ultrasuono Vibrazione elastica in un mezzo materiale con frequenza superiore a quella limite di udibilità, convenzionalmente fissata a 20 kHz. Per frequenze maggiori di 1 GHz si usa talvolta il termine ipersuono. Coprendo una gamma così estesa di frequenze, gli u. presentano fenomeni ed effetti diversificati che interessano varie aree disciplinari.
I primi esperimenti con u. furono fatti da F. Galton e da G. Hartmann, con i generatori noti, rispettivamente, come fischio di Galton e sirena di Hartmann, nei quali un getto d’aria genera una turbolenza oscillante a frequenze di poco superiori a quelle udibili. Il successivo uso di quarzi piezoelettrici permise di ottenere fasci di u. a frequenze dell’ordine di centinaia o migliaia di kHz: con un trasduttore a quarzo P. Langevin riuscì a trasmettere e ricevere un segnale ultrasonoro tra le opposte sponde della Senna, a Parigi, nel 1910. In seguito, si è sensibilmente esteso l’uso di ceramiche piezoelettriche ottenute artificialmente per la generazione e la ricezione di u. di frequenza dell’ordine dei MHz, insieme all’impiego di altri materiali piezoelettrici con alta efficienza di trasduzione (niobato o tantalato di litio, nitruro di alluminio e alcuni ossidi, di tellurio e di zinco), più adatti per applicazioni dove all’efficienza di trasduzione si debba accoppiare un basso assorbimento nel materiale di propagazione (applicazioni elettroniche ad alta frequenza) o la geometria planare dei dispositivi, come nel caso dell’ottica integrata.
I fenomeni che si hanno nella propagazione di u. sono gli stessi che si hanno nella propagazione delle onde elastiche e in particolare dei suoni: propagazione per raggi rettilinei in mezzi omogenei isotropi illimitati, riflessione e rifrazione nel passaggio da un mezzo a un altro, diffrazione su ostacoli ecc. La velocità di propagazione va, a seconda dei mezzi, da qualche centinaio a qualche migliaio di m/s; la lunghezza d’onda va da qualche decimetro a qualche decimo di micron e ciò rende molto più facile che per i suoni realizzare riflettori e rifrattori non ingombranti ed efficienti, così da ottenere generatori e ricevitori fortemente direttivi. Un’altra caratteristica che nettamente differenzia gli u. dai suoni è costituita dal fatto che, risultando l’intensità energetica di un’onda elastica proporzionale al quadrato della frequenza, è possibile ottenere fasci di u. assai più intensi di quanto non sia possibile ottenere, a parità di ampiezza di vibrazione, con sorgenti a frequenza acustica. Come per i suoni, l’intensità diminuisce, in un mezzo omogeneo e isotropo, con legge esponenziale rispetto alla distanza percorsa a causa dell’assorbimento di energia nel mezzo, oltre, eventualmente nel caso di onde non piane, all’attenuazione cosiddetta geometrica, dovuta all’espandersi dei fronti d’onda; il coefficiente (lineico) d’assorbimento varia con la natura del mezzo e con la frequenza dell’u., in genere aumentando all’aumentare di questa sino a un valore caratteristico, detto frequenza di rilassamento, e poi diminuendo abbastanza regolarmente sino a valori relativamente molto bassi nel campo delle frequenze maggiori di 1 GHz. In realtà, nell’andamento del coefficiente di assorbimento si riconoscono varie frequenze di rilassamento, ciascuna corrispondente al venir meno di uno dei vari fenomeni dissipativi che si accompagnano alla propagazione di u. in un mezzo materiale. In un fluido tali fenomeni sono in sintesi l’attrito interno (connesso alla viscosità), le perdite termiche (connesse alla conduttività termica) e fenomeni di rilassamento di moti interni molecolari; in un solido, si aggiungono altri fenomeni, i più importanti dei quali sono la diffusione a opera di grani cristallini, che dà luogo a forte assorbimento alle frequenze di oltre 1 MHz, ed effetti piezoelettrici e ferromagnetici, nonché, nei metalli a temperatura non molto alta, interazioni fonone-elettrone. Oltre al coefficiente di assorbimento, anche la velocità di propagazione dipende dalla frequenza della perturbazione, per cui la propagazione è accompagnata anche da una più o meno accentuata dispersione.
