X-astronomia Settore dell’astronomia (detto anche astronomia X o astronomia nel campo dei raggi X) che utilizza osservazioni nel campo dei raggi X per lo studio di sorgenti astronomiche.
L’intervallo di energia dei fotoni studiati dalla X-a. si estende da circa 100 eV a 300 keV, corrispondenti alle lunghezze d’onda di circa 10−9 e 4∙10−12 m. L’atmosfera terrestre è completamente opaca ai raggi X per cui è necessario portare gli strumenti fuori da essa per mezzo di razzi o satelliti artificiali. Il primo corpo celeste osservato nei raggi X fu il Sole (1949), con contatori Geiger a bordo di un razzo V2, da parte di un gruppo di scienziati del Naval research laboratory (Washington) guidato da H. Friedman. La scoperta della prima sorgente di raggi X fuori dal Sistema solare (chiamata Sco X-1, perché situata nella costellazione dello Scorpione) fu fatta da R. Giacconi, H. Gursky, F. Paolini e B. Rossi nel giugno del 1962 con un esperimento a bordo di un razzo Aerobee. Un grande progresso fu realizzato nel 1970 con il lancio del primo satellite dedicato alla X-a. (Sas I-Uhuru), che utilizzava come rivelatori contatori proporzionali. Da allora sono state effettuate più di 25 missioni spaziali (le principali sono indicate in tab.) dedicate a ricerche di X-astronomia.
La distribuzione nel cielo delle sorgenti di raggi X mostra che una frazione cospicua di esse si concentra nei pressi dell’equatore galattico e, in particolare, verso le regioni centrali della Via Lattea, mentre le rimanenti si distribuiscono in modo isotropo nel resto del cielo; le prime sono in gran parte oggetti di natura stellare, mentre le altre sono prevalentemente galassie con intensa emissione nucleare (nuclei galattici attivi) e ammassi di galassie. Oltre alle sorgenti si osserva anche una radiazione diffusa altamente isotropa, scoperta con i primi esperimenti di X-a. nel 1962, che si ritiene dovuta all’emissione di un gran numero di sorgenti extragalattiche lontane il cui flusso è troppo debole per distinguerle individualmente.
Emissione di raggi X è stata osservata da molte stelle della nostra galassia, sia isolate sia in sistemi binari, diverse per tipologia e luminosità. Il meccanismo fisico che sta alla base di questa emissione è radiazione di frenamento (bremsstrahlung) prodotta dagli elettroni nelle collisioni con gli ioni positivi in un gas di temperatura molto elevata (dell’ordine di qualche milione di kelvin). Quando l’assorbimento della radiazione nella sorgente stessa è trascurabile, la distribuzione spettrale è un continuo descritto da una legge del tipo E−0,4exp(−E/kT), a cui si aggiunge una componente di righe prodotta nelle transizioni fra i livelli energetici più elevati di atomi in diverso stato di ionizzazione ed eccitati nelle collisioni con gli elettroni; quando il gas della sorgente assorbe la radiazione che emette fino a trovarsi in equilibrio con essa, il continuo segue la distribuzione spettrale del corpo nero.
Emissione da corone stellari. Molte stelle normali, situate lungo la sequenza principale del diagramma Hertzsprung-Russel, come il nostro Sole, sono circondate da una rarefatta atmosfera avente una temperatura molto elevata (corona). Nelle stelle in cui domina il trasporto convettivo di energia si sviluppano intense onde elastiche, che vengono dissipate nella corona e la portano a temperature tanto elevate da farle emettere raggi X. Questi processi sono rilevanti nelle stelle dei tipi spettrali più avanzati, in particolare le stelle nane di tipo M, in cui il rapporto tra la luminosità della corona nei raggi X e quella nel visibile e nell’infrarosso emessa dalla fotosfera raggiunge il valore 10−3.
Resti di supernovae. Un’altra importante classe di sorgenti galattiche di raggi X è costituita da gas ad alta velocità eiettati nello spazio interstellare in conseguenza di esplosioni stellari (supernovae). Questo gas, in rapida espansione, forma un’onda d’urto che si propaga e riscalda il tenue gas interstellare; essa inoltre comprime il campo magnetico e può accelerare atomi ionizzati ed elettroni fino ad energie elevatissime. I resti di supernova, infatti, si possono facilmente riconoscere per la loro tipica struttura estesa a guscio sferico (anche se mostrano frequentemente disomogeneità di densità, temperatura e luminosità) che caratterizza la loro emissione radio (dovuta a irraggiamento di sincrotrone), nel visibile e nei raggi X.
Sistemi binari. Le sorgenti galattiche di raggi X più luminose sono sistemi binari, cioè formati da due stelle orbitanti attorno al comune centro di gravità. Perché abbia luogo l’emissione X è necessario che una delle componenti sia un oggetto collassato (una nana bianca, una stella di neutroni o, eventualmente, un buco nero), e che si trovi abbastanza vicino all’altra componente che deve essere una stella ordinaria. I gas dell’atmosfera di questa stella, che riescono a sfuggire alla sua attrazione gravitazionale, precipitano nell’intenso campo gravitazionale dell’astro collassato; in questo processo di caduta (accrescimento) il gas trasforma l’energia potenziale gravitazionale in energia cinetica e aumenta la sua temperatura fino a raggiungere alcuni milioni di gradi emettendo così raggi X. In realtà questo processo è molto più complesso, in quanto il gas possiede un momento angolare e, pertanto, prima di precipitare sulla stella collassata inizia a ruotare attorno a essa, formando una struttura abbastanza stabile detta disco di accrescimento.
