Dispositivo per ridurre la velocità di caduta di un grave a esso vincolato, usato per persone (per il salvataggio, il lancio di soccorsi o reparti speciali, i lanci sportivi) o per oggetti (per lancio di aiuti o di rifornimenti e munizioni oppure per il ritorno a terra di capsule spaziali e strumenti di osservazione e registrazione dall’atmosfera).
Il paracadute a calotta (fig. A) è costituito da una calotta di stoffa leggera e resistente (velatura), con spicchi cuciti fra loro, dalla cui periferia si diparte un fascio di funi di sospensione; calotta e funi sono di nailon per ottenere peso e ingombro minimi e facile ripiegabilità; un foro al vertice della calotta (foro apicale) permette la fuoriuscita di aria, dilatandosi all’atto dello spiegamento (quando la pressione aerodinamica è massima); ciò riduce le sollecitazioni e conferisce stabilità nella discesa, smorzando le oscillazioni. A paracadute spiegato, la resistenza aerodinamica aumenta con il quadrato della velocità, con la densità dell’aria e con la superficie del paracadute; la velocità di caduta di regime si raggiunge quando resistenza aerodinamica e peso sopportato si fanno equilibrio. Un peso di 75 kg è bilanciato a 5 m/s (velocità di caduta da 1,2-1,3 m) con un paracadute la superficie della cupola del quale sia circa 50 m2, cioè con diametro di 5-6 m). Il paracadute può essere dorsale, a cuscino (con la persona seduta sopra), o ventrale (soprattutto come paracadute di emergenza). L’apertura del paracadute deve essere sicura e rapidissima; lo spiegamento della calotta avviene in qualche secondo e la sua fuoriuscita dalla custodia è facilitata da un piccolo paracadute (paracadute ausiliario o paracadute pilota) espulso da una molla a spirale all’atto dell’apertura della custodia; questa può essere automatica, azionata da un cavetto di 20 m collegato al velivolo e tranciato al momento del lancio (o con opportuno ritardo) o a comando, azionata da una maniglia sul cinturone. Per scendere a 5 m/s occorre una quota minima di 100 m per effettuare tutte le operazioni di apertura. Si può ricorrere all’apertura comandata e ritardata intorno ai 150 m/s, poiché lo spiegamento del paracadute frena più rapidamente a velocità maggiori e gli sforzi all’apertura sono tali da squarciare la calotta, per dare tempo alla persona di perdere velocità per resistenza aerodinamica propria oppure per lanci da altissime quote, per evitare una più lunga permanenza in aria rarefatta. Poiché oltre i 200 m/s le forze muscolari non riescono a prevalere sulla resistenza aerodinamica, e si possono anche riportare serie lesioni nel fisico, si ricorre all’espulsione dell’aviatore con il seggiolino eiettabile. La fase critica è il contatto col suolo, per le possibili lesioni agli arti specialmente se vi è trascinamento dovuto al vento.
Nel paracadute a fessure, con fenditure longitudinali, e nel paracadute a strisce, con velatura formata da anelli concentrici e strisce radiali, l’aria esce da più aperture, con notevole effetto stabilizzante. Il paracadute ad ala (fig. B), di forma rettangolare ed impiegato per lanci di precisione militari o sportivi, presenta una configurazione a profilo alare delle sezioni trasversali: è costituito da una sorta di cuscino aperto anteriormente, in modo che l’aria vi penetri e lo gonfi conferendogli notevole portanza, e da funi di comando dei dispositivi stabilizzatori, che consentono di variare velocità e traiettoria di planata. Un particolare paracadute ad ala è il paracadute da pendio (➔ parapendio).
I paracadute freno o parafreno sono impiegati come freno aerodinamico per velivoli in atterraggio mentre per facilitare l’uscita dalla vite si può utilizzare un piccolo paracadute antivite.
Per l’uso del paracadute e l’esercizio, sportivo o bellico ➔ paracadutismo.