Residuo della distillazione del carbon fossile. Si ottiene per riscaldamento dei litantraci senza contatto dell’aria. Può costituire un prodotto secondario rispetto al gas di distillazione (per es. nelle officine del gas di città) o il prodotto principale quando impiegato negli altiforni e in fonderia ( c. metallurgico); nei due casi i carboni di partenza sono diversi (grassi, rispettivamente a lunga e a corta fiamma).
L’industria del c. si differenzia da quella del gas di città oltre che per il tipo di fossile impiegato per le modalità della distillazione: il riscaldamento delle storte effettuato in genere a mezzo dello stesso gas di distillazione, la maggiore durata del periodo di distillazione, un più elevato valore della temperatura di regime (1100-1200 °C contro i 900-1000 °C delle officine del gas di città). Il processo di trasformazione del fossile in c. ( cokefazione) si realizza entro storte di distillazione, camere alte e profonde ma strette, nelle quali si carica il carbone (o meglio miscele di carbone per meglio realizzare le caratteristiche desiderate); a contatto delle pareti calde della storta di distillazione, dopo l’eliminazione dei gas occlusi e l’evaporazione dell’acqua, si ha l’eliminazione di una parte delle sostanze volatili e la formazione di una massa plastica semifusa che, sopra 450 °C, si consolida dando il cosiddetto semicoke. A temperature ancora superiori, 900-1100 °C, si ha l’ulteriore eliminazione di sostanze volatili mentre la massa residua forma il c. propriamente detto. In seguito al progressivo riscaldamento della carica, si nota una continua variazione nella composizione del gas risultante. Dapprima esso è ricco di idrocarburi superiori (alifatici e aromatici), come anche metano, e aliquote di CO e CO2 che si originano per reazione tra vapor d’acqua (proveniente dalla disidratazione della carica) e carbone rovente. Successivamente si osserva un progressivo aumento del tenore di idrogeno (nella fase finale si giunge a circa l’80%): questo gas deriva dalla decomposizione termica delle sostanze organiche presenti; anche il metano, sopra 800 °C, si piroscinde dando idrogeno e carbonio il quale cementa il c., che risulta pertanto tanto più compatto quanto più alta è la temperatura di distillazione. Il c. metallurgico è più compatto, duro e resistente allo schiacciamento: ai fini del suo impiego negli altiforni ha grande importanza la quantità (max 9%) e la natura chimica delle ceneri cui dà origine per completa combustione; il tenore di zolfo e di fosforo deve essere il più possibile basso
Gli stabilimenti per la produzione del c. ( cokerie), allestiti con lo scopo specifico di ottenere un prodotto adatto per operazioni metallurgiche, comprendono normalmente: a) un magazzino per il carbone, di potenzialità adeguata alla capacità dei forni; b) un impianto di preparazione meccanica che permette la frantumazione del fossile, la macinazione, eseguita in genere con mulini a martelli, la miscelazione e la disintegrazione, che permette di raggiungere una perfetta omogeneità; c) una batteria di forni di distillazione; d) un impianto di vagliatura, di frantumazione e di depolverizzazione del coke.
Il potere calorifico inferiore del c. è di circa 30.000 kJ/kg. Da 1000 kg di carbone da c. avente il 20% di materie volatili e il 5% di ceneri si ricavano 750 kg di c., 25 kg di catrame, 2,5 kg di ammoniaca, 4,5 kg di benzene e suoi omologhi.