Dispositivo, apparecchio o sostanza mediante i quali si può rendere manifesto un fenomeno o rendere osservabile e misurabile un ente fisico, che di per sé non sarebbe direttamente tale ai nostri sensi, mediante effetti fisici o chimici o di altra natura.
In elettronica, i r. di radioonde modulate estraggono da queste le informazioni impresse con il procedimento della modulazione.
Strumenti che permettono la rivelazione, il riconoscimento e la misurazione delle proprietà di particelle, in particolare di particelle elementari. L’evoluzione della ricerca sperimentale nel campo della fisica nucleare e subnucleare è strettamente connessa con il progresso dei r. di particelle.
La ricerca dei costituenti elementari della materia ha reso necessario il raggiungimento di energie sempre crescenti e conseguentemente la realizzazione di nuovi sistemi sempre più complessi e sofisticati di rivelazione. Il principio sul quale sono basati tutti i r. di particelle è il trasferimento di energia dalla particella al r., che provvede a convertirla in una forma suscettibile di essere percepita, elaborata, registrata. Le particelle elettricamente cariche sono rivelate in quanto cedono energia al materiale attraversato mediante interazioni elettromagnetiche con gli elettroni del mezzo, provocando l’eccitazione o la ionizzazione (o anche soltanto la polarizzazione) degli atomi che lo compongono; quelle neutre, invece, per essere rivelate debbono dare luogo a un’interazione che produca almeno una particella carica, la quale a sua volta interagisce elettromagneticamente con gli elettroni del mezzo (fig. 1).
I r. di particelle possono suddividersi in visualizzanti (quelli che, come le camere a bolle, a scintilla ecc., visualizzano direttamente la traiettoria della particella rivelata) e non visualizzanti. Possono inoltre essere classificati sulla base della grandezza fisica relativa alla particella di cui eseguono la misurazione; così, per es., è denominato genericamente calorimetro (elettromagnetico o adronico) il r. che fornisce la misura dell’energia totale della particella; camera (➔), quello che consente la misurazione della posizione della particella e quindi la ricostruzione della sua traiettoria; contatore (➔), quello che consente la misurazione del tempo necessario per essere attraversati dalla particella. Un’altra possibile classificazione è basata sulla natura del mezzo sensibile (r. a gas, a semiconduttore ecc.) oppure sul processo che dà luogo alla rivelazione: a) ionizzazione; b) produzione di coppie elettrone-lacuna (➔ semiconduttore); c) luminescenza (➔ scintillazione); d) effetto Čerenkov; e) emissione di radiazione di transizione (➔); f) processi termodinamici metastabili (nelle camere a nebbia e in quelle a bolle); g) impressione dei granuli di una emulsione (➔) fotografica.
I r. attualmente più impiegati sono quelli che forniscono in uscita segnali elettrici: r. a gas o r. a semiconduttore, nei quali le cariche elettriche prodotte dalla particella possono migrare ed essere raccolte in modo da formare direttamente un segnale elettrico o dare luogo al segnale per induzione elettrica; r. a scintillazione (o a radiazione di Čerenkov), nei quali la particella produce radiazione luminosa che viene convertita in un segnale elettrico mediante fotomoltiplicatori.
Strumenti (detti anche fotorivelatori) che assorbendo, tutta o in parte, la radiazione trasducono l’energia elettromagnetica a essa associata in segnali elettrici (variazione di carica elettrica, intensità di corrente, tensione, resistenza elettrica). In base al principio fisico di trasduzione, si distinguono due categorie: r. fotoelettrici o quantici, che utilizzano per la rivelazione l’effetto fotoelettrico dai fotoni incidenti, e i r. termoelettrici o termici, sensibili alle variazioni di temperatura prodotta dall’energia elettromagnetica assorbita. I r. fotoelettrici si possono, a loro volta, suddividere in: r. a effetto fotoelettrico esterno o a fotoemissione, r. a effetto fotoelettrico interno o a fotoconduzione e r. a effetto fotovoltaico; in questi r. i fotoni forniscono agli elettroni energia sufficiente per superare una barriera energetica, dando così origine a un flusso di corrente in un campo elettrico intrinseco oppure opportunamente applicato.
