Si estende fra l’Europa e l’Africa a oriente e l’America Settentrionale e Meridionale a occidente. Il nome è attestato la prima volta in Erodoto, ma solo con Plinio prende il significato di oceano occidentale (o Esperio). Esso diventò poi di uso comune all’epoca delle grandi scoperte e finì per imporsi con Varenio (Geographia generalis, 1644).
In direzione delle latitudini, l’A. si estende per oltre 180°; comunica con l’Oceano Pacifico, a S, mediante il Canale di Drake (tra la Terra del Fuoco e le Shetland Australi), e con l’Oceano Indiano, sempre a S, mediante un’ampia zona in corrispondenza del meridiano del Capo Agulhas. L’area supera di poco i 106 milioni di km2, dei quali quasi 24 appartengono ai mari dipendenti (tra essi: il Mar Glaciale Artico, il Mar di Groenlandia, il Mare del Nord, il Mar Baltico, il Mar Caribico, il Mar Mediterraneo, il Mar Nero). Considerato nel suo corpo principale, presenta una tipica forma a S, con una lunghezza di oltre 15.000 km; la larghezza varia da un minimo di 2840 km (tra la costa africana presso Capo Palmas e la costa americana presso Capo San Rocco) e un massimo di 6700-6800 km nella zona ove fu attraversato la prima volta da Cristoforo Colombo. Si mantiene di larghezza media (3300-5500 km) nella zona ora più navigata fra 40° e 50° lat. N e 20° e 30° lat. S.
I primi rilievi sistematici dell’A. cominciarono nel 1854 con J.M. Brooke; tuttavia la prima carta batimetrica venne costruita da M.F. Maury nel 1859. Dopo il 1885, lo studio dell’A. si fa sistematico grazie alle spedizioni delle navi francese Romanche (1893), americana Albatross (1887-88), russa Vitiaz (1886-89), tedesche National (1889), Gauss (1901-03), Planet e Möwe (1906-11), scandinave Thor (1903-05) e Michael Sars (periodiche dal 1900 in poi). Una nuova fase iniziò con l’uso degli ecoscandagli (nave Meteor, 1925-27) e con le spedizioni internazionali come quella per lo studio della Corrente del Golfo (1938).
Durante l’Anno geofisico internazionale (1957-58) circa 60 navi di 40 nazioni intrapresero ricerche in tutti gli oceani, tuttavia fu solo a partire dal 1968, e fino al 1983, che la nave americana Gloma Challenger, adibita a perforazioni in mare profondo nell’ambito del progetto Deep sea drilling project (DSDP), ha rivelato la morfologia del fondale oceanico e la sua struttura, raccolto carote di sedimenti in corrispondenza di numerosi punti e rilevato una serie di misure riguardanti il flusso di calore, le anomalie magnetiche e la sismicità delle diverse province fisiografiche dell’Atlantico. A partire dal 1983, con l’iniziativa internazionale denominata Ocean drilling program (ODP), si susseguono intense operazioni di ricerca sulla costituzione dei fondali dell’A., mediante perforazioni, nonché su fauna e flora abissali e sulle risorse suscettibili di sfruttamento.
L’A. ha un’età di circa 165 milioni di anni. Nel Giurassico medio le due Americhe, la Groenlandia, l’Europa e l’Africa costituivano un’unica massa continentale che in seguito alla fuoriuscita di magma proveniente dal mantello è andata separandosi, così che, circa 125 milioni di anni fa, nella parte mediana dell’A. Settentrionale si era sviluppata una dorsale medio-oceanica, mentre più a S l’America Meridionale cominciava a separarsi dall’Africa che a sua volta, insieme con la Spagna, si allontanava dall’America Settentrionale. Questo differente movimento fra le due Americhe provocò la formazione di una zolla di più piccole dimensioni, quella caribica, con associata una zona di subduzione, al largo delle coste venezuelane, in corrispondenza delle Antille (Fossa di Puerto Rico). L’A. Meridionale si delineò a partire da circa 80 milioni di anni fa, mentre la configurazione finale dell’intero bacino oceanico, così come è attualmente conosciuto, si è formata all’incirca 36 milioni di anni fa. In esso si possono riconoscere delle grandi province fisiografiche: la dorsale mediana, le aree bacinali, le scarpate e le piattaforme continentali.
