Parte della chimica analitica applicata che ha per oggetto la determinazione della quantità di acqua contenuta in un campione. Si distinguono metodi che prima della determinazione richiedono la separazione dell’acqua (essiccazione, assorbimento, distillazione) e metodi che invece operano direttamente sul campione mediante la misura di una grandezza fisica o chimica; notevole applicazione trovano anche alcuni metodi chimico-fisici.
Nell’essiccazione, l’acqua viene determinata dalla perdita in peso; nell’assorbimento il vapor d’acqua viene spostato da una corrente gassosa durante il riscaldamento progressivo del campione da analizzare e fatto assorbire su opportune sostanze (cloruro di calcio, acido solforico, acido fosforico, ecc.); nella distillazione il campione da analizzare deve essere fatto bollire con un liquido che sia immiscibile con l’acqua o formi con essa un azeotropo o bolla a una temperatura superiore a 100 °C e perciò agisca nei confronti dell’acqua come trascinatore (toluene, xilene ecc.): la miscela di vapori distillati viene condensata in uno speciale apparecchio graduato dove viene misurato il volume dell’acqua.
Nei metodi basati su misure dirette sul campione le grandezze fisiche più comunemente impiegate sono, a seconda del tipo di materiale da analizzare: il peso specifico, la viscosità, l’angolo di deviazione della luce polarizzata, l’indice di rifrazione, il punto di rugiada, la torbidità, la conducibilità termica ed elettrica, la costante dielettrica, l’umidità dell’atmosfera, la resistenza specifica, l’entalpia specifica.
Fra i metodi chimici è opportuno distinguere metodi titrimetrici, metodi gas-volumetrici e metodi gravimetrici. Il più impiegato dei metodi titrimetrici è quello di K. Fischer: l’acqua viene titolata con un reattivo costituito da iodio, anidride solforosa, alcol metilico e piridina; la reazione di titolazione è la riduzione, in presenza di acqua, dello iodio da parte dell’anidride solforosa: si producono acido iodidrico e acido solforico che reagiscono con la piridina, spostando verso destra la reazione e quindi garantendo che essa sia quantitativa; l’alcol metilico ha soltanto la funzione di estrarre l’acqua. Nei metodi gas-volumetrici il campione in esame contenente l’acqua viene fatto reagire con un opportuno composto e il prodotto della reazione, un gas, viene misurato: fra le sostanze più impiegate come titolanti l’idruro di calcio che sviluppa l’idrogeno, il carburo di calcio che sviluppa acetilene, i metalli alcalini o loro leghe che sviluppano idrogeno. Nei metodi gravimetrici il prodotto della reazione di titolazione viene separato e pesato.
Tra i metodi chimico-fisici di analisi rientrano i metodi elettrometrici, nei quali l’acqua presente in un campione di un certo materiale viene dosata sulla base della quantità di elettricità necessaria per elettrolizzarla; i metodi ottici, che si basano sulle variazioni di colore che si rilevano per certe sostanze al variare del loro stato di idratazione; i metodi radiochimici e i metodi spettrometrici. Per questi ultimi in particolare, osservato che analisi acquametriche possono effettuarsi operando con lunghezze d’onda nel campo del basso ultravioletto (tra 180 e 130 nm e tra 125 e 112 nm), viene maggiormente impiegata la spettrometria nell’infrarosso, soprattutto nel caso di basse concentrazioni di acqua in campioni solidi, liquidi e gassosi di dimensioni piccole. Anche la risonanza magnetica nucleare, la risonanza paramagnetica elettronica e la spettrometria di massa si sono rivelate in parecchi casi tecniche acquametriche efficienti.