Insieme delle regioni dell’alta atmosfera terrestre sufficientemente ionizzate da influenzare la propagazione di radioonde (➔ radiopropagazione); si estendono ad altezze dal suolo superiori ai 50 km e sono prodotte principalmente per l’azione della radiazione ultravioletta e X del Sole sui gas atmosferici.
La densità ionica della i. a un certo istante dipende fortemente dalla quota poiché con questa variano le modalità di assorbimento della radiazione ultravioletta solare, l’intensità della radiazione ionizzante e anche l’entità dei processi di ricombinazione degli ioni (processi di tipo α) o di cattura degli elettroni (processi di tipo β), come anche dell’attività solare. La i. ha quindi una struttura stratiforme. Si dà il nome di regioni ionosferiche o strati ionosferici alle zone caratterizzate da un massimo relativo di densità ionica. La quota alla quale si ha, per un certo gas atmosferico, il massimo di densità ionica, nonché il valore di questo massimo, sono entrambi funzioni relativamente semplici dell’altezza del Sole sull’orizzonte, cioè dipendono in sostanza dall’ora e dalla stagione: quanto più alto è il Sole sull’orizzonte tanto maggiore è la densità ionica e tanto minore è la quota di massima ionizzazione.
Procedendo dal basso verso l’alto, le regioni e gli strati ionosferici osservati sono le regioni D, E, F (v. . e fig.). La regione D, a circa 50-80 km di altezza dal suolo, con densità elettronica massima di circa 103 elettroni/cm3 (densità diurna in condizioni di media attività solare), è presente essenzialmente nelle ore in cui è visibile il Sole, in quanto la sua densità elettronica scende, durante la notte, a valori che sono circa un centesimo di quelli diurni; è su di essa che si opera la riflessione delle onde lunghe; viene prodotta essenzialmente per ionizzazione di ossido di azoto da parte della radiazione solare Lyman α dell’idrogeno, di lunghezza d’onda 1216 Å.
La regione E (o di Kennelly-Heaviside), a circa 80-150 km di altezza dal suolo, con densità elettronica massima di circa 5∙105 elettroni/cm3, ha anch’essa, come la regione D, carattere essenzialmente diurno; su di essa si opera la riflessione delle onde medie e medio-corte e si forma prevalentemente per ionizzazione dell’ossigeno molecolare, a opera della radiazione X solare.
La regione F (o di Appleton), la più alta (150-500 km di altezza) e la più ionizzata (sino a circa 106 elettroni/cm3), ha carattere permanente, cioè è presente con notevole densità elettronica anche nelle ore notturne; durante le ore diurne si presenta quasi sempre divisa in due sottoregioni, denominate strato F1 (a circa 200 km di altezza, con densità elettronica massima fino a 5∙105 elettroni/cm3) e strato F2 (più alto e più ionizzato). La regione F è di gran lunga la più importante della i., soprattutto nei riguardi della radiopropagazione, poiché è su di essa che si opera la riflessione delle onde corte e cortissime che permettono i radiocollegamenti a grande distanza. La sua formazione avviene essenzialmente per la ionizzazione dell’ossigeno atomico e dell’azoto sotto l’azione della radiazione ultravioletta solare di lunghezza d’onda inferiore a 900 Å. Accanto a queste quattro regioni ‘normali’, si presenta talvolta una regione sottile, vicino alla regione E, detta perciò strato E sporadico (simbolo Es), le cui caratteristiche generali sono estremamente irregolari.
Per gli strati D, E ed F1 la variazione diurna della densità elettronica risulta simmetrica rispetto al mezzogiorno e quella annua simmetrica rispetto al solstizio d’estate, in accordo con le modalità previste da una teoria dovuta inizialmente a S. Chapman; prendendo inoltre come indice della variazione della radiazione ionizzante nel corso del ciclo undecennale dell’attività solare il numero delle macchie solari, esiste una relazione approssimativamente lineare fra tale numero e la densità elettronica massima di questi strati. Lo strato F2 si comporta in modo molto diverso rispetto agli altri strati della i. (massimo invernale anziché estivo, in estate massimo verso il tramonto del Sole anziché a mezzogiorno, grande sensibilità alle condizioni geomagnetiche, grandi fluttuazioni intrinseche), derivante dalla mutevole sovrapposizione di due strati con comportamento di tipo α e β rispettivamente.
