Idrocarburo alifatico non saturo, di formula CH2=CH2, primo termine della serie delle olefine. Gas incolore, infiammabile, di odore e sapore gradevoli, facilmente liquefacibile (temperatura critica 9,5 °C, pressione critica 51,3 bar), dotato di proprietà anestetiche generali. È presente in bassa concentrazione (2% circa) nel gas di distillazione del carbone; come tale l’e. non è presente né nel petrolio grezzo né nei gas naturali; è contenuto invece, e in quantità considerevole, nei gas provenienti da operazioni di cracking termico o catalitico di frazioni di petrolio, e da altre operazioni di raffineria quali reforming, alchilazione, polimerizzazione.
Per gli idrocarburi etilenici ➔ alcheni.
L’e. si ottiene per cracking con vapore (steam-cracking) di idrocarburi gassosi (etano, propano e butano provenienti da gas naturali o da gas di raffineria) o di frazioni liquide di raffineria; la scelta della materia prima dipende dal suo costo, dalla sua disponibilità, dal costo degli impianti, dalla utilizzazione dei sottoprodotti. L’aggiunta di vapore alla carica favorisce la produzione di e.; il vapore infatti incrementa la selettività del cracking riducendo la pressione parziale degli idrocarburi e riduce la percentuale di benzina prodotta, di residuo pesante e di coke. La temperatura si mantiene per quanto possibile alta (circa 800 °C per gli idrocarburi gassosi, circa 700 °C per i prodotti liquidi), poiché il suo aumento favorisce la resa in etilene. Sottoponendo a cracking a circa 800 °C una miscela di etano e vapor d’acqua, il 60% dell’idrocarburo si trasforma in una miscela di diversi prodotti (idrogeno e metano: 10-12%; e.: 80%; propilene, butene, butadiene: 8-10%). Il cracking di frazioni petrolifere liquide avviene a temperature più basse, con tempi di passaggio molto brevi (frazioni di secondo) e porta a una miscela di prodotti costituita dal 25-30% circa di e., da poco metano, da propilene (12-15%), da butene, butadiene e da vapori di benzina di cracking ricca di componenti aromatici (65-70%). Sono stati realizzati anche sistemi di cracking a temperature più elevate, ma nei quali i tempi di permanenza degli idrocarburi nella camera di reazione sono brevissimi, dell’ordine di qualche millesimo di secondo. Si hanno anche processi nei quali il calore per la reazione viene fornito agli idrocarburi da un solido caldo; in questo caso si possono avere due reattori a funzionamento alternato: mentre in uno gli idrocarburi (vapori di benzina ecc.) crackizzano passando su uno strato di materiale solido, caldo, nell’altro il solido si trova in fase di riscaldamento (mediante combustione del carbonio depositatosi sul solido durante la fase di cracking); ogni 5 minuti circa si inverte la funzione dei reattori. Sono stati applicati anche altri processi, per es. sistemi di cracking in presenza di idrogeno sotto pressione che riduce la tendenza alla deposizione di carbonio, stabilizza i prodotti di reazione, favorisce il cracking consentendo l’utilizzazione di materie prime anche a basso rapporto H/C. Operazione fondamentale, che segue necessariamente il cracking con vapore, è la separazione dell’e. dalle altre sostanze che sono già contenute nella carica o che si formano insieme all’e. con reazioni concomitanti. Tale operazione viene realizzata in diversi modi; fra i vari sistemi disponibili la scelta si esegue in base alla composizione della miscela da frazionare e al grado di purezza richiesto per i componenti principali. I sistemi più applicati sono quelli di frazionamento a bassa temperatura nei quali il miscuglio gassoso si raffredda, in stadi successivi, adottando come fluidi refrigeranti nei vari stadi: ammoniaca, propano, propilene, e., metano; si può operare a pressione di 30-40 bar, alla quale è sufficiente raggiungere una temperatura tra i −10 e i −20 °C, o a bassa pressione (2-5 bar), per la quale però si richiede una temperatura più bassa (tra i −90 e i −100 °C). Dal gas di sintesi si può ottenere l’e. anche con sistemi e catalizzatori analoghi a quelli del processo Fischer-Tropsch, operando però in presenza di cloro; in queste condizioni il catalizzatore incrementa la selettività verso la formazione di etilene.
Si calcola che l’e. entri nella produzione del 30% circa di tutti i derivati petrolchimici. La capacità di produzione degli impianti nel mondo è di circa 50-55 milioni di t/anno; l’utilizzazione di tali impianti è del 75-80%.
