Arma formata di un lungo e sottile elemento di materia flessibile e di una corda o altro elemento suscettibile di tensione, attaccato alle due estremità del primo, e che serve a imprimere il movimento alla freccia.
Nelle pitture rupestri del Paleolitico superiore, nella penisola iberica, è documentato l’uso di un a. più alto dell’uomo, fatto probabilmente di due pezzi attaccati; nel Neolitico era molto più piccolo e semplice. Nel mondo greco l’a. come strumento bellico fu usato nell’età arcaica; in periodo classico, così come in epoca romana, il suo uso è riservato alle sole truppe ausiliarie (celebri erano gli arcieri di Tracia e di Creta). Sia nel mondo greco sia in quello romano, l’a. venne poi costantemente adoperato come arma da caccia. Tra le varie forme di a. dell’antichità, la più celebre è il cosiddetto a. scita, formato da due corna di antilope congiunte alla base, arma tipica degli eroi di Omero, venuta ai Greci dal mondo orientale. Nel Medioevo, l’a. ebbe dimensioni diverse a seconda dei popoli che lo usavano (quello francese aveva la lunghezza di circa un metro e lanciava frecce di 70 cm, quello inglese era assai più lungo e lanciava frecce di circa un metro fino a oltre 200 m di distanza); era di olmo, nocciolo, frassino, corniolo, bambù, tasso, corno, rame o acciaio e la corda era di minugia o di fibra di piante, di filo di canapa o di crini di cavallo.
Gli elementi fondamentali per lo studio della tipologia dell’a. sono soprattutto la forma, il tipo o il grado della curvatura dell’elemento elastico, la sua sezione, il tipo di corda e i metodi di fissazione della corda; meno importante è il tipo di materiale impiegato, perché maggiormente dipendente da fattori ambientali. In base a tali criteri, si distinguono: a. semplici, o comuni, a sezione circolare con curva regolarmente convessa, estremità affilate, corda di fibre vegetali o di corregge di pelle (Africa centro-meridionale e orientale, Madagascar, India meridionale); a. semplici piatti, con corda di rotang o di fibre vegetali intrecciate e con curvatura assai meno pronunciata allo stato di riposo (Africa centro-occidentale, Melanesia, Amazzonia); a. semi-riflessi o a S (Andamane, Nuove Ebridi); a. composti, con il legno rinforzato da altri elementi disposti parallelamente (bacchette, lamine di corno, fasci di tendini) e fissati mediante fasciature o anelli di corteccia ecc., il tutto talvolta rivestito di uno strato di lacca. L’a. composto presenta spesso una doppia curvatura del legno ed è fisiologicamente ‘riflesso’, nel senso che tale curvatura s’inverte quando l’arma dalla posizione di riposo viene portata, nell’atto del lancio, alla tensione completa; questo tipo è detto anche asiatico a causa della sua distribuzione (Siberia, Cina, Turkestan, Persia, India settentrionale), ma lo si trova pure nelle regioni artiche e subartiche dell’Europa e dell’America (fig. 1).
Struttura portante ad asse curvilineo. Ha largo impiego nelle costruzioni civili: è importante elemento architettonico nell’edilizia, costituisce la struttura portante principale dei ponti in muratura, dei ponti in cemento armato di forte luce e delle moderne dighe di sbarramento dette appunto dighe ad arco. Vi si distinguono (fig. 2): l’intradosso, a, superficie di solito cilindrica, che lo limita inferiormente; l’estradosso, b, superficie, anch’essa di solito cilindrica, che lo limita superiormente; gli archivolti, c, ossia le due facce, generalmente parallele tra loro e normali alle generatrici dell’intradosso e dell’estradosso; la chiave, d, ossia la parte più alta; le imposte, e, superfici di appoggio dell’a. sopra i sostegni laterali o piedritti; la luce (o corda, o portata, o sottotesa), f, distanza tra i piedritti misurata dalla base dell’a.; la freccia, g, la distanza verticale tra la chiave e il piano passante per le imposte; le reni, h, cioè le parti dell’a. vicine alle sezioni passanti per l’asse dell’intradosso formanti un angolo di 60° con la verticale.
