Stato dell’Europa sud-orientale, che occupa la parte NE della Penisola Balcanica, tra Romania (N), Serbia e Repubblica della Macedonia del Nord (O), Grecia e Turchia (S) e Mar Nero (E).
Elemento centrale nella geografia fisica della Bulgaria è la catena dei Balcani (Stara Planina «Vecchia Montagna»), sistema a pieghe del Primario, successivamente ‘ringiovanito’ durante l’orogenesi alpino-himalayana, che divide il territorio in due metà idrografiche (bacino danubiano, a N, e ‘mediterraneo’, a S), geomorfologiche, climatiche e fitogeografiche, benché non superi i 2400 m. Il versante settentrionale digrada verso il bassopiano del Danubio (fiume che segna, per circa 450 km, il confine con la Romania). A S dei Balcani il territorio si fraziona in valli fluviali e bacini di origine tettonica, a partire da quello che ospita la capitale Sofia, cerniera fra i Balcani e i rilievi meridionali del Rila (la massima elevazione del paese, con i 2925 m del Monte Musala), del Pirin e del Rodope. Fra le conche di sprofondamento in seguito a fratture va ricordata la cosiddetta valle delle rose, fra i Balcani e gli Antibalcani (Sredna Gora «Montagna Centrale»), ben protetta, e quindi caratterizzata da un clima mitissimo. Gli affluenti del Danubio scendono ‘a pettine’, con andamento prevalente S-N; nella sezione meridionale alcuni fiumi scorrono in valli orientate in senso O-E (come il più cospicuo, la Mariza, nel solco longitudinale tra Balcani e Rodope), altri, come lo Struma, scendono verso S; singolare è il caso dell’Iskar, il maggior affluente bulgaro del Danubio che, sebbene nasca dal Rila, riesce ad aprirsi un varco nella catena dei Balcani sboccando nella pianura settentrionale.
Dal punto di vista climatico, si ha una regione temperata continentale, nel versante danubiano, e una di transizione, a S dei Balcani, con un clima temperato caldo quasi di tipo subtropicale. Ovunque deboli sono, invece, gli influssi marittimi. Le temperature medie annue sono piuttosto uniformi in tutto il paese (11-12 °C), ma con escursioni annue di 22-24 °C nella pianura settentrionale, e di 18-20 °C nelle valli meridionali e sul litorale pontico. Nella regione danubiana, aperta ai venti freddi del N, le minime assolute scendono anche al di sotto di −20 °C. La Bulgaria riceve 500-600 mm annui di piogge sulla maggior parte del territorio, con punte di oltre 1000 solo in poche aree sommitali. Frequenti le precipitazioni nevose. Le foreste di latifoglie sono attualmente molto ridotte; salendo in altitudine, subentrano le conifere, che oltre i 1800 m lasciano il posto a una vegetazione di tipo alpino. Le regioni nord-orientali segnano il passaggio alle steppe pontiche, mentre in quelle meridionali è presente la macchia mediterranea. Anche la fauna spontanea è stata notevolmente ridotta dall’intervento umano: diffusi il lupo, la volpe, lo sciacallo, il tasso, la martora e il cinghiale; in via di estinzione l’orso, la lince e il castoro.
Nel quadro etnico balcanico, la Bulgaria presenta una relativa omogeneità: circa l’84% della popolazione è formato da Bulgari (compresi i Macedoni, che i Bulgari non considerano distinti), mentre la minoranza turca di fede islamica sfiora il milione di persone (ma è ridotta da un’intensa emigrazione). La popolazione bulgara si era fortemente accresciuta fra il 1880 e il 1950, passando da poco più di 2 a oltre 7,5 milioni di abitanti. Il tasso di natalità si è poi ridotto al punto di determinare, insieme con la forte emigrazione all’estero, una consistente e costante flessione della popolazione (–1,2% nel periodo 1999-2004). Le più elevate densità si rilevano sui bassi versanti della catena balcanica, antiche zone di rifugio, e nelle aree più favorite dal punto di vista morfologico (pianura danubiana) e climatico (valle della Mariza), oltre che nel bacino di Sofia. Il processo di urbanizzazione è meno intenso e più recente che altrove (ma coinvolge ormai il 70% della popolazione) e sono ancora pochi i centri con caratteri propriamente urbani, ubicati lungo i fiumi principali (Plovdiv), al piede dei Balcani e sulle coste del Mar Nero (Varna, Burgas).
La grande maggioranza della popolazione è di religione cristiana ortodossa.
