Sigla di molecular amplification by stimulated emission of radiation, che indica un amplificatore di segnali elettromagnetici ad altissima frequenza, basato sull’emissione stimolata di energia elettromagnetica da parte di sistemi molecolari o atomici e caratterizzato da un bassissimo rumore proprio. Il termine fu coniato da C.H. Townes, che realizzò negli USA, intorno al 1954, un apparecchio del genere per amplificare microonde. Nella denominazione originale, la m iniziale stava per microwave (microonda); più tardi, però, si riconobbe essere troppo restrittivo questo esplicito richiamo alle microonde, e si preferì intendere quella m per molecular (molecolare), con riferimento al meccanismo di interazione tra radiazione e molecole che costituisce il principio di funzionamento dei maser. Tale principio di funzionamento fu proposto, pressoché contemporaneamente (1951) e indipendentemente, da N.G. Basov e A.M. Prochorov nell’URSS.
Una molecola (anche un atomo) può interagire, cioè scambiare energia, con una radiazione elettromagnetica soltanto per quantità discrete, in quanto sia la sua energia sia quella della radiazione sono quantizzate. Precisamente la molecola può assorbire (o emettere) soltanto una radiazione la cui frequenza soddisfi la relazione: hνmn=En−Em, dove h è la costante di Planck ed Em, En sono 2 livelli energetici della molecola, vale a dire 2 tra i vari valori possibili dell’energia totale della molecola mede;sima. La quantità hνmn è l’energia associata al quanto di radiazione, o fotone di frequenza νmn; la precedente relazione si può interpretare dicendo che la molecola, inizialmente al livello energetico Em, assorbe il fotone di frequenza νmn e si porta in conseguenza al livello En, più alto (atto elementare di assorbimento; fig. 1A). Questo nuovo stato ‘eccitato’ della molecola è instabile, nel senso che la molecola tende a riportarsi nel primitivo livello, emettendo un fotone di frequenza νmn. Tale ritorno al livello di partenza, o diseccitazione, avviene di norma spontaneamente (atto elementare di emissione spontanea; fig. 1B) e a caso, circostanza, quest’ultima, che, ove si considerino più atti elementari di eccitazione e di emissione, impedisce l’esistenza di una qualsiasi coerenza tra la radiazione che ha provocato l’eccitazione e quella che viene emessa nella diseccitazione. Può peraltro accadere che un fotone, di frequenza νmn, venga a interagire con la molecola quando questa è nello stato eccitato; il fotone non viene assorbito, ma turba l’equilibrio instabile in cui si trova la molecola, che decade nello stato non eccitato, emettendo un fotone di frequenza νmn (atto elementare di emissione stimolata; fig. 1C); in questo caso però la radiazione emessa, per essere stata stimolata da quella incidente, è coerente con quest’ultima e il sistema atomico si comporta come un amplificatore (accordato alla frequenza νmn). Normalmente, e cioè in assenza di radiazione incidente, il numero Nm delle molecole che si trovano nel livello a energia minore, Em, è maggiore del numero Nn delle molecole nel livello En, e quindi il processo di assorbimento è più probabile del processo di emissione stimolata; precisamente è
Nn/Nm = exp [−(En−Em)/(kT)],
essendo k la costante di Boltzmann e T la temperatura termodinamica.
Perché l’emissione stimolata prevalga sull’assorbimento, cioè perché si abbia amplificazione, si possono seguire 2 vie. La prima via consiste nell’aumentare Nn, a spese di Nm, o, come si usa dire, nel pompare molecole dal livello Em al livello En che è quanto si fa nei m. a 3 livelli. La seconda via consiste nel far ‘lavorare’ le sole molecole che si trovano nel livello superiore, En, ed è quanto fece C.H. Townes nel primo maser. In questo apparecchio il mezzo attivo era costituito da vapori di ammoniaca. La molecola di ammoniaca, NH3, è costituita da 3 atomi di idrogeno, disposti ai vertici di un triangolo, e da un atomo di azoto, che può occupare l’una o l’altra delle 2 posizioni indicate in fig. 2 con a, b, oscillando tra queste. Come si dimostra trattando il problema quantisticamente, l’accoppiamento tra le funzioni di onda delle 2 configurazioni ha l’effetto di scindere i livelli energetici relativi alle 2 configurazioni stesse. I 2 livelli sono separati tra loro da un intervallo di energia corrispondente a una frequenza ν0=23.870,129∙106 Hz, cioè circa 23,9 GHz (frequenza di transizione, o di inversione, della molecola di ammoniaca). La molecola di ammoniaca in assenza di campo elettrico esterno non ha, a causa delle continue transizioni dell’atomo di azoto, un momento di dipolo elettrico. In presenza di un campo elettrico esterno (che accentua la separazione energetica tra i livelli) viene indotto un momento di dipolo elettrico medio che ha verso opposto, lungo la direzione del campo elettrico, per le molecole nei 2 livelli energetici. Pertanto, in presenza di un campo elettrico non uniforme, le molecole nei 2 diversi livelli energetici sono sollecitate in direzioni opposte: le molecole nel livello più alto tendono a portarsi verso le zone dove il campo è meno intenso mentre quelle nel livello più basso tendono a portarsi nelle zone dove il campo è più intenso: è dunque possibile separare le molecole nei 2 livelli con l’applicazione di un opportuno campo elettrico.