L’a. è caratterizzato da diversi elementi: a) luce; b) configurazione geometrica delle superfici di estradosso e d’intradosso e in particolare dal valore della freccia, il cui rapporto alla luce dà il cosiddetto ribassamento dell’a.; c) spessore, distanza tra le curve d’intradosso e di estradosso, che può essere costante oppure variabile crescendo in generale dalla chiave alle imposte; d) dalla larghezza, che, essendo limitata, distingue gli a. dalle volte cilindriche; e) dalle condizioni di vincolo esterne ed eventualmente interne; f) dal materiale che lo costituisce, che può essere pietra naturale, pietra artificiale, laterizi, cemento armato, acciaio, alluminio, legno ecc. Grazie alle condizioni di vincolo agli estremi, che consentono una componente orizzontale alle reazioni, la curva d’asse dell’a. può essere avvicinata alla funicolare delle forze esterne fino anche a coincidere con essa, sì che l’a. risulti sollecitato essenzialmente a compressione.
Secondo il sesto, e cioè la curva d’intradosso, si distinguono i seguenti tipi: a. a tutto sesto (o a pieno centro), a. ribassato, a. rialzato, a seconda che la freccia della curva d’intradosso sia rispettivamente uguale (fig. 3A), minore (fig. 3B, C, G, L, N) o maggiore (fig. 3D, E, F, H, I, M) della metà della luce (va segnalato che nella tecnica dei ponti la qualifica di ribassato viene riservata agli a. aventi freccia molto minore della metà della luce: circa 1/8-1/10 della luce). Denominazioni particolari assumono poi gli a., siano essi ribassati o rialzati, a seconda delle varie forme della curva d’intradosso: a. acuto (fig. 3H); a. fiammeggiante o carenato o inflesso (fig. 3I); a. Tudor (fig. 3L), dal nome della casa regnante d’Inghilterra al tempo in cui fu adottato; a. a ferro di cavallo o eccedente (fig. 3M); a. ellittico con asse maggiore orizzontale (fig. 3C) o verticale (fig. 3D); a. parabolico (fig. 3E); a. policentrico (impiegato usualmente nella costruzione dei ponti in muratura; in fig. 3 a 3 centri, con quello centrale più alto della linea d’imposta, F, o più basso, G); a. scemo (fig. 3B); a. rampante (fig. 3N). Secondo l’aspetto esterno della sua struttura, l’a. si dice estradossato quando la linea d’estradosso è messa in evidenza sul piano degli archivolti denunciando lo spessore dell’a.; a conci pentagoni quando i conci dell’a. si raccordano mediante facce piane ai filari degli elementi che costituiscono i rinfianchi. Fra gli a. aventi particolari funzioni statiche sono da ricordare l’ a. di scarico (o sordino), che si realizza nell’interno di una muratura al di sopra di un elemento del quale si vogliano diminuire le sollecitazioni, come per es. un a. al disopra di un architrave monolitico e il già ricordato rampante. Come elemento stilistico alcuni dei tipi di a. ricordati corrispondono a periodi artistici ben definiti, dei quali sono caratteristiche salienti: l’a. ogivale e l’a. rampante dell’architettura gotica; l’a. eccedente, e spesso l’a. acuto, dell’arte araba; l’a. Tudor dell’architettura tardo-gotica specialmente in Inghilterra e in Spagna; l’a. rialzato dell’arte bizantina; l’a. di scarico e quello a conci pentagonali dell’architettura romana e dei suoi derivati rinascimentali.
