Annesso fetale proprio dei Mammiferi che unisce il feto alle pareti della cavità uterina, stabilendo dei rapporti tra i vasi sanguigni materni e quelli del nascituro, in modo che questo riceve dal sangue materno tutte le sostanze necessarie per il suo accrescimento (principi nutritivi, ossigeno, ormoni) e vi abbandona l’anidride carbonica e gli altri prodotti del catabolismo; la p. sintetizza ormoni (protidi, glicoprotidi, steroidi) fondamentali per la regolazione delle attività metaboliche fetali.
Si distinguono, in generale, una p. vitellina, caratteristica della maggior parte dei Marsupiali, più primitiva, in cui il sacco vitellino entra in contatto con quasi tutta la parete del corion, dando origine a un doppio strato che aderisce alla mucosa uterina, il cui epitelio degenera e si trasforma nello strato sinciziale; e una p. allantoidea, caratteristica dei Mammiferi Euteri, (nei quali la p. raggiunge il massimo sviluppo), derivata dalla fusione dell’allantoide con il corion. A seconda dei rapporti che la mucosa uterina contrae con la p. si distinguono: p. epitelio-coriale, in cui l’epitelio del corion è semplicemente a contatto con la mucosa uterina; p. sindesmo-coriale, in cui l’epitelio uterino degenera e il corion entra in contatto con il connettivo sottostante; p. endotelio-coriale, nella quale l’epitelio coriale aderisce all’endotelio dei capillari sanguigni della mucosa uterina; p. emo-coriale, in cui l’epitelio coriale è direttamente irrorato dai vasi sanguigni materni. A seconda della distribuzione dei villi coriali (espansioni del corion in corrispondenza della p.) si distinguono: p. diffusa, con i villi uniformemente diffusi su tutta la superficie del corion (è propria di Cetacei, proscimmie, Perissodattili, Folidoti e alcuni Artiodattili); p. cotiledonare, nella quale i villi sono raggruppati in cotiledoni (caratteristica della maggior parte dei Ruminanti); p. zonaria o zonata, con i villi raggruppati e disposti ad anello intorno al sacco coriale (tipica dei Carnivori, Proboscidati, Iracoidei e Tubulidentati); p. discoidale o discoplacenta, con i villi riuniti in un’area discoidale del corion (è propria di Insettivori, Dermotteri, Chirotteri, Xenartri e la maggior parte dei Primati, compreso l’Uomo). Nel caso in cui i rapporti tra la p. e lo strato corion-allantoideo sono lassi (p. diffusa e cotiledonare), si ha la p. indecidua, che viene espulsa intatta al momento del parto; nel caso di connessioni più strette (p. zonaria e discoidale) si ha una p. decidua, il cui distacco comporta emorragie uterine più o meno cospicue.
La nutrizione dell’embrione è in stretta relazione con i vari tipi di p. e si attua o con l’assorbimento, mediante l’epitelio coriale, delle sostanze nutritive provenienti dalla mucosa uterina, che costituiscono l’istiotrofo, oppure con il passaggio attraverso l’epitelio coriale dei materiali dal sangue materno al fetale, che costituiscono l’emotrofo. Nelle p. epitelio-coriali l’istiotrofo è rappresentato da materiali trasudati e secreti dalla mucosa uterina che, insieme a grassi e sostanze proteiche, costituiscono il cosiddetto latte uterino. Nella nutrizione per emotrofo, questo è costituito di acqua, cristalloidi, gas, facilmente diffusibili dal sangue materno a quello dell’embrione, ma anche di sostanze (colloidi, grassi) che per essere assorbite debbono subire una trasformazione chimica che è operata dall’epitelio coriale. La nutrizione per istiotrofo caratterizza le p. epitelio-coriali e si attua per tutta la durata della gravidanza; in quelle emo-coriali, all’istiotrofo, che funziona nelle prime fasi dello sviluppo, si sostituisce in seguito l’emotrofo; così nell’evoluzione della p. si distinguono, dal punto di vista morfologico e funzionale, una fase istiotrofica e una fase emotrofica; anche nei casi tipici di emotrofo, come nella specie umana, in un primo tempo ha molta importanza l’istiotrofo. La nutrizione dell’embrione, oltre che attraverso la p., avviene, nella maggioranza dei Mammiferi, anche attraverso il corion liscio (chorion laeve primarium) o, come nei casi di entipia (alcuni Roditori), attraverso il sacco vitellino; la nutrizione dell’embrione si dice in questi casi paraplacentare ed è per istiotrofo. In alcuni Pesci, in alcuni Rettili e in alcuni Mammiferi Marsupiali, il rapporto fra tessuti materni ed embrionali si realizza attraverso la parete del sacco vitellino; si instaura cioè una p. vitellina o onfaloide; nei Mammiferi superiori, invece, è sempre l’allantoide (con i suoi vasi sanguigni) a instaurare tale rapporto (p. allantoidea). Una p. doppia, per metà onfaloidea e per metà allantoidea, si ha in alcuni Rettili (Chalcides) e in alcuni Mammiferi più primitivi, quali gli insettivori.
