Metodo di indagine clinica basato sulla rilevazione di onde ultrasonore riflesse nella compagine dei tessuti.
Le onde ultrasonore sono generate dalla stimolazione elettrica di un cristallo piezoelettrico e possono essere indirizzate a una specifica zona di interesse. La propagazione di un’onda ultrasonora all’interno di un sistema biologico è condizionata dalle caratteristiche dei tessuti (compattezza e struttura) che ne determinano l’impedenza acustica. Tra tessuti anatomicamente adiacenti, nell’area di contatto chiamata interfaccia, si producono onde riflesse in funzione dell’impedenza propria di ciascun tessuto: in pratica, la quantità di energia riflessa dipende dalla differenza d’impedenza dei due tessuti analizzati. La genesi delle immagini ecografiche (indipendentemente dalle modalità con le quali si ottengono) è dunque funzione dell’impedenza acustica delle strutture esaminate. Quando la differenza dell’impedenza acustica è molto elevata, si hanno alcune limitazioni (per es., all’interfaccia tra aria e tessuti cosiddetti molli o tra questi e l’osso): ne deriva che al di sotto di strutture contenenti aria o formate da osso non è possibile eseguire un’indagine ecotomografica.
Le immagini vengono classificate in base alle diverse modalità di rappresentazione: modulazione d’ampiezza (modo-A; fig. A), nella quale sono riportate lungo l’asse delle ascisse le deflessioni verticali la cui estensione (ampiezza) dipende dall’intensità degli echi riflessi; visualizzazione puntiforme con analisi delle variazioni di luminosità (modo-B, dall’inglese brightness; fig. B), che è la rappresentazione più frequente ( ecotomografia) e consente di ottenere immagini bidimensionali di un organo (caratteristiche morfologiche, dimensioni e analisi del movimento); la terza forma di rappresentazione si applica alle strutture in movimento (modo-M, dall’inglese motion): in questo tipo di applicazione si usa un fascio singolo di ultrasuoni la cui riflessione fornisce un diagramma nel quale è possibile identificare i punti in movimento (ha una particolare applicazione in ecocardiografia). Estensioni particolari dell’e. permettono di sfruttare le variazioni di frequenza generate da elementi mobili, ricorrendo a varie tecniche che utilizzano l’effetto Doppler (➔ Doppler, Christian). È questo il caso dell’ecodoppler che evidenzia le variazioni di frequenza che gli echi provenienti da strutture in movimento presentano rispetto a quella del fascio esplorante. Concettualmente gli aspetti essenziali di semeiotica ecografica sono due: a) identificazione degli echi e loro caratterizzazione; b) assenza di echi (in pratica assenza d’interfaccia tessutale).
L’e. costituisce un metodo di indagine quanto mai versatile e che per di più ha il vantaggio di essere esente da rischi radiologici (gli ultrasuoni sono privi di effetti ionizzanti). In ostetricia, l’e. consente di seguire l’accrescimento del feto, senza danneggiarlo, e fornisce utili informazioni sull’inserzione della placenta; in patologia addominale consente la dimostrazione estemporanea di masse tumorali o cistiche, di esplorare il fegato e la colecisti; in cardiologia ( ecocardiografia) informa sulla morfologia e la dinamica delle valvole e sulle dimensioni e la contrattilità delle camere cardiache; in patologia vascolare rileva le eventuali deformazioni dei vasi, la pulsatilità delle arterie o la sua assenza in caso di trombosi; in neurologia ( ecoencefalografia) permette di studiare la morfologia cerebrale e dimostra altresì la presenza di masse e di raccolte endocraniche; in oculistica è usata per la determinazione delle varie misure oculari (biometria); in patologia oculare viene usata quando per l’opacità dei mezzi diottrici (cataratta, emorragie del vitreo e della retina) non è possibile esaminare le strutture oculari posteriori (retina e vitreo); in tali condizioni consente la diagnosi di distacchi retinici e di tumori endooculari non altrimenti visibili.