Apparecchio mediante il quale si apre e si chiude un circuito elettrico. In base alle modalità di funzionamento si distinguono gli i. propriamente detti dai sezionatori, dai contattori, dai ruttori e dai disgiuntori. Sezionatori sono gli apparecchi destinati a interrompere un circuito quando non sia percorso da corrente; contattori e ruttori quelli in cui la posizione di riposo del contatto mobile si ha rispettivamente a circuito aperto o a circuito chiuso; disgiuntori, infine, sono gli i. provvisti di un sistema automatico di apertura per particolari condizioni di esercizio.
I principali requisiti cui gli i. devono rispondere sono: a) avere superfici di contatto abbastanza estese così che, risultando molto piccola la resistenza di contatto, non si abbiano in essi sensibili cadute di tensione e perdite locali d’energia per riscaldamento; b) essere di facile e sicura manovra; c) essere costruiti in modo che si abbia una pronta estinzione dell’arco dovuto all’extracorrente di apertura. È quest’ultimo il problema più difficile da risolvere e la sua difficoltà aumenta notevolmente con l’aumento della tensione e della potenza degli impianti. Quando un i. apre un circuito sotto carico, tra il contatto fisso e il contatto mobile che si allontana si stabilisce un arco che mantiene, per così dire, la continuità del circuito; con riferimento al caso di i. per circuiti in corrente alternata (ma le soluzioni costruttive sono le stesse per il caso di i. in corrente continua), nell’istante in cui la corrente passa per lo zero l’arco si estingue e l’i. deve essere fatto in modo che il mezzo isolante interposto tra i contatti sia capace di resistere negli istanti successivi alla tensione che si stabilisce tra i contatti. Di conseguenza, la possibilità dell’interruzione dipende dall’andamento della tensione tra i contatti (detta tensione di ristabilimento) e dall’andamento della tensione necessaria a innescare l’arco (detta tensione di tenuta). L’interruzione dell’arco per valori non nulli della corrente (fenomeno detto anche strappamento dell’arco) è assolutamente da evitare perché la brusca interruzione della corrente darebbe luogo a sovratensioni e scariche. L’andamento della tensione di tenuta dipende dall’evoluzione del plasma che si forma tra gli elettrodi dell’i. in conseguenza dell’arco, plasma che è tanto più nutrito quanto maggiore è l’intensità della corrente. Ai fini di una rapida deionizzazione i mezzi adottati sono un rapido allontanamento del contatto mobile, l’allungamento dell’arco mediante un campo magnetico, la suddivisione in molti archi di piccola lunghezza, la sostituzione del dielettrico ionizzato con altro neutro mediante soffi o getti, una energica refrigerazione del dielettrico o una riduzione della ionizzazione per urto.
Un i. può essere unipolare, bipolare, tripolare ecc., secondo il numero dei conduttori in cui avviene l’interruzione; le sue prestazioni vengono individuate dalla tensione nominale, pari a quella di normale impiego, dalla corrente nominale, pari al valore massimo dell’intensità della corrente che può circolare in servizio continuo, e dal potere di interruzione, espresso generalmente dal valore massimo dell’intensità della corrente che può essere interrotta.
Gli i. in aria non hanno particolari accorgimenti per lo spegnimento dell’arco e hanno quindi un campo di applicazione limitato alle basse e medie tensioni e ai piccoli poteri di interruzione.
Negli i. automatici (o disgiuntori) la manovra di apertura avviene automaticamente per determinate condizioni di funzionamento dell’impianto, per es., per valori troppo elevati dell’intensità di corrente (i. di massima corrente o i. limitatori di corrente) o per valori troppo bassi della tensione (i. di minima tensione); un relè, sensibile a tali condizioni anormali, comanda l’apertura del disgiuntore. L’i. automatico rappresenta un componente fondamentale nella protezione degli impianti dai guasti e viene largamente impiegato sia nelle grandi centrali o nelle sottostazioni, sia nella protezione di piccoli motori o degli impianti elettrici delle abitazioni. In fig. 1 è illustrato un i. automatico tripolare limitatore di corrente, nel quale relè termici e magnetici regolabili agiscono attraverso un meccanismo di comando a scatto rapido per l’apertura automatica dei contatti; tutto l’i. è contenuto in una scatola isolante a elevata resistenza meccanica e bassa igroscopicità.
