Capacità degli atomi di un elemento di formare legami chimici. Quantitativamente si esprime come il numero di atomi di idrogeno (o di altro elemento monovalente) che si possono combinare o che possono essere sostituiti dagli atomi dell’elemento considerato.
Tutti gli elementi presentano v. uguale o multipla rispetto a quella dell’idrogeno, preso come riferimento. Così, un elemento si dice monovalente, bivalente, trivalente ecc., quando i suoi atomi si combinano con uno, due, tre o più atomi di idrogeno (o di altri elementi monovalenti). Gli elementi presentano uno o più valori caratteristici della v.: in alcuni casi si hanno elementi con un unico valore di v. (per es., i metalli alcalini come sodio, potassio ecc.), in altri casi si possono avere più v. caratteristiche come è il caso del ferro, che nei suoi composti ordinari è bivalente o trivalente. La v. è una proprietà dipendente dalla natura degli atomi e rappresenta il criterio classificatorio della tavola periodica di Mendeleev (➔ anche elemento) nella quale gli elementi vennero raggruppati sulla base della loro capacità di combinazione rispetto all’ossigeno.
Da un punto di vista operativo la v. di un elemento si può determinare dal rapporto tra il peso atomico e il peso equivalente, cioè: v. = peso atomico/peso equivalente. Per es., il peso atomico dell’alluminio è 27 mentre il suo peso equivalente è 9; la v. è perciò 3. La giustificazione fisica del calcolo risiede nel fatto che in un peso atomico di un elemento (cioè in una mole) vi è sempre un numero di Avogadro (N) di atomi: 27 g di alluminio contengono N atomi come 1 g di idrogeno. In 9 g di alluminio (un peso equivalente) vi sono perciò N/3 atomi di alluminio i quali si combinano con N atomi di idrogeno. Ne risulta un rapporto di combinazione in atomi 1:3, cioè 1 atomo di alluminio si combina con 3 atomi di idrogeno. Questo modo di operare è tuttavia fortemente limitato dal fatto che il peso equivalente di un elemento varia nel caso in cui i suoi atomi siano combinati tra loro nella molecola, come gli atomi di carbonio nei composti organici o come quelli di ossigeno nell’acqua ossigenata e ciò non permette di stabilire il valore della v. tramite il rapporto tra peso atomico e peso equivalente. In ogni caso, la conoscenza della v. è stata storicamente di grande importanza nella determinazione delle formule molecolari e delle formule di struttura; in queste, la v. viene rappresentata da una stanghetta che unisce i simboli dei due atomi. Per es., nel composto Al2O3, la cui formula strutturale è O=Al−O−Al=O, risulta che la v. dell’alluminio è 3 e quella dell’ossigeno è 2.
La teoria elettronica del legame (➔ legame chimico) ha dato base fisica al concetto di v. e l’ha, in parte, superato. Nei composti ordinari, la v. di un elemento corrisponde al numero di elettroni (elettroni di v.) che i suoi atomi sono in grado di mettere in comune con altri atomi; per es., l’alluminio ha configurazione elettronica 1s22s22p63s23p1 e dunque tre elettroni di v., con i quali è in grado di formare tre legami. Nel caso dei legami ionici, la v. degli ioni ordinari corrisponde, in valore assoluto, alla carica dello ione; in questi casi, si parla anche di elettrovalenza.
La prima interpretazione elettronica della v. è costituita dalla teoria di G.N. Lewis secondo la quale gli atomi si legano tra loro mettendo in comune coppie di elettroni. Gli elettroni interessati al legame sono quelli della corteccia più esterna del modello atomico di Bohr. In questo contesto, la capacità di formare legami da parte di un atomo dipende dal numero di elettroni non appaiati della corteccia esterna. Così la bivalenza dell’ossigeno viene spiegata dal fatto che 2 dei 6 elettroni esterni di quest’atomo non risultano accoppiati e sono perciò disponibili per dare luogo alla formazione di altrettante coppie di legame con altri atomi. Nella simbologia di Lewis questo corrisponde alla configurazione:
Inoltre, secondo la regola introdotta da I. Langmuir (regola dell’ottetto, ➔ ottetto), una molecola organizza gli elettroni esterni dei suoi atomi in modo da raggiungere la condizione stabile dei gas nobili, con 8 elettroni sullo strato esterno; per es., la configurazione elettronica dell’acqua risulta
H : O : H.
Una difficoltà sorge dal fatto che la teoria di Lewis prevede che gli elettroni che si mettono in comune nella formazione di un legame covalente siano non accoppiati; ciò corrisponde, nella interpretazione quantomeccanica della distribuzione degli elettroni in un atomo, alla presenza di orbitali occupati da un solo elettrone. Per es., nel caso citato dell’alluminio, risulta un unico elettrone di v. non accoppiato (3p1), essendo gli altri due elettroni di v. accoppiati, e con valore di spin opposto, nell’orbitale 3s. La constatazione che l’alluminio è trivalente e che i tre legami risultano equivalenti dal punto di vista energetico determina la necessità di rideterminare la distribuzione degli elettroni negli atomi di alluminio legati; tale nuova distribuzione si ottiene dalla combinazione lineare delle funzioni atomiche interessate (una funzione 3s e due funzioni 3p). In tal modo si ottengono 3 orbitali equivalenti per valore di energia, detti ibridi.
Il calcolo delle funzioni orbitali ibride è stato inizialmente fondato sulla base delle evidenze sperimentali costituite dalla v. degli atomi e dalle strutture molecolari. Tuttavia, la nozione elettronica di legame è più generale del concetto di v.; infatti vi sono situazioni in cui gli elementi mostrano un numero di legami ben superiori a quelli previsti dalla loro valenza. Per es., l’alluminio forma composti di coordinazione in cui risulta legato a 6 atomi o gruppi monovalenti, come nell’idrato [Al(OH)6]3–. Questi composti, perfettamente interpretabili con i metodi della meccanica quantistica, non hanno formule deducibili dalle normali regole di valenza.
Un’altra importante eccezione alla regola dell’ottetto è l’esistenza di composti formati dai gas nobili, ormai largamente studiati. Inoltre, vi sono situazioni di legame (i legami delocalizzati del benzene, quelli a tre elettroni dei borani ecc.) in cui non vi è corrispondenza tra distribuzione degli elettroni impegnati nel legame e v. dell’elemento. Ciononostante, il concetto di v. è ancora largamente utilizzato per la sua utilità nell’interpretare il legame nelle molecole dei composti ordinari.
V. ecologica Capacità di una specie animale o vegetale di occupare ambienti caratterizzati da notevoli differenze di un determinato fattore ecologico, in virtù del maggiore o minore grado di tolleranza alle variazioni di tale fattore. Si distinguono specie euriecie, ad ampia v. ecologica, e specie stenoecie, poco tolleranti delle variazioni del fattore ecologico considerato.