Classe di materie plastiche sintetiche usate specialmente come fibre tessili (➔ poliammide). La sintesi del polimero dell’esametilendiammina e dell’acido adipico, le cui principali caratteristiche consistono nella elevata resistenza meccanica dei fili, nella notevole resistenza all’abrasione dei tessuti da essi formati, nelle spiccate proprietà idrofobe, si deve a W.H. Carothers e collaboratori (1935).
Sotto il nome di n. si possono avere in commercio prodotti chimicamente diversi, a seconda della diammina e dell’acido dibasico impiegati, contraddistinti per es. dal numero degli atomi di C dei due composti componenti: così il n. 6/10 deriva dall’esametilendiammina (6 atomi di carbonio) e dall’acido sebacico (10 atomi di carbonio); i n. ottenuti per polimerizzazione di amminoacidi (o dei corrispondenti lattami) sono indicati con un solo numero: così il n. 6 deriva dalla policondensazione dell’ε-caprolattame. Particolare importanza riveste il n. 6/6 ottenuto condensando acido adipico ed esametilendiammina; si prepara (fig. 1) partendo da fenolo; per idrogenazione il fenolo si trasforma in cicloesanolo e questo per ossidazione in acido adipico. L’esametilendiammina si può produrre partendo da acido adipico che, trattato con ammoniaca, dà il sale d’ammonio; da questo si passa al nitrile adipico (per disidratazione) e infine per idrogenazione all’esametilendiammina. I due composti si fanno reagire fra loro per dare il cosiddetto sale 6/6 che, riscaldato a 220-280 °C, elimina molecole di acqua dando la macromolecola o polimero filabile. L’operazione di solito si compie in autoclave sotto pressione di 15-20 bar in presenza di piccole percentuali di acido acetico; il prodotto si estrae allo stato fuso e si può estrudere sotto forma di nastro, che solidifica cadendo su tamburi d’acciaio raffreddati internamente con acqua; questo nastro, dal quale con getti d’aria si elimina l’eccesso di acqua, viene poi ridotto in piccoli pezzi in una taglierina.
Il n. si può filare in soluzione, ma il metodo più usato è quello di filatura allo stato fuso (fig. 2); secondo questo sistema il n. in pezzi, a, viene caricato nella tramoggia della filiera, da cui cade su una speciale griglia, b, riscaldata che lo porta a fusione; il fuso, c, è spinto da una pompa, d, dapprima su un filtro che trattiene le impurità e poi attraverso i fori calibrati della filiera, e; l’apparecchiatura lavora a 285 °C e in atmosfera di un gas inerte per impedire l’ossidazione che avverrebbe a contatto dell’aria. Il filamento uscito dal foro viene raffreddato in corrente d’aria generata dalla ventola, f; dopo condizionamento con vapore saturo e unzione con olio lubrificante, viene avvolto su bobine, g; la tensione a freddo è applicata nel dispositivo di stiramento (q in fig. 1), dove i filamenti sono avvolti su bobine eguali alle precedenti, ma rotanti a velocità quattro volte maggiore, di modo che il filo viene allungato quattro volte la sua lunghezza iniziale. Ai fili è poi conferito un certo grado di torsione, che si stabilizza riscaldandoli, dopo avvolgimento su spolette, a temperatura relativamente elevata in presenza di un forte grado di umidità; infine si procede a oliatura per rendere più agevoli le successive operazioni di tessitura e per evitare danni ai fili. Il diametro delle fibre da tessitura è di 0,005-0,10 mm; si possono tuttavia ottenere con lo stesso sistema monofili di diametro maggiore.
Le proprietà dei filamenti di n. sono tali da farli preferire alle fibre naturali: il carico di rottura raggiunge i 550-600 N/mm2 e rilevanti sono i valori degli allungamenti elastici, il n. è resistente al calore e ai comuni agenti sbiancanti, non è infiammabile; ha bassa densità, scarso potere d’assorbimento dell’umidità, inattaccabilità alle tarme e alla muffa. Il n. è stato creato ed è tuttora usato principalmente per la filatura: trova larga applicazione nella preparazione di calze, maglie, nonché, in monofili, nella fabbricazione di spazzole e pennelli, corde e simili e, sotto forma di fiocco, di tappeti; si usa inoltre come materia plastica per fabbricare oggetti con la tecnica dello stampaggio a iniezione: si producono cuscinetti stampati di utile impiego in macchine che devono lavorare senza lubrificante, diaframmi speciali per carburatori, fogli per imballaggio, pellicole trasparenti, parti varie di piccoli meccanismi. In medicina si usano fili di n. per suture chirurgiche, reti di n. per interventi di plastica e tubi di n. di vario calibro per trapianti eteroplastici nella chirurgia delle arterie.