Fisico e matematico (Woolsthorpe, Lincolnshire, 1642 - Londra 1727). Di famiglia agiata ma priva di istruzione, N. fu avviato agli studî dal ramo familiare materno, gli Ayscough (o Askew). Frequentò così la grammar school di Grantham con la prospettiva di iscriversi all'univ. di Cambridge, a cui venne ammesso nel 1661 come subsizar (studente povero). Di carattere scontroso e tormentato, N. non si distinse in modo particolare nella carriera scolastica, anzi si allontanò quasi subito dal corso usuale degli studî per dedicarsi a libere letture. I suoi taccuini di studente attestano che furono proprio queste letture a suggerirgli il nucleo di tutte le sue più importanti scoperte. Nel 1664 lesse le opere filosofiche di Descartes, il Dialogo di Galileo e le più recenti opere di Boyle, raccogliendo le sue riflessioni nelle Quaestiones quaedam philosophiae: in esse troviamo l'abbozzo di una nuova teoria dei colori (il primo risultato creativo di N.) e la scoperta della proporzionalità tra peso e massa dei corpi, che implicava una revisione dell'intera fisica cartesiana. Il 28 apr. dello stesso anno N. sostenne con I. Barrow un esame sulle sue conoscenze matematiche, che risultarono assai scarse (N. non conosceva la geometria euclidea), ma ottenne ugualmente una scholarship al Trinity College. Fu forse in seguito a questo episodio che si dedicò allo studio della matematica, acquistando le Miscellanee di Schooten e la Geometria di Descartes e prendendo a prestito le opere di Wallis. Le note di lettura ricavate dall'Arithmetica infinitorum di Wallis attestano che N. apprese presto il metodo delle serie infinite e che alla fine del 1664 padroneggiava il metodo delle quadrature di Wallis. Nel 1665 N. è già in possesso delle tre regole su cui si fonda il suo metodo di integrazione e della formula del binomio (v. binomio). Le sue intuizioni matematiche sono indubbiamente connesse con i problemi filosofici che contemporaneamente egli stava affrontando nelle Quaestiones. Il metodo delle flussioni nasce dal continuo parallelismo tra quantità fisiche e numeri, tanto che il nuovo calcolo rivela una pregnante capacità di indagine filosofica della natura. Nello stesso anno N. calcolò la forza con cui un globo in rotazione entro una sfera ne preme la superficie, deducendo dalla terza legge di Keplero che le forze che trattengono i pianeti nelle loro orbite devono essere inversamente proporzionali al quadrato delle loro distanze dal Sole. Nel 1666 solo pochi amici (Barrow e John Collins) erano a conoscenza delle scoperte matematiche di N. in campo analitico, giacché egli non aveva pubblicato nulla. Ma questa non fu un'eccezione: fino al 1672 N. non si servì della stampa, e questo periodo, che coincide con il vertice della sua attività creativa, è caratterizzato da numerose opere incompiute, che hanno il fascino dell'innovazione e l'impronta di una grande originalità espositiva. Il primo di questi trattati incompiuti, il De gravitatione et aequipondio fluidorum (1665 circa), è un'ampia disamina filosofica del concetto di spazio, in cui viene criticata la concezione del mondo cartesiana, e l'identità di materia ed estensione su cui tale concezione si fondava. In esso sono presenti argomenti tratti da Gassendi e da More, ma vi è anche abbozzato un metodo di ricerca che abbina la matematica e la filosofia naturale. Inoltre vengono affacciati dubbî sulla possibilità e convenienza di interpretare la natura in modo strettamente e completamente meccanicistico, con motivazioni sia fisiche sia teologiche. La discussione su Dio e sulla sua presenza nello spazio è condotta senza soluzione di continuità rispetto agli argomenti di origine sperimentale. Il trattatello Of colours (1666 circa) sistema e sviluppa la brillante idea sulla natura dei colori e della luce esposta nelle Quaestiones. La teoria meccanicistica ivi proposta (la luce consisterebbe di corpuscoli dotati di diversa velocità o massa, o di entrambe) viene tuttavia abbandonata a favore di una minuziosa analisi sperimentale. N. sta seguendo un metodo affatto nuovo rispetto alla stessa tradizione sperimentale: elabora in modo astratto i dati degli esperimenti sui colori, isolando e controllando con cura le proprietà fisiche e matematiche dei fenomeni osservati, senza preoccuparsi più di avanzare ipotesi meccaniche sulla natura della luce. Questo metodo di ricerca era destinato a convergere necessariamente con quello adottato nel De gravitatione. Nel 1669 N., già fellow del Trinity College, successe a Barrow nella cattedra lucasiana di matematica. L'anno successivo iniziò un corso di lezioni sull'ottica, che scrisse in latino (Lectiones opticae) e ampliò alquanto in una seconda stesura (1672 circa). Le Lectiones opticae costituiscono il primo trattato compiuto di N. e contengono non solo la nuova teoria della luce e dei colori ma anche la proposta di un nuovo metodo di ricerca filosofica. Nel frattempo N. aveva costruito una variante del telescopio a riflessione progettato del matematico scozzese James Gregory (Optica promota, 1663). Nel 1671 Barrow trasmise lo strumento alla Royal Society. L'episodio trasse N. dall'ombra. Non senza ingenuità, N. spedì alla Royal Society una memoria sulla luce e i colori (New theory about light and colours) non dubitando che essa risultasse più gradita dello strumento. La memoria era un sunto dei risultati raggiunti nelle Lectiones opticae, che N. condensò in poche proposizioni, di cui le più significative erano le seguenti: 1) I colori sono proprietà innate e originarie della luce, diverse in raggi diversi. 2) Allo stesso grado di rifrangibilità è associato sempre lo stesso colore e viceversa. 3) La specie del colore e il suo grado di rifrangibilità sono immutabili. 4) Esistono due tipi di colori: gli uni sono originarî (o primarî) e semplici, gli altri composti dei primi. 5) Il colore bianco è sempre composto di tutti i colori primarî mescolati in una proporzione data. 6) Il bianco è il colore usuale della luce. N. sosteneva inoltre che la sua teoria non era un'ipotesi, ma la conseguenza di esperimenti (tra cui il celebre experimentum crucis con i due prismi) che concludevano direttamente e senza sospetto di dubbio. Poiché a ogni colore originario corrisponde un ben determinato valore dell'indice di rifrazione, N. concludeva che la scienza dei colori era divenuta matematica ed era altrettanto certa di ogni altra parte dell'ottica geometrica. La memoria fu pubblicata nel 1672 sulle Philosophical transactions con pochi ma significativi tagli. Questi tagli riguardavano gli accenni al metodo di N. e alla sua proposta di unificare la matematica e la fisica sperimentale e furono quasi certamente fatti in seguito al giudizio sprezzante datone da Robert Hooke, che non vedeva alcun legame di necessità tra gli esperimenti di N. e la sua teoria. La memoria suscitò in breve una coda di lettere polemiche anche sul continente (I.-G. Pardies, F. Hall, noto come Linus, lo stesso Ch. Huygens), a cui N. dovette rispondere. N. rimpianse amaramente di aver pubblicato la memoria e decise di non stampare le sue Lectiones opticae. Negli anni successivi N. si dedicò a esperimenti alchemici e alla stesura di un trattato sull'interpretazione dell'Apocalisse. Ispirandosi agli studî di Joseph Mede, cercò di rinnovare le tecniche di interpretazione delle profezie, utilizzando anche in questo caso un metodo matematico. Questo trattato rimase inedito, e non ha molto in comune con la confusa raccolta pubblicata postuma nel 1733 (Observations upon the Prophecies of Daniel, and the Apocalypse of St. John) e successivamente tradotta in latino. Le conclusioni teologiche di N. erano eterodosse, anche rispetto alla chiesa anglicana: venivano negate la trinità e la divinità del Cristo, l'autorità dottrinale di tutte le Chiese, e l'autenticità di parte delle Scritture. Nel 1679 Hooke, divenuto nel frattempo segretario della Royal Society, chiese il parere di N. sulla propria ipotesi (probabilmente suggeritagli dalla lettura di G. A. Borelli) che l'attrazione tra i pianeti e il Sole fosse inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze, domandando a N. quale traiettoria i pianeti seguirebbero nel caso che l'ipotesi fosse