riducono al minimo la produzione delle sostanze nocive derivanti dalla combustione (per es., motori utilizzanti il metano come combustibile); sistemi d’iniezione e accensione che si avvalgono di un esteso impiego di dispositivi elettronici e che, migliorando il processo di combustione, riducono lo sviluppo delle sostanze nocive; reattori termici nei quali i gas di scarico vengono sottoposti a ulteriore ossidazione, tendente a trasformare in CO2 e H2O gli idrocarburi incombusti e l’ossido di carbonio; reattori catalitici nei quali, oltre al processo di ossidazione degli incombusti e dell’ossido di carbonio, ha luogo un processo di riduzione degli ossidi d’azoto; eliminazione delle sostanze tossiche e segnatamente del piombo dalle benzine, anche in relazione al fatto che i catalizzatori finora considerati deperiscono rapidamente per effetto di questo elemento. Il successo di tali misure richiede un forte grado di integrazione fra tre settori industriali: automobilistico (per gli interventi sul motore), petrolifero (per le modifiche dei carburanti) e chimico (per migliorare i catalizzatori delle marmitte). La soluzione drastica del problema dell’i. da motorizzazione si configura naturalmente nell’automobile elettrica. La fig. riporta gli interventi e le principali misure da adottare per la riduzione delle emissioni dovute al traffico automobilistico.
Tali i. sono tipici per ciascuna industria e devono essere studiati caso per caso, essendo caratteristici anche del tipo di processo produttivo impiegato. In molti casi le particelle solide sono eliminate con opportuni dispositivi (➔ depolverizzazione), mentre le impurezze gassose possono essere allontanate con metodi quali, per es., l’assorbimento in soluzioni adatte (➔ gas). Queste però a loro volta non devono in genere essere scaricate tal quali dopo il trattamento, altrimenti si trasferirebbe l’i. dell’aria nelle acque. Gli scarichi nell’atmosfera, oltre che ridotti il più possibile come contenuto d’inquinante, devono essere diluiti nell’aria prima che ritornino a contatto con il suolo e l’abitato, e perciò devono essere impiegate alte ciminiere. Per quanto riguarda l’ubicazione degli stabilimenti industriali che costituiscono una fonte d’i., la scelta delle località deve essere fatta tenendo conto anche delle condizioni meteorologiche prevalenti e dei possibili effetti sugli abitati vicini. Il controllo degli i. atmosferici di origine industriale è complesso, sia per l’estrema varietà degli agenti inquinanti, sia perché molti di questi non sono facilmente avvertibili dai sensi.
I principali effetti dell’i. atmosferico si manifestano sulle popolazioni urbane, anche se sono notevoli quelli sui manufatti e in particolare sulle opere d’arte (specialmente l’azione corrosiva dell’anidride solforosa e solforica che ha prodotto in pochi anni, su queste, un danno maggiore di quello constatato nel corso dei secoli). Per azione delle polveri e dell’anidride solforosa, che sono, con l’ossido di carbonio, gli agenti contaminanti prevalenti in genere nelle città, si constatano come effetti acuti sull’uomo: stenosi dell’apparato respiratorio, irritazione bronchiale e tosse. Più difficile è dimostrare gli effetti lontani, ma indagini epidemiologiche mostrano un effetto sulle affezioni croniche delle vie respiratorie. Evidenti sono invece gli effetti lontani degli agenti di origine industriale: per l’arsenico una dermatite arsenicale, per le polveri d’amianto l’asbestosi, per i fluoruri la fluorosi, per polveri organiche una sclerosi polmonare ecc.
L’i. delle acque può essere biologico, chimico o fisico, oppure urbano, industriale, agricolo. Responsabili dell’i. biologico sono soprattutto gli scarichi urbani domestici di origine biologica e quelli degli allevamenti zootecnici (divenuti oggi di notevolissime dimensioni).
L’i. chimico è dato dallo scarico nelle acque di sostanze della più diversa natura.