La p. umana si differenzia nel corso del 3° mese di gravidanza e continua a svilupparsi fino al 7° mese: è una p. emo-coriale del tipo discoidale (fig. 1 e 2). Talvolta è lobata (p. bipartita), per lo più è rotondeggiante: nella fase di massimo sviluppo misura 15-20 cm di diametro e raggiunge i 500-600 grammi. Il cordone ombelicale, di solito, ha origine in corrispondenza del centro della p.; l’inserzione sull’utero avviene di norma a livello del corpo, sulla faccia anteriore o posteriore; l’eventuale inserzione anomala sul segmento inferiore dell’utero costituisce la cosiddetta p. previa.
La p. condiziona i processi nutritivi, metabolici ed endocrini del feto: permette cioè il passaggio dal sangue materno a quello fetale di tutte le sostanze necessarie per il normale accrescimento del feto (principi nutritivi, ossigeno, ormoni); consente inoltre al feto di liberarsi dell’anidride carbonica e degli altri prodotti del suo metabolismo. Il bordo libero dei villi coriali presenta una serie di microvilli capaci di inglobare con i loro movimenti macromolecole proteiche o lipoproteiche: fenomeno, questo, denominato pinocitosi. Le sostanze di peso molecolare inferiore attraversano la barriera placentare con altre modalità che richiedono in molti casi la partecipazione attiva del villo. Mentre per alcune sostanze (acqua, elettroliti, ossigeno, anidride carbonica, urea) gli scambi attraverso la p. avvengono in entrambe le direzioni in rapporto a fattori di ordine fisico-chimico (pressione idrostatica, pressione osmotica, pressione oncotica, diversa concentrazione esistente nei due versanti), per altre intervengono meccanismi biochimici di natura enzimatica, che regolano la direzione e la velocità degli scambi stessi, o talora impediscono il passaggio di determinate sostanze dall’organismo materno a quello fetale o viceversa. La p. costituisce anche una valida barriera che protegge il feto da eventuali microrganismi o sostanze tossiche presenti nel sangue della madre. Grande importanza ha anche la funzione endocrina della p., e particolarmente la secrezione di gonadotropina corionica, che favorisce la formazione del corpo luteo gravidico, di progesterone, la cui secrezione inizia intorno al 3° mese di gravidanza, cioè quando il corpo luteo è in regressione, e infine di estrogeni (soprattutto estriolo). La concentrazione di questi ormoni nel sangue aumenta continuamente nel corso della gravidanza, per diminuire poi bruscamente dopo l’espulsione della p.: questa brusca diminuzione provoca indirettamente l’inizio della secrezione del latte. Il distacco della p., che rappresenta l’ultimo tempo del parto (➔ secondamento), è provocato dalla rapida riduzione della superficie dell’utero, che si determina dopo l’espulsione del feto.
