telefonia Sistema di telecomunicazione destinato alla trasmissione della voce e di altri suoni. Il procedimento di realizzazione della trasmissione telefonica può essere così schematizzato: l’apparecchio trasmittente (il microfono contenuto nel microtelefono di chi trasmette) trasforma in variazioni di corrente elettrica le variazioni di pressione che l’onda sonora del suono da trasmettere provoca nell’aria; il segnale elettrico così ottenuto, opportunamente trasmesso, raggiunge l’apparecchio ricevente, nel microtelefono del quale il ricevitore opera la trasformazione delle variazioni di corrente del segnale in arrivo in un’onda sonora che riproduce il suono trasmesso.
Il primo apparecchio telefonico fu brevettato da A. Meucci negli USA nel 1871; il primo sistema telefonico ad avere pratico sviluppo fu però quello brevettato nel 1876 da A.G. Bell, con cui già nel 1877 fu effettuata la prima trasmissione su una distanza di 22 km. La conformazione degli attuali sistemi telefonici è in linea di principio quella del telefono di Meucci e Bell; si hanno, cioè apparecchi telefonici presso gli utenti, per la conversione dell’energia meccanica associata ai suoni in segnali elettrici; circuiti, costituenti reti telefoniche, per il collegamento degli apparecchi alle centrali di commutazione e di queste tra loro; centrali di commutazione, per l’interconnessione dei vari circuiti in modo che siano possibili le comunicazioni telefoniche desiderate.
È detta telefonometria quella parte della tecnica telefonica che si occupa della misurazione delle grandezze che caratterizzano la qualità della trasmissione telefonica, con particolare riferimento a valutazioni soggettive (intelligibilità ecc.).
I collegamenti tra le centrali di commutazione e gli utenti sono realizzati per la maggior parte della lunghezza con i circuiti della rete di distribuzione e per la parte rimanente con i raccordi di utente. La rete di distribuzione si suddivide in una rete principale, costituita dai circuiti che vanno dal permutatore (➔ permutazione) della centrale di commutazione a punti di diramazione di cavi di relativamente piccola potenzialità, e in una rete terminale, costituita dai circuiti che vanno da questi punti di diramazione della rete principale ai distributori; questi ultimi sono i punti di partenza dei raccordi di utente. La rete principale può essere controllata in armadi, inseriti in opportuni punti periferici e aventi lo scopo di aumentare il grado di utilizzazione della stessa rete principale. I collegamenti tra le centrali di commutazione costituiscono la rete di giunzione che, a seconda delle centrali interessate, può essere urbana, settoriale, distrettuale, interurbana ecc. Nelle reti di giunzione, sulle brevi distanze (fino a poche decine di kilometri) si impiegano cavi a coppie simmetriche in rame o connessioni in fibra ottica; per distanze più lunghe i collegamenti possono variare dai cavi coassiali ai cavi in fibra ottica, ai ponti radio a microonde, alle tratte via satellite.
Primi sviluppi. I primi sviluppi della trasmissione telefonica, promossi dalla necessità di realizzare collegamenti su filo idonei per la trasmissione di segnali su distanze sempre più lunghe, furono: l’impiego di conduttori di rame (1878); l’impiego di circuiti bifilari anziché unifilari (1881); i progressi nella realizzazione di trasmettitori microfonici, che permisero di ottenere un’efficace modulazione della corrente erogata da una batteria rendendo i segnali elettrici relativamente più intensi; la pupinizzazione (1900), che permise di diminuire l’attenuazione dei cavi alle frequenze tipiche dei segnali telefonici; l’impiego, a partire dal 1904, di ripetitori ad accoppiamento acustico nei quali il segnale veniva ricevuto al termine di una tratta da un ricevitore accoppiato acusticamente a un trasmettitore, per cui il segnale poteva essere immesso, amplificato, nella successiva tratta del collegamento. Il problema della trasmissione di segnali a lunga distanza fu infine risolto definitivamente con l’adozione di amplificatori elettrici, il primo impiego dei quali avvenne nel 1913 sul cavo New York-Baltimora.