La dorsale medio-oceanica, che costituisce una vera e propria catena montuosa, rappresenta sicuramente l’elemento più spettacolare; la parte più elevata è anche la zona più accidentata topograficamente ed è caratterizzata da una depressione assiale che costituisce una valle tettonica di sprofondamento (profonda intorno ai 2 km; larga dai 20 ai 40 km). La dorsale è costituita da rocce di tipo basaltico con i rispettivi termini intrusivi, rappresentati da gabbri e serpentini. La zona assiale è molto attiva sismicamente con terremoti a ipocentro poco profondo e presenta un costante flusso di calore. La dorsale medio-atlantica è segmentata in più punti da linee trasversali rispetto all’asse della dorsale stessa, le quali costituiscono delle discontinuità tettoniche particolarmente importanti. Queste zone di frattura, sismicamente attive, mostrano una topografia molto complessa e corrispondono a delle faglie (dette trasformi) a movimento orizzontale, in corrispondenza delle quali si hanno la separazione e l’allontanamento delle masse continentali (margini trasformi). Le misure del campo magnetico hanno inoltre evidenziato che il magnetismo proviene essenzialmente dai basalti presenti sul fondo oceanico; le diverse anomalie che sono state misurate mostrano un andamento a strisce parallele all’asse della dorsale e si interrompono in corrispondenza delle grandi zone di frattura.
La piattaforma continentale è particolarmente ampia nel Mar Glaciale Artico, nel Mare del Nord, nel Mar Baltico e a SO della Gran Bretagna; lungo le coste dell’America Settentrionale è estesa nella Baia di Hudson, intorno alle isole canadesi a E di Terranova, nonché nel Golfo del Messico; lungo quelle dell’America Meridionale, la piattaforma continentale è più sviluppata di fronte alle coste del Venezuela, della Guyana, del Brasile, dell’Uruguay e dell’Argentina. La scarpata continentale è interessata da numerosi canyon sottomarini, alcuni dei quali risultano molto incisi come, per es., quelli dell’Hudson e del Congo. Il fondo oceanico è coperto da sedimenti che hanno spessori ed età differenti; lungo la dorsale i sedimenti recenti e attuali sono ridottissimi o addirittura assenti; verso i bordi continentali la loro età aumenta, fino ad arrivare per quelli più antichi al Giurassico medio.
La lunga e sinuosa dorsale atlantica si eleva dal fondo per 1-3 km e lo percorre da N a S seguendo il suo andamento generale. Inizia a nord dell’Islanda e si prolunga fino a circa 60° di latitudine S per poi piegare verso est e continuare con le dorsali dell’Oceano Indiano. In particolari situazioni affiora, per es. con le isole vulcaniche dell’Islanda e delle Azzorre. La dorsale discende attraverso una serie di gradini tettonici verso il fondo oceanico dove si raggiungono profondità superiori ai 5000 m.
A ovest della dorsale, nell’A. Settentrionale il principale bacino è quello Nordamericano, che si estende ai piedi della scarpata continentale degli Stati Uniti e del Canada orientali, mentre nell’A. Meridionale si hanno i bacini del Brasile e dell’Argentina.
A est della dorsale, nell’A. Settentrionale si estendono il Bacino Iberico, quello delle Canarie e di Gambia; a cavallo dell’equatore si trova il Bacino di Guinea mentre più a sud si estendono quelli dell’Angola e del Capo. La zona più profonda dell’A. è in corrispondenza delle Antille, dove è localizzata la Fossa di Puerto Rico che raggiunge una profondità di 8742 m.
I venti alisei causano nell’A. i circuiti principali delle correnti, il cui percorso è poi influenzato dalla rotazione terrestre e dai lineamenti dei continenti.
L’aliseo di NE determina una corrente lungo le coste occidentali del continente africano, chiamata corrente delle Canarie, e similmente nell’emisfero australe l’aliseo di SE produce la corrente del Benguela.