Accanto alle variazioni regolari della i. (variazione diurna, annua, undecennale) ve ne sono altre che si possono chiamare irregolari; esse sono le variazioni brusche associate con i brillamenti solari (effetto Dellinger; SID) e con altri eventi solari, per es. le eclissi, e le cosiddette tempeste ionosferiche. Le più importanti sono queste ultime, stante anche la notevole frequenza con cui si presentano (sono associate alle tempeste magnetiche); molto intense nello strato F2, sono caratterizzate da una notevole diminuzione, più o meno rapida, di densità elettronica e da un cospicuo aumento di altezza dello strato. Queste condizioni si mantengono per un tempo più o meno lungo (da poche ore a due-tre giorni), quindi lentamente la i. si riporta in condizioni normali.
Gli studi ionosferici nacquero per giustificare sul piano teorico i risultati pratici ottenuti nella radiotelegrafia a grande distanza: fu infatti all’indomani del sensazionale radiocollegamento Europa-America stabilito da G. Marconi (1901), che H. Heaviside in Inghilterra, A.E. Kennelly negli USA e H. Nagaoka in Giappone avanzarono (1902), indipendentemente uno dall’altro, l’ipotesi che nell’alta atmosfera esistessero regioni dotate di potere riflettente per le radioonde. Questa ipotesi, l’unica capace di spiegare come mai le onde hertziane possano, propagandosi rettilineamente, superare l’ostacolo apparente costituito dalla curvatura della Terra, fu giustificata sperimentalmente da E.V. Appleton nel 1925. Da allora le ricerche ionosferiche si sono svolte parallelamente in due direzioni: da un lato, sul piano delle applicazioni pratiche, al fine di valutare e possibilmente prevedere l’andamento delle radiocomunicazioni per via ionosferica e, dall’altro lato, sul piano della ricerca pura, al fine di investigare il ruolo della i. nel complesso quadro delle relazioni della Terra con lo spazio circostante e, in particolare, con il Sole.
La ionosonda è l’apparato mediante il quale si eseguono i radiosondaggi ionosferici, con lo scopo di misurare altezza e densità elettronica massima della i. sulla verticale di un dato punto della superficie terrestre. Schematicamente, consta di un trasmettitore modulato a impulsi (durata 30-200 μs, cadenza 30-100 al secondo) che emette, mediante un’apposita antenna, verso l’alto, dei brevi treni d’onda. Un ricevitore accordato sulla stessa frequenza del trasmettitore riceve gli eventuali segnali riflessi (➔ magnetoionico) dalla i. (echi ionosferici) e li invia a un dispositivo di misura e di registrazione mediante il quale si misura la differenza di tempo Δt, in μs, fra l’emissione di un impulso e la ricezione dell’eco corrispondente: noto Δt, per mezzo della relazione h′=0,15 Δt, si ricava, in km, l’altezza virtuale h′ della zona ionosferica che ha riflesso i segnali irradiati. Si parla di altezza virtuale in quanto la precedente relazione si basa sull’assunto che le radioonde si propaghino nella i. con la velocità che avrebbero nel vuoto, il che non è esatto: in effetti, h′ è sempre maggiore dell’altezza effettiva.
Le ionosonde correntemente usate nei vari osservatori ionosferici sono a frequenza variabile (in genere nell’intervallo fra 1 e 25 MHz) e a funzionamento completamente automatico; esse effettuano a prefissati intervalli di tempo il tracciamento della curva h′(f), cioè dell’altezza virtuale in funzione della frequenza f dell’onda esplorante (ionogramma), dalla quale si ricavano le frequenze critiche f0 degli strati (cioè le frequenze massime che vengono riflesse dalla i.), e da queste le densità elettroniche massime N0 degli strati mediante la relazione N0=1,24∙10–8 f2 elettroni/cm3. Lo ionogramma si presenta come un diagramma cartesiano, avente in ascisse i valori di frequenza in MHz e in ordinate le altezze virtuali in km.