Ramo delle scienze mediche che ha per oggetto le malattie del sistema nervoso a sintomatologia più spiccatamente somatica, decorrenti cioè con disturbi della motilità, della sensibilità, dell’equilibrio e del linguaggio.
La n. è unita da rapporti particolarmente stretti con la psichiatria e con la patologia medica. Con la psichiatria, in quanto alcune sue sindromi tumorali possono esordire con una fenomenologia apparentemente psichiatrica, altre, come le sindromi epilettiche, talora pongono allo stesso tempo problemi neurologici e psichiatrici, altre, infine, ed è il caso delle sindromi demenziali e delle insufficienze mentali, pur rientrando nell’ambito della psichiatria, non possono non essere interpretate con criteri neuropatologici. Il rapporto con la patologia medica è dovuto alla grande incidenza che nella patologia del sistema nervoso hanno le vasculopatie, le disendocrinie, le condizioni dismetaboliche, i processi infettivi (microbici e virali) e quelli immunitari.
Tutte le cellule che partecipano all’organizzazione del sistema nervoso (neuroni e glia, ependima, cellule dei vasi e delle meningi) possono andare incontro a processi patologici.
Neuroni.- I neuroni sono le cellule evolute per la gestione dei processi di informazione, necessaria all’individuo per adattarsi all’ambiente. Sono dotati di prolungamenti (neuriti, molti dendriti e un assone) che aumentano la superficie cellulare e, grazie a contatti efficienti (sinapsi), consentono la formazione di circuiti fra cellule (neuroni, recettori di senso, cellule muscolari e ghiandolari) anche molto lontane una dall’altra (➔ nervoso, tessuto). I neuroni maturi sono il risultato di una serie di generazioni di cellule che risalgono ai capostipiti della doccia neurale. Una volta raggiunti la posizione e il ruolo definitivi, i neuroni perdono la capacità di dividersi, divenendo così cellule perenni e non sostituibili. La loro morte avviene per modificazioni del microambiente capaci di attivare il programma stabilito ad hoc (➔ apoptosi), oppure di alterare irreversibilmente l’assetto strutturale delle proteine della membrana e citoplasmatiche (necrosi). L’apoptosi si verifica soprattutto nel corso dello sviluppo del cervello per eliminare i neuroni in sovrannumero; la necrosi è invece la conseguenza di insulti metabolici o fisici (soprattutto ipossia, acidosi, calore).
Il neurone può avere molti tipi di degenerazione. In alcune malattie da difetto enzimatico ereditario (per es., malattie lisosomiali, ceroidolipofucsinosi e glicogenosi), o presunte tali, i metaboliti non digeriti si accumulano nel corpo e nei neuriti. La disfunzione che ne consegue è dovuta alla modificazione della forma del neurone e all’ostacolo che il deposito può opporre al flusso del citoplasma. L’edema intracellulare che deforma i neuroni della corteccia e sottocorticali nelle encefalopatie spongiformi (per es., la malattia di Creutzfeldt-Jakob, ➔ encefalopatia) ha effetti clinici vistosi: mioclonia, epilessia, onde elettroencefalografiche periodiche.