Gli i. elettromagnetici sono i. automatici a ripetizione, costituiti (fig. 2) da un elettromagnete a il cui circuito di eccitazione è in serie a una batteria d e a un contatto c portato da un’ancoretta b. Se c è chiuso, a attira b che muovendosi apre il contatto: a si diseccita, e l’ancoretta, rilasciata, torna a chiudere il contatto. Come ben si comprende il ciclo è periodico, con una frequenza che può giungere sino a un centinaio d’interruzioni al secondo, cosicché si ha nel circuito, e anche in un generico apparecchio utilizzatore e in serie a esso, la circolazione di una corrente periodica.
Gli i. elettronici sono dispositivi di interruzione costituiti da un componente elettronico di potenza. Per correnti di piccola intensità sono realizzati con un transistore; all’aumentare del valore di corrente da interrompere si passa a un IGBT, a un GTO (gate turn-off), e infine a un tiristore. L’interruzione della corrente viene comandata inviando un opportuno segnale di spegnimento al terminale di controllo del componente. Lo spegnimento forzato di un tiristore richiede naturalmente l’impiego di opportuni circuiti ausiliari. L’impiego di tali i. (detti anche i. statici per l’assenza di organi in movimento), data l’elevata velocità di intervento, interessa i campi nei quali è importante aprire o chiudere il circuito in istanti particolari, come quando si devono evitare danni dovuti a sovracorrenti.
Gli i. a esafluoruro di zolfo sono caratterizzati dall’impiego, come dielettrico e come mezzo di estinzione dell’arco, dell’SF6, che è un gas inerte, non tossico e ininfiammabile, con rigidità dielettrica maggiore di quella dell’aria e con elevato potere deionizzante. La fig. 3 mostra la disposizione costruttiva di un i. a SF6, nel quale il gas viene soffiato attraverso un ugello sull’arco che scocca all’apertura dei contatti, sfruttando un meccanismo di autogenerazione di pressione dell’SF6 all’interno della camera di interruzione. L’aumento di pressione dell’SF6 è infatti generato dalla stessa manovra di apertura dell’i. (autogenerazione), ed è dovuto sia all’aumento locale di temperatura prodotto dall’arco che si stabilisce tra i contatti, sia al movimento di un cilindro solidale al contatto mobile che nella sua corsa rispetto a un pistone fisso comprime l’SF6. I vantaggi di questi i. sono l’elevato potere di interruzione, la scarsa necessità di manutenzione, l’eliminazione di pericoli di incendio, il basso rumore e la riduzione delle dimensioni di ingombro. Gli i. a SF6 trovano un vasto impiego negli impianti di alta e bassa tensione, risultando quasi sempre preferiti agli i. a piccolo volume d’olio e agli i. ad aria compressa. Un particolare impiego degli i. a SF6 di alta tensione è quello legato alla realizzazione di impianti in luoghi con limitata disponibilità di spazio, come nel caso delle sottostazioni di trasformazione site in centri urbani e costruite nella forma di stazioni blindate in SF6.
Gli i. a inerzia (o a urto) sono usati su veicoli, e specialmente sugli aeromobili, per la chiusura e l’apertura automatica di circuiti elettrici in caso di incidente. Sono costituiti da una massa mobile, opportunamente vincolata a una molla, il cui spostamento, provocato da una rapida decelerazione, genera la chiusura o l’apertura dei contatti. Sono in genere utilizzati per il funzionamento degli estintori fissi, quale misura preventiva contro l’incendio per urto.
Gli i. magnetici sfruttano, per lo spegnimento dell’arco, il principio di allungare l’arco stesso fino alla rottura mediante un campo magnetico generato dalla stessa corrente da interrompere; hanno alto potere di interruzione e sono usati per basse e medie tensioni. In fig. 4 è rappresentata la disposizione schematica della camera di estinzione di un tipo di i. magnetico. L’arco che scocca tra il contatto fisso a e quello mobile b si allunga e si sposta in pochi millisecondi sugli spinterometri c, i quali inseriscono le bobine d, avvolte sul nucleo ferromagnetico e, che generano un intenso campo magnetico; per azione di tale campo l’arco sale nella camera di rottura f, formata da un gran numero di sottili piastre ceramiche allo zirconio che spezzano l’arco in molti archi fino a che si sia raggiunto lo spegnimento completo.
