(diossido di zolfo) Composto chimico contenente lo zolfo tetravalente, di formula SO2; è un gas dall’odore pungente, soffocante, 2,26 volte più denso dell’aria, dannoso per gli organismi animali e vegetali. A pressione ordinaria liquefà a −10 °C, dando un liquido incolore, e solidifica a −72 °C. È facilmente solubile in acqua (69,8 e 36,4 litri per litro di acqua rispettivamente a 0 e 20 °C); la solubilità aumenta con la pressione. In presenza di acqua numerosi agenti ossidanti (cloro, bromo, acido cromico, acido nitrico, permanganato ecc.) la trasformano in acido solforico. Allo stato secco, in presenza di catalizzatori (pentossido di vanadio, spugna di platino ecc.), a 450 °C circa, viene ossidata ad anidride solforica dall’ossigeno dell’aria. È un riducente abbastanza energico; in qualche caso però si comporta come un ossidante, per es. reagendo con l’idrogeno solforato (2H2S+SO2 ⇄ 2H2O+3S). Si può preparare riscaldando rame e acido solforico (Cu+2H2SO4 ⇄ CuSO4+2H2O+SO2) oppure riscaldando zolfo con ossido di rame o di manganese (2CuO+2S ⇄ Cu2S+SO2).
La produzione industriale di SO2 ha luogo essenzialmente per combustione dello zolfo o per arrostimento delle piriti; entrambi i processi avvengono in presenza di un eccesso di ossigeno rispetto alla stechiometria della reazione. La combustione dello zolfo si può realizzare o facendo passare aria su zolfo fuso, o iniettando lo zolfo, fuso in una vasca percorsa da serpentine a circolazione di vapore, entro adatte camere di combustione dove il getto si fraziona in minute goccioline e brucia con l’aria presente. I gas prodotti, a seconda dell’eccesso d’aria impiegato, contengono 9-10% circa di SO2. Per l’arrostimento delle piriti sono molto usati i forni di tipo meccanico (➔ forno); sono molto diffusi anche forni in cui la pirite, sotto forma di granuli di 1-2 mm di diametro, costituisce un letto mantenuto in stato fluidizzato dal flusso ascendente dell’aria di combustione. I gas che escono dai forni di arrostimento delle piriti trascinano notevoli quantità di polveri (soprattutto quando vengono impiegati i forni a letto fluidizzato). I gas, dopo aver attraversato una caldaia dove si raffreddano producendo vapore, sono inviati negli apparecchi di depolverizzazione (cicloni, elettrofiltri). Quando i gas s. sono impiegati per la produzione di acido solforico tramite il sistema di contatto, la loro depurazione deve essere particolarmente spinta per evitare l’avvelenamento del catalizzatore; in tal caso, dopo la depolverizzazione, i gas sono sottoposti a un lavaggio con soluzioni acquose acide che rimuovono gli ossidi di arsenico e le ultime tracce di polveri; un trattamento finale in elettrofiltri (per abbattere le nebbie residue) e un essiccamento mediante lavaggio con acido solforico concentrato completano la depurazione dei gas prima della loro immissione nei reattori catalitici.
Negli USA la produzione industriale di SO2 avviene essenzialmente per combustione dello zolfo in ragione della grande disponibilità di zolfo nativo. In Italia l’arrostimento delle piriti (accompagnato dall’utilizzazione dell’ossido di ferro nell’industria metallurgica) mantiene un ruolo rilevante. Si può anche ottenere anidride s. dalla calcinazione di solfati, per es., del solfato di calcio (gesso); si hanno diversi impianti nei quali il gesso viene riscaldato con argilla per dare un clinker di cemento mentre dai gas raffreddati si recupera l’anidride s. messa in libertà. Una fonte particolare è rappresentata dai gas di scarico di molte industrie, contenenti quantità variabili di SO2 (lavorazioni metallurgiche, centrali termoelettriche ecc.); di solito la percentuale di anidride s. presente in tali gas è bassa, però in qualche caso, per ragioni igienico-sanitarie, se ne impone l’eliminazione prima dello scarico nell’atmosfera. Si hanno numerosi sistemi di recupero, basati sull’assorbimento selettivo della SO2 dai gas preventivamente raffreddati, usando, per es., liquidi o soluzioni alcaline (xilidina, dimetilammina, ammoniaca, solfato basico di alluminio); la SO2, che viene trattenuta o fissata sotto forma di composti labili, può essere poi rimessa in libertà in forma concentrata, utilizzabile per debole riscaldamento delle soluzioni stesse.
Per i gas contenenti un tenore relativamente basso di SO2 e che non è possibile raffreddare dato il loro grande volume, si può ricorrere a strati di carbone attivo, che adsorbe selettivamente e trattiene la SO2, o si possono iniettare nei gas sostanze solide (per es., biossido di manganese, allumina alcalinizzata ecc.) capaci di reagire con la SO2 a caldo per formare composti solidi che vengono poi separati, per es. facendo passare i gas caldi in cicloni o in filtri elettrostatici.
L’acido s., di formula H2SO3, non è noto allo stato libero, però le soluzioni acquose di anidride s. reagiscono come sue soluzioni (conducono la corrente, danno i sali corrispondenti ecc.). Le soluzioni acquose di anidride s. si usano nell’estrazione della cellulosa, nella sbianca di fibre tessili, come riducenti ecc. L’acido s. dà due serie di sali, neutri (solfiti) e acidi (bisolfiti o idrogenosolfiti).