L’agricoltura contribuisce all’i. delle acque con l’apporto di nitrati e fosfati per dilavamento dei fertilizzanti chimici e con i pesticidi, specie quelli clorurati, molto persistenti e scarsamente degradabili per via biologica. Per diminuire l’impatto sull’ambiente di tale attività è necessario ottimizzare i consumi di fertilizzanti e fitofarmaci, limitare i processi di erosione dei terreni ecc.
Gli i. delle acque naturali possono essere classificati in relazione all’ambiente in cui esse si trovano (acque di falda, acque di fiumi e di laghi, acque marine).
Tali acque, costituite da acque che filtrano attraverso terreni porosi e che quindi conservano come agenti contaminanti solo le sostanze solubili, risultano inquinate solo vicino a quei complessi industriali che scaricano nel sottosuolo prodotti solubili.
Lo sviluppo dei concentramenti urbani ha accresciuto la portata delle acque di rifiuto scaricate dalle fognature fino a superare in molti casi il potere autodepurante dei fiumi (rappresentato, oltre che dalla diluizione, dalla presenza di una flora batterica capace di distruggere e trasformare gl’inquinanti organici portati dalle acque cloacali). Si rende perciò necessario un trattamento delle acque di rifiuto (➔ acqua). Ai suddetti rifiuti di origine biologica, in tempi recenti si è andata aggiungendo una serie di altri rifiuti sia domestici (specialmente detersivi), sia industriali.
Per i laghi il problema dell’i. si presenta particolarmente grave per la lentezza con la quale avviene il ricambio delle acque. Un’alterazione caratteristica dei laghi, prodotta dall’immissione in essi di acque cloacali (ricche di sostanze contenenti azoto e fosforo), o anche di acque di dilavamento di terreni agricoli, è lo sviluppo eccessivo di flora acquatica e in particolare di alghe: ciò modifica i caratteri del lago che lentamente si avvia a diventare uno stagno. Questo fenomeno è noto con il nome di eutrofizzazione. È quindi necessario che le acque immesse nei corpi idrici a debole ricambio siano sottoposte a un trattamento di rimozione del fosforo e dell’azoto. Nei laghi, oltre a fenomeni di eutrofizzazione, si possono riscontrare alterazioni più complesse dovute allo scarico di determinati prodotti chimici che portano a modificazioni profonde e permanenti delle acque. Le acque di scarico di origine industriale, prima dell’immissione nei fiumi e nei laghi, devono essere sottoposte a un trattamento depurativo. Le acque reflue industriali, anche quando vengono convogliate in fognature dotate di impianti di depurazione, devono essere sottoposte, comunque, a un pretrattamento che abbassi le concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei limiti di legge.
Un particolare agente inquinante di origine industriale è il calore; l’acqua utilizzata da molte industrie come fluido di raffreddamento è poi restituita alla fonte originaria, generalmente fiumi o laghi, a un livello termico superiore. Essendo la temperatura uno dei principali fattori che regolano la vita acquatica, viene con ciò a porsi il problema di un vero e proprio i. termico, al quale contribuiscono in misura particolare le centrali elettriche.
In Italia la contaminazione delle acque di falda e delle acque di fiumi e di laghi è un fenomeno preoccupante. I problemi delle acque di falda riguardano l’i. delle fonti idropotabili e l’intrusione salina, collegato agli eccessivi pompaggi nelle zone costiere. Malgrado la situazione sia critica, la qualità delle acque sotterranee e superficiali, in Italia e più in generale in Europa, tende lentamente a migliorare per effetto del potenziamento dei sistemi di collettamento fognario e di depurazione delle acque di rifiuto.
Il problema dell’i. di tali acque presenta alcune varianti rispetto a quello delle acque dei fiumi, in quanto il mare possiede un maggior potere di diluizione e, per la sua salinità, una notevole azione precipitante nei riguardi di colloidi organici e inorganici (argille ecc.).
