Composti chimici che, fissandosi su un supporto (da soli o per mezzo di opportuni mordenti), gli conferiscono una determinata colorazione. Le sostanze c. devono essere solubili o disperdibili per poter penetrare e permeare il supporto.
L’impiego di c. vegetali o animali era noto agli antichi: gli Egizi, oltre 4000 anni fa, conoscevano l’uso dell’indaco, i Fenici quello del dibromoindaco (o porpora degli antichi). Oltre queste sostanze gli antichi impiegavano più o meno largamente altri c. (alcanna, cocciniglia, giallo safran ecc.) che vennero usati ininterrottamente fino alla prima metà del 1800, quando sorse l’industria dei c. artificiali. La nascita di questi ultimi si può far risalire al 1856, anno in cui W.H. Perkin realizzò la sintesi della mauveina, cui seguirono successivamente quella della fucsina (E. Verguin, 1859), del blu e del violetto d’anilina (C. Girard e G. De Laire, 1861). Nel decennio successivo alla scoperta di Perkin furono trovati altri c.: il magenta, il blu rosanilina, il metilvioletto, derivati del trifenilmetano ecc. Al 1868-69 risale la prima sintesi dell’alizarina, colorante naturale che nel giro di pochi anni raggiunse produzioni ragguardevoli. Negli anni tra il 1880 e il 1910 fu scoperta la maggior parte dei c. ancor oggi usati, con la sintesi dell’indaco, la scoperta del rosso congo, del giallo brillante e della crisofenina G, la sintesi della primulina e dei primi c. al cromo, del nero allo zolfo, e dei derivati solfonati dell’antrachinone. Successivamente, fra le scoperte più importanti sono da ricordare: i c. a dispersione (1923), studiati per ovviare alle difficoltà di tintura presentata dal cotone, dalle fibre di raion alla viscosa e da altre fibre sintetiche; le ftalocianine (1934); i c. reattivi (1956), dotati di particolari caratteristiche di solidità e di resistenza al lavaggio. Oggi si contano circa 10.000 c. organici artificiali, di cui circa 2000 prodotti industrialmente e almeno 500 su larga scala; contro queste cifre si possono ricordare un centinaio forse di c. naturali, di cui solo la metà presenta un certo interesse pratico.
Da un punto di vista fisico i c. assorbono preferenzialmente la luce di una parte dello spettro visibile riflettendo e trasmettendo le restanti frequenze dai cui valori deriva il colore percepito dall’occhio. L’assorbimento preferenziale della luce in corrispondenza di determinate frequenze dipende dalla struttura delle molecole, o più precisamente dalle posizioni dei livelli energetici degli elettroni (➔ molecola). È tipico delle molecole dei c. contenere uno o più gruppi caratteristici che, in accordo a una teoria euristica formulata da N.O. Witt (1876), vengono chiamati gruppi cromofori. Fra di essi ricordiamo i gruppi nitroso (−NO), nitrico (−NO2), azoico (−N=N−) e i radicali organici insaturi. Altri gruppi, detti auxocromi, che interagiscono con i primi, spostano il colore, eventualmente rafforzandolo. Sono auxocromi alcuni gruppi acidi (−OH, −COOH, −SO3H) o basici (−NH2); per es. il trinitrobenzene, C6H3(NO2)3, è un cromoforo che in seguito a introduzione di un gruppo −OH, forma acido picrico, che è un c. giallo.
La maggior parte dei c. artificiali è messa in commercio in polvere, in cristalli, in pezzi, in pasta, con nomi che non sono indicativi della loro costituzione chimica ma che piuttosto si riferiscono al tono di colore, o sono di fantasia. In base all’origine i c. possono suddividersi in inorganici (minerali e artificiali) e organici (naturali e sintetici). Alcuni c. inorganici minerali dotati di colore proprio hanno trovato, o trovano ancora, impiego: per es. il cinabro (rosso), il biossido di titanio (bianco), l’oro musivo (giallo), l’azzurrite (azzurro), la terra d’ombra (bruno) ecc. Molti sono i c. inorganici artificiali, preparati per precipitazione di sali solubili: bianco di bario (o solfato di bario), litopone, solfuro di cadmio, azzurro di Berlino, verde di Guignet ecc. Fra i c. organici, quelli sintetici sono più numerosi e importanti di quelli naturali. Questi ultimi provengono dal regno animale o vegetale. Fra i primi, pochi hanno trovato impiego pratico (acido carminico della cocciniglia, dibromoindaco della porpora di Tiro), più numerosi sono quelli di origine vegetale che hanno avuto importanza tecnico-commerciale (indaco, brasilina, acido ruberitrico ecc.), alcuni dei quali resistono ancor oggi, di fronte alla numerosa schiera dei c. sintetici.
In relazione alla costituzione chimica, la classificazione delle principali classi di c. viene così formulata: c. acridinici, c. ammino-chetonici, c. antrachinonici, c. azinici (ossiazinici e tiazinici), azo c. (mono- e poli-azo c.), c. chinolinici, difenilmetano, ftalocianine, c. idrossichetonici (o chetonici), indammine, indigoidi, c. indofenolici, c. lattonici, c. metinici, nitro c., nitroso c., c. polimetinici, c. stilbenici, c. tiazolici, tioindigoidi, trifenilmetano, c. xantenici, c. allo zolfo.