Tra le varie alterazioni hanno rilievo, per frequenza e importanza, le anomalie di sede, d’inserzione e di distacco. Le anomalie di sede sono essenzialmente due, rappresentate dalla p. tubarica, impiantata nell’angolo tubarico del cavo uterino, e dalla cosiddetta p. previa, inserita interamente o in parte nella zona più bassa dell’utero, nel segmento inferiore che è quello destinato a formare il canale del parto. Quest’ultima alterazione è la più importante perché, oltre che di un’emorragia più o meno intensa, può essere la causa di sfavorevoli presentazioni del feto (di spalla, di podice) o di complicanze del parto. La diagnosi è ecografica. La prognosi, legata all’intensità dell’emorragia e ai pericoli di infezione, è notevolmente migliorata per i progressi della tecnica ostetrica (principalmente taglio cesareo).
Nei casi di anomalie d’inserzione, la p. aderisce più tenacemente che di norma alla parete uterina per un eccessivo sviluppo dei villi coriali, che possono approfondirsi fino allo strato muscolare (p. accreta), affondarsi in questo (p. increta), o giungere fino alla sierosa (p. percreta).
Il distacco della p. può compiersi prima dell’espulsione del feto (distacco intempestivo di p. normalmente inserita), può compiersi con ritardo oppure non compiersi affatto (mancato distacco della p.). Il distacco intempestivo di p. normalmente inserita può avvenire per cause meccaniche o traumatiche, malattie degli annessi fetali (polidramnio), cause di origine fetale (gravidanza gemellare, presentazione di podice) o locale (alterazioni della p., della decidua, del miometrio, talora secondarie a cardiopatie, intossicazioni, infezioni). I sintomi sono costituiti essenzialmente dall’emorragia, interna o esterna, con anemia a carattere acuto o subacuto.
Il mancato distacco della p., dopo l’espulsione del feto, nel periodo del secondamento può avvenire o per deficienza delle contrazioni uterine, dipendente da molteplici cause (lungo periodo di travaglio, feto macrosomo, gravidanza gemellare, polidramnio), o per alterazioni del miometrio e della p. (abnorme aderenza della p. al miometrio). Il ritardo o il mancato distacco della p. costituisce una delle ragioni più frequenti dell’incarceramento della p., consistente nella sua mancata emissione per spasmo della muscolatura uterina dell’orificio interno.
Fra le altre alterazioni della p. vanno ricordate le turbe vascolari che accompagnano le malattie infettive materne; gli infarti, talora causa di aborto; le placentiti, affezioni infiammatorie dovute per lo più alla propagazione di germi piogeni o gonococchi da infiammazioni vicine; le alterazioni che accompagnano le gestosi; i tumori (corionepitelioma, mola vescicolare, sarcomi, cisti).
La regione delle foglie carpellari sulla quale sono inseriti i funicoli portanti gli ovuli. Consta di tessuto parenchimatico attraversato da tessuti conduttori, i quali da un lato si prolungano nel canale stilare, dall’altro penetrano nel funicolo innervandolo. È detta placentazione la disposizione delle p. nell’ovario delle Angiosperme: se l’ovulo è unico, esso si erge dalla base oppure pende dalla volta dell’ovario, o si impianta sopra un suo lato; se, come più spesso accade, gli ovuli sono numerosi, le p. si sviluppano o ai margini o, più di rado, sulla lamina dei carpelli, talora localizzandosi in corrispondenza della nervatura mediana. Nel primo caso si parla di placentazione marginale, nel secondo di placentazione laminare o diffusa. Si può anche avere una placentazione assile, se l’asse fiorale si prolunga attraverso l’ovario con una colonnetta rivestita dalla base delle foglie carpellari e sulla quale stanno le placente. Ciò vale per gli ovari monomeri e per gli ovari polimeri uniloculari; se invece l’ovario polimero è pluriloculare, la placentazione laminare diventa anche parietale, nella quale gli ovuli sono disposti sulle pareti delle singole logge; la placentazione si dice centrale, quando gli ovuli sono inseriti sul tessuto centrale formato dalla confluenza dei margini dei carpelli.