Il mare, però, presenta in più alcuni i. tipici, come per es. l’i. dovuto al traffico legato all’approvvigionamento degli impianti di lavorazione del petrolio. La contaminazione da idrocarburi porta alla formazione di uno strato monomolecolare diffuso su vaste estensioni di mare, oltre che alla presenza sulle coste di abbondanti residui catramosi. Malgrado processi di trasformazione e autopurificazione da parte del mare, questi idrocarburi turbano gravemente gli equilibri non solo biologici, ma anche quelli chimico-fisici, cioè gli scambi gassosi tra mare e atmosfera, cui è legata la funzione clorofilliana delle alghe e la formazione di carbonati e bicarbonati a opera dell’anidride carbonica. La fuoriuscita di greggio durante le operazioni di scarico delle petroliere può essere fronteggiata con la costruzione di adeguati ‘porti protetti’, nei quali ogni eventuale perdita viene circoscritta entro apposite barriere. Lo scarico delle acque di zavorra delle petroliere è proibito lungo tutte le fasce costiere fino a notevoli distanze dalla terra, ma, anche se effettuato al largo, esso rimane pur sempre nocivo.
Il mare inoltre può venire inquinato da prodotti chimici molto resistenti alla degradazione quali i pesticidi clorurati e altri prodotti clorurati d’impiego industriale (queste sostanze attraverso la catena alimentare plancton-alghe-pesci-uccelli possono arrivare fino all’uomo). Nel mare si trovano come contaminanti anche ioni di alcuni metalli: tra questi ha destato particolare preoccupazione il mercurio in quanto esso entra nella catena alimentare e si ritrova in quantità sensibile nelle carni dei pesci. Lo ione mercurio subisce una concentrazione e nei pesci si trova in gran parte trasformato in dimetilmercurio. È stato accertato che il consumo di rilevanti quantità di pesce contaminato da mercurio può provocare gravissime sindromi patologiche.
Un problema di concentrazione simile è stato riscontrato con lo 90Sr, l’isotopo radioattivo dello stronzio che si forma nelle esplosioni nucleari, la cui pericolosità per l’uomo è legata alla sua lunga vita media (27 anni) e alla capacità di sostituire il calcio e quindi alla sua lunga permanenza negli organismi. Lo 90Sr viene concentrato molte volte nel plancton e quindi attraverso i pesci passa nella catena alimentare.
Nelle zone costiere, specie vicino a coste particolarmente abitate, l’i. più rilevante è quello biologico, dovuto a scarichi indiscriminati senza trattamenti. Inoltre molluschi e altri animali marini possono divenire veicoli pericolosi di tossinfenzioni alimentari per la capacità di concentrare, filtrando le acque, microrganismi e tossine. Uno dei veicoli più comuni per la trasmissione del tifo e dell’epatite virale è il consumo di molluschi crudi.
È dovuto allo scorretto smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti industriali, che crea condizioni di disturbo e di alterazione del suolo, con pericoli di infezioni e contaminazioni. I residui solidi urbani, la cui produzione nelle grandi città può raggiungere anche 2 kg per abitante e per giorno, hanno subito nel tempo una notevole modificazione nella composizione, con un progressivo aumento della carta, dei materiali plastici e dei metalli. Mentre la carta è soggetta alla disgregazione e alla biodegradazione, i metalli alla corrosione e anche altri materiali, inclusi quelli lapidei e cementizi, sono soggetti ad azioni chimiche, meccaniche e di gelificazione, le materie plastiche, invece, e in particolare quelle di più largo impiego, come contenitori sotto forma di film sottili (polietilene, polipropilene, polivinilcloruro e polistirene), non vengono attaccate da parte dei microorganismi. La biodegradazione dei materiali plastici inizia solo dopo che la loro struttura molecolare è stata profondamente modificata da processi demolitivi indotti dalle radiazioni solari; tuttavia, anche nelle condizioni ambientali più favorevoli, la fotodegradazione delle materie plastiche può dar luogo a rilevanti modificazioni strutturali soltanto in tempi molto lunghi.
Il rilascio di sostanze contaminanti (per es., metalli tossici, sostanze organiche persistenti) da parte di rifiuti non correttamente smaltiti sul terreno, dovuto all’azione solubilizzante delle acque meteoriche, può dar luogo a una corrente liquida (percolato) che penetra nel terreno, inquinandolo, fino a raggiungere in taluni casi le falde acquifere. Il pericolo si accentua nel caso di rifiuti tossici e nocivi di origine industriale. La bonifica dei suoli inquinati al fine di eliminare il pericolo di effetti dannosi sia alla salute che all’ambiente rappresenta uno dei settori di maggiore impegno per l’ingegneria sanitaria e ambientale.