Molte malattie croniche (soprattutto demenze degenerative e malattie extrapiramidali) hanno in comune la degenerazione del citoscheletro neuronale. Questa può essere dovuta all’abnorme fosforilazione di una proteina (proteina tau) che, in condizioni normali, contribuisce all’organizzazione spaziale dei microtubuli. Quando l’organizzazione spaziale è sconvolta, il citoscheletro si ammassa in convoluti argentofili (degenerazione neurofibrillare) o si addensa in depositi lungo l’assone (distrofia neuroassonale) o nel corpo cellulare (corpi di Pick, corpi di Lewy). Conseguenze della patologia del citoscheletro sono il blocco del flusso assonale e la compromissione delle sinapsi. Il progressivo accorciamento dell’assone si verifica quando il neurone non è in grado di mantenere un livello metabolico all’altezza delle sue funzioni. In questo caso, anche i dendriti e il corpo cellulare si rimpiccioliscono. Un uguale riassetto delle dimensioni cellulari può essere dovuto alla denervazione (degenerazione transinaptica). Per quanto privi della capacità di riprodursi, i neuroni maturi hanno ancora quella di rigenerare, che ricompare soprattutto quando l’assone soffre. L’interruzione di questo prolungamento provoca la lisi del frammento distale e della sua guaina mielinica e la reazione della microglia per lo smaltimento dei detriti (degenerazione walleriana). La cellula reagisce nel tentativo di ripristinare l’assone perduto. Nei neuroni di moto ciò comporta il rigonfiamento del corpo (reazione assonale) dovuto alla proliferazione di reticolo endoplasmatico per la sintesi delle proteine. La reazione è tanto più vistosa quanto più la lesione dell’assone è vicina al corpo cellulare e risente dell’azione stimolante o inibitoria di molecole sintetizzate da astrociti e microglia. L’impegno può comportare la morte del neurone e il risultato è tanto migliore quanto più piccolo è il tratto di assone da ricostruire. L’attitudine dei neuroni a rigenerare si manifesta nell’infanzia con la riorganizzazione di circuiti compromessi da una lesione, e nel corso dell’invecchiamento con il rimaneggiamento delle sinapsi e dell’albero dendritico (plasticità).
Glia. - Vi sono nel tessuto nervoso tre tipi di cellule gliali: gli astrociti e gli oligodendrociti, di origine ectodermica, e la microglia, di origine mesodermica. Gli astrociti sono elementi stellati che, con i loro prolungamenti a ponte fra vasi intraparenchimali, ependima, pia madre e cellule, consentono scambi di molecole fra sangue, liquor e neuroni e danno al tessuto una certa resistenza elastica. Durante lo sviluppo del cervello, gli astrociti stimolano la crescita degli assoni, favoriscono l’organizzazione delle connessioni e guidano i neuroni verso la loro posizione definitiva. L’azione neuroprotettrice degli astrociti si esplica come riserva di energia (glicogeno), mantenimento dell’omeostasi dei liquidi extracellulari, controllo del glutammato e di altre molecole neurotossiche, modulazione dell’attività della microglia e di altre cellule immunocompetenti giunte dal sangue. Gli astrociti perdono gran parte della loro capacità neuroprotettrice quando, per effetto di insulti metabolici (per es., ipossia, ipoglicemia) che ne danneggiano le pompe ioniche, accumulano sodio e acqua. Le stesse condizioni forzano queste cellule a trasformarsi in astrociti fibrillari (gliosi). Ne consegue l’ipertrofia dei microfilamenti distribuita fra corpo e prolungamenti, e spesso la suddivisione del nucleo. Agli astrociti fibrillari compete l’organizzazione delle cicatrici dove il tessuto ha sofferto.
Gli oligodendrociti sono cellule di supporto al neurone, di cui circondano il corpo (satellitosi), e proteggono l’assone. Per quest’ultima funzione usano la membrana cellulare con la quale costruiscono per l’assone una guaina mielinica. Un solo oligodendrocita prende parte alla formazione di più guaine, destinando un prolungamento a un segmento internodale. Questo è la frazione di guaina compresa fra due nodi di Ranvier, punti in cui l’assone è nudo e può depolarizzarsi, permettendo la conduzione ‘saltatoria’ (➔ nervoso, tessuto). La sofferenza degli oligodendrociti si manifesta come edema del citoplasma perinucleare o come distruzione della guaina fra due nodi (demielinizzazione). Il primo è l’effetto di un danno metabolico acuto, la seconda dell’azione di virus, sostanze tossiche e cellule immunocompetenti. La demielinizzazione può causare la morte dell’oligodendrocita o esserne la conseguenza, e prelude a tentativi di rimielinizzazione da parte di cellule affluite dal tessuto circostante.