Le sorgenti binarie di raggi X sono suddivise in due tipi principali in base alla massa della stella secondaria: le sorgenti X di tipo I (v. fig.), in cui la secondaria è una stella di grande massa (maggiore di una massa solare), molto luminosa e generalmente di tipo spettrale O oppure B, che emette un intenso vento stellare; la luminosità nei raggi X di questo tipo di sorgenti non supera di alcune volte quella nella luce visibile; le sorgenti X binarie di tipo II, che hanno una secondaria di massa pari o minore di quella del Sole, e in cui il trasferimento di materia verso la compagna collassata avviene quando essa ha raggiunto una fase evolutiva in cui riempie completamente la superficie equipotenziale passante per il punto di equilibrio tra le due stelle (lobo di Roche) e il gas fluisce attraverso questo punto; la luminosità X di questo tipo di sorgenti è maggiore di quella ottica di più di 10 volte.
I risultati, che si riferiscono a circa una ventina di binarie X, hanno mostrato che la massa delle stelle di neutroni è in genere compresa tra una e due masse solari, con un valore medio di poco inferiore a 1,4 masse solari (il limite di Chandrasekhar per la massa delle nane bianche). Studi teorici prevedono che si formi un buco nero quando la massa di una stella collassata superi tre masse solari. Per alcune sorgenti X, tre nella nostra galassia (fra le quali Cyg X-1) e una nella grande nube di Magellano, la stima della massa della componente compatta supera questo valore e pertanto si ritiene che esse possano essere buchi neri. Prudentemente sono chiamate candidati buchi neri (black hole candidate, BHC), in quanto queste stime si basano anche su ipotesi difficilmente verificabili, fra le quali quella che la radiazione osservata nella banda visibile sia effettivamente tutta prodotta dalla stella secondaria e che l’eventuale contributo del disco di accrescimento sia trascurabile.
La radiazione X da galassie normali, cioè quelle che non presentano un’intensa emissione dalla regione nucleare, dei vari tipi morfologici (ellittiche, spirali, irregolari), è essenzialmente prodotta dalle diverse sorgenti di natura stellare e resti di supernova che esse contengono. In M 31, galassia a spirale della costellazione di Andromeda, molto simile alla Via Lattea, sono state individuate oltre un centinaio di sorgenti e alcune di queste sono anche state identificate otticamente; sempre nel Gruppo locale si trova la Grande nube di Magellano che è particolarmente ricca di sorgenti X, specialmente di resti di supernova. In alcune galassie ellittiche, inoltre, è stata rivelata la presenza di un’emissione estesa di raggi X oltre il contorno visibile: questi aloni indicano non solo la presenza di un gas caldo che circonda la galassia, ma anche di materia, non osservabile nella banda della luce visibile, la cui massa contribuisce alle forze gravitazionali che regolano la dinamica del sistema stellare.
La classe più numerosa di sorgenti X extragalattiche è costituita dai nuclei galattici attivi (NGA). Si tratta di galassie nella cui regione nucleare viene emessa tanta radiazione elettromagnetica di origine non stellare, la cui luminosità supera quella dell’intera componente stellare della stessa galassia. Gli NGA, che si dividono in due gruppi principali, a seconda della presenza o meno di una intensa emissione radio, sono ulteriormente suddivisi in diverse classi e sottoclassi in base alle loro caratteristiche morfologiche e spettrali (galassie di Seyfert, radiogalassie, oggetti quasi stellari QSO, oggetti tipo BL Lac ecc.). Al centro di un NGA si troverebbe un buco nero di grande massa, da milioni fino a qualche miliardo di volte quella del Sole, attorno al quale ruota un disco di accrescimento, simile a quello delle binarie X, ma su una scala molto più grande.
L’uso dei telescopi a raggi X ha mostrato che l’emissione X degli ammassi di galassie è spazialmente estesa, con caratteristiche di distribuzione che si differenziano in funzione della struttura del potenziale gravitazionale nell’ammasso: il gas, infatti, tende a concentrarsi nelle zone in cui questo ha un valore minore. La distribuzione della emissione X fornisce così una vera e propria mappa del campo gravitazionale dell’ammasso e permette di risalire alla distribuzione della materia che lo produce. Si è potuto così stimare che la massa totale, sotto forma di gas intergalattico, supera quella delle galassie osservate. Nello spettro degli ammassi si osservano anche le righe del ferro, dalle quali è stato possibile stimare un’abbondanza di questo elemento pari in genere a circa la metà di quella solare. Ciò implica che la composizione chimica del gas degli ammassi è diversa da quella primordiale, cioè da quella prodotta nel corso del big-bang, da cui avrebbe avuto origine il nostro Universo, e che quindi questa materia in qualche fase deve avere partecipato a processi di fusione termonucleare.