I. del suolo si ha anche nell’agricoltura e nella zootecnia intensiva. In agricoltura si deve considerare la contaminazione da parte dei pesticidi, la cui permanenza nei terreni è causa di grave turbamento ecologico e fonte d’i. delle acque e anche delle sorgenti. La zootecnia intensiva, concentrando migliaia di capi in zone ristrette, viene a creare una quantità tale di rifiuti organici da renderne molto difficile lo smaltimento e l’utilizzazione in agricoltura.
Tra le forme d’i. va considerato anche l’i. da rumore, o i. acustico, dovuto alle modifiche delle condizioni ambientali da parte del rumore prodotto da cause non naturali, quali i mezzi di trasporto, le lavorazioni industriali e artigianali, gli impianti di servizi, l’abuso di mezzi di amplificazione sonora ecc.
La fonte di i. acustico più rilevante, per intensità e diffusione, è costituita dal traffico stradale, ferroviario e aereo. Per l’uomo il danno fisiologico più importante è quello sull’udito (innalzamento della soglia auditiva, reversibile o permanente); ma non vanno sottovalutati gli effetti riconducibili a fenomeni di stress.
Per evitare l’i. acustico si deve procedere all’insonorizzazione delle macchine industriali e del traffico, alla separazione delle zone industriali da quelle residenziali e all’insonorizzazione degli edifici. Frequentemente si fa ricorso all’impiego di barriere acustiche, cioè pareti di limitata altezza, dotate di capacità fonoisolante, poste fra la sorgente del rumore e l’area disturbata o ad asfalti poco rumorosi, a doppio strato di diversa composizione. Metodologie innovative di riduzione del rumore, di tipo attivo anziché passivo, sono volte non a porre ostacoli alla propagazione del rumore, ma ad annullarlo sovrapponendo a esso un rumore eguale e contrario (ovvero in controfase), prodotto con mezzi elettroacustici.
Nell’ambiente terrestre naturale, fin dalle origini del pianeta, è presente un insieme di radiazioni ionizzanti, sia provenienti dal cosmo (raggi cosmici), sia dovute a elementi radioattivi contenuti nella crosta terrestre (uranio, torio e loro prodotti di decadimento, nonché isotopi radioattivi vari). La radiazione naturale ha intensità di circa un decimo di rem/anno.
Alla radioattività naturale, si è aggiunta negli ultimi decenni la radiazione usata in medicina per diagnostica e terapia e le radiazioni determinate dai radionuclidi prodotti nella fissione dell’uranio e del plutonio. L’uso delle radiazioni in medicina va limitato allo stretto necessario, eliminandole dove sia possibile o riducendone l’intensità al minimo: in particolare nei confronti dei bambini e dei feti, che si sono rivelati più sensibili al danno da radiazione.
La situazione dei nuclidi prodotti dalla fissione dell’uranio e del plutonio, è assai complessa: i nuclidi così formati, avendo un eccesso di neutroni, risultano fortemente radioattivi, e, sebbene la gran parte di essi abbia vita media di pochi secondi o di poche ore, alcuni hanno vite lunghe, di mesi o anche di decenni. Tutti questi nuclidi sono pericolosi per l’uomo. Come accade per la radiazione naturale, occorre tener conto di una dose esterna dovuta alle radiazioni emesse dai nuclidi diffusi nell’ambiente e di una dose interna dovuta ai nuclidi fissati nell’organismo attraverso l’aria e attraverso la catena alimentare. Una gran parte di questi radionuclidi è stata diffusa sulla Terra a seguito delle esplosioni nucleari, in specie di quelle sovietiche e statunitensi negli anni 1950-60, fino a quando un’unanime protesta per l’aumento della radioattività ambientale ha portato a sospendere le prove nucleari. In effetti, i prodotti radioattivi diffusi con le esplosioni nell’alta atmosfera sono ricaduti (fall-out) dopo un certo tempo, specialmente con le piogge, sul suolo, contaminandolo. Questa radiazione va lentamente decadendo, sia per via del decadimento radioattivo, sia per una lenta rimozione dei nuclidi dall’ambiente biologico, operante nel tempo.