Fino alla metà del 20° sec. paese essenzialmente agricolo e fra i più poveri della stessa area balcanica, la Bulgaria ha conosciuto un rivolgimento delle strutture economiche con la collettivizzazione (eliminazione del latifondo, creazione di proprietà collettive, pianificazione economica socialista, rafforzamento dell’apparato industriale). Già nella prima metà degli anni 1970 la crescita dell’industria aveva consentito apprezzabili progressi nel livello dei redditi e negli investimenti sociali (abitazioni, istruzione, sanità ecc.), mentre si mirava ad alleggerire il pubblico impiego e a favorire attività più remunerative, come quelle turistiche, in grado di far affluire valuta dall’estero. Dopo un primo periodo di gravissima crisi conseguente alla caduta dell’URSS e alla nuova liberalizzazione dell’economia, negli anni 1990 rilevanti investimenti esteri e il sostegno della comunità internazionale (FMI, BM, UE) hanno portato a un continuo aumento di produzione e a un miglioramento delle condizioni socioeconomiche, tanto che la Bulgaria è entrata (2007) a far parte dell’Unione Europea; essa rimane tuttavia fra i paesi meno ricchi del continente, con un notevole tasso di disoccupazione (oltre il 10% nel 2005).
La Bulgaria è ancora in buona misura rurale, con un’ampia percentuale di attivi (poco meno di un terzo del totale). Oltre il 42% della superficie territoriale è messo a coltura, il 17% è occupato da prati e pascoli, il 33% da boschi. I cereali sono diffusi nel bacino danubiano (frumento, mais, orzo) e in quello della Mariza (riso); le piante industriali (tabacco, girasole) nelle regioni meridionali trace e macedoni. In sviluppo le colture tessili (cotone, lino e canapa) e caratteristiche quelle delle rose da essenza e delle fragole. Estesi i vigneti e i frutteti. Nelle terre settentrionali si allevano bovini e suini, in quelle meridionali ovini. Molto diffusi sono anche l’allevamento dei volatili da cortile, che alimenta l’esportazione di uova, e l’apicoltura. Tra le risorse del sottosuolo, modeste riserve di petrolio e di gas naturale; si estraggono anche carbon fossile, lignite, ferro, piombo, zinco, molibdeno, rame. L’industria si è sviluppata principalmente nei settori metallurgico e meccanico (bacino di Sofia, Varna, Plovdiv), chimico (Dimitrovgrad) e petrolchimico (Burgas), tessile (Gabrovo, Sofia, Ruse) e di recente elettronico (Sofia). Notevoli sono pure le industrie alimentari, della gomma e del tabacco (Sofia, Plovdiv, Dimitrovgrad). Vistosi successi sono stati ottenuti nel settore energetico: la produzione di energia elettrica si è quadruplicata dai primi anni 1960 raggiungendo nel 2004 i 42 miliardi di kWh, malgrado la chiusura di un importante impianto termonucleare. Il commercio di esportazione, già rivolto esclusivamente ai paesi dell’Europa orientale, si è aperto verso O e per oltre la metà del valore riguarda paesi dell’Unione Europea (Germania, Italia e Grecia).
La rete ferroviaria bulgara si sviluppa per circa 4250 km (2004); la fondamentale direttrice è quella Belgrado-Costantinopoli. Anche il sistema viario è soddisfacente, con oltre 100.000 km di strade principali. Intensa la navigazione interna lungo il Danubio (porti di Vidin, Lom e Ruse); sul Mar Nero si segnalano gli scali di Varna e Burgas. Queste due località e altre della costa richiamano un notevole numero di turisti, nazionali e stranieri.
I siti più antichi appartengono al Paleolitico inferiore (grotta di Samuilica II, frequentata dal Musteriano all’inizio dell’Epipaleolitico). Lo studio della ceramica dipinta e della stratigrafia del sito di Karanovo Tell (➔) ha dato un assetto culturale meglio definito della Bulgaria neolitica; nei bacini dei fiumi Tundža e Mariza è stato individuato un centro di irradiazione culturale del Neolitico medio. Tra il Neolitico e l’Età del Bronzo vi è una certa continuità culturale (per es., lo sfruttamento delle miniere di rame presso Stara Zagora, tra le maggiori in Europa; anche la necropoli di Varna ha contribuito a stabilire la lunga fase di passaggio tra Eneolitico e Bronzo antico). Nell’Età del Ferro hanno inizio i contatti con i Greci, che nella Tracia fondano alcune colonie, e si avvia il processo di urbanizzazione.
Di stirpe turca, i Bulgari (propriamente Protobulgari), stanziati a N del Caucaso, verso la fine del 5° sec. erano alleati di Bisanzio contro gli Ostrogoti. Agli inizi del 7° sec. una loro tribù, sotto la guida di Isperich o Asparuch, si insediò in Bessarabia e poi in Dobrugia. Nel 679 l’imperatore Costantino IV Pogonato fu costretto a riconoscere il nuovo organismo politico, che riuniva sotto Isperich anche gli Slavi del basso Danubio. Dopo un periodo di assestamento e di lotte interne, col khān Krum (803-814) la Bulgaria cominciò a espandersi a spese dei vicini, mentre prendeva piede il processo di accostamento fra Bulgari e Slavi cristiani. Solo al tempo di Boris I (852-889) poté concludersi una pace durevole con Bisanzio e i Bulgari si convertirono al cristianesimo, accogliendo il clero bizantino. Questo atto consentiva alla nuova nazionalità slavo-bulgara un ampio sviluppo spirituale, culturale e materiale; se ne videro subito i frutti con Simeone (893-927), che assoggettò quasi tutti i Balcani, dando vita alla Grande Bulgaria. Bisanzio cercò di opporle Russi, Serbi, Croati, Ungari e Peceneghi. Così indebolita e dilaniata dalle invasioni e dalle guerre, la Bulgaria agli inizi del 1019 cadde sotto il dominio bizantino a opera di Basilio II, detto il Bulgaroctono, che divise il Regno di Simeone in 4 temi. Dopo diverse insurrezioni la Bulgaria riacquistò l’indipendenza col re Kalojan (1197-1207) che nel 1201 si rese indipendente da Bisanzio combattendo poi con successo l’Impero latino (1205-07). Quando dal 1350 in poi i Turchi si presentarono sulla scena balcanica la Bulgaria era già in sfacelo; scomparirà sotto i colpi di Bāyazīd I fra 1391 e 1405. Ultimo zar fu Ivan Šišman (1371-91).
