Scarica (detta anche arco elettrico) elettrica accompagnata da una emissione luminosa molto intensa che si manifesta tra le estremità sufficientemente accostate (da qualche mm a pochi cm) di due elettrodi (per es., due bastoncini di carbone o di platino o di rame ecc.) immersi in un aeriforme (gas o vapore) e tra i quali venga mantenuta una tensione elettrica; se questa è continua, si dà il nome di anodo all’elettrodo a potenziale più alto, di catodo all’altro. L’arco elettrico è caratterizzato dalle seguenti proprietà: a) la densità di corrente è estremamente elevata (≫ 10 A/cm2); b) la corrente in prossimità del catodo è trasportata essenzialmente da elettroni emessi dal catodo stesso; c) la differenza di potenziale tra gli elettrodi è notevolmente meno elevata che in altri tipi di scarica elettrica nei gas. L’abbagliante luminosità che si sviluppa, un arco luminoso che collega le estremità degli elettrodi, è accompagnata da forte sviluppo di calore. Il fenomeno fu scoperto da H. Davy nel 1808.
Nei cosiddetti archi termoionici (o arco a catodo caldo), il catodo, portato a temperatura d’incandescenza, emette termoelettroni che, accelerati dal campo elettrico, ionizzano per urto il gas producendo nuovi elettroni e ioni positivi; gli elettroni vengono attratti verso l’anodo, gli ioni verso il catodo e la trasformazione della loro energia cinetica in calore vale a mantenere alta la temperatura del catodo, come deve essere se si vuole che questo emetta in continuità termoelettroni. Per innescare l’arco, occorre rendere incandescente il catodo, portando inizialmente a contatto i due elettrodi e quindi separandoli mentre sono attraversati da una corrente piuttosto intensa. Nei cosiddetti archi a emissione di campo (o arco a catodo freddo), gli elettroni sono estratti dal catodo per effetto del campo elettrico molto elevato.
Il legame tra l’intensità i della corrente che fluisce nell’arco e la tensione v tra gli elettrodi è graficamente espresso dalla cosiddetta caratteristica statica dell’arco, diagramma cartesiano della funzione v (i). Nella fig. sono riportate le caratteristiche di un determinato arco (v in volt; i in ampere) per vari valori della distanza d tra gli elettrodi. Come si vede, la forma della caratteristica è sostanzialmente la stessa al variare di d, e sono nettamente distinguibili tre fasi. La prima, indicata con A, corrisponde a intensità di corrente relativamente basse; v decresce regolarmente all’aumentare di i: è la fase cosiddetta dell’arco calmo in quanto si riferisce all’andamento normale, ordinario, della scarica. La terza, C, corrisponde ad alte intensità di corrente, v è pressoché costante all’aumentare di i; la violenta sublimazione dell’anodo, che avviene probabilmente per fiotti di vapore, dà luogo a un caratteristico sibilo, onde tale fase è detta dell’arco sibilante. Tra le due, v’è una fase intermedia di transizione, B, in cui i valori i e v fluttuano irregolarmente: è la fase dell’arco instabile. Dalla caratteristica statica dell’arco risulta che questo è assimilabile a un conduttore non lineare a resistenza differenziale negativa.
Numerose e importanti sono state e in parte sono le applicazioni che dell’arco elettrico si fanno in vari campi della tecnica: quelle che sfruttano proprietà elettriche dell’arco, per es. la resistenza differenziale negativa, come gli oscillatori elettrici ad arco; quelle che sfruttano l’elevata temperatura dell’arco, come, per es., i forni elettrici ad arco e le saldatrici elettriche ad arco; quelle che sfruttano l’elevata brillanza dell’arco (lampade elettriche ad arco, proiettori luminosi ad arco).