Chimico e fisico inglese (Newington, Surrey, 1791 - Hampton Court 1867). Di umili origini (era figlio di un fabbro), F. lavorò per alcuni anni come apprendista presso un rilegatore di libri; il suo acuto interesse per la scienza gli permise, nel 1813, di ottenere il posto di assistente di H. Davy presso la Royal Institution. Al seguito di Davy, svolse diverse ricerche di chimica pura che lo videro conquistarsi un ruolo di sempre maggiore autonomia rispetto al maestro. Nel 1820 scoprì due composti (C2Cl4, C2Cl6) derivanti dalla sostituzione e dalla addizione, con cloro, di atomi di idrogeno dell'etilene; nel 1823 offrì il primo esempio di liquefazione di un gas (cloro). Nel 1821 F. entrò nella ricerca fisica, con la sua geniale rivisitazione e interpretazione dell'esperienza di H. C. Oersted. Per F., il magnetismo non va ridotto a semplice effetto di correnti elettriche (come era sostenuto, in Francia, da A.-M. Ampère): i fenomeni elettromagnetici vanno invece visti come il risultato di una interazione, nello spazio, delle diverse forze provenienti sia dalle correnti sia dalla materia magnetizzata. L'osservazione del carattere circolare di quest'interazione, permessa dall'ideazione di un geniale dispositivo sperimentale, convinse Faraday della necessità di abbandonare, in questo ambito, le forze a distanza proprie della fisica newtoniana. I rilevanti risultati di questa prima fase dell'attività di ricerca consentirono a F. di ottenere, nello stesso anno, il posto di sovrintendente del laboratorio della Royal Institution; nel 1824 divenne membro della Royal Society. Nel 1831, a seguito di una lunga serie di indagini sperimentali, F. giunse alla scoperta del fenomeno dell'induzione (v.) elettromagnetica, anche qui verificando la fecondità del concetto di forza distribuita nello spazio, sintetizzato nel criterio di F. (v. oltre) delle linee di forza, nella guida alla scoperta e alla sistemazione teorica del fenomeno. Ricerche parallele sulle diverse forme di elettricità presenti in natura avevano intanto condotto F. a un'analisi approfondita dei fenomeni elettrochimici; qui, di nuovo, il suo contributo fu determinante: scoprì che la quantità di sostanza depositata da una corrente elettrica è proporzionale alla durata e all'intensità di tale corrente; ancora, che le quantità di sostanza separate agli elettrodi sono proporzionali ai pesi equivalenti delle sostanze stesse. Nell'interpretazione di questi fenomeni, come quelli di induzione elettrostatica (1847), un modello particellare della trasmissione dell'azione fisica si affianca, nell'indagine di F., a quello delle linee di forza; va detto, però, che F. intende anche la trasmissione particellare come agente su una linea. È del 1841 la celebre obiezione di R. Hare a questa sorta di doppiezza interpretativa della fisica faradiana: tra una particella e l'altra, seppure a distanze molto piccole, F. finiva, per Hare, coll'introdurre di nuovo quell'azione a distanza da lui così fortemente avversata. La successiva attività, sia sperimentale che teorica, di F. è caratterizzata dalla necessità di rispondere a quest'obiezione. Nella Speculation touching electric conduction and the nature of matter (1844) e nei Thoughts on ray-vibrations (1846), la replica di F. prese la forma di un'originale visione immaterialistica dei fenomeni, in cui veniva radicalizzata l'opposizione alla visione atomistica (daltoniana) tradizionale in favore di una ripresa di motivi interpretativi paralleli, proprî di certo Settecento scientifico inglese (Joseph Priestley, John Michell, James Hutton). Al contrasto pieno-vuoto dell'atomismo, che conduceva peraltro a risultati paradossali nella interpretazione dei fenomeni di conduzione e di isolamento elettrico, F. contrappone l'idea di una materia-forza diffusa con continuità nello spazio. Ne conseguirà un ulteriore rafforzamento del criterio delle linee di forza, che diverrà il principio-guida delle successive ricerche sui fenomeni magnetici: sfruttando le potenzialità euristiche del criterio, F. giunse così alla scoperta del diamagnetismo e dell'effetto del campo magnetico sulla luce polarizzata (effetto F.: v. oltre). La ricerca di F. rappresenta, nel panorama della fisica dell'Ottocento, un interessante "caso" nella storiografia della scienza. L'avversione per la matematica (intesa come oscuratrice di un contatto diretto con la realtà), l'aderenza al fenomeno nelle sue caratteristiche immediate, l'idea della conservazione della "forza" (sorta di principio anticipatore del principio di conservazione dell'energia) costituiscono altrettanti elementi, solo apparentemente ingenui, dell'epistemologia faradiana su cui si innesteranno alcune rilevanti svolte della fisica successiva, prima di tutte quella che, partendo dall'affermazione del carattere fisico dello spazio, condurrà al concetto di campo e alla sintesi dell'elettromagnetismo realizzata da J.C. Maxwell.
