In fisica, il quanto di energia elettromagnetica. Precisamente, un’onda elettromagnetica di frequenza ν può essere pensata come costituita da particelle, appunto i f., in moto con la velocità dell’onda, c, ciascuno dei quali ha energia E=hν, h essendo la costante di Planck, e impulso p=hν/c, quest’ultimo diretto nel verso di propagazione dell’onda. Si tratta di particelle che hanno massa di riposo nulla, carica elettrica nulla, momento magnetico nullo, momento di spin 1; i f. seguono la statistica di Bose-Einstein.
Il f. fu introdotto nel 1905 come ipotesi euristica da A. Einstein, il quale ricavò che la componente ad alta frequenza della radiazione in equilibrio termico in una cavità aveva comportamento termodinamico per alcuni aspetti analogo a quello di un gas perfetto, cioè di un insieme discreto di particelle. Una prima evidenza della realtà fisica del f. fu fornita nel 1915 dallo studio sperimentale dell’effetto fotoelettronico di superficie, interpretato da Einstein già nel 1905. Il dualismo apparente tra le proprietà corpuscolari dei f. e quelle ondulatorie di una radiazione (interferenza, diffrazione ecc.) si risolve nell’ambito della meccanica quantistica. Il f. è accoppiato a tutte le particelle cariche in proporzione alla loro carica elettrica e lo scambio di f. media le interazioni elettromagnetiche tra particelle cariche (➔ elettrodinamica).
La fotonica è il settore dell’ottica che studia la possibilità di controllare flussi di f., e di realizzare dispositivi analoghi a quelli elettronici ma utilizzanti f. anziché elettroni. Nel campo delle telecomunicazioni, il termine è usato per indicare l’insieme delle tecnologie utilizzate per la generazione, trasmissione, rivelazione ed elaborazione di segnali modulati su portante ottica. Le prime applicazioni in tale campo si possono far risalire alla metà degli anni 1970, con la sperimentazione delle fibre ottiche quali canali trasmissivi a larga banda (➔ fibra). Tuttavia, nelle prime applicazioni, il segnale era mantenuto in forma ottica solo ai fini della trasmissione, mentre era riconvertito in forma elettrica ogni volta che era necessario effettuare su di esso operazioni di amplificazione, elaborazione o commutazione; tali operazioni sul segnale elettrico erano eseguite secondo le usuali tecniche elettroniche, in campo analogico o numerico. In seguito, grazie allo sviluppo estremamente rapido della optoelettronica (➔), sono state messe a punto varie tecnologie di tipo innovativo, per mezzo delle quali il segnale su portante ottica rimane in tale forma in sezioni sempre più ampie del collegamento, limitando al massimo il numero delle conversioni elettroottiche, con grandi vantaggi ai fini delle prestazioni, dell’affidabilità e della compattezza dei sistemi.
I sistemi fotonici di trasmissione ottica differiscono dagli altri sistemi di telecomunicazioni per l’utilizzazione delle fibre ottiche quale mezzo trasmissivo. Ciò implica che la frequenza portante sia estremamente alta (intorno a 105 GHz) e pertanto la larghezza di banda del segnale trasmissibile può essere molto più elevata di quella utilizzabile in tutti gli altri casi. Un sistema di trasmissione ottico consiste in un trasmettitore a laser modulato dal segnale elettrico, in un mezzo trasmissivo e in un ricevitore che consente di riconvertire il segnale ottico in segnale elettrico. Il mezzo trasmissivo è costituito da una fibra ottica a singolo modo e da amplificatori ottici. In una linea di trasmissione ottica amplificata, le principali limitazioni alle prestazioni sono dovute all’insieme di 4 effetti principali: a) la dispersione cromatica, consistente nel fatto che le varie componenti spettrali del segnale viaggiano a velocità leggermente differenti; b) la dispersione di polarizzazione, dovuta alle differenti velocità con cui si propagano le componenti polarizzate del segnale; c) gli effetti non lineari presenti nella trasmissione del segnale nella fibra, che a loro volta sono imputabili a tre effetti fisici, noti come effetto Brillouin, effetto Raman ed effetto Kerr; d) il rumore ottico generato negli amplificatori. Nella trasmissione numerica di impulsi sulla fibra gli effetti sopraindicati agiscono contemporaneamente e pertanto danno luogo in generale a distorsioni (distorsione dello spettro dei segnali, allargamento della durata degli impulsi ecc.).
Le tecniche fotoniche permettono di realizzare sistemi di comunicazione complessi, completamente di tipo ottico. Ciò riguarda non solo la trasmissione, ma anche i sistemi di commutazione in reti di fibre ottiche interconnesse. L’elemento chiave in sistemi di tale tipo è rappresentato dai nodi ottici, nei quali sono realizzati vari tipi di architetture in cui l’instradamento delle comunicazioni può avvenire con matrici di commutazione spaziale ovvero con sistemi di commutazione di frequenza. Le reti ottiche di distribuzione permettono di utilizzare, a livello di utente, canali trasmissivi a banda molto più ampia di quella finora usata, e presentano vantaggi indiscutibili rispetto alle reti di distribuzione su doppino telefonico o su cavo coassiale. In effetti, i servizi di tipo telematico, cioè i servizi integrati audio e video, sono stati normalizzati in relazione a reti di distribuzione di tale tipo (➔ telematica).