Trasmissione di segnali analogici. La trasmissione telefonica più semplice è quella che ha luogo quando si inviano su un circuito segnali elettrici che hanno andamento analogo a quello dei suoni da comunicare. Il circuito è detto reale (r in fig. 1) quando è realizzato con una coppia di fili e virtuale (v in fig. 1) quando, disponendo di due circuiti reali (bicoppia), è realizzato utilizzando, mediante traslatori, come primo conduttore del circuito virtuale la coppia di fili di un circuito reale e come secondo conduttore la coppia di fili dell’altro circuito reale. I segnali inviati sul circuito vengono limitati in dinamica e spettro dalle costanti elettriche del circuito, che determinano l’attenuazione e la risposta in frequenza (➔ linea). L’attenuazione introdotta dai cavi è maggiore di quella delle linee aeree; con i cavi è possibile superare senza amplificazione distanze massime dell’ordine delle decine di kilometri e con le linee aeree dell’ordine delle centinaia di kilometri. L’attenuazione di un circuito può essere compensata con l’impiego di amplificatori e di equalizzatori, che possono svolgere anche altre funzioni, come la compensazione della distorsione d’ampiezza subita dai segnali nella propagazione lungo il circuito, la protezione del segnale utile dai disturbi presenti sulla linea ecc.
Il circuito telefonico è detto a 2 fili quando la stessa coppia di conduttori è usata per effettuare il collegamento in entrambi i versi di trasmissione. In questo caso, le stazioni amplificatrici sono bidirezionali. Ciascuna di esse è costituita da due amplificatori unidirezionali collegati a 2 trasformatori di tipo direzionale (forchette), aventi funzione di instradamento dei segnali del circuito sull’uno o sull’altro dei 2 rami del complesso (fig. 2A). Le forchette devono essere progettate in modo da evitare possibili inneschi di oscillazioni nella stazione amplificatrice. Disponendo un numero sufficiente di stazioni amplificatrici lungo la linea, con un circuito a 2 fili si potrebbe, in teoria, superare qualsiasi distanza. Tuttavia ciò non risulta possibile, poiché la presenza di più stazioni amplificatrici in cascata dà luogo a vari fenomeni indesiderati (echi multipli, oscillazioni parassite ecc.), difficilmente eliminabili e tali da rendere inutilizzabile il collegamento a 2 fili.
Tali inconvenienti sono superati con l’impiego di circuiti a 4 fili, nei quali è presente una coppia di conduttori per ogni verso di trasmissione. Ciascun verso è servito da propri amplificatori e sono presenti solo 2 forchette (una all’inizio e una alla fine del collegamento), per la connessione con i circuiti terminali a 2 fili (fig. 2B). Le condizioni di stabilità di un collegamento a 4 fili si ottengono analizzando l’unica maglia presente; eventuali fenomeni d’eco, dovuti a non perfetto adattamento delle impedenze nei punti terminali, vengono, quando necessario, compensati con l’uso di soppressori d’eco.
La realizzazione di più circuiti su un unico mezzo portante con l’impiego di segnali analogici è possibile con i sistemi utilizzanti il principio della multiplazione a divisione di frequenza (FDM, frequency division multiplexing), chiamato anche dei circuiti in alta frequenza, o circuiti a frequenze portanti, o circuiti a frequenze vettrici. La concezione di questi sistemi si basa sul fatto che la banda di frequenze che può venire trasmessa sui circuiti in cavo è in genere molto maggiore della banda lorda di 4 kHz necessaria per una buona comunicazione telefonica. Il campo delle frequenze trasmissibili viene suddiviso in numerose bande della larghezza di 4 kHz, corrispondenti ad altrettanti canali telefonici, i cui segnali vengono traslati dalla banda tra 0 e 4 kHz (chiamata banda base) in una banda di frequenze più alta. Per realizzare i sistemi a frequenze vettrici si invia il segnale telefonico in banda base (limitato in banda da un opportuno filtro passa-basso di banda passante pari a 4 kHz) a un opportuno modulatore, in modo da ottenere un nuovo segnale nella banda in alta frequenza assegnata al canale. La modulazione adottata è quella di ampiezza, a banda laterale unica a portante soppressa, che permette di ottenere la minima occupazione di banda del segnale modulato. Il nuovo segnale viene a sua volta filtrato con un filtro passa-banda di larghezza pari sempre a 4 kHz. Poiché le bande in alta frequenza assegnate ai singoli canali sono differenti, questi possono essere trasmessi sullo stesso mezzo trasmissivo senza interferenze reciproche. In ricezione si utilizza un sistema di demodulazione, applicato ai singoli canali, che ne permette la traslazione in banda base. Anche in questo caso è necessario l’uso di opportuni filtri passa-banda e passa-basso. A causa della complessità costruttiva dei filtri, non è possibile procedere all’affiancamento di un numero elevato di canali in alta frequenza con un procedimento di modulazione diretta. È invece più semplice procedere per gradi, per es. realizzando prima un gruppo primario, costituito da 12 canali affiancati, e poi un gruppo secondario, costituito da un insieme di 5 gruppi primari e quindi da 60 canali; reiterando il procedimento si possono realizzare di volta in volta gruppi di gerarchia più elevata.