Una nuova problematica relativa alla diffusione di radionuclidi si è delineata negli anni 1970 a seguito dei programmi di sviluppo delle centrali elettronucleari. La quantità di radionuclidi prodotti nelle centrali è di gran lunga più rilevante di quella liberata nelle esplosioni nucleari; tuttavia nelle centrali ogni accorgimento e dispositivo di sicurezza è messo in opera per contenere i nuclidi radioattivi nell’ambito del reattore stesso, limitando al massimo la loro dispersione nell’ambiente. Un accurato controllo ambientale è tuttavia necessario, specie per tenere sotto osservazione eventuali fughe di radionuclidi.
Più pericolosi, da questo punto di vista, dei reattori nucleari sono gli impianti di ritrattamento dei combustibili nucleari esauriti, i quali contengono in forte quantità nuclidi radioattivi. Tali combustibili vengono trattati chimicamente, per depurarli dei prodotti di fissione ed estrarre da essi il plutonio, e in questa operazione è possibile che gas radioattivi, quali trizio e kripto, trattenuti nelle barre di combustibile fino a quel momento, vengano liberati nell’ambiente; inoltre nei residui di lavorazione rimangono quantità di plutonio e di altri nuclidi transuranici (americio, curio). Questi nuclidi hanno vite di decadimento assai lunghe, e vanno quindi custoditi in perpetuo, in appositi ‘cimiteri’ per sostanze radioattive. Non si è trovato un modo conveniente di distruggere tali scorie e questo è uno dei più rilevanti problemi connessi a un esteso impiego dell’energia nucleare.
Indica la presenza in un mezzo trasmissivo di segnali a frequenze diverse da quelle volute, prodotti da cause accidentali, da funzionamenti non corretti delle apparecchiature o da fenomeni parassiti propri delle apparecchiature stesse. L’i. elettromagnetico nelle linee di potenza (i. armonico) è costituito dalla presenza di componenti armoniche della frequenza di rete generate da apparecchiature quali reattori, choppers e inverters, o da disturbi transitori indotti sulle linee stesse. L’effetto dell’i. armonico nelle linee di potenza si traduce in una diminuzione del rendimento.
Nelle radiocomunicazioni, l’i. elettromagnetico è dovuto a segnali spuri emessi dai trasmettitori, quali armoniche della portante, portanti e bande laterali non adeguatamente soppresse nelle trasmissioni a soppressione di portante e in quelle a banda laterale soppressa, e a disturbi parassiti prodotti, nel normale funzionamento, da apparecchiature per scopi diversi (per es. scintillazione alle spazzole di macchine elettriche) o da scariche atmosferiche.
Questa forma di i. ha acquistato grande importanza in conseguenza dell’enorme sviluppo di sistemi, impianti e apparati, dalle telecomunicazioni ai trasporti, che generano e immettono campi elettromagnetici nell’ambiente, determinando livelli di campo di vari ordini di grandezza superiori a quelli naturali di fondo. Poiché l’insieme delle applicazioni è utilizzato con continuità, campi elettromagnetici non trascurabili sono presenti nell’ambiente in forma permanente, causando livelli di campo che costituiscono una vera e propria forma di i., da tenere presente nella progettazione dei sistemi e da controllare in relazione alle conseguenze sull’uomo e/o sull’ecosistema.
L’i. elettromagnetico, contrariamente ad altre forme di i. da agenti fisici o chimici, ha la caratteristica di cessare istantaneamente all’estinguersi della causa che lo ha generato: questa specificità, tuttavia, non ne riduce la potenziale pericolosità sia perché le sorgenti inquinanti sono enormemente diffuse sia perché questa forma di i. può essere presente anche a grande distanza dalle sorgenti che la producono.