La microglia costituisce, con le cellule perivascolari e i macrofagi delle meningi, un sistema di cellule immunocompetenti. Essa ha il compito di proteggere il tessuto nervoso dai patogeni capaci di stimolare una risposta immunitaria, e di ripulirlo dei detriti derivati dalla disintegrazione tessutale. Nel periodo perinatale, la microglia è rotondeggiante come i fagociti mononucleati del midollo osseo, cui è affine. In seguito assume la forma ramificata della microglia quiescente e di quella attivata, ma non ancora fagocitica, e la forma rotonda dei macrofagi. Tutte le patologie del tessuto nervoso sollecitano la microglia ad attivarsi, proliferare e trasformarsi in macrofagi. Queste modificazioni sono accompagnate dalla comparsa di molecole nuove sulla superficie delle cellule (per es., recettori del complemento, antigeni dei sistemi di istocompatibilità, antigeni leucocitari, molecole di adesione cellulare, epitopi macrofagici) e dalla genesi di sostanze citotossiche (per es., radicali liberi, ossido d’azoto, proteasi, amminoacidi eccitatori) e trofiche (per es., fattori di crescita, interleuchine, plasminogeno).
Cellule dei vasi. - La struttura dei vasi intraparenchimali consente sia il passaggio di molecole selezionate dal sangue al tessuto sia lo smaltimento dei detriti. Il sangue arriva al tessuto attraverso le arterie penetranti e i capillari, e lo abbandona con le vene. La parete dei capillari cerebrali funge da filtro attivo (barriera ematoencefalica) ed è costituita da endotelio, membrana basale e ‘piedi vascolari’ degli astrociti. Questo endotelio possiede giunzioni intercellulari così strette da impedire la diffusione di molecole fra una cellula e l’altra. La rottura della barriera ematoencefalica è la conseguenza di un danno metabolico acuto (per es., ipossia e acidosi tessutale) o cronico (per es., carenza di tiammina) e permette il passaggio di metaboliti citotossici.
Meningi ed ependima.- Il cervello è rivestito all’esterno dalla pia-aracnoide, all’interno dall’ependima. La pia-aracnoide è formata da due foglietti di connettivo, uno dei quali aderente alla superficie cerebrale, che delimitano lo spazio subaracnoideo; questo contiene liquor e vasi. Il rivestimento meningeo è vulnerabile alle infezioni e reagisce secondo le modalità del connettivo. Un ultimo rivestimento di meninge (dura madre) si trova fra aracnoide e involucro osseo. L’ependima è uno strato di cellule neuroectodermiche che tappezza i ventricoli, l’acquedotto, i plessi corioidei e il canale ependimale centromidollare; laddove è danneggiato, esso degenera e scompare.
Il sistema nervoso può soffrire per cause che interferiscono con il suo sviluppo o che lo danneggiano a sviluppo ultimato. Il risultato è una malformazione o una lesione.
Malformazioni. - Le malformazioni sono tanto più gravi quanto più è precoce la compromissione dello sviluppo. Quelle incompatibili con la vita derivano dal cattivo funzionamento di geni che regolano la segmentazione e l’organizzazione cefalocaudale del tubo neurale. Un disturbo dei processi di induzione (terza settimana di vita intrauterina) comporta un’alterazione dei rapporti fra sistema nervoso e scheletro. In questo caso, le malformazioni più comuni sono quelle dello stato disrafico e faciotelencefaliche, e la sindrome di Arnold-Chiari. La compromissione dei processi di differenziazione e di migrazione neuronale, iniziati dopo l’induzione e conclusi nel periodo perinatale, determina micro- o macrocefalia, proliferazione abnorme di uno o più stipiti cellulari e ritardi nella migrazione. A questo gruppo appartengono le facomatosi (polidisplasie a tendenza blastomatosa), le ipodisplasie (per la maggior parte cerebellari) e le eterotopie di sostanza grigia. Le malformazioni sono causate da anomalie di programmazione genetica o da fattori esogeni che agiscono sulla capacità delle cellule di dividersi e migrare (per es., raggi X, malnutrizione, ipossia, disendocrinie, virus e agenti antimitotici).