A. rovescio Struttura ad a. che volge la concavità verso l’alto anziché verso il basso, come si richiede per resistere all’azione di forze verticali dirette dal basso verso l’alto. Tali sono le forze cui sono soggette alcune strutture di fondazione per effetto della pressione su esse esercitata dal terreno, e in particolare le strutture della parte inferiore del rivestimento murario di una galleria.
A. di trionfo (o trionfale) Monumento caratteristico dell’architettura romana, innalzato in onore di privati o di città, ma prevalentemente dedicato agli imperatori romani e ai membri della famiglia imperiale, a celebrazione di imprese militari vittoriose. Può essere a un fornice o a due, spesso non isolato ma inserito in mura urbane, porticati ecc.; a tre fornici e anche a quattro nella forma quadrifronte (tetràpylon), isolato all’incrocio di due vie con volta interna a crociera, tipo prevalente in Africa e in Oriente. Può essere dotato di un apparato figurativo evocativo delle ragioni che ne hanno determinato l’erezione: gli a. più importanti presentano decorazioni estese all’intero corpo.
La genesi di questo tipo di monumento si attribuisce a un insieme di fattori, quali la cerimonia di trionfo connessa con il passaggio simbolico attraverso la porta triumphalis, l’influenza del propileo greco e della porta arcuata italico-romana. I primi esempi noti, a Roma, sono legati ai nomi di Lucio Stertinio (196 a.C.) e Scipione Africano (190 a.C.); alla fine della Repubblica l’uso si diffuse con forme che andarono sviluppandosi fino al 4° sec. d.C. Se ne annoverano più di 350; fra i più noti , quelli di Tito, di Settimio Severo, di Costantino a Roma; di Augusto ad Aosta, a Susa e a Rimini; di Traiano ad Ancona e a Benevento; dei Gavi a Verona; quelli del Foro di Pompei; molti in Africa fra cui quello severiano di Leptis Magna.
Con l’età carolingia prese il nome di a. di trionfo l’a. che separa la navata dal transetto nelle basiliche. A L.B. Alberti (Rimini) e a B. Peruzzi (Carpi) si deve una ripresa del tema nelle facciate delle chiese. Dal Rinascimento a tutta l’età barocca, fu frequente l’uso in Italia e poi oltralpe, di innalzare a. temporanei destinati a celebrazioni cittadine. Nel Rinascimento, veri a. di trionfo sono il portale trionfale eretto su disegno di L. Laurana a Napoli (metà del Quattrocento), in onore di Alfonso V il Magnanimo, e l’a. palladiano detto delle Scalette, a Vicenza, del 1593. Numerose le porte monumentali con carattere di a. erette in Francia in onore del sovrano durante il regno di Luigi XIV. A Firenze, nel sec. 18° si eresse l’a. di S. Gallo, in onore di Francesco II di Lorena.
L’a. di trionfo godette il massimo favore in epoca neoclassica: ne sono esempi a Parigi l’a. napoleonico del Carrousel e quello dell’Étoile; a Milano l’a. della Pace; a Berlino la porta di Brandeburgo. Da ricordare, a Londra, l’a. di Hyde Park e quello di Green Park in onore del duca di Wellington. TAV.
Parte della traiettoria apparente di un astro sulla sfera celeste. Si misura riferendosi all’ampiezza del corrispondente angolo al centro, e quindi, a seconda dei casi, in gradi e sottomultipli del grado ovvero in ore e sottomultipli dell’ora.
A. diurno È l’a. descritto da un astro sulla volta celeste al di sopra dell’orizzonte, nel suo moto apparente dovuto alla rotazione della Terra intorno al proprio asse.
A. notturno È, analogamente, l’a. descritto da un astro al disotto dell’orizzonte di un luogo.
Per l'a. elettrico ➔ arco voltaico.