Il dominio turco fu per la nazione bulgara un periodo di oppressione e di distacco quasi completo dall’Europa occidentale e solo alla seconda metà del 19° sec. si ebbe una rinascita nazionale. L’insurrezione antiottomana del 1876, grazie all’aiuto russo (guerra russo-turca del 1877-78), si concretizzò nella creazione di un principato autonomo di Bulgaria, tributario della Sublime Porta (trattato di S. Stefano, 1878). Ridotto dal Congresso di Berlino (1878) alla sola sezione settentrionale (Bulgaria propriamente detta) con la sottrazione della Macedonia e della Rumelia orientale, il principato riconquistò quest’ultima nel 1885, dopo una breve guerra con la Serbia. Dopo l’abdicazione del primo principe, Alessandro di Battenberg in seguito alle pressioni russe, nel 1887 fu eletto principe dall’Assemblea nazionale (dal 1879 il principato si era dotato di una costituzione di tipo liberale) Ferdinando di Sassonia Coburgo-Gotha, che nel 1908 proclamò l’indipendenza del paese, assumendo il titolo di zar.
Le persistenti aspirazioni al recupero della Macedonia e a un’espansione verso l’Egeo (Tracia) indussero la Bulgaria a partecipare alle guerre balcaniche del 1912-13 e alla Prima guerra mondiale (dal 1915) a fianco degli Imperi centrali, ma furono in gran parte frustrate. Con il trattato di Neuilly (1919) la Bulgaria dovette anche rinunciare, a vantaggio della Grecia, allo sbocco sull’Egeo ottenuto in Tracia con la pace di Bucarest (1913). L’abdicazione di Ferdinando (1918) a favore del figlio, che salì al trono come Boris III, fu seguita da un periodo di instabilità politica e dall’instaurazione, nella seconda metà degli anni Trenta, di un regime autoritario che aprì la strada all’intervento della Bulgaria (1941) nella Seconda guerra mondiale a fianco delle potenze dell’Asse. Morto Boris III (1943) in circostanze non del tutto chiarite, con il successore Simeone II ancora bambino, lo sviluppo della resistenza interna e l’avanzata delle truppe sovietiche portarono al crollo del regime (1944), alla costituzione di un governo provvisorio da parte del Fronte patriottico (comprendente le forze antifasciste) e alla partecipazione della Bulgaria all’ultima fase della guerra a fianco degli Alleati. Dopo la proclamazione della repubblica (1946) e l’elezione di un’Assemblea nazionale, il trattato di pace del 1947 (Parigi) ristabilì i confini del 1919, riconoscendo, tra le annessioni compiute dalla Bulgaria durante la guerra, solo quella della Dobrugia meridionale. L’affermazione dell’egemonia comunista portò, entro il 1949, alla progressiva soppressione degli altri partiti (sopravvisse, con limitata autonomia, il Partito agrario); nel 1947 con una nuova Costituzione ispirata al modello sovietico la Bulgaria divenne una repubblica popolare, allineandosi anche sul piano internazionale all’URSS. Morto (1949) il vecchio leader G. Dimitrov (primo ministro dal 1946), l’irrigidimento del regime in senso stalinista raggiunse l’acme con i suoi successori V. Kolarov e soprattutto V. Červenkov.
La destalinizzazione, avviata cautamente fin dal 1954 con l’avvento di T. Živkov alla guida del partito, si sviluppò tra il 1956 (destituzione di Červenkov) e il 1962. Nel 1971 Živkov lasciò la carica di primo ministro a S. Todorov e fu eletto presidente del Consiglio di Stato (capo dello Stato). La questione macedone continuò a influenzare negativamente i rapporti con la Iugoslavia, determinando momenti di contrasto e di tensione tra i due paesi. Anche la presenza di una consistente minoranza turca divenne fonte di preoccupazione per le autorità di Sofia, che nel 1984 procedettero a una politica di assimilazione (i diritti della minoranza turca saranno ristabiliti nel 1990) provocando un deterioramento delle relazioni con la Turchia e incidenti nel 1989.
La dissoluzione del blocco sovietico aprì in Bulgaria una complessa fase di mutamento politico. Prima fortemente dipendente dall’URSS sia per gli interscambi commerciali sia per l’approvvigionamento energetico, la Bulgaria risentì grandemente della crisi attraversata dalla Russia postsovietica, dell’instabilità dell’area balcanica e della relativa ‘lontananza’ dell’Europa occidentale in cui il paese aspirava a entrare. Le misure di privatizzazione delle aziende statali e delle terre, di liberalizzazione dei mercati e di riconversione di un obsoleto apparato industriale già orientato alle necessità URSS, intraprese negli anni 1990, subirono numerosi arresti a causa degli elevatissimi costi sociali e del rapido deteriorarsi delle condizioni di vita della popolazione. Ne derivò una grave instabilità politica, caratterizzata dall’alternanza al governo dei socialisti del PSB (Partito socialista bulgaro, erede del vecchio Partito comunista), accusati di voler restaurare il vecchio ordine, e delle nuove forze democratiche di opposizione, divise al loro interno e non in grado di procedere con risolutezza sulla via delle riforme. Il fallimento del tentativo del PSB di governare la ristrutturazione dell’economia portò alla netta affermazione, nelle elezioni politiche del 1997, delle forze di opposizione guidate dal leader dell’UFD (Unione delle forze democratiche) I. Kostov. Il nuovo capo del governo accelerò il processo di liberalizzazione, adottando fra l’altro misure volte a facilitare gli investimenti stranieri. Ciò nonostante, la sua politica accentratrice e l’emergere di fenomeni di corruzione a livello di governo delusero l’elettorato.
Il 2001 vide l'inaspettato successo elettorale del Movimento nazionale, fondato dall'ex re Simeone di Sassonia Coburgo-Gotha, sotto la cui guida si formò un composito governo di coalizione. Nello stesso 2001 le elezioni presidenziali furono vinte da G. Parvanov (rieletto nel 2006), primo socialista tornato ai vertici dello Stato dal 1990. La vittoria del PSB nelle elezioni del 2005 portò a capo del governo S. Staniãev. Entrata nella NATO nel 2004, la Bulgaria ha fatto il suo ingresso nell'Unione europea nel gennaio 2007. Nel 2009 il malcontento determinato dalla grave crisi economica è sfociato nella sconfitta elettorale dei socialisti e nella vittoria del conservatore Partito dei cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (GERB), il cui leader Bulgaria Borisov è divenuto presidente del Consiglio, mentre alle presidenziali tenutesi nell'ottobre 2011 è stato eletto R. Plevneliev, candidato del partito di centro-destra, vincitore al ballottaggio con il 52,6% delle preferenze. Nel febbraio 2013 l'ondata di proteste scatenatasi per il brusco aumento dei prezzi delle risorse energetiche ha costretto Borisov a dichiarare le dimissioni del governo; le consultazioni politiche tenutesi nel maggio successivo, alle quali si è registrato un fortissimo astensionismo, hanno evidenziato una situazione di difficile governabilità, con il partito conservatore al 31,4% e il partito socialista al 27,3%. A due settimane dalle elezioni, grazie a un accordo tra il partito socialista e il partito della minoranza turca Movimento per i diritti e le libertà (DPS), è stato formato un nuovo esecutivo ed eletto come primo ministro P. Oreşarski, ma il clima di forte instabilità politica è perdurato, e nei mesi successivi sono state organizzate numerose manifestazioni di piazza per chiedere le dimissioni del premier, che egli ha rassegnato nel luglio 2014. Le elezioni anticipate tenutesi nell'ottobre successivo hanno comunque confermato il successo del partito conservatore GERB con circa il 33% dei voti (con la riconferma a premier di Borisov dopo le dimissioni di Oreşarski), seguito dal partito socialista e dal Partito della minoranza turca; l'entrata in Parlamento di altre cinque formazioni ha creato di fatto una situazione di difficile governabilità, e il rischio della formazione di un esecutivo troppo debole e frammentato per essere in grado di affrontare le stringenti questioni economico-politiche che agitano il Paese, ciò costringendo il partito conservatore a creare nuove e ampie alleanze per formare un esecutivo stabile.
Il primo turno delle elezioni presidenziali svoltesi nel novembre 2016 ha visto il confronto tra il candidato socialista R. Radev, che ha ottenuto il 25,7% dei consensi, e la candidata del partito conservatore al governo T. Tsacheva, che ha riportato il 22% delle preferenze; al ballottaggio tenutosi nello stesso mese Radev si è aggiudicato il 59,3% dei consensi, subentrando nella carica presidenziale a Plevneliev. A seguito dell'elezione alla presidenza di Radev, candidato dell'opposizione, nello stesso mese Borisov ha nuovamente rassegnato le dimissioni, sostituito ad interim da O.S. Gerdzhikov, aprendo una crisi istituzionale che ha portato all'indizione nel marzo 2017 di elezioni anticipate, il cui esito è stato una nuova vittoria del centrodestra di Borisov, che ha ottenuto il 32% dei consensi contro il 28% aggiudicatosi dal partito socialista, essendo riconfermato nel mandato nel maggio successivo. Un ulteriore consolidamento della leadership dell'uomo politico è emerso dai risultati delle elezioni europee svoltesi nel maggio 2019, alle quali il GERB ha ottenuto il 30,9% dei voti, seguito dall'opposizione socialista (24,2%) e dal partito della minoranza turca DPS (16,3%), mentre le elezioni parlamentari svoltesi nell'aprile 2021 hanno registrato una lieve decrescita dei consensi per il partito del premier (26%) e l'affermazione del neofondato partito antisistema ITN (17,9%), seguito dal Partito socialista (15%). Il mese successivo, constatata l'impossibilità delle tre forze politiche incaricate di formare un nuovo governo, il presidente Radev ha sciolto il Parlamento e fissato nuove elezioni al mese di luglio, affidando la guida di un esecutivo provvisorio a S. Yanev; le consultazioni hanno confermato il perdurare di una situazione di stallo, registrando l'affermazione dei populisti di C’è un popolo come questo (ITN, Ima Takav Narod) di S. Trifonov, che ha ottenuto il 24% circa dei consensi, in sostanziale parità con il GERB di Borisov, mentre il Partito socialista si è affermato come terza forza politica del Paese aggiudicandosi il 13,5% delle preferenze. Non essendo Trifonov riuscito a formare un nuovo esecutivo, nell'agosto 2021 l'incarico è stato affidato al partito GERB, ma a seguito del permanente stallo politico nuove elezioni generali svoltesi nel novembre successivo hanno registrato l'affermazione del neofondato movimento centrista Continuiamo il cambiamento degli imprenditori K. Petkov e A.Vassilev, che ha ottenuto il 26% circa dei suffragi contro il 22,2% aggiudicatosi dal GERB, mentre per la carica presidenziale è stato assegnato un nuovo mandato al presidente uscente Radev. Nel giugno 2022 il parlamento ha approvato il voto di sfiducia all'esecutivo retto dal premier K. Petkov, in carica dal dicembre 2021; alle elezioni politiche svoltesi nell'ottobre successivo, il GERB dell’ex premier Borisov si è imposto con il 25,4% dei consensi. Nel gennaio 2023 il presidente Radev, stante l'impossibilità delle forze politiche di raggiungere un'intesa di governo, ha convocato nuove elezioni per il mese di aprile: la nuova tornata elettorale ha assegnato la vittoria al GERB di Borisov, che ha ottenuto il 26,7%, davanti al blocco riformista (24,7%). Nel mese successivo il GERB ha raggiunto un accordo con le altre forze politiche per formare un governo alla cui guida si alterneranno N. Denkov e M. Gabriel.
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2018 la Bulgaria ha assunto la presidenza del Consiglio dell'Unione Europea.
Chiesa ortodossa di Bulgaria La lotta tra Roma e Bisanzio per l’affiliazione della Chiesa bulgara, apertasi nel momento stesso della conversione dei Bulgari, condusse al riconoscimento della sua autonomia da parte del pontefice prima del 924 e da parte della corte di Costantinopoli nel 945. Quando la Bulgaria perdette l’indipendenza politica, venne meno automaticamente l’autonomia religiosa, che non fu riacquistata neppure sotto il dominio turco, mentre nei periodi di rinascita dello Stato a vita indipendente, l’accostamento a Roma (con Kalojan dal 1204 al 1232, e poi di nuovo nel 1274) rappresentò un mezzo per sottrarsi anche politicamente al dominio bizantino. Nella seconda metà del 19° sec. il movimento di rinascita nazionale si manifestò soprattutto nella lotta contro il patriarcato ecumenico per la sostituzione di una gerarchia e di un clero bulgaro a quelli greci. L’11 marzo 1870 il governo ottomano creò un esarcato bulgaro, indipendente dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che solo nel 1945 ha riconosciuto l’autocefalia della Chiesa bulgara. Dalla fine del 1951, a sottolineare il distacco dal patriarcato ecumenico, fu creato il Patriarcato di Bulgaria, il cui primo patriarca fu eletto il 10 maggio 1953.
Il bulgaro è la lingua slava della Bulgaria che intorno al 9° sec. ha sopraffatto la precedente lingua di tipo turco usata fino allora dai Bulgari. Di tipo bulgaro era anche il paleoslavo che ha le sue radici nella Macedonia meridionale e dal quale dipende la letteratura bulgara del Medioevo. Molto diversa dal paleoslavo è la lingua letteraria bulgara odierna, risalente al principio del 19° sec., che, poggiando sulla lingua parlata, segue nella pronuncia i dialetti bulgari occidentali e nell’accentazione quelli orientali. Gli aspetti più caratteristici del bulgaro moderno sono: la perdita della declinazione; l’uso dell’articolo posposto; e la sostituzione dell’infinito con una proposizione subordinata; la conservazione in alcuni dialetti delle antiche vocali nasali, denasalizzate, con esiti che solo in parte concordano con quelli del serbo; infine i gruppi št, žd per gli antichi tĭ, dĭ, kt′. Solo quest’ultimo tratto è comune al bulgaro odierno e al paleoslavo, mentre la morfosintassi avvicina il bulgaro alle altre lingue balcaniche.
Al bulgaro possono essere attribuiti tutti quei testi paleoslavi redatti nel dialetto bulgaro-macedone dei dintorni di Salonicco. A prescindere da questa attribuzione, la Bulgaria vanta la più antica letteratura slava, quella che, al principio del 10° sec., ha per massimo esponente lo zar Simeone e per principali autori, oltre a Clemente allievo di Cirillo e Metodio, Giovanni l’Esarca, il vescovo Costantino e Černorizec Chrabăr. È una letteratura che dipende strettamente da Bisanzio e si esaurisce quasi completamente in traduzioni di opere religiose, teologiche, didattiche, ma che, in un periodo in cui anche le letterature occidentali sono appena agli inizi, ha il pregio di essere scritta in una lingua nazionale (anche se la stessa, per il suo stile e il suo lessico, non può dirsi popolare) e di essersi irradiata poi, a tappe successive, in tutte le terre slave cristianizzate da Bisanzio.
Seguendo il destino politico della Bulgaria, anche la letteratura bulgara decade nei secoli seguenti, e quando, nel 15° sec., sembrava avviata a un rinnovamento, era già troppo tardi. La Bulgaria, occupata dai Turchi, era condannata a un lungo marasma culturale, sicché i due principali scrittori dell’epoca, G. Camblak e Costantino il filosofo, dovettero svolgere la loro attività in Serbia e in Russia.
Solo nella seconda metà del 18° sec., soprattutto per opera del padre Paisij e di un numero sempre crescente di suoi imitatori, la Bulgaria pose – con la fondazione della prima scuola, la pubblicazione del primo libro d’istruzione elementare, della prima grammatica ecc. – le premesse della rinascita della propria letteratura, basata sulla lingua popolare ormai lontana da quella letteraria. Fino alla liberazione (1878) i temi furono di carattere preminentemente patriottico, oppure, sotto l’influsso russo, sociali: solo C. Botev si solleva con genuino talento al di sopra di una produzione rigidamente utilitaria e funzionale, e solo a I. Vazov, poeta e narratore, è dato di gettare, su larghe basi, le fondamenta della nuova letteratura bulgara, che non si appaga soltanto della fresca immediatezza di un realismo paesano (Baj Ganju di A. Konstantinov), ma muove alla conquista di nuovi paesaggi culturali e spirituali (P. Slavejkov, K. Veličkov, P.K. Javorov).
Nei primi decenni del Novecento, la poesia (K. Christov, N. Liliev, N. Rajnov, E. Bagrjana) ha il predominio sulla narrativa e, più ancora, sulla produzione drammatica. A una maggiore affermazione del racconto (Elin-Pelin, J. Jovkov) si giunge nel periodo tra le due guerre. A partire dal secondo dopoguerra, si affermano il romanzo storico-rivoluzionario (D. Talev, S. Daskalov, S. Dičev, G. Karaslavov), il romanzo attento ai problemi della nuova morale (K. Kalčev, A. Guljaški), una poesia di impronta civile e riflessiva (V. Petrov, P. Patev, D. Metodiev) e infine una drammaturgia centrata sui problemi sociali (con O. Vasilev, K. Zidarov) e aperta a nuove sperimentazioni liriche (I. Radoev, V. Petrov). Da ricordare inoltre il romanzo storico di A. Dončev e la narrativa fantastica di J. Radičkov.
Quando la Prima conferenza nazionale degli scrittori bulgari (1945) impose il realismo socialista, diverse furono le reazioni degli scrittori. Il poeta A. Dalčev (1904-1978) tacque fino alla metà degli anni 1960: la sua lirica fortemente intellettuale e di dolorosa solitudine, mal si accordava con il pathos sociale dominante. A questa esigenza si piegarono invece, anche se per breve tempo, altre voci pure grandi, come quelle di D. Gabe e E. Bagrjana. Presto però la loro poesia tornò ai temi consueti di un io femminile audace e libero; identiche contraddizioni epocali subirono anche i cosiddetti poeti degli anni 1940: a quel periodo risale infatti l’ingresso in letteratura di A. Gerov, V. Chančev, V. Petrov, B. Dimitrova, R. Ralin. Come per molti di costoro, che nell’imperversare dello stalinismo si limitarono a lavori di traduzione, anche le opere di A. Vutimski (pseud. di A. Kocev Vutov, 1919-1943), poeta di essenziale lirismo, furono pubblicate solo quando il Plenum del Partito comunista bulgaro inaugurò nell’aprile 1956 un clima più disteso e tollerante. Debuttò allora la «generazione d’aprile» che impose, soprattutto fra i giovani, una poesia arrabbiata, insofferente ai dogmi, ritmata e da recitare in piazza: P. Penev, con Dobro utro, chora! («Buon giorno, gente!», 1956), L. Levčev con Zvezdite să moi («Le stelle sono mie», 1957), S. Canev e soprattutto K. Pavlov. Dopo le prime due raccolte (Satiri «Satire», 1960 e Stichove «Versi», 1965), Pavlov tornò però nell’ombra per vent’anni. A questi nomi si aggiunge D. Damjanov, considerato una delle voci più autentiche della poesia bulgara. Analogo il percorso della prosa, segnato dalla continuità di alcuni grandi narratori; vanno senza dubbio ricordati i numerosi romanzi di D. Talev, ispirati alla drammatica storia recente del paese, da cui trae materiale anche E. Stanev per Ivan Kondarev (1958) sull’insurrezione del 1923. Emblematico dell’atmosfera di quel periodo è il destino del romanzo Tlutjun («Tabacco») di D. Dimov, uscito nel 1951, censurato dalla critica, rielaborato nel 1954 e pubblicato nella forma originale solo nel 1992.
Negli anni 1960 l’orizzonte letterario sembra circoscriversi al mondo contadino: è il villaggio a fare da sfondo e da protagonista alla prosa di N. Chaitov (Divi raskazi «Racconti selvaggi», 1967). Al villaggio ma senza idealizzazioni, anzi con ironia, hanno guardato pure I. Petrov e, soprattutto J. Radičkov, fine narratore di storie all’apparenza minime, in cui assurdo e grottesco si mescolano per offrirci una sorta di realismo magico balcanico. Nella poesia di quegli anni l’orizzonte si restringe: dopo le brevi composizioni quasi aforistiche di un isolato come N. Kăncev, nasce la ticha lirika «lirica sommessa» di poeti ripiegati sul privato e sul quotidiano. Alla fine degli anni 1970 i versi di M. Baševa e B. Christov, costituiscono quasi il manifesto di una generazione stanca di ideali svuotati dalla retorica. Nella prosa, nomi nuovi sono emersi alla metà degli anni 1980: K. Damjanov, V. Paskov, e I. Kulekov, che ha incontrato ancora difficoltà a pubblicare fulminanti aforismi che dissacrano il potere. Bisogna aspettare i primi mesi del 1989 perché attorno ad alcune riviste dattiloscritte come Glas «Voce» e Most «Ponte» si raccolgano voci nuove, come quelle del critico-poeta E. Sugarev, dei poeti V. Levčev, A. Ilkov, Z. Zlatanov. Dal 1993 attorno al Literaturen vestnik «Giornale di letteratura», fondato nel 1990, si sono raggruppati i cosiddetti novi mladi «nuovi giovani»: B. Penčev, G. Gospodinov, J. Evtimov.
Insediato in una regione ricca di monumenti antichi e paleocristiani, molto più vasto del territorio dell’attuale Bulgaria, l’antico regno bulgaro presenta nelle sue manifestazioni artistiche e architettoniche interessanti e problematici nessi con il mondo tardo antico, sasanide e bizantino: esempi significativi sono la scultura rupestre di Madara (8°-9° sec.), le rovine del palazzo dell’antica capitale Pliska (9° sec.), il tesoro di Nagyszentmiklós (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Nell’architettura religiosa, accanto a chiese di forma basilicale con copertura a volte, troviamo la complessa pianta circolare della famosa chiesa di Preslav (9°-10° sec.); l’interno è spesso rivestito di piastrelle invetriate. Tra il 12° e il 14° sec. numerose sono le chiese a una sola navata, oppure cruciformi d’ispirazione bizantina, spesso a due piani (chiese-mausoleo). Fra i cicli di affreschi ricordiamo specialmente quelli dei SS. Quaranta Martiri di Tirnovo (1230), di S. Pantalemone a Bojana (1259), di S. Giorgio a Sofia (12°-14° sec.).
Dopo la conquista turca (1303) l’arte bulgara non si sviluppò parallelamente a quella dell’Europa occidentale, formulando un suo linguaggio popolare completamente sotto l’influsso dell’arte monastica del monte Athos. Non si costruirono edifici importanti. Molti centri abitati ebbero aspetto turco (Vraca, 17°-18° sec., Berkoviza e Razgrad, 1764; Slatiza, 1777 ecc.). Notevoli alcune costruzioni in legno (Kotel, Drenovo, Trevna), spesso con intagli che mostrano influssi eclettici (turchi, barocchi ecc.).
Dopo la pace di Adrianopoli (1829) l’attività architettonica ebbe un momento di sviluppo: fra le opere più notevoli, la ricostruzione del monastero di Rila (1834-37); anche la pittura religiosa rifiorì e sorsero molte scuole locali che si dedicarono alla decorazione dei nuovi edifici (a Samokov, Razlog e Krušovo). Dopo l’indipendenza (1878) molti artisti si recarono a studiare all’estero, specie in Francia, Germania e Italia. Nel 1896 fu fondata a Sofia una scuola di pittura, poi trasformata (1921) in Accademia di belle arti. Il monumento principale dell’architettura moderna è la cattedrale di Sofia, su progetti del russo A. Pomerancev, riccamente decorata da artisti bulgari e russi. Dagli anni 1940 al 1957-58 l’arte e l’architettura bulgara sono state soggette ai canoni del realismo socialista (Biblioteca e museo di Veliko Tărnovo, in stile pseudorinascimentale). Dopo gli anni 1960 l’arte e l’architettura in Bulgaria si richiamano a tendenze internazionali. Le città si arricchiscono di edifici caratterizzati da uno stile architettonico monumentale, con interni finemente decorati, funzionale a vari usi: teatri, gallerie e musei, centri congressuali, auditorium (Palazzo nazionale della cultura, di A. Barov, 1981). L’architettura dagli ultimi decenni del 20° sec. alterna edifici alti tecnologicamente caratterizzati, a un’edilizia residenziale di piccola scala (case e ville) caratterizzata da richiami a un linguaggio locale tradizionale. Rilevante lo sviluppo turistico e architettonico sulla costa del Mar Nero (La Nave, sede amministrativa della compagnia Bross a Varna, 2005).
L’arte in Bulgaria, come in molti paesi dell’Est europeo, da una parte si indirizza verso la ripresa di motivi tradizionali locali, dall’altra è tesa verso un confronto a livello internazionale. Dagli anni 1960 nella pittura e nella grafica, nella tessitura artistica e nella ceramica, gli artisti hanno sviluppato nuove tendenze e capacità tecniche in linea con gli orientamenti contemporanei; la scultura in piccole dimensioni, in materiali diversi, è divenuta una forma d’arte popolare, sebbene pochi artisti lavorino esclusivamente come scultori, come V. Starčev (n. 1935), G. Čapkanov (n. 1943), S. Kalinov (n. 1944). All’inizio degli anni 1980 sono state create numerose sculture monumentali per le celebrazioni dei 1300 anni dalla fondazione dello Stato bulgaro, come quelle di Starčev a Sofia, di fronte al Palazzo nazionale della cultura (1981), e di K. Damjanov a Šumen (1981) e a Veliko Tărnovo (1985). Negli anni 1990 molti artisti si rifanno a modelli occidentali e, in particolare, statunitensi contemporanei; altri si pongono criticamente di fronte sia alle matrici etniche o nazionali sia alle esperienze internazionali dell’inizio del secolo e alle avanguardie storiche, come avviene nell’opera di S. Milanova (n. 1956) che ha rappresentato la Bulgaria alla Biennale di Venezia del 1993.
A causa della difficile diffusione di mezzi video e di nuove tecnologie e della mancanza di una tradizione sperimentale nell’ambito del film, solo dagli anni 1990 si sono affermate in Bulgaria la videoarte e le videoinstallazioni, attraverso manifestazioni come il Festival internazionale della videoarte di Sofia, inaugurato nel 1999, e l’opera di artisti come V. Zankov, B. Dobrev, B. Dragoeva, K. Serapionov, S. Nikolov, A. Mihailova.
Il ricco e antico patrimonio di musica popolare si è conservato intatto, anzi si è accresciuto, durante i secoli di dominazione turca. Basate sugli antichi modi o lad, le canzoni bulgare (ne sono state raccolte oltre 45.000) sono tutte monodiche, tranne alcune a due voci appartenenti ad alcune regioni della Bulgaria occidentale, e presentano una grandissima varietà di ritmi e di metri. Più antiche devono considerarsi le canzoni fondate sull’intervallo di quarta; più recenti quelle in cui l’intervallo di terza prevale e dove perciò si rivela l’influenza della melodia dell’Europa occidentale.
Nell’Ottocento, con la fine della dominazione turca, comincia a svilupparsi anche in Bulgaria una produzione musicale colta, sia pur limitata all’inizio quasi esclusivamente alla musica corale, data la scarsa pratica strumentale esistente nel paese. In campo vocale si distinguono particolarmente D. Hristov (1874-1941) e P. Pipkov (1871-1942); ma già questi, direttore del coro dell’Opera di Sofia, si fa anche apprezzare per alcuni gradevoli pezzi per pianoforte.
L’affermazione di una scuola strumentale bulgara avviene però soprattutto a opera di G. Atanasov, detto il Maestro (1881-1931), considerato il fondatore del melodramma nazionale, che si perfezionò a Pesaro con Mascagni e fu influenzato dalla scuola verista italiana, rivolgendosi poi al folklore nazionale; Gergana (1917) è il suo capolavoro.
Dopo la Prima guerra mondiale la musica bulgara tende a svincolarsi dal folklore nazionale per dar luogo a una produzione aggiornata quanto più possibile alle contemporanee esperienze della musica europea. Sopra tutti i compositori di questa generazione si distingue L. Pipkov (1904-1974), che ha studiato a Parigi con Dukas, Lefébure e D’Indy, ed è autore di varia musica sinfonica corale e da camera oltre che delle opere I nove fratelli di Jana (1937) e Momchil (1948). Dopo la Seconda guerra mondiale una fiorente scuola di composizione si è venuta formando al Conservatorio di Sofia, attorno alla personalità di P. Vladigherov (1899-1978), pianista e direttore d’orchestra oltre che insegnante e autore dell’opera Zar Kalojan (1936), del balletto La leggenda del lago, e di diversa musica sinfonica e da camera.
Chiesa di Boyana (1979); cavaliere di Madara (1979); chiese rupestri di Ivanovo (1979); tomba tracia di Kazanlăk (1979); antica città di Nesebǎr (1983); Parco nazionale di Pirin (1983); monastero di Rila (1983); riserva naturale di Srebarna (1983); tomba tracia di Sveshtari (1985).