(o Galassia) La galassia di cui fa parte il Sole. Dalla terra, appare come una fascia, di aspetto bianco latteo (da cui il nome già presso gli antichi: gr. γαλαξίας κύκλος, lat. via lactea), che corre lungo un circolo massimo della sfera celeste attraverso le costellazioni di Perseo, Cassiopea, Cefeo e di lì, divisa in due rami (uno per il Serpente e lo Scorpione e l’altro più cospicuo per il Cigno, l’Aquila e il Sagittario), torna a riunirsi nel Telescopio, passando poi tra la Croce, la Nave, Orione e il Cocchiere.
Gli antichi chiamavano V. quella sottile fascia biancastra, dai contorni irregolari, che taglia in due la sfera celeste. Furono le prime osservazioni telescopiche, compiute da G. Galilei nel 1609, a rivelare che essa consisteva di una miriade di stelle fittamente raggruppate.
Si stima che la V. contenga almeno 2∙1011 stelle; la sua massa, se si tiene conto soltanto della materia visibile, è di circa 2∙1011 M⊙ (dove M⊙=2∙1030 kg è la massa del Sole); si ipotizza, però, che una parte preponderante della materia da cui essa è costituita non sia direttamente osservabile (materia oscura), sicché la massa complessiva potrebbe essere dell’ordine di 1012 M⊙. La V. viene classificata come una galassia spirale normale Sbc (cioè intermedia fra i tipi Sb e Sc). La fig. 1 mostra schematicamente la sua struttura. Si distinguono le seguenti parti: il bulbo (con termine inglese bulge), avente un raggio di circa 3 kpc, nel quale cade il nucleo o centro galattico; il disco sottile (chiamato anche solo disco), avente un raggio di circa 15 kpc e uno spessore variabile da ∿200 pc nella zona interna fino a ∿500 pc in quella periferica, che si articola nei bracci a spirale; il disco spesso, che circonda il disco sottile, avente uno spessore dell’ordine di 1 kpc; l’alone, approssimativamente sferico, che si estende fino a oltre 40 kpc dal centro galattico e includerebbe una corona di materia oscura. Il Sole è situato nel disco sottile (più precisamente nel braccio di Orione) a una distanza intorno a 8,5 kpc dal centro galattico.
L’intera V. è dotata di un moto di rotazione intorno a un asse, passante per il centro galattico: le intersezioni di questo asse con la sfera celeste definiscono i poli galattici (situati, rispettivamente, nella costellazione della Chioma di Berenice e in quella dello Scultore). Il polo nord galattico viene attualmente collocato nella direzione: α=12h 52m e δ=27° 8′ (in coordinate equatoriali). L’equatore galattico è il cerchio massimo perpendicolare all’asse di rotazione: a esso si fa riferimento nel sistema di coordinate celesti dette appunto galattiche (➔ coordinate).
La massa contenuta nella regione centrale, di raggio 500 pc, è dell’ordine di 1010 M⊙. Per la maggior parte, la materia è concentrata in stelle e solo una frazione minore di essa si trova sotto forma di gas e polvere.
Bulbo. Alcune stelle del bulbo sono simili a quelle che si incontrano nell’alone (per es., variabili del tipo RR Lyrae di popolazione II); altre hanno caratteristiche peculiari (giganti rosse, di massa dell’ordine di M⊙, aventi un’abbondanza di metalli Z circa doppia di quella caratteristica delle stelle di popolazione I del disco). La presenza nel bulbo di queste stelle ricche di metalli e, quindi, giovani (popolazione I estrema) ha contraddetto il punto di vista secondo cui il bulbo era considerato semplicemente come la regione più interna dell’alone (che, invece, è formato solo da stelle di popolazione II, povere di metalli e, quindi, molto vecchie). Nella regione più interna del bulbo, circostante il centro galattico, entro 100 pc dal centro, si trovano alcune grandi nubi molecolari (➔ gas), con masse fino a 105-106 M⊙, sede di processi di formazione di nuove stelle.
Alone. L’alone è la regione più vasta, ma anche più tenue, della V.: se si prescinde dall’eventuale presenza di materia oscura, la sua massa è solo l’1% di quella dell’intero sistema. Esso contiene sia ammassi globulari (raggruppamenti compatti di centinaia di migliaia o anche di milioni di stelle: ➔ ammasso), sia stelle di campo (cioè isolate), distribuiti in modo sfericamente simmetrico, ma con una concentrazione crescente verso il centro galattico. Le misure fotometriche indicano che circa la metà della luminosità totale dell’alone (pari a ∼109L⊙, dove L⊙=3,85∙1026 W è la luminosità del Sole) viene prodotta nella regione più interna di raggio ∼5 kpc.