Queste due correnti poi si fondono agli estremi occidentali del Golfo di Guinea e generano la corrente equatoriale del Nord e la corrente equatoriale del Sud (divise da una corrente di ritorno, la cosiddetta controcorrente equatoriale): la seconda raggiunge la costa americana e si scinde in due rami, dei quali uno volge a S lungo le coste del Brasile (la corrente del Brasile), mentre l’altro sfila da Capo San Rocco verso NO e si fonde con la corrente equatoriale del Nord creando una poderosa corrente della Guyana (di cui già Colombo nel suo terzo viaggio, 1498, aveva rilevato l’importanza).
Questa corrente in presenza del cordone delle isole Antille si scinde sfiorandole con un ramo a oriente e, con l’altro ramo penetra nel Mar Caribico, rasenta lo Yucatán, si slarga nel golfo del Messico ed esce per il canale tra la Florida e Cuba. Qui i due rami di nuovo riuniti formano, per così dire, la radice della corrente del Golfo. Questa lambisce le coste nordamericane fino alla zona di Capo Hatteras, poi se ne allontana e traversa l’oceano avanzando verso le coste europee fra la Penisola Iberica e l’Irlanda. Un ramo di questa corrente volge a S e si unisce alla corrente delle Canarie, ma altri rami penetrano nei mari adiacenti all’Europa nord-occidentale: e sono quelli che esercitano benefici influssi sulle regioni litoranee dell’Irlanda, della Scozia, della Norvegia.
Nell’A. Settentrionale ha importanza la corrente del Labrador, fredda, che dal Mar Glaciale Artico scende lungo le coste del Labrador e sospinge gli iceberg a latitudini notevolmente basse (fino a 40°), costituendo un grave pericolo per la navigazione. Si nota che la regolare diminuzione dalla zona equatoriale verso i mari polari (0°) si complica con vari elementi perturbatori. Così, nell’America Settentrionale l’isoterma di 0° si spinge molto più a N verso le coste europee, superando 75° e 80° rispettivamente, grazie alla corrente del Golfo; oppure, lungo le coste americane settentrionali e meridionali si registrano basse temperature in corrispondenza delle correnti fredde del Labrador e delle isole Falkland.
La salinità varia dai 35‰ in corrispondenza dell’equatore termico (forte piovosità, la quale diluisce le acque) ai massimi di oltre 37‰ intorno ai tropici (forte evaporazione), fino a scendere progressivamente verso i mari polari (meno di 34‰) per effetto dello scioglimento dei ghiacci. In profondità, per quanto riguarda temperatura e salinità, si può parlare con certezza di una corrente di acqua australe, meno salata e più fredda, che dalla zo;na fra 40° e 60° lat. S scende tra 500 e 1500 m di fondo e si spinge oltre l’equatore a 30° lat. N; e di un’altra corrente boreale, più salata e meno fredda, la quale da latitudini boreali scorre sotto la precedente, fino alla zona equatoriale.
Le maree si diffondono da S a N nel bacino meridionale con un’onda derivata dalla marea della regione oceanica australe, mentre in quello settentrionale si propagano, secondo tre rotazioni (anfidromie): una, principale, intorno a un centro ubicato a 54° lat. N e 36° long. O; una seconda con un centro a 17° lat. N e 67° long. O; una terza con centro presso le isole Fær Øer. Le maree hanno forte entità negli stretti marini o in bracci di mare, come nella Baia di Fundy che registra 15,40 m, massima ampiezza conosciuta (➔ marea).
La copiosissima fauna del bacino settentrionale e dei mari secondari (ove è rappresentata ogni specie di Pesci) va impoverendosi verso la zona dei tropici e dell’equatore, diversamente da quanto si nota negli altri oceani. Le foche frequentano le coste del bacino settentrionale fino al tropico e all’isola di Cuba; una specie si trova pure nel Mar Mediterraneo. Nel bacino meridionale oltre alle foche vivono le otarie. I cetacei vivono nei due bacini estremi. Nell’A. settentrionale molto comuni sono i merluzzi le aringhe, le sardine e le acciughe. Non è raro il tonno.