Lesioni. - Le caratteristiche di una lesione dipendono dal modo in cui la disintegrazione, la cicatrizzazione e la rigenerazione del tessuto si sono sovrapposte e intrecciate. La distruzione del tessuto sollecita la reazione di microglia, vasi e meningi, le cui cellule fagocitano e digeriscono i detriti, muovendosi verso il sangue e il liquor. La disintegrazione è seguita dall’organizzazione di un tessuto cicatriziale gliale o gliomesenchimale. La reazione cicatriziale è scarsa se la lesione si manifesta nel periodo perinatale, oppure se è di grandi dimensioni. In questi casi, la tendenza del tessuto a colliquare favorisce la formazione di cavità cistiche. Tanto più grave è la lesione, tanto minore è la possibilità che la rigenerazione neuronale riesca a ripristinare qualche circuito. Tuttavia, se il danno sopravviene nell’infanzia, una funzione perduta può essere in parte vicariata dall’organizzazione di circuiti alternativi.
In base alle caratteristiche delle lesioni, le malattie neurologiche sono classificate in degenerative, vascolari, infiammatorie, disoriche e tumorali. Il paradigma neuropatologico delle malattie degenerative si identifica nella rarefazione neuronale e nella gliosi isomorfa di strutture funzionalmente affini. La nosografia di queste malattie tiene conto del sintomo più importante e del sistema di neuroni più compromesso: demenze e neocorteccia (per es., malattia di Alzheimer, encefalopatie da prioni); rigidità, distonia, movimenti involontari e nuclei della base (per es., morbo di Parkinson, torcicollo spastico, corea di Huntington); atassia e circuiti cerebellari (per es., malattia di Friedreich, atrofia olivopontocerebellare); amiotrofie e motoneuroni (per es., sclerosi laterale amiotrofica, atrofie spinali progressive); turbe combinate della motilità e della sensibilità e nervi periferici (per es., neuropatie sensitivo-motorie ereditarie); segni di disautonomia e sistema nervoso autonomo (per es., atrofie multisistemiche).
Le malattie vascolari diventano sintomatiche (ictus o stroke) quando provocano lesioni focali ischemiche o emorragiche. Le prime (infarti) sono la conseguenza dell’occlusione (non compensata dal circolo collaterale) di un’arteria. L’occlusione può dipendere da un trombo o da un embolo dovuti a malattie delle arterie (per es., aterosclerosi) e del cuore (per es. fibrillazione atriale). Per l’acidosi tessutale il focolaio ischemico va incontro a necrosi colliquativa. Successivamente, la reazione gliomesenchimale disintegra la necrosi, rimuove i detriti e dà inizio alla cicatrizzazione. L’infarto corrisponde, per la sede, al territorio rifornito dall’arteria che si è chiusa e dipende, per le dimensioni, dal calibro di questa e dal circolo collaterale. L’emorragia è dovuta alla rottura della parete di un vaso resa fragile da una malformazione (per es., aneurisma), ialinosi conseguente a ipertensione arteriosa, deposizione di amiloide, allungamento e tortuosità da arteriosclerosi. L’emorragia intraparenchimale si comporta da lesione occupante spazio e viene lentamente riassorbita man mano che procede la digestione dell’emoglobina.
