In fisica, emissione di onde elettromagnetiche (in particolare, luminose, calorifiche ecc.). Come si riconosce in base alle equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo classico, una carica elettrica q, in moto con velocità non costante e quindi con una certa accelerazione a, dà luogo a i.; l’energia elettromagnetica emessa nell’unità di tempo, cioè la potenza (integrale) dell’i., W, è data dalla relazione di J. Larmor: W=ε1/2 μ3/2 q2a2/3π, in cui ε e μ sono rispettivamente la costante dielettrica assoluta e la permeabilità magnetica assoluta del mezzo dove la carica si muove, essendo le varie grandezze misurate in unità del Sistema Internazionale (SI). Tale energia si propaga per onde elettromagnetiche, la cui intensità, frequenza (o spettro di frequenza) e stato di polarizzazione costituiscono le principali caratteristiche dell’irraggiamento.
Un tipo di moto non uniforme particolarmente interessante per la sua regolarità è quello armonico, in quanto le onde elettromagnetiche emesse hanno frequenza pari a quella del moto e sono polarizzate linearmente: nel generico punto P dello spazio circostante, il vettore campo elettrico vibra nel piano (piano di vibrazione) contenente la congiungente P con la carica (direzione di propagazione per P) e la direzione lungo la quale la carica oscilla, mentre il vettore campo magnetico vibra nel piano (piano di polarizzazione) contenente la direzione di propagazione per P e ortogonale al precedente. Se il moto della carica (o del sistema di cariche) è un moto non uniforme qualunque, esso può essere considerato, a norma di un teorema di Fourier e del principio di sovrapposizione dei movimenti, come risultante dalla composizione di un certo numero, teoricamente infinito, di moti armonici, ciascuno con opportuna ampiezza, frequenza, fase iniziale e direzione; conseguentemente, l’i. allora non è più monocromatico, ma policromatico, consistente in più onde elettromagnetiche, differenti tra loro per l’intensità, la frequenza, la fase iniziale e lo stato di polarizzazione, e occupanti, con continuità o no, un intervallo più o meno esteso dello spettro elettromagnetico. A determinare le modalità dell’i., ovvero, in ultima analisi, le caratteristiche delle onde elettromagnetiche emesse, concorrono dunque la natura e il tipo di moto di particelle cariche, siano queste libere oppure appartenenti a sistemi materiali.
Quando dalla considerazione di cariche libere (per es., ioni nel vuoto) si passa a considerare cariche appartenenti a sistemi atomici (per es., elettroni legati) o subatomici (per es., nucleoni carichi), vengono meno le leggi dell’elettromagnetismo classico, che vanno sostituite con quelle quantistiche. Così, un elettrone legato, percorrente cioè intorno al nucleo dell’atomo di appartenenza una determinata orbita, secondo la precedente relazione di Larmor dovrebbe irraggiare, in quanto animato da un moto a velocità non costante (almeno vettorialmente); la progressiva conversione di energia cinetica in energia elettromagnetica irraggiata costringerebbe l’elettrone a ruotare su orbite sempre più strette e a cadere rapidamente sul nucleo. Il fatto che ciò non accada si spiega, nell’ambito della meccanica quantistica, in quanto i livelli energetici dell’elettrone nell’atomo risultano quantizzati e non esistono livelli energetici permessi per l’elettrone al disotto del cosiddetto livello fondamentale. A causa della quantizzazione dei livelli energetici l’i. da parte dell’elettrone non può essere continuo ma è discontinuo, e precisamente si ha soltanto quando l’elettrone, assorbendo energia dall’esterno, passa su un’orbita più esterna, cioè, come si usa dire, quando l’elettrone, e l’atomo con esso, viene eccitato; dopo una permanenza estremamente breve (dell’ordine di 10−8 s) in tale stato eccitato, l’elettrone torna spontaneamente nell’orbita di partenza, emettendo sotto forma elettromagnetica l’energia, ΔE, assorbita nell’eccitazione e pari alla differenza tra i livelli energetici competenti alle due orbite. L’i. è in tal caso monocromatico; la frequenza ν dell’onda emessa, polarizzata linearmente, è data dalla relazione ν=ΔE/h, dove h è la costante di Planck. In altri termini la diseccitazione dell’elettrone legato consiste nell’emissione di un quanto di energia elettromagnetica, detto fotone, di energia pari a hν.
L’eccitazione di elettroni legati, e quindi l’i. di fotoni, può aversi in vari modi: per es., a causa di urti da parte di ioni o di elettroni liberi (fenomeni di elettroluminescenza) o da parte di fotoni (fenomeni di fluorescenza e di fosforescenza), oppure a causa di azioni meccaniche (fenomeni di triboluminescenza) o di reazioni chimiche (chemiluminescenza). Processi di emissione elettromagnetica di questo genere sono detti di i. per eccitazione o i. per luminescenza. Più in generale può essere trattato in termini di emissione di fotoni anche l’i. da parte di cariche generiche in moto; anzi, è proprio con una trattazione del genere che si riesce a dar conto di tutti gli aspetti dell’i., alcuni dei quali non trovano spiegazione nell’ambito delle teorie classiche.