vernice Insieme di sostanze capaci di formare sopra una superficie, su cui vengano opportunamente distese, una sottile pellicola avente particolari proprietà di colore, lucentezza, impermeabilità.
I componenti base delle v. sono le resine filmogene, i solventi, i pigmenti, le cariche e gli additivi. I pigmenti e le cariche sono assenti nelle v. propriamente dette; le v. che li contengono o v. pigmentate (➔ pigmento), dovrebbero più propriamente chiamarsi pitture.
La resina filmogena ha la funzione fondamentale di originare la pellicola che ingloba pigmenti, cariche e additivi. A questo scopo un tempo erano molto utilizzati gli oli siccativi e le resine naturali; a causa dell’essiccazione molto lenta, il loro impiego è ormai limitato, mentre è divenuto predominante l’uso delle resine sintetiche. Il meccanismo di essiccazione del film può essere di natura fisica (cioè verificarsi per semplice evaporazione del solvente) o chimica. Mentre nel primo caso la resina mantiene inalterate le sue caratteristiche originarie, nel secondo intervengono delle reazioni che modificano chimicamente la resina: si originano delle strutture reticolate, generalmente tridimensionali, che possiedono caratteristiche di resistenza chimica e meccanica originariamente non possedute dalla resina. Tra le resine sintetiche, molto diffuse sono le resine alchidiche siccative; esse vengono modificate con acidi grassi insaturi e il processo di essiccazione, che avviene per reazione con l’ossigeno atmosferico, viene accelerato mediante l’aggiunta di sali metallici solubili in solventi organici. Le resine alchidiche non siccative, modificate con acidi grassi saturi, trovano impiego nei prodotti essicanti a forno, in unione a resine amminiche con le quali reagiscono sopra gli 80 °C. Altri tipi di resine impiegate sono quelle acriliche, caratterizzate da elevata rapidità di essiccazione, facile lucidabilità, buona resistenza agli agenti atmosferici; quelle epossidiche, che consentono di ottenere film caratterizzati da elevata aderenza e resistenza agli agenti chimici; quelle isocianiche, con le quali è possibile ottenere una vasta gamma di prodotti poliuretanici con proprietà molto differenti, a uno o due componenti, che forniscono film di elevata aderenza, brillantezza e durezza; quelle poliestere insature, particolarmente adatte per v. per legno; infine quelle fenoliche (impiegate generalmente in miscela con altre resine), viniliche (che essiccano per evaporazione del solvente) e siliconiche (resistenti alle alte temperature).
Il solvente (assente nei prodotti in polvere e in particolari v. contenenti resine a basso peso molecolare) ha la funzione di rendere fluido il preparato, per facilitarne l’applicazione. I solventi più frequentemente impiegati per le v. a base di resine sintetiche sono costituiti da alcoli, chetoni e idrocarburi aromatici (benzene, toluene, xileni), talvolta in miscela fra loro; per la v. a base di oli siccativi o di bitumi si utilizzano come solventi l’acqua ragia minerale o l’acqua ragia vegetale con eventuale aggiunta di idrocarburi aromatici. A partire dagli anni 1990 si è accentuata la tendenza alla progressiva riduzione dell’impiego dei solventi organici nella formulazione delle v., al fine di limitarne l’impatto sull’ambiente, con conseguente crescita del consumo di v. completamente prive di solventi organici: le v. all’acqua coprono oltre il 60% del settore automobilistico e sono essenzialmente di due tipi, le v. in cui la resina è solubile in acqua per effetto dell’introduzione di gruppi acidi che vengono salificati con ammine, e le v. in cui le resine sono disperse nel mezzo acquoso così da costituire un’emulsione resa stabile mediante l’aggiunta di adatti tensioattivi. Notevole interesse sta suscitando anche una nuova categoria di v. basata sull’impiego di solventi reattivi, che dapprima abbassano la viscosità del prodotto favorendone l’applicazione e poi reagiscono con la resina entrando così a far parte della sostanza filmogena.
La funzione dei pigmenti è quella di dare il colore al substrato e di svolgere un effetto coprente, che risulta tanto più elevato quanto maggiore è la differenza tra il loro indice di rifrazione e quello della resina; talvolta essi svolgono anche funzioni particolari (per es., tossiche verso fauna e flora sottomarina, luminescenti ecc.).
Le cariche sono sostanze con potere coprente molto modesto, usate come riempitivi per ridurre il costo del prodotto o per impartire qualche particolare proprietà (migliore aderenza, opacità ecc.).
Gli additivi, infine, vengono aggiunti per conferire specifiche proprietà tecnologiche ed estetiche al prodotto; in relazione all’impiego di quest’ultimo, possono essere bagnanti, disperdenti, catalizzatori, antischiuma, antipelle, antifermentativi, antimuffa, assorbitori UV, rifrangenti ecc.