Malattie infiammatorie.- La struttura delle malattie infiammatorie risente della presenza della microglia e della conformazione dei vasi intraparenchimali. Comuni a tutte le encefaliti sono la proliferazione diffusa e/o nodulare della microglia e gli infiltrati di linfociti e plasmacellule intorno ai piccoli vasi. Questo paradigma si modifica in relazione al patogeno e all’efficacia della sorveglianza immunitaria, cosicché lo spettro delle lesioni passa dalle inclusioni virali (nucleari e/o citoplasmatiche), caratteristiche di un’infezione persistente, alla necrosi fibrinoide della parete dei piccoli vasi, sintomatica di una risposta immunitaria violenta. Protozoi, funghi e batteri sono spesso dimostrabili nell’infiltrato infiammatorio. I virus provocano infezioni acute e subacute. L’encefalite virale acuta si riconosce per la distruzione di neuroni e cellule gliali, anche a opera della microglia (noduli gliali, neuronofagia), con edema e necrosi del tessuto. I virus erpetici, gli arbovirus e la rabbia colpiscono gli emisferi cerebrali e cerebellari e il tronco, mentre gli enterovirus (poliovirus in particolare) danneggiano il midollo. Il virus del morbillo può riattivarsi dopo la prima infezione e provocare un’encefalite subacuta con inclusioni nucleari e vistosa gliosi fibrillare. La risposta immunitaria contro la proteina basica della mielina è la causa probabile delle encefaliti che complicano le malattie esantematiche. Nei bambini immunodepressi, il virus del morbillo può replicarsi nel nucleo dei neuroni e degli oligodendrociti, e dare luogo a un’encefalite da inclusioni.
Un decremento di energia disponibile provoca quadri di sofferenza cerebrale focale o diffusa (disergosi) caratterizzati da edema perivascolare (stato disorico) e tessutale; l’ipossia è responsabile delle forme acute. Il tessuto nervoso impiega, per la sintesi di ATP, il 25-50% di tutto l’ossigeno dell’organismo; se questo è insufficiente, aumenta l’acido lattico tessutale, con conseguenti vasodilatazione, stasi, rottura della barriera ematoencefalica ed edema. Alla riduzione del metabolismo ossidativo sono sensibili tutte le cellule del tessuto nervoso, ma particolarmente i neuroni e gli oligodendrociti. Nelle forme subacute e croniche è coinvolta l’efficienza della catena respiratoria, a causa di un difetto ereditario del DNA mitocondriale (➔ ereditarietà) o della mancanza di fattori specifici (per es., tiammina) spesso provocata da intossicazioni croniche (per es., alcol etilico).
Tumori. - Tutte le componenti del tessuto nervoso possono dare origine a malattie tumorali. Si conoscono oltre 40 oncotipi fra tumori astrocitari, oligodendrogliali, dell’ependima e dei plessi corioidei, neuroepiteliali di origine incerta, neuronali e neurogliali, della pineale, embrionali e neuroblastici periferici, delle meningi, del sistema ematopoietico, da residui di cellule germinative, della regione della sella. A questi vanno aggiunti i tumori dei nervi e le metastasi. Il problema che la n. cerca di risolvere è il riconoscimento dell’aggressività del tumore, presupposto necessario per la prognosi e la terapia. L’istologia è un indispensabile sussidio, da considerare insieme alle caratteristiche cliniche ed epidemiologiche e ai correlati genetici.
L’aggressività e l’invasività del tumore sono in relazione con l’elevato numero di cellule, la scarsità di segni di differenziazione cellulare, la presenza di mitosi e di polimorfismo nucleare, la mancanza di un’architettura tessutale paragonabile a quella del tessuto maturo e organizzato, la presenza di vasi neoformati e di necrosi. Queste caratteristiche sono spesso associate a mutazioni geniche che interessano soprattutto i geni regolatori del ciclo cellulare e i geni che codificano i recettori di fattori di crescita. Esempi di aggressività sono i tumori derivati da residui embrionali (per es., medulloblastoma, tumori neuroepiteliali primitivi) e il glioblastoma, frutto della trasformazione di gliomi prima maturi e poi anaplastici. L’aggressività biologica di un tumore cerebrale non sempre corrisponde alla sua malignità clinica. Questa dipende in larga misura dalla sede, se il tumore compromette funzioni essenziali per la vita o causa (di solito attraverso ostacoli alla circolazione del liquor) aumenti incontrollabili della pressione endocranica.