Secondo la destinazione, si distinguono: c. per fibre tessili (che si suddividono a seconda della natura delle fibre), per materie plastiche, per oli e grassi, per carta, per prodotti fotografici, per pelli, per cosmetici, per inchiostri ecc. Trovano inoltre largo uso nell'industria alimentare. La legislazione italiana vigente, che ha recepito le direttive europee sull'argomento, limita le quantità e stabilisce l'elenco dei c. permessi, consentendone l'uso solo laddove tecnicamente necessari. Nel codice dell'UE i c. sono indicati con le sigle da E100 a E199.
La classificazione più razionale dei c. è basata sul loro impiego tintoriale.
C. acidi Detti anche c. anionici, possiedono auxocromi di tipo acido (carbossile ecc.), sono capaci di tingere la lana e la seta (non il cotone) in bagno acido per l’affinità da essi presentata per i gruppi basici delle proteine animali e vegetali; si dividono in: semplici, al mordente e premetallizzati. Vi appartengono molti azoderivati, derivati solfonici del trifenilmetano (per es. fucsina acida, violetto acido, eosina ecc.), nitroso coloranti e nitrocoloranti (acido picrico, giallo naftolo ecc.).
C. azoici a sviluppo Detti anche c. sintetici su fibra, sono insolubili, si fanno formare (o sviluppare) direttamente sul supporto per reazione di naftoli o derivati (sviluppatori) con diammine diazotate. La tintura si può effettuare facendo seguire al bagno del supporto nella soluzione di naftolo un bagno nella soluzione di un diazocomposto, oppure nel modo inverso, diazotando sul supporto e copulando poi il prodotto. Si dicono anche c. al ghiaccio perché le operazioni vengono eseguite a bassa temperatura per impedire la decomposizione del componente azoico.
C. basici Possiedono auxocromi di tipo basico (gruppo amminico, sostituito o no) e sono capaci di tingere lana e seta direttamente (per es. aurammina, fucsina, rodamina, blu di metilene) o anche cotone e seta artificiale in presenza di mordente (tannino, sali d’antimonio).
C. a dispersione Insolubili, si applicano sotto forma di sospensione acquosa, finissima, che viene assorbita lentamente dal supporto. Sono costituiti da derivati azoici (amminoazoderivati di composti aromatici o eterociclici) o da amminoderivati dell’antrachinone, e si usano per lo più per fibre artificiali e sintetiche. Un gruppo di questi c. può essere reso solubile formando esteri solfonici.
C. ai grassi (o all’alcol) Sono costituiti da c. azoici, da induline, da nigrosine, solubili negli alcoli e nelle sostanze grasse.
C. a mordente Sono caratterizzati dalla presenza dell’ossidrile fenolico come auxocromo, rispetto al quale è presente in posizione orto o un altro gruppo −OH, o un azogruppo, o un carbossile ecc. Hanno carattere debolmente acido e per questo non presentano sufficiente affinità con seta, lana, cotone ecc., che non riescono a tingere in bagno acido, basico e neutro; però in presenza di un mordente (sale metallico) formano sul supporto un complesso mordente-c., insolubile; si suddividono in c. fenolici semplici (alizarina, verde solido), in c. fenolici basici (gallocianina) e acidi (verde naftolo, ossichinonisolfonati ecc.).
C. pigmentari Sono costituiti da pigmenti organici (tioindaco e derivati, ftalocianine ecc.) e sono usati per la stampa dei tessuti, per la colorazione di fibre tessili artificiali, di materie plastiche, per la preparazione di inchiostri ecc. Sono insolubili in acqua o insolubilizzati sotto forma di lacche (➔ pigmento).
C. reattivi Sono c. azoici, antrachinonici, ftalocianine, contenenti uno o più atomi o radicali capaci di reagire con i gruppi funzionali caratteristici di alcuni supporti (−OH, −NH2 ecc.) formando composti stabili; appartengono a questa classe i clorobenzotiazoli, le clorodiazine. Si usano per cotone (in bagno alcalino), per lana, per fibre poliammidiche (nailon ecc.); fra c. e fibre si forma un legame covalente alla cui stabilità si deve la particolare solidità dei c. di questo tipo.
C. sostantivi (o diretti) per cotone Sono costituiti da derivati solfonici di composti azoici (o eterociclici) capaci, sotto forma di sali sodici, di tingere le fibre vegetali (specialmente cotone) non mordenzate. A seconda della loro natura si distinguono in c. sostantivi derivati dalla benzidina (o omologhi), da varie diammine, dalla triazina.
C. al tino Sono composti insolubili del gruppo dell’indaco, dell’antrachinone (indantreni), che per potersi fissare sul supporto devono essere prima solubilizzati per riduzione in ambiente alcalino (idrosolfito ecc.); il prodotto che così si ottiene è solubile, incolore (leucoderivato) e capace di fissarsi sul supporto. Su di questo, esposto in ambiente ossidante (per es. all’aria) si ripristina il c. insolubile, che risulta saldamente fissato. Sono compresi in questa classe anche esteri solfonici dei leucoderivati (per lana, seta, cotone ecc.) solubili che, applicati sul supporto, vengono poi facilmente idrolizzati a leucoderivati che si ossidano all’aria (sul supporto).
C. allo zolfo Ottenuti riscaldando con zolfo composti organici di diversa natura, si possono considerare sia come c. diretti sia come c. al tino, perché, insolubili; si fissano sul supporto solo dopo riduzione in bagno di solfuri alcalini e il c. si sviluppa per ossidazione all’aria fissandosi stabilmente al supporto.