Nei sistemi di t. ad alta frequenza hanno preminente importanza le caratteristiche di trasmissione e di diafonia della linea usata; in particolare, quanto maggiore è la larghezza della banda trasmessa senza distorsione nella linea, tanto maggiore è il numero di canali che la linea stessa può convogliare.
Tecniche numeriche di trasmissione. L’evoluzione delle tecniche di trasmissione telefonica è basata sull’impiego delle tecniche numeriche (o digitali), che consistono nella conversione dei segnali analogici in flussi continui di cifre binarie (o bit) e nel loro trasporto, in tale forma, all’altro estremo del collegamento, dove il segnale originario viene ricostruito. Il segnale fonico in banda base è convertito in forma numerica, utilizzando un campionamento a 8000 campioni al secondo e quantizzando ciascun campione a 256 livelli, corrispondenti a 8 cifre binarie (28=256). Si ottiene così per un singolo canale telefonico un segnale digitale di 64 kbit/s. Questo processo di conversione da segnale analogico a segnale numerico è detto modulazione PCM (pulse code modulation) e può essere ottenuto per mezzo di convertitori analogico-digitali (AD). Il processo inverso, di ricostruzione del segnale analogico, si ottiene con convertitori digitale-analogici (DA). La tecnica PCM può essere utilizzata in ogni tratto del collegamento telefonico, sia a livello di linee d’utente, sia a livello di linee di giunzione.
La tecnica numerica si presta facilmente alla realizzazione di segnali multipli, secondo il sistema di multiplazione a divisione di tempo TDM (time division multiplexing), contrapposto al sistema a frequenze vettrici FDM. Tale sistema si basa sull’osservazione che i mezzi trasmissivi (cavi in rame, ponti radio, cavi in fibra ottica) sono in grado di trasmettere velocità multiple del flusso di 64 kbit/s, corrispondente al singolo canale telefonico. In effetti si possono trasmettere facilmente velocità dalle decine alle decine di migliaia di volte più elevate. Pertanto, ogni mezzo trasmissivo può ospitare dalle decine alle decine di migliaia di canali contemporanei, semplicemente trasmettendo in sequenza i bit dei singoli canali considerati (un bit del primo circuito, un bit del secondo e così via fino all’ultimo, e poi nuovamente un bit del primo, un bit del secondo ecc.). A ciascun circuito è assegnato un certo intervallo temporale in un ciclo che si ripete continuamente. Naturalmente, nel caso di più circuiti (o canali) si hanno flussi di trasmissione più elevati: per es., nel caso dei sistemi a 32 canali il flusso di elementi di segnale binario è di 2,048 Mbit/s. Aumentando la velocità con la quale si susseguono in un circuito gli elementi di segnale binario è possibile trasmettere in eguale tempo una maggiore quantità di segnali numerici, che possono in via di principio essere utilizzati per realizzare canali telefonici a 64 kbit/s o canali per altri servizi di telecomunicazioni.
Il primo impianto di commutazione telefonica manuale entrato in servizio pubblico fu quello della centrale di New Haven, negli USA, attivata già nel 1878 con 21 utenti. In Italia i primi impianti furono installati a Roma e a Milano nel 1881. La nascita della commutazione telefonica automatica viene generalmente attribuita ad A.B. Strowger, con un brevetto del 1891 che consentì, un anno dopo, l’entrata in servizio a La Porte negli USA della prima centrale automatica cui vennero collegati una settantina di utenti. In Europa, una centrale dimostrativa fu presentata all’Esposizione di Londra del 1898 e nel 1908 fu attivata la prima grande centrale automatica in servizio pubblico a Monaco di Baviera, con 2550 numeri. In Italia, la prima centrale automatica fu quella di Prati di Castello in Roma, attivata nel 1913.