È da osservare che nel m. il processo di amplificazione non è legato, come negli amplificatori elettronici a tubi termoelettronici o a transistori, a cariche elettriche in moto, e il rumore proprio del dispositivo è quindi estremamente basso. Piuttosto, un inconveniente del m. descritto è costituito dalla larghezza di banda estremamente ridotta. Teoricamente, il dispositivo sarebbe atto a funzionare a una sola frequenza, quella, ν0, di transizione delle molecole d’ammoniaca, e avrebbe quindi una larghezza di banda piccolissima; in realtà, a causa delle interazioni molecolari, si ha una larghezza di banda di qualche chiloHertz, dell’ordine cioè di 10–7ν0: comunque troppo piccola per applicazioni nel campo delle telecomunicazioni. Il dispositivo è peraltro utilizzabile proprio per la sua intrinseca monocromaticità, come oscillatore a frequenza fissa: questa eccezionale stabilità di frequenza fa sì che gli oscillatori a m., o moser, siano ottimi campioni di frequenza. Tornando ai m. veri e propri, cioè amplificatori, l’inconveniente costituito dalla troppo stretta banda passante, caratteristico dei m. a gas, quale quello ad ammoniaca (o a vapori di rubidio, di formaldeide ecc.), può essere rimosso se si usa come mezzo attivo un solido, anziché un fluido: si hanno allora i cosiddetti m. a stato solido, o m. a cristallo. Mentre nei m. a gas si sfruttano transizioni tra livelli energetici molecolari, in quelli a cristallo si sfruttano transizioni tra livelli energetici atomici, e per dir meglio elettronici: i cristalli cui ci si riferisce debbono essere paramagnetici.
Utilizzando cristalli paramagnetici è possibile ottenere un funzionamento continuo nel tempo, e non più a impulsi come nel caso del m. a 2 livelli, ricorrendo a un meccanismo (suggerito, indipendentemente, da N.G. Basov e A.M. Prochorov e da N. Bloembergen, 1956) in cui intervengono 3 e non 2 livelli energetici. Il meccanismo di funzionamento è lo stesso del laser. M. del genere danno un’amplificazione dell’ordine di 200 a frequenze dell’ordine di 5-10 GHz, con larghezza di banda dell’ordine di qualche decina di megaHertz, usando frequenze di pompa dell’ordine di 20-25 GHz. Vari altri materiali cristallini si sono rivelati atti a essere usati in questo tipo di m. (rutilo sintetico, in cui sono attivi ioni Cr+++; zaffiri sintetici, in cui sono attivi ioni Fe+++; ecc.), ma il materiale più largamente impiegato nella pratica è il rubino sintetico.
Una caratteristica peculiare dei m. è, come si è detto, il bassissimo rumore proprio: la temperatura di rumore (temperatura di un radiatore termico che genera un rumore la cui potenza è uguale a quella del rumore del dispositivo in esame) può scendere a soli 10 K, mentre quella degli amplificatori parametrici è circa doppia e quella degli amplificatori a tubi termoelettrici è decine di volte maggiore. Ciò rende i m. praticamente insostituibili quando si debbano amplificare segnali estremamente deboli: è il caso, per es., dei radiosegnali stellari, e in effetti le più cospicue applicazioni dei m. si sono avute proprio nel campo della radioastronomia e della radarastronomia.
M. ad ammoniaca e a rubino sono utilmente impiegati anche nel campo delle radiocomunicazioni mediante satelliti artificiali e, in generale, per la ricezione di segnali provenienti da veicoli spaziali; nel campo delle tecniche di laboratorio, tali dispositivi sono usati in esperimenti di spettrometria molecolare con microonde.