Allo stato gassoso, compresso in bombole d’acciaio e miscelato con ossigeno, l’e. è impiegato, per inalazione, come anestetico generale e soprattutto, con grandi vantaggi, per ottenere l’analgesia durante il parto; infatti l’e., pur facendo rilasciare la muscolatura volontaria, non disturba le contrazioni uterine, non esplica effetti tossici sulla madre e sul nascituro e permette, infine, un risveglio rapido e privo di disturbi.
Composti che hanno come capostipite l’etilene.
Acido etilendiamminotetracetico Spesso indicato con la sigla EDTA, composto, di formula (HOOCH2C)2NH2C−CH2N (CH2COOH)2, che si prepara in diversi modi (reazione dell’etilendiammina con acido cloroacetico in soluzione alcalina ecc.); si presenta in cristalli incolori, solubili in acqua. Si usano i suoi sali di sodio come agenti sequestranti (in quanto capaci di combinarsi con alcuni metalli, formando complessi idrosolubili e non ionizzabili). Alcuni sali trovano impiego in medicina: il sale disodico viene impiegato per ridurre la calcemia o per rendere incoagulabile il sangue in vitro; il sale calcico-sodico viene usato nelle intossicazioni da metalli pesanti (piombo, rame, cromo). L’EDTA e il suo sale bisodico rappresentano due dei reattivi più impiegati in complessometria. Ciò deriva dal fatto che essi producono con numerosi ioni metallici complessi stabili, la cui formazione può essere sfruttata durante una titolazione quantitativa il cui punto finale viene individuato con l’impiego di particolari indicatori. Fra gli ioni più comunemente determinati mediante titolazione con acido etilendiamminotetracetico: calcio e magnesio nella prova di determinazione della durezza di un’acqua, e inoltre rame, cadmio, zinco, nichel e altri ancora. Etilenanilina N-derivato dell’anilina, C6H5N=CHCH3; liquido viscoso di colore rosso bruno, insolubile in acqua, impiegato come accelerante nella vulcanizzazione della gomma. Etilenbromuro Derivato bialogenato dell’etano, BrCH2CH2Br (dibromoetano); si prepara facendo reagire il bromo con etilene; liquido volatile, incolore, non infiammabile, tossico, solubile in alcol ed etere, poco solubile in acqua; solvente per oli e grassi, fumigante, utilizzato nella preparazione di impermeabilizzanti e degli antidetonanti delle benzine.
Etilencianidrina Ha formula HOCH2CH2CN; liquido paglierino, insolubile in acqua, usato come solvente e per preparazioni organiche. Etilencianuro Nitrile alifatico, CNCH2CH2CN, noto anche con il nome di succinonitrile; solido di aspetto ceroso, incolore, solubile in acqua, alcol e cloroformio; si ottiene come sottoprodotto nella preparazione del nitrile acrilico e si usa come solvente selettivo (per composti aromatici presenti nelle frazioni di petrolio), come aggiunta a bagni di nichelatura galvanica per dare maggiore brillantezza ai prodotti. Etilencloridrina Aloidrina, ClCH2CH2OH; liquido incolore di odore etereo, miscibile con acqua, impiegato come solvente di eteri ed esteri della cellulosa, come attivante della germinazione, e nelle sintesi organiche di prodotti farmaceutici e di insetticidi.
Etilendiammina Composto, NH2CH2CH2NH2; liquido incolore, di odore ammoniacale, a reazione basica, solubile in acqua e alcol, usato come solvente, come inibitore della corrosione per liquidi anticongelanti, come lubrificante per tessili, come agente depilante, come accelerante nella polimerizzazione della gomma. E. ossido Uno dei principali derivati dell’e., che si prepara industrialmente per ossidazione diretta dell’e. con ossigeno o con aria in presenza di argento come catalizzatore. Liquido incolore che bolle a 13 °C, infiammabile, di odore gradevole, miscibile con acqua e solventi organici. Reagisce con acqua formando etilenglicol; con alcol e con acidi forma rispettivamente i monoeteri e i monoesteri dell’etilenglicol, con idrogeno dà alcol etilico e con ammoniaca una miscela di diverse etanolammine. È impiegato nella produzione di acrilonitrile e di agenti tensioattivi non ionici, per la fabbricazione di glicol e cianidrina etilenica, di etanolammine, di eteri della cellulosa e come fumigante insetticida per prodotti alimentari; in questo ultimo caso viene usato in unione con anidride carbonica (fino al 90% di CO2) che ne accelera l’azione tossica ed evita i pericoli dell’infiammabilità.
Per il glicol etilenico ➔ glicoli.