Fin dal 18° sec., l’A. è diventato lo spazio oceanico più frequentato, ed è sempre stato una notevole fonte di risorse ittiche. Particolare rilievo ha la zona settentrionale comprendente le aree in cui si ha commistione di acque di diversa origine, con fondali poco elevati: cioè il Mare del Nord e la parte di accesso al Mar Baltico, il Mare di Norvegia e il Mar Bianco, ma specialmente la zona dei banchi di Terranova, i quali formano il maggiore distretto di pesca del mondo (maggiori centri di pesca: St. John’s, Halifax, Boston, Baltimora.
Quanto alle comunicazioni, la navigazione transatlantica ha avuto in epoca moderna un’importanza decisiva. Fino al 1870 circa la navigazione a vela fu il maggiore mezzo di trasporto, sia per passeggeri sia per merci, sostituita poi dalla navigazione a vapore o a motore. Dopo la Seconda guerra mondiale le comunicazioni, navali e aeree, attraverso questo oceano, hanno avuto notevolissimo incremento anche in relazione al maggiore legame economico e politico strettosi fra gli USA e le nazioni europee, all’accresciuta importanza del Brasile e di alcune regioni costiere sudanesi (Guinea). La principale direttrice di traffico marittimo è la rotta fra lo stretto della Manica e New York, che fa capo ad alcuni tra i principali porti del mondo: in Europa, Rotterdam, Londra, Le Havre, Anversa, Amburgo e, con flussi che si innestano dal bacino mediterraneo, Marsiglia, Genova e Barcellona; sulla costa americana, New York e New Orleans. Importanza decrescente ha il fascio medio-atlantico convergente sul Canale di Panama e ormai principalmente alimentato da flussi provenien;ti dal continente nordamericano, mentre la direttrice che collega l’Europa all’America Meridionale presenta un movimen;to sempre più intenso e diversificato in conseguenza del crescente sfruttamento minerario della seconda e delle strategie multinazionali che vi hanno determinato la localizzazione di grosse industrie manifatturiere. A sua volta, il fascio occidentale fra le due Americhe ha assunto notevole consistenza sotto la spinta di fattori analoghi. Sul bordo orientale, il traffico proveniente dal Capo di Buona Speranza e diretto sia verso l’Europa sia verso l’America Settentrionale ha risentito vistosamente, in termini quantitativi, della corsa al gigantismo navale per il trasporto dei prodotti petroliferi. Ancora più significativa l’evoluzione dei trasporti aerei, che hanno da tempo sostituito la navigazione marittima per il movimento di passeggeri fra le sponde opposte dell’Atlantico. Anche in questo caso la direttrice fondamentale attraversa la sezione settentrionale del bacino, con nodi di particolare intensità negli USA. Lo sviluppo delle relazioni internazionali ha determinato, infine, la formazione di fasci di rotte aeree fra i paesi emergenti che si affacciano sull’A., specie nella sezione meridionale.
Battaglia dell’A. Durante la Seconda guerra mondiale venne così chiamata la lotta aeronavale tra le potenze dell’Asse – preoccupate d’impedire il transito dei rifornimenti bellici fra l’America e lo scacchiere europeo-mediterraneo – e gli Alleati. Si distinguono diverse fasi: fra giugno 1940 e marzo 1941 i Tedeschi introdussero la tattica dei sommergibili ‘a branco’; fra metà marzo e fine maggio 1941 si ebbe la guerra di corsa della corazzata Bismarck (affondata il 27 maggio); fra gennaio e luglio 1942 numerose navi USA furono affondate da sommergibili dell’Asse, capaci di raggiungere le acque americane. In seguito e fino all’agosto 1943 si verificò il declino della guerra sottomarina di ‘superficie’ (cioè a piccola profondità), grazie ai nuovi mezzi di protezione e all’impiego degli aerei, sostituita da quella di ‘profondità’ (fino a maggio 1945). Durante la battaglia dell’A. le navi affondate da sommergibili furono 2748, pari a 14.500.300 t su un totale di 23.351.000 t di naviglio alleato affondato; i sommergibili dell’Asse affondati furono 782.