Onda elettromagnetica con frequenza f maggiore di 1 GHz, cioè con lunghezza d’onda λ minore di 0,3 m; il limite superiore della banda di frequenze delle m. arriva fino al limite inferiore dell’infrarosso (f=300 GHz, λ=0,001 m). Rientrano nelle m. le onde dette decimetriche (f=1-3 GHz, λ=0,3-0,1 m), centimetriche (f=3-30 GHz, λ=0,1-0,01 m), millimetriche (f=30-300 GHz, λ=0,01-0,001 m). Le m. trovano applicazioni nelle telecomunicazioni, nei radar, nei sistemi di telerilevamento ecc.; hanno anche grande importanza in spettroscopia e in radioastronomia. In medicina vengono usate per trattamenti termici (diatermia), in base alla proprietà della radiazione, specie nella banda delle onde decimetriche, di penetrare in profondità nei tessuti e riscaldarli internamente, senza eccessiva sollecitazione termica per la pelle.
I dispositivi usati per il trattamento di segnali nella banda delle m. sono indicati genericamente con il nome di circuiti a microonde. A differenza dei circuiti usati in bassa frequenza (circuiti a costanti concentrate), i circuiti a m. sono basati sulla tecnica della propagazione guidata e delle cavità risonanti. Per mezzo di strutture metalliche completamente o parzialmente chiuse è possibile confinare il campo elettromagnetico in regioni limitate di spazio, ottenendo così le guide d’onda, i risonatori ecc., le cui dimensioni sono paragonabili alla lunghezza d’onda utilizzata. Il campo può essere anche guidato con strutture di tipo dielettrico o con elementi planari a microstriscia, nel qual caso l’effetto di confinamento risulta imperfetto. In ogni caso, i vari dispositivi risultano tanto più piccoli quanto più elevata è la frequenza, fino ad arrivare alle dimensioni di pochi millimetri nella banda delle onde millimetriche. I componenti a m. si distinguono in componenti passivi (guide d’onda, accoppiatori, adattatori, filtri ecc.) e componenti attivi (generatori, amplificatori, modulatori ecc.).
I primi generatori a m., realizzati con la tecnica dei tubi a vuoto, sono stati il magnetron, il klystron e il tubo ad onde progressive. Essi hanno reso possibile la generazione di segnali a m. continui e modulati per telecomunicazioni (ponti radio) e segnali di elevata potenza impulsivi o a onda continua per le applicazioni radar. I primi apparati realizzati a tale scopo sono stati sperimentati e prodotti immediatamente prima e soprattutto durante la Seconda guerra mondiale e hanno avuto grande sviluppo in seguito. In tempi successivi, con l’avvento delle tecnologie spaziali, sono stati realizzati dispositivi allo stato solido per m., sulla base di elementi quali il diodo Gunn e il diodo tunnel. Altri dispositivi, basati sull’effetto maser (amplificazione a m. per mezzo di emissione stimolata da radiazioni), trovano applicazioni in amplificatori e rivelatori a m. a basso rumore, utili in radioastronomia, in radiometria a m. e in comunicazioni a grande distanza.
Un cenno particolare meritano i circuiti integrati a m. (MIC, microwave integrated circuits), nei quali su un unico supporto (chip) è realizzato un intero dispositivo, analogamente a quanto realizzato nei circuiti integrati a bassa frequenza (VLSI). Tuttavia occorre notare che il numero di elementi presenti in un MIC è piuttosto limitato, rispetto ai circuiti VLSI. Tecniche particolari sono anche usate per le antenne a microonde. In linea di principio un’antenna a m. è realizzata da qualunque apertura praticata sulla superficie della struttura metallica che confina il campo elettromagnetico. Per aumentare l’efficienza di irraggiamento, a tali aperture sono abbinati opportuni adattatori, per es., elementi metallici a tromba, e inoltre, per aumentare il guadagno d’antenna e la direttività, sono usati riflettori di vario tipo, per es., parabolici. È tuttavia da considerare attentamente il fenomeno per cui ciascuna apertura, anche non prevista nel progetto, costituisce di per sé un’antenna: di conseguenza nel campo delle m. è molto facile avere accoppiamenti non voluti fra apparati vicini, fughe di energia (leakage) e, in generale, tutti quegli inconvenienti che sono noti genericamente con il nome di problemi di compatibilità elettromagnetica. Per ovviare a tali inconvenienti tutti gli apparati a m. debbono essere completamente schermati, e cioè chiusi in involucri metallici privi di aperture.
Forno a microonde. - Un forno a m. è costituito da un contenitore metallico chiuso nel quale viene generato un intenso campo elettromagnetico alla frequenza di circa 2,5 GHz per mezzo di un magnetron (fig.). Il procedimento di cottura degli alimenti che avviene nel forno a m. si basa sul diverso grado di assorbimento dell’energia, con conseguente aumento della temperatura, che hanno i materiali biologici, in particolare l’acqua, che costituisce la componente principale della maggior parte dei cibi. Infatti, il forte aumento della temperatura dell’acqua, contenuta in massima parte nella zona interna dei cibi, produce un riscaldamento più rapido di tale zona rispetto allo strato esterno più secco, che assorbe dunque una minore quantità di energia; quindi, nel forno a m., si verifica un procedimento di cottura inverso rispetto a quello tradizionale in cui il riscaldamento procede dalle superfici esterne verso l’interno. È sconsigliato inserire materiali metallici nel forno, poiché questi ultimi, divenendo sede di elevate correnti a radiofrequenza, provocano rilevanti modifiche del campo interno, tali da alterare il corretto funzionamento di tutto il dispositivo con possibilità, in casi estremi, di danneggiamento del magnetron stesso. I forni a m. sono soggetti all’obbligo di particolari accorgimenti costruttivi ai fini della sicurezza, con particolare riguardo per le fughe di energia verso l’esterno.
Applicazioni industriali. - Oltre che per l’uso domestico e nel campo delle telecomunicazioni, l’impiego delle m. riguarda numerosi settori dell’industria e della tecnica. Tali applicazioni sfruttano, in modo diverso da caso a caso, la proprietà delle m. di potenza opportuna di riscaldare con elevata efficienza e rapidità i corpi su cui esse vengono dirette. Un’applicazione già affermata, sorta negli anni 1970, riguarda l’industria della gomma, nella quale l’irradiazione con m. è usata per accelerare i processi chimici di vulcanizzazione. Altri settori industriali in cui l’impiego delle m. si è andato affermando sono il settore cartario (disidratazione, essiccamento ecc.), conciario, tessile (essiccazione, fissaggio dei coloranti). Ancora più recenti sono le applicazioni nella preparazione dei materiali inorganici avanzati, quali ceramici, compositi metallo-ceramici, film sottili refrattari, materiali vetrosi, nanomateriali. In particolare, l’irradiazione con m. è usata per effettuare in tempi rapidi e in condizioni meno drastiche processi di essiccazione, sinterizzazione e ricottura, sintesi per fusione, deposizione chimica da fase vapore, gelificazione, disidratazione e densificazione.