Quanto alla struttura, si distinguono r. a vuoto, costituiti da dispositivi contenenti un tubo a vuoto, e r. a stato solido, costituiti da dispositivi contenenti un materiale sensibile solido (semiconduttore, giunzione a semiconduttore, opportuno materiale metallico). I r. a fotoemissione coprono l’intervallo spettrale dal vicino ultravioletto (UV) al vicino infrarosso (IR), quelli a fotoconduzione e fotovoltaici dal vicino UV al medio IR e quelli termoelettrici dal vicino al lontano IR.
Trasduttori elettroacustici che ricevendo un segnale acustico (o più genericamente onde elastiche longitudinali) lo trasformano in un segnale elettrico avente lo stesso andamento temporale. I r. sonori, con poche eccezioni, possono essere classificati a seconda che l’accoppiamento elettroacustico sia realizzato mediante un campo elettrico o un campo magnetico; un’altra classificazione generale riguarda il tipo di segnale rivelato (sonoro, ultrasonoro, sismico ecc.), il campo di frequenze interessato e il mezzo in cui avviene la propagazione delle onde elastiche. Nei mezzi solidi e per basse frequenze (fino ad alcuni kilohertz), vengono impiegati i geofoni e gli accelerometri; nel campo delle frequenze udibili fino ai bassi ultrasuoni, per la propagazione in aeriformi e in particolare nell’aria, si usano i microfoni; nel campo delle frequenze ultrasonore propagantesi nei liquidi si utilizzano appositi sensori e, nel campo delle frequenze più basse, gli idrofoni.
In radiotecnica e in elettronica, dispositivo o apparato atto a segnalare la presenza di radioonde in una determinata banda di frequenza; in questo significato generico è sinonimo di radioricevitore, ma usualmente, con significato più specifico, si intende per r. lo stadio di un radioricevitore o, genericamente, di un ricevitore di segnali modulati, in cui si effettua la demodulazione del segnale ricevuto, particolarmente nei casi di segnali modulati in ampiezza o in frequenza. In questo significato specifico la parola corrisponde a demodulatore, con l’avvertenza che quest’ultimo termine è usato nel caso di qualunque tipo di demodulazione.
Sono costituiti essenzialmente da un elemento raddrizzatore, esso stesso detto r., e da un gruppo di rivelazione, costituito da un condensatore e da un resistore, ai quali viene applicata la tensione a radiofrequenza da rivelare; all’uscita del gruppo di rivelazione si ottiene una tensione che riproduce l’andamento del segnale modulante di bassa frequenza.
In relazione alla forma della caratteristica corrente-tensione dell’elemento raddrizzatore usato si hanno due principali categorie, r. lineari oppure r. quadratici (o parabolici) a seconda che la caratteristica sia lineare oppure no; il valore medio della corrente raddrizzata risulta proporzionale nel primo caso al valore massimo V della tensione applicata, nel secondo al quadrato di V (da qui la denominazione di quadratici). Mentre i r. lineari non introducono distorsione, quelli quadratici distorcono il segnale rivelato e non possono quindi essere usati soddisfacentemente per la rivelazione di segnali radiofonici.
I r. a diodo sono i r. lineari per eccellenza, usati nella quasi totalità dei radioricevitori per modulazione d’ampiezza; l’elemento raddrizzatore, posto in serie al gruppo di rivelazione e a un circuito oscillante accordato sulla frequenza della portante il quale fornisce la tensione da rivelare, è un diodo a semiconduttore. In fig. 2 A è riportato lo schema di principio del r. a diodo: durante le semionde positive il condensatore C2 del gruppo di rivelazione C2R si carica, attraverso il diodo D, a una tensione vr (fig. 3) vicina ai valori di picco del segnale modulato vm, presente ai capi del circuito risonante LC1; tra un picco e l’altro il diodo è interdetto e il condensatore si scarica parzialmente sul resistore R, ai capi del quale è quindi disponibile una tensione che segue l’inviluppo del segnale modulato, a parte piccole ondulazioni a frequenza portante. Assume grande importanza, nei riguardi della fedeltà, il dimensionamento corretto della costante di tempo RC del gruppo di rivelazione; infatti, per costanti di tempo troppo elevate il condensatore non si scarica sul resistore con sufficiente rapidità e la tensione ai suoi capi non segue l’inviluppo durante le fasi decrescenti del segnale modulante; viceversa, per costanti di tempo molto piccole il condensatore si scarica troppo tra un impulso e l’altro e la tensione vr si allontana sensibilmente dall’inviluppo soprattutto durante le fasi crescenti. In fig. 2B è riportato lo schema elettrico effettivo di un r. a diodo; tra C2 e l’elemento resistivo R (potenziometro per la regolazione del volume), sono inseriti un filtro passa-basso costituito da R2 e C3, per eliminare il residuo a radiofrequenza, e un condensatore di blocco C4, per eliminare la componente continua della tensione rivelata; è da notare che tale componente, negativa e proporzionale all’ampiezza della portante, può essere prelevata dal morsetto a mediante un opportuno filtro ed essere utilizzata per il controllo automatico di volume.