Si distinguono due tipi di ammassi globulari. Quelli del primo tipo sono formati da stelle di popolazione II estrema, le più povere di metalli (Z<0,1%); quelli del secondo da stelle di popolazione II intermedia, con un contenuto metallico un po’ più elevato (Z∼1%). Gli ammassi del primo tipo sono distribuiti nell’intero alone, quelli del secondo sono invece concentrati intorno al piano galattico, formando il disco spesso (con raggio di ∼10 kpc e spessore di 1-2 kpc). All’alone si attribuisce, in genere, un raggio di ∼40 kpc.
L’alone contiene anche nubi di gas di varia temperatura (da 200 K a 200.000 K), concentrate, intorno al piano galattico, in uno strato avente lo spessore di 3-4 kpc. L’esistenza di questo alone gassoso viene spiegata col ‘modello della fontana galattica’, secondo cui un gas molto caldo, prodotto nel disco da esplosioni di supernova, diffonderebbe nell’alone e successivamente, raffreddatosi, ricadrebbe, come una specie di ‘pioggia’, sul disco.
Disco sottile. Il disco sottile ha una massa di ∼8∙1010M⊙ e una luminosità totale di ∼2∙1010 L⊙. È formato per circa il 90% da stelle (di popolazione I di disco e I intermedia) e per la parte residua da materia diffusa (gas e polvere). I bracci in cui si articola sono riconoscibili con osservazioni ottiche solo nelle adiacenze del Sole: la fig. 2 dà una ricostruzione della spirale nei dintorni del Sole, ottenuta dalla distribuzione delle regioni HII: si distinguono il braccio di Orione (nel quale si trova il Sole) e gli adiacenti braccio del Sagittario e braccio di Perseo. L’età delle stelle del disco è assai varia: si va dalle protostelle, ancora in via di formazione, fino ad ammassi che sembrano raggiungere età di 11 miliardi di anni. Il Sole ha un’età intermedia (4,6 miliardi di anni).
Agli inizi del 20° sec., J. Kapteyn effettuò misure sistematiche della velocità radiale delle stelle più vicine al Sole, sfruttando l’effetto Doppler (➔ stella). Risultò che le stelle presentavano dei moti d’assieme, che egli chiamò correnti stellari, diretti verso due punti opposti della sfera celeste. Nel 1927, J. Oort interpretò le osservazioni di Kapteyn in termini di una rotazione differenziale della V., cioè del fatto che le stelle ruotano intorno al centro galattico, con velocità decrescente all’aumentare della distanza R da esso. La fig. 3 illustra il modello proposto da Oort. Il Sole percorre l’orbita 2 di raggio R2, compresa fra le orbite 1 e 3, di raggi rispettivamente R1 e R3 (R1<R2<R3). Nel sistema di riferimento galattico (fig. 3 A), il Sole si muove con velocità minore delle stelle a, b, c, che descrivono l’orbita 1, ma maggiore di quelle d, e, f, che descrivono l’orbita 3. Pertanto, nel sistema di riferimento eliocentrico (fig. 3 B), le velocità delle stelle a e f hanno una componente radiale diretta verso il Sole, mentre quelle delle stelle c e d hanno una componente diretta via dal Sole. Di qui l’illusione delle correnti stellari di Kapteyn. Il modello di Oort di fig. 3 è applicabile solo alla regione circostante il Sole, a distanze comprese fra 7 e 9 kpc, dove si osserva effettivamente una diminuzione della velocità di rotazione Vr con la distanza.
Nel 1949, W.A. Hiltner e J.S. Hall scoprirono che la luce di molte stelle è polarizzata e che il suo grado di polarizzazione aumenta all’aumentare della quantità di polvere interposta fra la stella e la Terra. Si pensa che la polarizzazione sia prodotta da grani di polvere di forma allungata, che, essendo immersi in un campo magnetico, tendono a disporsi parallelamente alle linee di forza. Questo fenomeno rivela l’esistenza del campo magnetico galattico. Le misure ottenute con i vari metodi indicano che il campo magnetico galattico ha un’induzione media di circa 2 μG. In prossimità del Sole, le linee di forza sono dirette parallelamente all’asse del locale braccio a spirale, ma, su grande scala, sembrano piuttosto avere un andamento circolare con il centro nel centro galattico. L’origine di questo campo magnetico è controversa: è possibile che discenda dal campo primordiale, che presumibilmente permeava la protogalassia, attraverso un processo di amplificazione dovuto a un effetto dinamo.