Tralasciando i generatori meccanici (a sirena e a fischio) che operano solo fino a 30 kHz, la generazione di u. (e il reciproco processo di rivelazione) ha luogo per mezzo di trasduttori elettroacustici, che trasformano l’energia elettromagnetica, fornita da un generatore elettrico, in energia di oscillazione del solido elastico costituente il trasduttore e, quindi, in quella elastica irradiata nel mezzo (e viceversa). In alcune applicazioni si usa lo stesso trasduttore sia per la generazione sia per la ricezione. Un trasduttore deve possedere un meccanismo intrinseco di trasduzione dell’energia elettromagnetica in energia elastica e avere un buon adattamento di impedenza con il mezzo di radiazione.
La prima caratteristica si ottiene in pratica mediante l’uso di materiali piezoelettrici o magnetostrittivi: nei primi (di più lungo impiego), il materiale reagisce a un campo elettrico applicato con una deformazione, mentre nei secondi la deformazione è il risultato dell’applicazione di un campo magnetico. In generale, i trasduttori a effetto magnetostrittivo si usano a frequenze più basse, per via dell’alta dissipazione che si può produrre nel mezzo magnetostrittivo a frequenze elevate, e in applicazioni di potenza. La configurazione specifica dei trasduttori è dettata, oltre che dalle condizioni sperimentali volute, anche dalla natura del materiale usato, in particolare dalle caratteristiche piezoelettriche del mezzo. La specifica configurazione geometrica determina la frequenza propria di risonanza del trasduttore, mentre la risposta relativa ad altre frequenze dipende dal flusso di energia uscente in un periodo di oscillazione. Tale flusso sarà in parte dovuto alle perdite intrinseche all’interno del trasduttore stesso, e in parte all’emissione di radiazione elastica nel mezzo.
Per un’efficace trasduzione, cioè per aumentare il flusso di energia elastica irradiata nel mezzo, occorre che l’impedenza acustica del trasduttore sia adattata a quella del mezzo. Poiché l’impedenza acustica Z è definita come prodotto della velocità di propagazione degli u. per la densità del mezzo, Z=ρν, l’impedenza acustica di un solido è in generale di un ordine di grandezza maggiore di quella di un liquido. Per avvicinare i valori delle impedenze di generatori e ricevitori (in genere costituiti da un corpo solido) all’impedenza del mezzo (in genere un fluido), si ricorre a materiali compositi artificialmente prodotti, alternando, per es., strati di ceramica piezoelettrica a strati di resina o di un altro materiale isotropo, oppure ad accoppiamenti tra trasduttori e mezzi irradiati realizzati con adattatori a geometria variabile o costituiti da lamine a quarto d’onda aventi valori dell’impedenza mediati geometricamente tra quelli del trasduttore e quelli del mezzo Z2lam=ZtrasdZmez. Le vibrazioni ultrasonore prodottesi nel trasduttore sono trasmesse (o ricevute) e concentrate (o distribuite) nel mezzo di lavoro mediante un trasformatore acustico, che adatta le impedenze, e mediante elementi di accoppiamento, che determinano la geometria del solido di emissione (o di captazione); l’insieme di questi tre componenti costituisce un dispositivo ultrasonoro.