Oggi la commutazione manuale è stata completamente sostituita dalla commutazione automatica, la quale si effettua tramite commutatori telefonici elettronici a stato solido, costituiti in generale da una rete o matrice di commutazione attraverso la quale si stabiliscono le connessioni tra gli utenti, e da organi di comando, svolgenti le funzioni di comando e di controllo dell’intero commutatore. La commutazione automatica si effettua sostanzialmente attraverso due differenti tecniche: la commutazione di circuito e la commutazione di pacchetto. Mediante la prima tecnica la connessione di due utenti telefonici si attua realizzando, durante il collegamento, un circuito elettrico a essi interamente dedicato, il quale risulterà inaccessibile a ogni altro utente per tutta la durata della comunicazione; tale tecnica consente elevate velocità di comunicazione delle singole connessioni anche se le prestazioni complessive della rete telefonica che utilizza questo di sistema di commutazione risentono dei lunghi tempi di attesa necessari per ottenere il collegamento richiesto.
Nella commutazione di pacchetto, al contrario, non esiste alcun circuito dedicato agli utenti posti in comunicazione; questi, infatti, condividono tutti lo stesso mezzo trasmissivo, purché in intervalli temporali differenti, al fine di evitare la sovrapposizione delle informazioni. In pratica, con questa tecnica, il messaggio tra due utenti viene suddiviso in sezioni (dette pacchetti) aventi dimensioni molto inferiori rispetto al messaggio originale e contenenti, in aggiunta a quest’ultimo, una serie di informazioni inerenti al mittente, al destinatario ecc., indispensabili al riconoscimento del pacchetto stesso. Questi pacchetti, immessi nella rete telefonica indipendentemente l’uno dall’altro, seguono, a seconda del traffico incontrato nelle linee costituenti la rete e di come vengono smistati dagli organi di controllo (router e switch), percorsi differenti, giungendo al destinatario in istanti diversi; a questo punto, sarà compito di particolari dispositivi ricostruire correttamente e velocemente il messaggio originario. Le reti a commutazione di pacchetto (PBN, packet based network), inizialmente nate per la realizzazione di reti di elaboratori (LAN, local area network), ovvero per quelle trasmissioni che non richiedono una ricostruzione dell’informazione in tempo reale (immagini, documenti ecc.), rappresentano il futuro della telefonia. Già a partire dai primi anni 2000, superato il problema relativo alla ricostruzione in tempo reale del segnale telefonico, la sperimentazione della commutazione di pacchetto nelle comunicazioni telefoniche ha condotto allo sviluppo della tecnica detta VoIP (voice over internet protocol), la quale utilizza la rete internet per la trasmissione del segnale vocale. Il vantaggio principale delle reti telefoniche a commutazione di pacchetto è rappresentato dalla drastica riduzione dei costi per la realizzazione delle infrastrutture che la costituiscono. Infatti, mentre nelle centrali a commutazione di circuito le funzioni di commutazione sono affidate a complessi circuiti elettronici a stato solido, nella commutazione di pacchetto basta far sì che i bit entranti in una centrale da un certo circuito, ossia in un certo intervallo temporale, escano dalla centrale stessa verso un altro circuito, ossia in un altro intervallo temporale. La funzione di connessione consiste allora nel memorizzare temporaneamente i bit in apposite memorie, fra l’intervallo temporale in cui entrano e quello in cui devono uscire. Le memorie utilizzate sono realizzate con tecniche integrate, riducendo così l’intera matrice di connessione a un unico componente di pochi millimetri di lato.
La presenza di collegamenti radio fra l’apparato terminale e la terminazione di rete consente la realizzazione di sistemi a mobilità di accesso. Tali sistemi consentono una limitata mobilità dell’utente (a piccola velocità) nei confronti della terminazione, come, per es., nei microtelefoni senza filo di uso domestico (detti cordless) o nei piccoli impianti per ufficio privi di cablaggi interni. In contrapposizione, i servizi radiomobili consentono la comunicazione con terminali in movimento anche a grande velocità (mobilità di terminale). Tali sistemi sono detti di t. cellulare, poiché il territorio è suddiviso in celle, in ognuna delle quali il terminale mobile è collegato a una stazione base.
