Nelle antiche cosmologie greche, la gran ‘lacuna’ o vuoto originario preesistente alla creazione del ‘cosmo’. Questo ‘vuoto’ non è da identificare con lo spazio infinito privo di contenuti della fisica, ma come l’essere ancora spalancato del mondo, prima del suo costituirsi in forme stabili e definite: la condizione prima da cui ogni altra divinità o realtà si è venuta generando. In seguito, soprattutto con Platone, a tale significato si venne sostituendo quello filosofico di ‘ricettacolo’ della materia originaria informe da cui, in seguito all’azione di un principio ordinatore (movimento o mente o demiurgo), si sarebbe originato il mondo come un tutto ordinato (cosmo). Con il valore di ‘disordine originario’, il termine è poi stato usato fino ai nostri giorni.
Si dice che un sistema complesso ha un comportamento caotico quando, seguendo leggi di evoluzione non lineari, dopo un certo intervallo di tempo esso si trova in uno stato nel quale i comportamenti sono del tutto imprevedibili e irregolari, benché deterministici, mancando qualsiasi forma di correlazione tra stati successivi.
La cognizione che esistono limitazioni intrinseche alle possibilità di previsione dell’evoluzione temporale descritta da un opportuno sistema di equazioni differenziali ha rivoluzionato la concezione deterministica della fisica classica, dove veniva implicitamente ritenuto che la conoscenza delle condizioni iniziali di un sistema permettesse di determinare esattamente tutta la sua evoluzione successiva. In alcuni casi (come per es. quello delle previsioni meteorologiche, possibili solo su scale di tempo dell’ordine di una settimana) è invece praticamente impossibile prevedere lo stato di un sistema su tempi lunghi. Quando a piccole differenze nelle condizioni iniziali ne corrispondono di molto grandi nei risultati finali si dice che il sistema ha un comportamento caotico. Questa sensibile dipendenza dalle condizioni iniziali è all’origine del c. deterministico, ovvero di un comportamento di un sistema praticamente imprevedibile in quanto si può conoscere il suo stato iniziale solo con un’approssimazione finita.
Già H. Poincaré, agli inizi del 20° sec., aveva compreso che se un sistema è instabile rispetto a piccole perturbazioni, non vi è un determinismo inteso in senso stretto, secondo la classica formulazione data da P.-S. Laplace nei lavori sulla meccanica celeste. Il contemporaneo impetuoso sviluppo della meccanica quantistica, dove l’impredicibilità è dovuta a tutt’altri meccanismi, aveva però posto in oblio le sue intuizioni precorritrici. Comportamenti caotici in sistemi a pochi gradi di libertà sono divenuti centro dell’attenzione di fisici e matematici solo molto più tardi. Fra i primi lavori è ormai divenuto emblematico quello di un meteorologo del Massachusetts Institute of Technology, E. Lorenz, che nel 1963 mostrò numericamente come il c. insorga in un semplice sistema dissipativo di tre equazioni differenziali del primo ordine ottenuto da una semplificazione delle equazioni che regolano la convezione atmosferica. Si comprese cosi che il c. deterministico non si sviluppa solo in sistemi dove siano presenti molte componenti in mutua interazione, come ipotizzato da L.D. Landau, il quale tentava di spiegare il nascere della turbolenza idrodinamica come dovuto all’apparizione di sempre nuovi modi al crescere del numero di Reynolds che misura la rilevanza della parte non lineare nelle equazioni di Navier-Stokes alla base della dinamica dei fluidi.