I r. eterodina sono segnali radioelettrici, costituiti da un r. del tipo anzidetto accoppiato a un oscillatore (eterodina) accordato su una frequenza di poco differente da quella del segnale radiotelegrafico ricevuto; il segnale rivelato è allora costituito, in virtù del fenomeno dei battimenti, da una tensione a frequenza acustica che riproduce i segnali di manipolazione: la frequenza acustica stessa può essere variata a piacere, modificando leggermente la frequenza dell’eterodina. La denominazione r. supereterodina che si dà al convertitore di frequenza dei radioricevitori a supereterodina (➔ radioricevitore) non è appropriata, in quanto con tali dispositivi non si attua una demodulazione. I r. omodina sono r. eterodina a frequenza di battimento nulla, nei quali cioè l’oscillatore genera un segnale che ha la stessa frequenza del segnale da rivelare.
Il r. magnetico, ideato da G. Marconi nel 1902 e basato sulla non linearità della magnetizzazione indotta in un filo di materiale ferromagnetico dai radiosegnali da rivelare, ha esclusivamente interesse storico.
Hanno lo scopo di fornire una tensione il cui valore è proporzionale alla variazione di frequenza del segnale a radiofrequenza ricevuto. Nei r. a circuiti accordati lateralmente (discriminatori di Travis), due r. a diodo, con i gruppi di rivelazione in serie, sono alimentati in modo che la frequenza dei rispettivi circuiti oscillanti sia regolata su un valore di poco superiore per l’uno e di poco inferiore per l’altro, rispetto alla frequenza della portante. A causa delle difficoltà di corretta taratura di tale circuito, è maggiormente usato il r. a rapporto (derivato dal discriminatore di Foster-Seeley o a sfasamento), di impiego comune nei radioricevitori di tipo professionale. Il r. a rapporto è costituito da due r. a diodo in serie, alimentati da un particolare trasformatore accordato a radiofrequenza e disposti in modo che il rapporto fra le due tensioni di uscita vari proporzionalmente alle variazioni di frequenza. Ai r. per segnali modulati in frequenza è sempre abbinato un circuito limitatore che provvede a rendere il segnale rivelato indipendente da variazioni di ampiezza del segnale modulato in ingresso.
Nelle prove non distruttive di materiali metallici, denominazione delle polveri ferromagnetiche impiegate per evidenziare anomalie nel campo magnetico in corrispondenza dei difetti del materiale (➔ prova).
Strumento elettromagnetico usato per rivelare la presenza di mine interrate nel suolo, più noto con nome di cercamine.
Apparecchiature automatiche installate a bordo di navi per segnalare la presenza di acqua nelle sentine dei vari compartimenti stagni; sono costituiti da una coppia di elettrodi sfalsati in altezza: quando l’acqua raggiunge un livello prefissato chiude tra i due il circuito elettrico, azionando un opportuno segnale d’allarme.
Dispositivi di vario tipo (a funzionamento elettromagnetico, ultrasonoro, elettropneumatico ecc.) usati per rivelare veicoli in transito su una sede stradale (e quindi per fornire i necessari dati a impianti semaforici automatizzati), per contare i veicoli in transito ecc.