A. di meridiano e di parallelo Porzione di un meridiano o di un parallelo terrestre.
A. morenico Deposito morenico avente forma di cresta arcuata, anche di parecchie decine di metri. I ghiacciai che ricoprono i versanti delle montagne e le calotte ghiacciate che ricoprono altipiani, scendendo, trascinano sul loro dorso materiali detritici, che con lo scorrere del ghiacciaio sono trasportati verso la regione frontale, e con lo scioglimento del ghiaccio vengono deposti lungo tutto il bordo, con disposizione ad a.: si forma l’a. morenico là dove il fronte del ghiacciaio si è stabilizzato abbastanza a lungo, cioè se si ha equilibrio fra alimentazione e ablazione per più anni consecutivi.
A. naturale Apertura ad a. formata in costoni o dorsali strette di un monte, dove le rocce facilmente disgregabili o solubili (arenarie, calcari, dolomie, graniti), per l’azione sia del vento sia dell’acqua meteorica sia delle acque scorrenti subiscono in talune parti fenomeni di erosione accelerata, sicché a nicchie dapprima poco profonde succedono antri la cui parete di fondo viene ben presto erosa. I maggiori del mondo si trovano nella regione del Colorado (USA) dove misurano da 180 a 250 m. In Italia uno dei maggiori è il Ponte di Veia, nei monti Lessini, sede di un notevole insediamento preistorico (Paleolitico superiore-Neolitico).
In geometria, parte di una curva compresa tra due punti di essa ( estremi dell’a.). Spesso si usa anche come sinonimo di ascissa curvilinea (➔ coordinate).
A. di curva regolare è una porzione di curva regolare, compresa fra due punti (anche singolari). La lunghezza di un a. si definisce, in maniera intuitiva e tuttavia rigorosa, come il limite a cui tende la lunghezza della generica poligonale iscritta nell’a. quando si faccia tendere a zero il massimo lato della poligonale stessa. L’ elemento d’a. è la distanza tra due punti della curva infinitamente vicini.
Con significato specifico, in un piano di Galois si dice k-arco (o a. di ordine k), un insieme di k punti a 3 a 3 non allineati; il k-arco si dice completo se non è contenuto in un k′-arco con k′>k.
In fisiologia, arco a. riflesso, il substrato anatomico dell’attività nervosa riflessa elementare, detto diastaltico perché decorre obbligatoriamente attraverso un centro nervoso.
In patologia, a. corneale è l’opacità grigiastra della periferia della cornea, a forma di semiluna o di anello più o meno completo, dovuta a processi degenerativi per deposizione di colesterolo e trigliceridi; frequente negli individui di età avanzata, è detto anche a. senile (o gerontoxon).
Bacchetta (detta anche archetto) di legno flessibile, con una striscia di crini di cavallo tesi unti di pece, che mette in vibrazione per sfregamento le corde degli strumenti detti appunto ad arco. La bacchetta, dapprima molto ricurva, dal 16° sec. è divenuta progressivamente più diritta e flessibile, mentre la tensione dei crini fu regolata dal 18° in poi mediante una vite. I maggiori perfezionamenti si devono a G. Tartini e a F. Tourte, operaio parigino. In etnomusicologia, l’a. è uno strumento musicale, diffuso nell’Africa centro-meridionale, in India, nell’Indonesia e in Oceania (esclusa l’Australia), che il suonatore fa vibrare battendo o pizzicando la corda e tenendo un’estremità in bocca, che funziona da risonatore; in seguito venne aggiunto allo strumento un risonatore vero e proprio (zucca, scatola di legno).
Attrezzo sportivo usato per le gare di tiro con l’arco. È a doppia curvatura (a corna di bufalo; fig. 1H) o semicurvo. L’a. da competizione è classificato in base alla massa (da 10 a 125 libbre) o alla lunghezza (da 60 a 72 pollici). Dapprima in legno (tasso o bosso), poi in metallo e fibra di vetro, attualmente composito, in materiali diversi (legno o metallo per il corpo principale, fibra di vetro per le due estremità flettenti, lega leggera per l’impugnatura; la corda è di fili di dacron intrecciati). Le frecce, già in legno, sono ora in metallo o fibra di vetro.