L’idea che la complessità non sia necessariamente dovuta alle interazioni di molte componenti di un dato sistema, né alla presenza di un rumore casuale esterno, ha dato il via a una rivoluzione di concetti e tecniche nell’ambito di una scienza, quale la meccanica classica, che sembrava oramai completamente definita. Uno dei problemi fondamentali consiste nella caratterizzazione quantitativa dei comportamenti caotici, dove le tecniche usuali di trattamento dei segnali, basate su metodi lineari, non forniscono risultati adeguati. Per es., l’analisi delle trasformate di Fourier è un utile strumento per evidenziare comportamenti periodici o quasi periodici, ma nel caso di segnali caotici è solo in grado di rivelare la presenza di uno spettro continuo non dovuto al rumore di fondo. Per chiarezza, consideriamo la legge di evoluzione di un sistema dissipativo a F gradi di libertà, data da un’equazione differenziale dxi/dt=fi(x), con x=(x1, x2, ... xF), o da una mappa, cioè da una trasformazione a tempi discretizzati. A causa della dissipazione, il moto nello spazio delle fasi RF tende asintoticamente in t verso un sottoinsieme di RF detto attrattore. Quando il comportamento del sistema è regolare, gli attrattori sono dati da punti fissi, cicli limite, tori di dimensionalità inferiore a F. Nel caso di attrattori caotici, le traiettorie inizialmente vicine si allontanano l’una dall’altra, sì che la loro distanza δx cresce nel tempo secondo una legge esponenziale: δx(t) ∝ δx(t=0) exp(λt). Il tasso di divergenza delle traiettorie λ è il massimo esponente caratteristico di Ljapunov che dà una misura del grado di caoticità del sistema e nel limite t → ∞ non dipende dal particolare x(t=0) considerato. Si noti che se in un sistema dissipativo λ≤0, il corrispondente attrattore non è caotico. È possibile inoltre definire un insieme di F esponenti di Ljapunov fra i quali i positivi sono connessi alle direzioni lungo cui si ha divergenza esponenziale delle traiettorie, i negativi alle direzioni lungo cui si ha contrazione esponenziale, i nulli alle direzioni lungo cui la distanza fra due traiettorie resta in media invariata. Se vi è dissipazione, la somma degli F esponenti di Ljapunov deve quindi risultare negativa perché complessivamente il volume nello spazio delle fasi si contrae sebbene possa allungarsi lungo alcune direzioni.
Un attrattore caotico, o strano, secondo la terminologia introdotta dal fisico matematico D. Ruelle, è dunque il risultato del ripiegamento su sé stesse di traiettorie divergenti che non possono continuare ad allontanarsi per sempre poiché il moto è globalmente confinato. Questo processo di dilatazione e contrazione, metaforicamente paragonato nella letteratura a quello di un fornaio che impasta il pane, produce strutture geometriche estremamente complesse che risultano invarianti per dilatazioni delle scale di lunghezza e non per traslazioni. Esse sono dette frattali in quanto autosimili, nel senso che rivelano lo stesso tipo di particolari su ogni ingrandimento successivo di una loro porzione. Lo studio della struttura frattale dell’attrattore permette di discriminare se il c. è originato da un piccolo numero di gradi di libertà o da un elevato numero di modi in interazione attraverso il calcolo della dimensione frattale, in generale non intera, che dà una stima del numero effettivo (<F) di gradi di libertà in gioco. Per un attrattore regolare essa coincide con l’usuale nozione di dimensione, che per esempio vale uno per il ciclo limite. Inoltre, data una sequenza temporale di N misure x (i ∙ τ) del sistema a istanti successivi τ, è possibile stimare la dimensione frattale del segnale attraverso semplici algoritmi numerici. La dimensione frattale comunque non darà una misura del grado di caoticità potendo essere piccola anche in un sistema fortemente caotico, se vi è forte dissipazione.
I metodi che permettono la sua stima da un segnale possono essere estesi al calcolo dell’entropia di Kolmogorov, che è essenzialmente la quantità di informazione supplementare per unità di tempo fornita da una nuova misura dello stato del sistema. In un comportamento non caotico, predicibile, una volta conosciute con sufficiente precisione le condizioni iniziali, l’informazione non aumenta con nuove misure, sicché l’entropia di Kolmogorov è nulla. Al contrario, per eliminare l’incertezza sullo stato di un sistema con entropia positiva sono necessarie sempre nuove misure. Si noti che la perdita dell’informazione nel tempo è dovuta alla divergenza esponenziale delle traiettorie lungo alcune direzioni cui corrispondono esponenti caratteristici di Ljapunov.