Sistemi. Nei primi sistemi di t. cellulare, introdotti all’inizio degli anni 1980, il radiocollegamento era di tipo analogico, utilizzando la trasmissione in banda UHF a modulazione di frequenza. La stima della qualità del collegamento veniva effettuata dalla stazione base della cella e si fondava sulla stima della potenza ricevuta dal mobile. La stazione stessa provvedeva a mettere in atto la procedura di handover (cioè il trasferimento dell’utente a un’altra cella). La capacità di traffico di questi sistemi poteva essere incrementata riducendo la dimensione delle celle; il limite deriva in questo caso dal tempo necessario per l’effettuazione della procedura di handover, poiché, a parità di velocità di spostamento del mobile, il numero di handover cresce al diminuire del diametro delle celle. Esempi di t. cellulare analogica sono i sistemi NMT (nordic mobile telephone), sviluppato in vari paesi dell’Europa del nord, l’AMPS (advanced mobile phone service), sviluppato negli USA, il TACS (total access communication sys;tem), realizzato in Italia, e l’MCS (mobile communication system), sviluppato in Giappone.
Nel 1982, la Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni (CEPT) fondò un gruppo di studio denominato groupe spécial mobile (GSM), con il mandato di definire un futuro modello di t. cellulare paneuropeo, caratterizzato dall’utilizzo della tecnologia digitale e dal potenziale impiego su tutto il territorio europeo. La Commissione della Comunità Europea assicurò l’assegnazione comune delle frequenze nella banda dei 900 MHz; il modello GSM fu anche adottato rapidamente in paesi extracomunitari, particolarmente della zona asiatico-pacifica. Il vecchio acronimo pertanto cambiò il suo significato in quello di global sys;tem for mobile communications. Fra le numerose innovazioni introdotte dal sistema GSM occorre citare la possibilità di tollerare rapporti fra segnale utile e segnale interferente minori di quelli ammessi con i sistemi analogici. Ciò permette di incrementare le capacità di traffico, a parità di dimensioni delle celle. Vengono utilizzate tecniche di modulazione sofisticate e una compressione dell’informazione vocale a 13 kbit/s. In Italia il sistema GSM è stato introdotto nel 1995, mentre nel 1999 è stato introdotto il servizio DCS-1800 (digital cellular system), sostanzialmente analogo al GSM, e perciò spesso indicato come GSM-1800, ma fornito su una gamma di frequenze più alta (1800 MHz invece di 900).
Celle e terminali Come già detto, la t. mobile è basata sul principio della suddivisione del territorio complessivamente coperto dal gestore della rete in aree elementari di servizio, dette celle, ognuna delle quali è servita da una stazione radio base. Il terminale mobile con cui l’utente accede alla rete ed effettua le sue chiamate è costituito dall’unione del terminale vero e proprio (il cosiddetto telefono cellulare) e dal modulo elettronico a microprocessore (SIM card, subscriber identity moddle). Il terminale mobile è un apparato ricetrasmittente di massa (anche sotto i 100 g) e dimensioni ridotte, che opera in una o, più spesso, in entrambe (terminale dual-band) le gamme di frequenza del servizio radiomobile. Esistono anche terminali a 4 bande, che coprono le bande di 850, 900, 1800 e 1900 MHz; sulle bande di 850 e 1900 MHz viene offerto il servizio GSM negli USA. La potenza di picco del terminale nel GSM-900 è variabile da 800 mW a 20 W (la potenza tipica è di 2 W), in funzione della classe di appartenenza (sono definite 5 classi); nel GSM-1800 sono previste due classi corrispondenti a potenze di picco di 1 W e 250 mW rispettivamente.
La potenza effettivamente usata dal terminale può essere variata su comando del sistema di controllo della rete (BSC, base station controller), in modo da ridurre le interferenze verso altri terminali, pur mantenendo un livello accettabile di qualità della comunicazione. La decisione sulla necessità e sull’entità della riduzione viene presa indipendentemente per ogni terminale sulla base delle misure di potenza del segnale emesso dallo stesso terminale e ricevuto dalla stazione radio base (BTS, base trans;ceiver station). Oltre alla riduzione delle interferenze, il meccanismo di riduzione della potenza consente di aumentare la durata dello stato di carica delle batterie del terminale.
Il terminale è identificato univocamente a livello mondiale dalla sua matricola IMEI (international mobile equipment identity), che viene utilizzata dalla rete radiomobile per inibire le chiamate provenienti da terminali rubati. La carta SIM consente di personalizzare il terminale, cioè di utilizzare un qualunque terminale per le proprie chiamate. In essa sono memorizzati alcuni codici usati per l’identificazione dell’utente, in particolare il codice IMSI (international mobile sub;scriber identity), che identifica univocamente l’utente a livello mondiale ed è ignoto all’utente stesso.
Per poter instradare la chiamata verso un utente del servizio radiomobile, la rete deve quindi individuare l’area in cui l’utente si trova al momento della chiamata. L’insieme dei meccanismi utilizzati a questo scopo costituisce la cosiddetta gestione della mobilità. In effetti, la comunicazione della propria posizione avviene, per ogni terminale, al momento dell’accensione. Il terminale individua, su appositi canali radio riservati, il segnale più forte tra quelli che gli giungono da parte delle BTS più vicine, ed effettua la propria registrazione con la centrale di commutazione per servizi radiomobili (detta MSC, mobile switching center) che gestisce appunto la BTS dal segnale più forte. La centrale MSC conosce quindi la posizione degli utenti che si trovano nella sua area di competenza; a questo scopo, le celle gestite da un MSC sono raggruppate in insiemi detti location areas; la precisione con cui il MSC conosce la posizione degli utenti è costituita proprio dall’ampiezza della location area. In seguito alla registrazione, il MSC inserisce quindi i dati dell’utente nel proprio registro VLR (visitor location register) e invia gli stessi dati al registro HLR (home location register) del gestore con il quale l’utente ha sottoscritto l’abbonamento. Tramite il registro HLR risulta quindi nota la posizione di ogni utente della rete facente capo al HLR stesso.
Il servizio di telefonia mobile SMS. Come elementare servizio di trasmissione di dati, nella rete GSM è possibile inviare brevi messaggi alfanumerici con lunghezza massima di 160 caratteri. Questo servizio è denominato SMS (short message service). La gestione di questi messaggi è affidata a un centro servizi SMS-C (short message service center), collegato alle centrali MSC. Lo SMS-C provvede a inoltrare verso la destinazione (un terminale radiomobile o anche, per es., un fax) tutti i messaggi SMS provenienti da terminali radiomobili, o anche, per es., da PC, sia da utenti della stessa rete sia da utenti di altre reti. Lo SMS-C può inoltre inviare autonomamente messaggi informativi (pubblicità, notizie brevi) verso un insieme di terminali radiomobili all’interno di un’area di servizio.
Naturale evoluzione del servizio SMS è il MMS (multimedia messaging service), che permette di inviare e ricevere messaggi composti da suoni, filmati e immagini, oltre che da testo.
Il servizio WAP. L’accresciuto utilizzo della rete Internet e la massiccia diffusione della rete radiomobile hanno stimolato un notevole interesse per la possibilità di accedere a Internet mediante un terminale radiomobile. Questo presenta però notevoli limitazioni per quanto riguarda la modalità di visualizzazione (schermo molto piccolo), la facilità di immissione dati (tastierino con tasti multifunzione) e la capacità di memoria e potenza elaborativa. A ciò si aggiunge la scarsa affidabilità del canale radio utilizzato per il collegamento del terminale radiomobile al resto della rete. La connessione alla rete Internet da terminale radiomobile richiede quindi soluzioni specifiche diverse da quelle utilizzate nella rete fissa. Per questo scopo è nato il servizio WAP (wireless application protocol), creato dal Consorzio WAP Forum, fondato da Ericsson, Nokia, Motorola e Unwired Planet (poi Phone.com) e nel 2001 composto da oltre 150 aziende. La modalità di funzionamento del WAP ricalca quella del servizio www (world wide web). Il terminale radiomobile dispone di un microbrowser con il quale seleziona il sito da visitare, identificato mediante l’indirizzo URL (uniform resource locator), così come avviene nel www. Il linguaggio usato per visualizzare le informazioni contenute in un sito WAP non è però lo HTML (hyper text markup language), ma una sua versione ridotta, soprattutto dal punto di vista della grafica, denominata WML (wireless markup language). I server che contengono le informazioni sono denominati WAP server e il terminale WAP accede a essi mediante la rete GSM, in cui si utilizza per il trasporto delle interrogazioni e delle risposte (cioè i file codificati in linguaggio WML) il protocollo WAP invece dello HTTP. Se il sito che contiene le informazioni desiderate non è stato codificato con WML, esso non può essere interrogato e visualizzato direttamente sul microbrowser dell’utente radiomobile. In questo caso è necessario l’impiego di un apparato di interfaccia (detto gateway) che effettua la traduzione tra il protocollo WAP (utilizzato dal terminale radiomobile) e il protocollo HTTP (utilizzato dal web server), ricodificando allo stesso tempo i contenuti del sito mediante WML in modo da renderlo visualizzabile sul microbrowser del terminale radiomobile. L’informazione sul server WAP è organizzata in carte (cards, analoghe alle pagine web), a loro volta raccolte in mazzi (decks).
Il servizio GPRS. Benché la rete GSM permetta il trasferimento di dati, questo è limitato alla velocità di 9,6 kbit/s, ben inferiore a quella (fino a qualche decina di Mbit/s) ottenibile sulla rete fissa e sicuramente insufficiente per la maggior parte delle esigenze degli utenti. È stato messo a punto il servizio GPRS (general packet radio serv;ice) che permette il collegamento a velocità più elevate del terminale radiomobile con reti dati (per es., Internet), utilizzando la rete GSM, e in particolare la stessa struttura di accesso mista TDMA/FDMA. Ogni sessione GPRS può usufruire di un certo numero (da 1 a 8) di partizioni temporali (slots), con una velocità massima di 20 kbit/s per slot, per cui la velocità massima prevista è 160 kbit/s, ma le prime realizzazioni, per limitazione dei terminali, non sono andate oltre i 25 kbit/s. Un notevole vantaggio del servizio GPRS, rispetto sia al servizio tradizionale di trasmissione dati su GSM sia al collegamento mediante modem su rete fissa, è che il collegamento viene effettuato secondo il paradigma della commutazione di pacchetto e non di circuito: le risorse di rete vengono cioè impegnate non per tutta la durata della sessione ma unicamente nell’intervallo di tempo necessario a trasferire il file dati dall’origine alla destinazione.
Un effetto collaterale del passaggio alla commutazione di pacchetto è la possibilità di adottare meccanismi di tassazione basati non sulla durata della sessione ma sul volume di dati effettivamente trasferito. Però, poiché ogni pacchetto dati inviato mediante il servizio GPRS viaggia indipendentemente dagli altri pacchetti, il tempo di trasmissione complessivo può variare anche notevolmente da pacchetto a pacchetto. Per permettere una comunicazione vocale o video tramite GPRS, la rete può, per es., riservare 1 o più slots a un solo utente, ottenendo così una qualità equivalente a quella della rete a commutazione di circuito. Il servizio GPRS è però particolarmente indicato per la trasmissione poco frequente di volumi di dati e per la trasmissione intermittente di traffico di tipo bursty (scambi veloci intervallati da lunghi periodi di inattività).
Descrizione. L’apparecchio telefonico comprende generalmente un microfono per la conversione dei segnali acustici nei segnali elettrici accettati dal sistema telefonico, un ricevitore per la conversione inversa, un gancio commutatore per commutare il normale stato di riposo (in attesa della chiamata) nello stato d’impiego della linea di utente, una tastiera per l’invio al sistema telefonico dei segnali necessari per stabilire le comunicazioni desiderate, e infine componenti per la realizzazione dei circuiti del microfono e del ricevitore, per l’attenuazione dell’effetto locale in modo che l’utente che parla non oda nel ricevitore la propria voce, per l’eventuale amplificazione dei segnali ecc.
I segnali di selezione sono costituiti da segnali fonici, costituiti da coppie di correnti a frequenze diverse, mediante i quali sono codificati i vari numeri da inviare in linea (sistema a toni). Con il sistema a toni si possono inviare in linea, oltre ai 10 numeri di selezione (dallo 0 al 9) anche due segnali ausiliari, l’asterisco * (star) e il cancelletto # (pound), con i quali possono essere attivati particolari servizi. I moderni apparecchi telefonici assumono le forme più varie e impiegano schemi interni complessi (con ampia utilizzazione di componenti integrati) che permettono varie funzioni ausiliarie (memorizzazione di numeri d’interesse, ripetizione di chiamata, funzione viva voce ecc.).
Cenni storici. Il primo impiego del termine telefono risulta essere stato fatto dal fisico tedesco G. Hüth nel 1796 per indicare dispositivi per la generazione e l’invio a distanza di segnali acustici. Fu successivamente usato da altri e infine da P. Reis, nel 1869, per indicare specificamente uno strumento che riproducesse a distanza suoni di ogni tipo per mezzo di correnti elettriche. La scoperta della possibilità di generare suoni per effetto di rapide variazioni dello stato di magnetizzazione di un pezzo di ferro risale al 1863 a opera dello statunitense C.G. Page. Il principio della riproduzione a distanza di suoni per mezzo di correnti elettriche fu enunciato in Francia da C. Bourseul nel 1854, mentre intorno alla metà del secolo idee per la realizzazione di telefoni elettrici furono concepite e sviluppate, tra gli altri, dagli italiani A. Meucci e I. Manzetti. Nel 1861 P. Reis presentò a Francoforte la prima realizzazione pratica di apparecchi per la trasmissione di suoni musicali a una certa distanza tramite la corrente elettrica. Nel 1871 Meucci ottenne negli USA un caveat (atto pubblico di protezione d’invenzione) relativo a un trasmettitore e ricevitore telefonico, ma a partire dal 1874 non richiese il rinnovo dell’atto per mancanza di fondi. Nel 1876 A.G. Bell, scozzese emigrato negli USA, che fin dal 1873 conduceva esperimenti con un telegrafo armonico (a suoni percepibili con l’orecchio umano), ottenne in questo paese il brevetto nr. 174465 relativo a un trasmettitore e ricevitore telefonico, in base al quale gli è stata generalmente attribuita l’invenzione del telefono. A partire dal 1876 si susseguirono numerosi perfezionamenti e sviluppi del telefono da parte di E. Gray, T.A. Edison, D.E. Hughes e altri. Nel 1892 lo statunitense A.C. White inventò il microfono a granuli di carbone contenuti in una scatola cilindrica avente il fondo fisso e la parte anteriore mobile che, sotto l’azione delle onde sonore, poteva comprimere e decomprimere i granuli (praticamente, il microfono tuttora usato negli apparecchi telefonici). Il disco combinatore fu impiegato a partire dal 1896. I primi telefoni di tale tipo furono detti telefoni automatici per distinguerli dai precedenti che richiedevano comunque l’intervento di un operatore.
In Italia la prima produzione di telefoni avvenne a Milano nel 1877 nell’officina ‘Fratelli Gerosa’.
Tipi di telefoni. In relazione al tipo di impianto e di funzionamento delle varie apparecchiature, si distinguono vari tipi di apparecchi telefonici. Il telefono senza filo (cordless) è composto di una base collegata alla normale rete telefonica e di un apparecchio portatile a batterie (ricaricabile quando l’apparecchio è a riposo poggiato sulla base), completo di trasmettitore, ricevitore, tastiera e tasto commutatore autonomo, con il quale si può comunicare spostandosi dalla base per un raggio di almeno 50 m all’interno dell’abitazione e di almeno 200 all’esterno. Il telefono a viva voce è dotato, oltre al normale ricevitore a cornetta, di un ricevitore con altoparlante che consente di comunicare dall’interno di un ambiente (un locale, un autoveicolo ecc.) senza alzare la cornetta, e anche di far partecipare alla conversazione chi si trovi nello stesso ambiente. Il telefono multifunzione è dotato di funzioni accessorie quali la segreteria telefonica, la possibilità di funzionare come telefono a viva voce, la segnalazione di messaggi in arrivo durante una comunicazione. Con il telefono a multifrequenza, grazie a un sistema di multiplazione a divisione di frequenza, sono possibili vari tipi di comunicazioni multiple su una stessa linea telefonica, come la conversazione con più d’una persona contemporaneamente o la commutazione delle chiamate da una linea a un’altra. Cellulare è denominazione invalsa nell’uso per indicare il telefono portatile, chiamato anche telefonino, che utilizza il sistema di trasmissione radio della t. cellulare.
Locuzioni varie. Specificato da un aggettivo qualificativo, che per lo più è il nome di un colore, il termine indica un servizio telefonico gestito da privati, appositamente istituito per prestare aiuto a determinate categorie di persone o a persone che si trovino in particolari situazioni: telefono amico, che fornisce consigli e sostegno psicologico a tossicodipendenti, alcolisti, malati di AIDS e anche a persone depresse in genere; telefono azzurro, che raccoglie segnalazioni di maltrattamenti e abusi a danno di bambini; telefono rosa, che raccoglie segnalazioni di abusi e violenze ai danni di donne e ragazze; telefono viola, per la denuncia di violenze, maltrattamenti e abusi, anche terapeutici, a danno di persone affette da disturbi mentali o psichici.