Gli i. a mercurio sono costituiti da un bulbo, solitamente di vetro, contenente mercurio e due elettrodi cui fanno capo dall’esterno i conduttori del circuito da interrompere; un elettromagnete provoca l’inclinazione del bulbo, determinando l’apertura o la chiusura del circuito.
Gli i. in olio sono usati per medie e alte tensioni e per grandi intensità di corrente. Si distinguono essenzialmente in due tipi. Il primo è quello degli i. a grande volume d’olio, ormai non più usati, mentre il secondo tipo è quello degli i. a olio ridotto. Questi ultimi si basano sulla deionizzazione dell’arco per azione dei gas sviluppati dall’arco stesso nella camera di estinzione (fig. 5): appena iniziata l’apertura dei contatti, l’arco provoca la vaporizzazione e la decomposizione dell’olio e di conseguenza una forte sovrapressione, per effetto della quale vengono iniettati contro l’arco dei getti trasversali di olio.
Negli i. pneumatici (o ad aria compressa) l’estinzione dell’arco è dovuta a un getto di aria compressa che, provenendo da un compressore o da un serbatoio in pressione, attraverso un organo di distribuzione agisce sui contatti allontanandoli tra loro e provoca un getto di dielettrico neutro freddo per lo spegnimento dell’arco. Una realizzazione costruttiva consiste nell’accoppiare due camere di estinzione in serie, montate su un isolatore a colonna, così da assumere una caratteristica forma a T; a seconda della capacità di rottura richiesta dall’i., più elementi a T in serie tra loro vengono montati su un serbatoio di aria compressa. Questi i., molto utilizzati per altissime tensioni, sono gradualmente sostituiti dagli i. a SF6.
Gli i. di protezione sono muniti di relè per la protezione di un’apparecchiatura, di un motore ecc. da un sovraccarico (i. a lamina bimetallica), o delle persone dal contatto diretto o indiretto con apparecchiature in tensione (i. differenziale). Questi ultimi sono in particolare impiegati nei sistemi di protezione per le persone dai contatti indiretti in quanto, da una misura dello squilibrio delle correnti nei conduttori di alimentazione, rivelano un contatto verso terra di un elemento in tensione e disinseriscono l’alimentazione stessa (➔ salvavita). In fig. 6 è mostrato lo schema di un i. differenziale: il relè è costituito da un toroide a di materiale ferromagnetico attorno al quale sono avvolti, in modo da creare forze magnetomotrici uguali e opposte, i due conduttori b e c di alimentazione; in condizioni normali il terzo avvolgimento d non è sede di forze elettromotrici e non è percorso da corrente. In caso di presenza di una corrente di dispersione nell’impianto utilizzatore e, i conduttori b e c sono percorsi da correnti diverse e nel toroide c’è un flusso magnetico che induce una forza elettromotrice in d e vi fa circolare la corrente necessaria per lo sganciamento dell’interruttore f. Il valore della corrente di dispersione che determina l’apertura dell’i. va scelto in modo opportuno a seconda della modalità di protezione dell’impianto.
Negli i. a vuoto viene sfruttata l’elevata rigidità dielettrica che caratterizza il vuoto (oltre 30 kV alla distanza di 1 mm e alla pressione di 10–1 Pa). Essendo l’arco costituito dagli ioni di vapori metallici che si sviluppano agli elettrodi, il suo spegnimento è particolarmente veloce per il rapido processo di deionizzazione del plasma metallico. Gli i. a vuoto consentono di ridurre le distanze tra i contatti e quindi le dimensioni di ingombro, e hanno il vantaggio di una elevata affidabilità e sicurezza, di una ridotta rumorosità e di una scarsa manutenzione; il campo di applicazione più interessante è quello delle medie tensioni.