A seconda del materiale usato, del numero di elementi che li costituiscono, della loro forma e dimensioni, si possono avere vari tipi di trasduttori; tra questi, per es., i trasduttori interdigitali sono costituiti (fig. 1) da una piastra di materiale piezoelettrico a sulla cui superficie sono depositati due elettrodi b e c interallacciati a forma di pettine. L’applicazione di un campo elettrico alternato sugli elettrodi produce un’onda acustica superficiale; la lunghezza d’onda è determinata dalla spaziatura d degli elettrodi del pettine. Con tecnica planare si ottengono elettrodi che permettono di eccitare u. fino a 3 GHz. Con trasduttori costituiti da più elementi (trasduttori multielemento) si può realizzare una focalizzazione dinamica del fascio ultrasonoro, ottenuta mediante una opportuna distribuzione delle fasi dei segnali che pilotano i singoli elementi; in ricezione consentono la ricostruzione tridimensionale del campo ultrasonoro. Nelle diverse tecniche di indagine non distruttiva ultrasonora vengono impiegati trasduttori a banda larga, realizzati o incollando sul retro di un trasduttore a quarzo a un assorbitore b (backing, fig. 2) costituito da un materiale composito di resina epossidica mescolata con particelle di tungsteno che ne riduce di un fattore 100 il Q (che per un cristallo di quarzo è dell’ordine di 104) o impiegando ceramiche piezoelettriche che hanno un Q dell’ordine di 100. Alle basse frequenze, non essendo conveniente ricorrere a trasduttori piezoelettrici convenzionali di grandi dimensioni, si utilizzano trasduttori compositi ottenuti incollando due piastre di metallo alle facce opposte dell’elemento piezoelettrico, che così risuona a una frequenza molto minore; questo tipo di trasduttore viene usato nelle applicazioni di grande potenza (lavaggio, saldatura).
Sono di varia natura e di notevole importanza; possono essere raggruppate in: a) applicazioni basate sulle modificazioni indotte dalla vibrazione ultrasonora nel mezzo in cui essa si propaga o su cui incide per sollecitazione di pressione, e indirettamente per le sollecitazioni termiche che si accompagnano all’assorbimento dell’energia elastica; per tali applicazioni (come la saldatura, la foratura e il taglio di materiali, il lavaggio spinto di superfici, la precipitazione di particelle in sospensione, l’esplicazione di azioni emulsionanti, catalitiche, depolimerizzanti) ha importanza primaria l’intensità, in genere relativamente alta; b) applicazioni basate sulle caratteristiche di propagazione (velocità di propagazione, coefficiente di assorbimento), che consentono di risalire a proprietà strutturali e molecolari del mezzo in cui avviene la propagazione; nel campo tecnico, si ricordano i vari metodi di analisi a u. per prove non distruttive dei materiali e per il riconoscimento di difetti interni in pezzi lavorati; c) applicazioni acusto-ottiche, come lo spostamento di frequenza di una radiazione visibile diffratta da un u. propagantesi in un mezzo trasparente; d) applicazioni basate sulle modalità di propagazione degli u. a fini di localizzazione, quali si hanno negli ecogoniometri, sonar e simili; e) applicazioni basate su effetti biologici, sia per scopi diagnostici, come nell’ultrasonografia, detta più comunemente ecografia (➔), sia per scopi terapeutici (come per l’ultrasuonoterapia). In biologia cellulare, per es., gli u. ad alta frequenza e intensità vengono usati per la frammentazione di cellule batteriche, vegetali e animali, al fine di ottenere omogenati completi o parziali; da questi ultimi possono essere separati mediante centrifugazione i diversi costituenti particellari (organelli), per es., nuclei, mitocondri, ribosomi ecc. Altre interessanti applicazioni degli u. riguardano in particolare: la microscopia, i motori acustici (meccanici e termodinamici, azionati da u.), la termometria, la sonoluminescenza (➔) e la sonochimica (➔).
L’impiego a scopo terapeutico degli u. (ultrasuonoterapia) sfrutta un’azione biologica risultante di varie componenti: un’azione meccanica sulle cellule, che comporta l’acceleramento del metabolismo e degli scambi osmotici cellulari; un’azione termica; un’azione chimica, consistente nella demolizione di molecole e accelerazione di processi elettrici, osmotici e catalitici. Sono possibili effetti lesivi; il limite di sicurezza è stato fissato, per l’uomo, in un’intensità energetica di 7 W/cm2. Le indicazioni sono essenzialmente rappresentate da sindromi dolorose (nevriti, artriti e periartriti ecc.); le controindicazioni da cardiopatie, sindromi emorragiche ecc. La litotripsia ultrasonica è utilizzata per la frantumazione dei calcoli (➔ litotripsia).