Le modalità e gli effetti delle interazioni dei campi elettromagnetici con i componenti dell’ecosistema (uomo, animali, vegetazione) dipendono fortemente dalla banda di frequenza dei campi in gioco, oltre che dai livelli di campo presenti, dalla durata di tale presenza e dallo spazio coinvolto dall’inquinamento.
Le problematiche di i. elettromagnetico riguardano sia i campi elettromagnetici a bassa frequenza sia quelli ad alta frequenza. I primi, in cui i campi elettrici e magnetici debbono essere esaminati separatamente, vanno considerati per l’estensione delle linee elettriche a livelli di tensione sempre più elevati; i secondi, per lo sviluppo dell’industria delle telecomunicazioni, come nel caso della telefonia cellulare, hanno effetti che toccano da vicino la vita quotidiana dei cittadini.
I campi elettromagnetici interagiscono con il corpo umano con effetti a breve termine i quali, a seconda della frequenza, comprendono sia la stimolazione di cellule di tessuti nervosi e muscolari eccitabili elettricamente sia il riscaldamento. Particolare attenzione è stata riservata agli effetti del campo elettromagnetico irradiato dai telefoni cellulari, che, per la loro posizione durante l’uso, provocano intensità di campo relativamente forti in vicinanza dell’orecchio.
Sotto il profilo giuridico, l’i. consiste nell’immissione, diretta o indiretta, accidentale, dolosa o colposa, di sostanze liquide, solide o gassose, di radiazioni, vibrazioni, calore ecc., nell’acqua, nell’aria o nel suolo.
La repressione dell’i. atmosferico è stata inizialmente disciplinata della l. 615/1966, che regolava l’esercizio degli impianti termici e industriali, nonché l’uso di autoveicoli provocanti emissioni di fumi, gas e polveri pericolosi per la salubrità dell’aria e suscettibili di causare danni ai beni pubblici e privati. La normativa prevedeva la divisione del territorio nazionale in zone di controllo sulla base di fattori fisici, climatici, urbanistici, industriali ecc., una commissione centrale e vari Comitati Regionali contro l’Inquinamento Atmosferico (CRIA), con funzioni consultive, di studio e di ricerca. La vigilanza era affidata ai vigili del fuoco. A causa della sua debolezza, tale sistema è stato sostituito da molteplici interventi normativi tra cui: il d.p.r. 203/1988, che ha dato attuazione a varie direttive CEE sull’immissione nell’aria di ossidi di zolfo, azoto, particelle sospese ecc., e sull’inquinamento prodotto dagli impianti industriali; la l. 277/1988 che ratifica la Convenzione di Vienna per la protezione della fascia di ozono; la l. 487/1988 di ratifica ed esecuzione del protocollo alla Convenzione del 1979 sull’i. atmosferico oltre confine. Il codice penale prevede, inoltre, la fattispecie del gettito pericoloso di cose (art. 674), contravvenzione commessa da chiunque getti o versi, in un luogo di pubblico transito ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provochi emissioni di gas, vapori o fumi, atti a cagionare tali effetti. Prima dell’entrata in vigore della l. 615/1966, tale norma costituiva il nucleo centrale della disciplina antinquinamento; la giurisprudenza prevalente sostiene che essa conservi comunque un proprio ambito di applicabilità in quanto si riferisce alle emissioni moleste alle persone, mentre la normativa del 1966 punisce la condotta del mancato apprestamento degli impianti antinquinamento.
La l. 152/1999 definisce i. idrico lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nell’ambiente idrico di sostanze e di energia suscettibili di nuocere al sistema ambientale idrico e alla salute umana. Sono considerate reflue le acque domestiche e industriali. Obiettivo della legge è la prevenzione e la riduzione dell’i., il risanamento dei corpi idrici inquinanti, il miglioramento dello stato delle acque, l’uso sostenibile e durevole delle risorse idriche con priorità per quelle potabili, il mantenimento della capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici e di sostegno delle comunità animali e vegetali.
Dopo una serie di interventi normativi settoriali, la legge quadro 447/1995 ha disciplinato in maniera organica la materia dell’i. acustico. Il codice penale prevede, inoltre, la contravvenzione (art. 659) del disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone; viene punito con l’arresto o l’ammenda chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturbi le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici.