Cavità piccola e ben delimitata: c. del dente, la cavità della polpa dentaria; c. dell’occhio, due cavità, tra cornea e iride (c. anteriore) e tra iride e cristallino (c. posteriore), che comunicano tra loro attraverso la pupilla e contengono l’umore acqueo.
C. acustica Ambiente caratterizzato da particolari proprietà acustiche in cui si effettuano prove su apparecchi acustici o elettroacustici. È una c. acustica, per es., la cosiddetta c. anecoica, le cui pareti, pavimento e soffitto sono superfici con alto coefficiente di assorbimento acustico.
La c. di riverberazione ha invece pareti, pavimento e soffitto altamente riflettenti, al fine di ottenere riflessioni multiple dei suoni, determinando una notevole riverberazione acustica.
La c. di Wilson o a nebbia è un dispositivo per osservare e fotografare traiettorie di particelle ionizzanti. È costituita da un recipiente cilindrico contenente aria saturata con un vapore che, a causa del raffreddamento che segue a una brusca espansione adiabatica prodotta dal moto di un pistone, si condensa sotto forma di minute goccioline sugli ioni in esso presenti, che agiscono da nuclei di condensazione: nella c. compare una nebbia diffusa. Un debole campo elettrico all’interno della c. elimina gli ioni normalmente presenti nel vapore, in modo che un’espansione in queste condizioni non dà luogo a formazione di nebbia per l’assenza di nuclei di condensazione; il vapore è soprassaturo e qualora durante l’espansione una particella ionizzante, per es. un elettrone, attraversi la c., il vapore condensa sugli ioni prodotti lungo il suo percorso: illuminando intensamente la c. si rende visibile la traccia, che può essere fotografata.
C. a bolle Dispositivo, ideato nel 1952 da D.A. Glaser sul modello della c. a nebbia, per rendere visibile il percorso di particelle ionizzanti (fig. 1). È costituito essenzialmente da un recipiente contenente un liquido in condizioni di temperatura e di pressione tali da essere appena al di sotto del punto di ebollizione. Diminuendo bruscamente la pressione, a mezzo di un adatto dispositivo, il liquido si viene a trovare al di sopra del punto di ebollizione e si sviluppano bolle di vapore, formate preferenzialmente intorno agli ioni prodotti dal passaggio nella camera di una particella carica. Le minuscole bollicine che così si formano rendono visibile il tragitto della particella. La c. a bolle, generalmente posta in un intenso campo magnetico, funge oltre che da rivelatore anche da bersaglio, per lo studio delle interazioni che hanno luogo nel liquido della c. stessa.
Un altro dispositivo per visualizzare e rendere fotografabili traiettorie di particelle ionizzanti è la c. a flash, costituita da coppie di elettrodi piano-paralleli tra i quali sono interposti tubicini di vetro riempiti con gas nobile. Suo logico sviluppo è la c. a scintille, costituita da un recipiente contenente una serie di lamine piane metalliche sovrapposte, a piccola distanza l’una dall’altra, tra le quali è interposto un gas nobile; in coincidenza col passaggio di una particella carica (segnalato da opportuni rivelatori disposti intorno alla c. a scintille, i quali costituiscono il sistema di comando della c. stessa), viene applicata a lamine contigue una differenza di potenziale elettrico: la ionizzazione prodotta dal passaggio della particella ionizzante provoca la formazione di scintille tra le lamine lungo il percorso della particella stessa, il quale diviene così individuabile a occhio o per via fotografica.
C. a ionizzazione Apparecchio per rivelare particelle ionizzanti (fig. 2). È costituito da un recipiente chiuso, a, riempito di gas, in cui sono due elettrodi a diverso potenziale elettrico. Uno degli elettrodi b è a un potenziale V negativo da qualche centinaio fino a qualche migliaio di volt; l’altro elettrodo c (elettrodo collettore) è connesso a terra per il tramite di un resistore d ad alta resistenza (resistore di fuga). Una particella ionizzante, per es. una particella α, entrando nella c. produce per ionizzazione coppie di ioni di segno contrario: quelli negativi si dirigono sul collettore, dando luogo a un impulso di corrente in c e, di conseguenza, a un impulso di tensione ΔV ai capi di d: dall’ampiezza di questo impulso, che dipende da vari fattori (tipo di particelle ionizzanti, pressione e natura del gas, forma e natura degli elettrodi, tipo del dispositivo elettrico mediante il quale l’impulso viene rivelato), si risale alla carica elettrica complessivamente portata sul collettore dagli ioni negativi prodotti nella c. dalla particella ionizzante, e quindi alla velocità di questa. Se gli impulsi di tensione ΔV sono inviati a un elettrometro che li integra, dall’indicazione di questo si risale all’intensità della radiazione ionizzante che attraversa la camera.
La c. a fissione è una c. a ionizzazione sulla cui superficie interna è disteso un sottile strato di uranio; serve per rivelare neutroni lenti, che danno luogo a reazioni di fissione dell’uranio e quindi a particelle ionizzanti.
La c. proporzionale a molti fili è un rivelatore di particelle ionizzanti costituito da un recipiente contenente una miscela gassosa e due lamine piane metalliche sovrapposte, tra le quali è collocato un piano di fili. Se tra le due lamine metalliche e i fili è applicata una opportuna differenza di potenziale elettrico, ciascun filo si comporta come un contatore proporzionale (➔ contatore).
La c. di Debye (o di Debye-Scherrer) è un dispositivo per ottenere e fotografare figure di diffrazione di raggi X da parte di sostanze ridotte in forma di polvere (fig. 3). Di largo uso, per es., nelle analisi metallurgiche, è costituito da un recipiente cilindrico e, nel cui interno, al centro, è posta la sostanza in esame, all’interno di un sottile tubicino a; il fascio b di raggi X entra da una sottile fenditura c praticata sulla superficie laterale della c.; sulla superficie interna, di fronte alla fenditura, è disposta la pellicola d su cui si raccolgono raggi X diffratti.
In vulcanologia, la c. magmatica è un serbatoio di forma ed estensione variabile presente al di sotto di aree vulcaniche, in una zona più o meno profonda, in cui il magma, durante la sua fase di risalita, ristagnerebbe prima di essere eruttato in superficie.
C. d’aria Involucro destinato a contenere un gas compresso, come la c. d’aria dei pneumatici, di ruote gommate, dei palloni per il gioco del calcio.
C. bianca (o c. pulita) Ambiente nel quale viene rimossa completamente la polvere mediante potenti sistemi di filtraggio e aspirazione dell’aria. È usata principalmente in campo elettronico nell’assemblaggio e nella riparazione dei dispositivi, oppure nei casi in cui da questi ultimi sia necessario recuperare i dati contenuti.
C. di combustione Ambiente opportunamente delimitato entro il quale si fa avvenire la reazione tra un combustibile e un comburente allo scopo di trasformare l’energia potenziale chimica del combustibile in calore. C. di combustione di forma, costituzione e grandezza molto diverse sono impiegate nelle macchine termiche: nei motori a combustione interna la forma dipende dalle modalità di accensione e dal tipo di distribuzione; nei motori Diesel, in particolare, una c. di precombustione o precamera può far iniziare la combustione del combustibile, aumentandone la pressione; nelle turbine a gas, alla c. di combustione può far seguito una c. di ricombustione, detta postcombustore nelle applicazioni aeronautiche, in cui si brucia nuovamente combustibile dopo una parziale espansione. Nei motori a scoppio, si chiama c. di scoppio lo spazio fra la testata dei cilindri e il pistone, quando questo si trova nella sua posizione più elevata.
C. iperbarica Ambiente stagno nel quale la pressione è mantenuta a valori più elevati di quella atmosferica. È impiegata come c. di decompressione.
C. oscura Apparecchio ottico, prototipo della c. fotografica, costituito (fig. 4) da una cassetta su una parete della quale è praticato un forellino, oppure è fissato un obiettivo la cui distanza focale è uguale all’incirca alla profondità della cassetta. Disponendo sul fondo di questa, opposto alla lente, un foglio bianco, si forma su questo un’immagine capovolta, avente dimensioni ridotte, degli oggetti verso cui si rivolge il forellino o l’obiettivo. Il principio su cui si fonda la c. oscura fu intuito già da Aristotele e successivamente descritto dallo scienziato arabo Alhazen, vissuto a cavallo dell’anno Mille. Descrizioni minuziose si trovano in Leonardo da Vinci, che per primo la dotò di una lente al posto del foro, nello scienziato tedesco R. Gemma Frisius, che la utilizzò per l’osservazione dell’eclissi solare del 1544, in G.B. della Porta (1558), in D. Barbaro (1568). Le sue applicazioni rimasero però assai limitate, finché L.-J.-M. Daguerre ebbe l’idea di fissare l’immagine, creando così la fotografia.
Nel linguaggio fotografico, la c. oscura indica anche il laboratorio in cui il fotografo esegue operazioni di sviluppo e stampa, lavorando al riparo da sorgenti luminose, naturali e artificiali, a eccezione di una lampada di sicurezza che emette luce di colore e intensità tali da non avere effetto sul materiale fotosensibile (luce inattinica).
C. a polvere C. con percorso a labirinto usata per depurare gas di forni industriali (per es., i gas provenienti dai forni di arrostimento della pirite) dalle particelle solide in sospensione. Queste si depositano in conseguenza dei continui cambi di direzione e urti contro le pareti e i setti di divisione, cui il gas è sottoposto lungo il suo percorso.