Bilancia di Faraday. - Suscettometro magnetico, a bilancia di torsione. Il campione del materiale in esame è portato dal giogo di una bilancia di torsione ed è immerso in un campo magnetico non uniforme: l'azione esplicata dal campo sul campione è equilibrata dall'azione che nel filo si desta, per reazione elastica, al rotare del giogo; dalla misura della deviazione angolare di quest'ultimo, all'equilibrio, si risale, per confronto con campioni di materiali di cui sia nota la suscettività, alla suscettività del campione in esame. Munendo di adatti dispositivi la bilancia, questa può essere usata anche per misurare la suscettività di sostanze liquide o aeriformi.
Costante di Faraday. - Sinon. di faraday.
Criterio di Faraday. - Metodo, dovuto al F., di rappresentazione di un campo vettoriale; consiste nel tracciare linee di forza del campo in modo che il loro numero per unità di superficie ortogonale a esse sia proporzionale, zona per zona, all'intensità del campo.
Disco di Faraday. - Dispositivo elettromeccanico costituito da un disco metallico libero di rotare, intorno a un asse fisso, in un campo magnetico, normale al piano del disco; posto in rotazione il disco, un voltmetro inserito tra il centro e la periferia del disco segnala una forza elettromotrice, generata per induzione nel disco. Il disco di F. può considerarsi il tipo più semplice di generatore di f.e.m. continua e ha ricevuto, con opportune modificazioni, un'applicazione pratica nella cosiddetta dinamo unipolare (v. dinamo). Un dispositivo analogo al disco di F. era stato realizzato precedentemente da P. Barlow (v.), il quale però lo faceva funzionare come motore e non come generatore.
Effetto Faraday. - Fenomeno magneto-ottico, detto anche potere rotatorio magnetico, consistente in una rotazione del piano di polarizzazione di un'onda elettromagnetica, in particolare luminosa, polarizzata rettilineamente e propagantesi in un plasma immerso in un campo magnetico. Se la direzione di propagazione dell'onda coincide con quella delle linee di forza del campo, il piano di polarizzazione ruota di un angolo proporzionale all'intensità del campo e alla lunghezza del percorso del raggio in esso, secondo una costante di proporzionalità (costante di Verdet) dipendente dalla lunghezza d'onda, nonché dalla natura e dalle condizioni fisiche (pressione, temperatura, ecc.) del mezzo. Il fenomeno si interpreta come segue: un'onda elettromagnetica polarizzata rettilineamente può considerarsi come la sovrapposizione di due onde polarizzate circolarmente in versi opposti (fig. 1 A); queste due onde si propagano nel plasma magnetizzato con velocità diverse, sicché impiegano tempi differenti per percorrere la distanza che separa la sorgente dall'osservatore: ne segue che, se il vettore campo elettrico ER dell'onda più veloce descrive n rotazioni, quello dell'onda più lenta EL ne descrive n+ε (dove ε rappresenta una certa frazione di giro); la sovrapposizione delle due onde quando raggiungono l'osservatore darà allora (fig. 1 B) un'onda polarizzata rettilineamente, il cui piano di polarizzazione è ruotato di un angolo αF = ε/2 rispetto alla sua orientazione iniziale. ▭ L'effetto F. viene utilizzato in astrofisica per misurare sia la densità di un plasma (se è noto il campo magnetico da cui esso è permeato) sia l'intensità del campo magnetico (se è nota la densità del plasma). Infatti, la teoria quantitativa del fenomeno fornisce la formula:
dove αF è la rotazione F. (in radianti) subita dal piano di polarizzazione dell'onda; λ è la lunghezza d'onda della radiazione (in metri); B∥ è la componente dell'induzione magnetica B lungo la linea di vista (in tesla); N è la densità degli elettroni liberi del plasma (in m-3); l è la distanza (in parsec) attraversata dalle onde. Fra le applicazioni più importanti dell'effetto F., ricordiamo la misura del campo magnetico galattico. Allo scopo si utilizzano i segnali radio polarizzati emessi dalle pulsar, che giungono a noi dopo avere attraversato il tenue plasma interstellare, permeato appunto dal campo magnetico galattico. L'intensità del campo magnetico viene ottenuta confrontando le orientazioni dei piani di polarizzazione delle onde a due diverse frequenze (secondo la [1], infatti, αF dipende da λ). Le incertezze del metodo sono legate sia alla imprecisione con cui sono noti i valori della densità elettronica del plasma interstellare sia al fatto che la formula [1] consente di valutare soltanto la componente del campo magnetico parallela alla linea di vista. Assumendo che il campo magnetico galattico sia uniforme e mediando su osservazioni compiute in molte direzioni diverse, si trova B ≈ 2 • 10-6 G.
Gabbia di Faraday. - È una gabbia costituita, per es., da una rete metallica collegata a terra (o a un corpo a potenziale costante), e all'interno della quale eventuali cariche o corpi conduttori elettrizzati non risentono le azioni elettriche prodotte da altre cariche o conduttori esterni. La gabbia è usata quando occorre isolare l'ambiente in cui si sperimenta da campi elettrici esterni. L'azione di schermo si deve al fatto che una distribuzione di cariche elettriche esterne a essa fa assumere alla superficie metallica, e alla regione di spazio racchiusa, un potenziale elettrico costante, cosicché l'intensità del campo elettrico prodotto dalle cariche esterne risulta nulla nell'interno della gabbia.
Pozzo di Faraday (o di Beccaria-Faraday). - Conduttore cavo c (fig. 2) nel cui interno s'introduce un corpo elettrizzato allo scopo di misurarne la carica elettrica q. Il corpo elettrizzato, per es. una sferetta b, tenuto con un manico isolante a, è introdotto attraverso un piccolo foro nel pozzo che è montato su un elettroscopio d: la misurazione della carica si effettua per induzione elettrostatica, senza che b venga a contatto con la parete del pozzo, disperdendo la propria carica; infatti, una volta introdotto b, il pozzo si elettrizza, manifestando sulla parete interna e su quella esterna due cariche indotte di segno opposto, di valore identico a quella da misurare (induzione completa). La risultante divergenza delle foglie dell'elettroscopio, determinata da una carica uguale a quella di b distribuita sulla parete esterna del pozzo, è indipendente dal mezzo che lo riempie e dalla posizione di b: l'indicazione dell'elettroscopio dipende così solo dal valore di q e ne permette la misurazione; il pozzo di F. è in grado di apprezzare cariche di 10-15 C. Il dispositivo, inizialmente concepito per esperienze di elettrostatica, ha un'importante applicazione nei collettori di carica, cilindretti conduttori utilizzati per raccogliere la quantità di elettricità convogliata da fasci elettronici e ionici.
Spazio oscuro di Faraday. - Regione non luminescente che si forma nell'interno di un tubo a scarica (v. scarica: Fisica).
Tazza di Faraday. - Strumento usato negli esperimenti spaziali per osservazioni di plasma (v. vento: Vento solare).