Si pensa che la V. abbia un’età di 13 miliardi di anni, assai vicina, cioè, a quella dei più antichi ammassi globulari che essa contiene. Secondo un modello, proposto nel 1962 da O.J. Eggen, D. Lynden-Bell e A.R. Sandage, essa avrebbe tratto origine dal collasso gravitazionale di una nube rotante di gas (idrogeno ed elio), avvenuto in due fasi. Nella prima, durata poche centinaia di milioni di anni, si sarebbero formate le stelle del bulbo e dell’alone. Nella seconda, i residui gassosi di questo processo, arricchiti dai metalli prodotti durante l’evoluzione delle stelle più massicce della prima generazione, avrebbero formato il disco: ivi, poi, si sarebbero sviluppate, e si sviluppano tuttora, le stelle di seconda generazione. Tale ipotesi è sostenuta soprattutto dal fatto che l’alone è formato da stelle di popolazione II (vecchie e povere di metalli), mentre il disco contiene stelle di popolazione I (più giovani e ricche di metalli) e nubi di gas e polvere, sede di processi di formazione stellare. Nei decenni successivi, tuttavia, sono andate accumulandosi numerose evidenze sperimentali che contrastano con questo quadro. Per es.: a) le età degli ammassi globulari non sono omogenee: soprattutto, l’individuazione, nel disco spesso, di una popolazione di questi oggetti di età intermedia (12-14 miliardi di anni) indicherebbe che la formazione delle stelle di prima generazione non è avvenuta in un breve intervallo di tempo, come previsto dal modello, ma nel corso di alcuni miliardi di anni; b) la rotazione retrograda (cioè nel senso opposto a quello della rotazione generale della V.) di parecchi ammassi globulari non è compatibile con il semplice collasso di una nube di gas primordiale; c) la scoperta, nel bulbo, di stelle di popolazione I estrema e di nubi molecolari, sede di processi di formazione stellare, implica che la storia evolutiva della regione centrale della V. non sia assimilabile a quella dell’alone; d) la scoperta, nel disco sottile, di stelle aventi un’età solo di poco inferiore a quella degli ammassi globulari più giovani sembra suggerire che il processo di formazione stellare sia stato quasi continuo. Vi sono, poi, altre caratteristiche strutturali della V. che dovrebbero essere spiegate da una teoria soddisfacente della sua formazione: per es., il fatto che il contenuto metallico delle stelle del disco sottile tenda ad aumentare, a parità di età, al diminuire della distanza dal centro galattico.
Per superare tali difficoltà, sono stati elaborati modelli più complessi. Una delle idee più promettenti (proposta da A. Toomre nel 1977 e sviluppata in seguito anche da altri ricercatori) è che la V. abbia tratto origine dal collasso non di un’unica nube, ma di vari frammenti di nubi con proprietà dinamiche e chimiche diverse. La struttura a spirale del disco viene interpretata nella teoria delle onde di densità (proposta negli anni 1960 da C.C. Lin e F.H. Shu) come dovuta a perturbazioni nella distribuzione a simmetria assiale della massa del disco in rotazione differenziale. I bracci sarebbero le regioni dove si verifica un addensamento della materia per effetto combinato della rotazione e delle onde stazionarie che si instaurano nel fluido. Il fronte di compressione si propaga attraverso il disco, ruotando intorno al centro galattico come una struttura rigida: nella regione interna, il gas e le stelle ruoterebbero più velocemente di esso, in quella esterna accadrebbe l’opposto. Quando passano attraverso il fronte d’onda, le nubi di gas vengono compresse, e ciò favorisce il loro collasso gravitazionale e, quindi, la formazione di nuove stelle: questo spiega perché le stelle più giovani si concentrino nei bracci a spirale (mentre quelle più vecchie, a causa dei loro moti propri, finiscono con il distribuirsi più uniformemente nel disco). Anche se nelle linee generali le previsioni della teoria sono in accordo con le osservazioni, rimangono molti problemi aperti. Per es., i calcoli indicano che, solo in particolari condizioni, le onde di densità possono persistere abbastanza a lungo: più facilmente la porzione interna delle onde tenderebbe a spostarsi verso il centro e quella esterna verso la periferia, facendo decadere la spirale.
Per il Gruppo Locale, il sistema di galassie di cui fa parte la V. ➔ galassia.