selenio Elemento chimico, numero atomico 34, peso atomico 78,96, simbolo Se; fu scoperto da J. Berzelius nel 1817 nelle melme delle camere di piombo di un impianto di acido solforico a Gripsholm (Svezia).
Del s. sono noti 6 isotopi stabili: 7434Se (0,9%), 7634Se (9,1%), 7734Se (7,5%), 7834Se (23,6%), 8034Se (49,9%), 8234Se (9,0%). Il s. nativo è rarissimo e si presenta in cristalli aciculari di colore grigio o rossastro con lucentezza semimetallica. È stato rinvenuto in diaclasi all’interno di quarziti e arenarie in alcune località dell’Arizona e del New Mexico (USA), e presso i crateri di alcuni vulcani, in ambiente fumarolico. È invece abbastanza diffuso come seleniuro associato con lo zolfo e con diversi solfuri; le acque del mare ne contengono 0,004 g/t, e alcune piante dei generi Astragalus, Stanleya, Aster, Atriplex, Grindelia assorbono s. dal terreno e possono contenerne fino all’1,5%. Queste piante, dette selenifere, emettono composti volatili del s. e perciò possiedono odore agliaceo caratteristico, la cui intensità varia con il contenuto dell’elemento nella pianta.
Per molti anni il s. è stato recuperato dalle polveri dei forni per il trattamento dei minerali solforati e dalle melme delle camere di piombo degli impianti di acido solforico. Per la maggior parte si ottiene ora dalle melme anodiche della raffinazione elettrolitica del rame, che ne possono contenere dal 3 al 28%, per fusione con soda e nitrato potassico o mediante arrostimento con acido solforico o con soda. Il s. ad altissimo grado di purezza (oltre il 99,99%), richiesto dalle applicazioni elettriche, elettroniche e xerografiche, si può ottenere riducendo i vapori di biossido di s., SeO2, con ammoniaca a temperatura di 600-800 °C o trasformando il s. fuso con idrogeno purissimo in H2Se che viene poi decomposto a elevata temperatura (ca. 1000 °C).
Il s. esiste sotto diverse forme allotropiche. Il s. vetroso o nero, nero con frattura concoide se in masse, rosso-bruno se in polvere sottile, si ottiene per raffreddamento rapido del s. fuso, è solubile in solfuro di carbonio e possiede proprietà dielettriche; il s. rosso amorfo, ottenuto per riduzione dell’acido selenioso, è una polvere rossa, solubile in solfuro di carbonio, che per riscaldamento a 40-50 °C si trasforma nella varietà vetrosa; il s. monoclino o rosso cristallino, costituito da molecole ad anello Se8, noto nella forma α, che ha densità 4,49, e in quella β, di densità 4,41, è di colore rosso intenso, fonde a 144 °C e si ottiene per cristallizzazione dalle soluzioni in solfuro di carbonio; il s. esagonale, o grigio, stabile alla temperatura ordinaria, si ottiene dalle altre forme per riscaldamento: ha aspetto quasi metallico, colore grigio-nero, frattura granulare, densità relativa 4,79, fonde a 217 °C, ed è insolubile in solfuro di carbonio. Il s. può anche essere ottenuto allo stato colloidale per riduzione dell’acido selenioso in soluzione acquosa diluita o versando in etere una soluzione di s. in solfuro di carbonio; le soluzioni colloidali hanno colore diverso dal rosso al giallo, dal bruno al rosa al blu, a seconda della concentrazione e del metodo di preparazione.
Le forme amorfe conducono il calore meno bene di quelle cristalline e, a differenza di queste, non conducono quasi affatto l’elettricità. Il s. grigio è un elemento semiconduttore e fotoconduttore, la cui conducibilità aumenta di 100-1000 volte sotto illuminazione. Le proprietà chimiche del s. sono intermedie tra quelle dello zolfo e quelle del tellurio; presenta numeri di ossidazione −2, +1, +2, +4, +6. Brucia in atmosfera di ossigeno con fiamma blu pallida formando SeO2, si combina a caldo con l’idrogeno per dare idrogeno seleniato, reagisce direttamente con gli alogeni e con i composti interalogenici a formare i corrispondenti alogenuri. All’aria, anche a caldo, si ossida con difficoltà, non è attaccato dagli acidi cloridrico, bromidrico e fluoridrico, reagisce invece con l’acido iodidrico liberando iodio. Gli acidi nitrico e solforico lo ossidano ad acido selenioso. Si scioglie nelle soluzioni alcaline concentrate formando principalmente seleniuri e piccole quantità di seleniti e seleniati; con i cianuri e con i solfati alcalini forma rispettivamente i selenocianati e i selenosolfati. Allo stato fuso reagisce con la maggior parte dei metalli formando seleniuri.
Per ossidazione del s. o dell’acido selenioso con energico ossidante (cloro, acqua ossigenata ecc.) si ottiene l’acido selenico, ossiacido, di formula H2SeO4: solido cristallino, incolore, che fonde a 58 °C, igroscopico, molto solubile in acqua; è più forte dell’acido solforico; se riscaldato a 210 °C si decompone, liberando ossigeno.
L’acido selenidrico è un composto del s. bivalente, di formula H2Se; gas incolore, di odore ripugnante, più tossico dell’acido solfidrico; si ottiene per reazione degli acidi sui seleniuri metallici o riscaldando il s. con paraffina.
I seleniuri sono sali dell’acido selenidrico, di formula Me2Se, dove Me è un metallo monovalente; sono noti anche i corrispondenti seleniuri acidi, MeHSe. Si preparano per reazione dell’acido selenidrico con i metalli in soluzione, per riduzione con carbone dei seleniti e seleniati, per combinazione diretta del selenio con i metalli ad alta temperatura. Per seleniuro si intende anche un composto organico, di formula R2Se, derivabile dall’acido selenidrico per sostituzione degli atomi di idrogeno con due radicali alchilici o arilici. I seleniuri alchilici si preparano per reazione tra un alogenuro alchilico e un seleniuro alcalino.
I selenocianati sono composti del s. di formula MeSeCN, dove Me indica un metallo monovalente. Sono analoghi ai tiocianati; quelli alcalini sono deliquescenti, le loro soluzioni acquose hanno carattere fortemente basico.
In tracce, il s., che è presente in alimenti di origine vegetale (cereali) e animale (carni e frattaglie), svolge un ruolo indispensabile per una corretta alimentazione; assimilato per lo più sotto forma di selenometionina, selenocisteina e altri selenoamminoacidi, è un costituente essenziale di alcuni enzimi coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione e nelle difese dell’organismo nei confronti dei radicali liberi dell’ossigeno. Malattie da s. (o seleniosi) Intossicazioni che si osservano tra gli operai addetti a particolari lavorazioni in cui si usa s., nell’industria elettronica e vetraria, e che si manifestano con l’odore agliaceo dell’alito e disturbi dell’apparato digerente e respiratorio.