Le v. possono essere classificate seguendo vari criteri: la posizione nel ciclo di verniciatura (di fondo, a finire, sottosmalto ecc.); la funzione svolta (protettiva, antivegetativa, isolante, antisdrucciolo ecc.); la natura della resina filmogena (alchidica, fenolica, epossidica ecc.) o del solvente (all’acqua, all’alcol o a spirito ecc.); il campo di impiego (edilizia, auto ecc.); il metodo di applicazione (a pennello, a spruzzo, per elettrodeposizione ecc.).
Nella tecnica pittorica, le v. si distinguono in grasse o magre secondo che si ottengano dalla liquefazione a fuoco di una resina o gommoresina dura in olio siccativo (olio di linseme o di noce) o di una resina tenera in olio etereo (essenza di trementina, spigo, essenza di petrolio). Si dicono miste se il solvente è un miscuglio dei due citati. Se il solvente è invece l’alcol, si hanno le v. a spirito.
Secondo i tre momenti diversi in cui si usano, si distinguono tre gruppi di v.: quelle per dipingere sostituiscono con vantaggio le essenze perché rendono più liquido e più resistente il colore; quelle per ritoccare eliminano i prosciughi e assicurano l’aderenza degli strati successivi di pittura sugli antecedenti; le v. finali proteggono il dipinto dagli agenti esterni.
Le superfici da verniciare devono subire prima del trattamento una conveniente preparazione comprendente pulizia, sgrassatura, creazione di strati o fondi di ancoraggio. La pulizia può essere meccanica o chimica; quella meccanica a seconda dei casi può consistere in una spazzolatura, con spazzole metalliche, o in una sabbiatura; quella chimica consiste nell’immergere i manufatti da verniciare in un bagno di acido (decapaggio) che elimina gli ossidi e le scorie superficiali e attacca leggermente la superficie metallica ravvivandola. La sgrassatura si fa con soluzioni alcaline, calde o fredde, o con solventi organici. Gli strati di ancoraggio si eseguono per ottenere una migliore adesione della v. sul metallo; a seconda dei casi si ottengono mediante trattamento di fosfatazione, con soluzioni acquose di acido fosforico, o mediante applicazione di v. antiruggine.
I procedimenti di applicazione della v. variano a seconda del tipo di v. da applicare, dello spessore e del grado di uniformità che si vuole ottenere, della forma e del materiale del manufatto da verniciare e a seconda se questo va verniciato su una sola faccia o su entrambe ecc. Si hanno metodi a pennello, a rullo, allo stoppino, a tamburo, a spruzzo, a flusso, per immersione, elettrostatici, elettroforetici ecc. Nel sistema a pennello la v. viene distesa in strati, o mani, successivi, ciascuno dopo che il precedente si è essiccato; il sistema è lento, richiede molta mano d’opera ed è applicabile per superfici di modesta entità. Nel sistema a rullo, la v. è applicata con un rullo di gomma o di metallo rivestito di gomma. Tale sistema è adottato largamente nella verniciatura di lamiere; in questo caso la lamiera scorre su nastro trasportatore mentre la v. viene distribuita su un rullo gommato che appoggia sulla lamiera e da questo è ceduta alla lamiera stessa. Nel sistema allo stoppino si applica al legno, mediante un batuffolo di cotone, una v. di gommalacca disciolta in alcol e si lucida la superficie, una volta asciutta, con un panno morbido. Nei sistemi a tamburo, adatti per pezzi di piccole dimensioni, l’operazione si compie caricando i pezzi da verniciare dentro un tamburo rotante o dentro una centrifuga insieme alla v. da applicare, in quantità dosata; dopo pochi minuti di rotazione si scaricano i pezzi versandoli su di un setaccio e si lasciano essiccare (all’aria o in forno). I sistemi a spruzzo sono largamente usati nell’industria: la v. è nebulizzata mediante aerografo e le minute goccioline sono poi spinte sul manufatto da verniciare. Nella verniciatura a immersione il materiale da verniciare è immerso in un bagno di v. ed è poi estratto, lasciato sgocciolare ed essiccato. Il sistema è particolarmente adatto per pezzi di grandi dimensioni che debbono essere verniciati su tutta la superficie. Nella verniciatura elettroforetica, le sostanze costituenti la v. da applicare, cariche negativamente, sotto l’azione di un campo elettrico si depositano sul pezzo da verniciare, che funziona da anodo. Il sistema, a immersione, consta anche di una vasca metallica, che funziona da catodo, nella quale si pone la v., di tipo tale che i suoi costituenti filmogeni, i pigmenti ecc. possano essere dissociabili e resi conduttori. Attualmente, nella verniciatura industriale, a tale sistema, che applica l’anaforesi, si preferisce quello che utilizza la cataforesi, nel quale il pezzo da verniciare funge da catodo. La verniciatura elettroforetica assicura strati uniformi, di elevato spessore, su tutta la superficie, interna ed esterna, anche di manufatti di notevoli dimensioni.
Si parla, con termine improprio, di verniciatura a fuoco o al forno, quando uno dei sistemi precedenti sia completato da una fase di essiccamento della v., realizzata in una camera alla temperatura di 60 °C.