stata corretta. N. non rispose, ma in un breve scritto (On motion in ellipses, 1680 circa) trovò la soluzione del problema di Hooke: la traiettoria sarebbe un'ellisse e il Sole ne occuperebbe uno dei fuochi. Nel 1684, in seguito a una visita di E. Halley, N. diede una nuova sistemazione della meccanica celeste in base alla legge dell'inverso del quadrato (De motu corporum in gyrum). Attratto dal problema, N. si dedicò a un grande trattato in cui esponeva in modo completo le sue scoperte di filosofia naturale. Adottò il metodo, che tante polemiche aveva suscitato presso i filosofi sperimentali, di ridurre la materia fisica a principî matematici. Esso non differiva sostanzialmente da quello usato nei suoi lavori precedenti, comprese le ricerche sull'interpretazione dell'Apocalisse. Nonostante che Hooke rivendicasse a gran voce la priorità della scoperta in base alla sua ipotesi del 1679 e che in seguito a ciò N. fosse quasi sul punto di rinunciare alla stampa del terzo libro, i Philosophiae naturalis principia mathematica uscirono il 5 luglio 1687. I Principia di N. rappresentano il punto più alto raggiunto dalla filosofia della natura del Seicento. I tre libri che lo compongono non sono tuttavia omogenei metodologicamente. Essi sono preceduti dalle definizioni matematiche di materia e di forza (insita, impressa e centripeta), coronate dallo scolio sullo spazio e sul tempo assoluti, veri e matematici, ben distinti dalle loro misure relative e sensibili. Qui N. inserisce il famoso esperimento della secchia piena d'acqua che, sospesa a un filo e fatta ruotare velocemente, dimostra la presenza, nel moto circolare vero o assoluto, di forze di allontanamento dall'asse, rivelate dalla concavità dell'acqua, forze che sono invece nulle nel moto circolare relativo. Gli assiomi, o leggi del moto, sono la formulazione matematica dell'inerzia, già enunciata da Galileo e Descartes in termini fisici. I primi due libri, nonostante le innovazioni, si collocavano facilmente nel solco della meccanica razionale ritenuta da sempre una scienza matematica. Le proposizioni del primo libro dimostrano, in base alle definizioni e agli assiomi premessi all'opera, le leggi del moto planetario, ammessa una forza centrale che agisca secondo l'inverso del quadrato della distanza. Il secondo libro viene dedicato al moto dei corpi nei fluidi, e viene confutata l'ipotesi cartesiana che i pianeti siano trasportati da vortici materiali. Il terzo libro invece riguarda la costituzione dell'universo (De systemate mundi): era perciò un libro "filosofico". Così in esso vengono descritti i moti dei satelliti di Giove e di Saturno, e quelli della Terra e dei pianeti intorno al Sole; viene indicato il modo di calcolare la massa del Sole e dei pianeti conoscendo quella della Terra; vengono calcolate le irregolarità del moto lunare e le maree sono spiegate come un effetto congiunto dell'azione gravitazionale del Sole e della Luna; viene messo a punto un metodo per calcolare, mediante approssimazioni successive, le orbite delle comete, la cui appartenenza al sistema solare viene dimostrata. Nella prima edizione il terzo libro era preceduto da una sezione intitolata Hypotheses, che andavano aggiunte alle Definitiones e agli Axiomata affinché i principî matematici consentissero la discussione della materia fisica. Nella seconda edizione (1713), per evitare l'ambiguità del termine ipotesi, N. introdusse al loro posto (ma il contenuto venne conservato, con la sola eccezione della terza ipotesi sulla possibilità di trasformazione universale della materia) due sezioni: le Regulae philosophandi e i Phaenomena. Le prime verranno considerate il manifesto della ricerca empirica, ma la loro vera origine si trova nelle regole di interpretazione dell'Apocalisse, redatte da N. negli anni Settanta. A questa edizione N. aggiunse anche uno Scolio generale, che contiene un abbozzo delle sue convinzioni religiose e metafisiche, anch'esse radicate nei suoi scritti teologici. Dio è onnipresente nello spazio e nel tempo assoluti in un modo che a noi sfugge, ma questa sua presenza nel mondo è rivelata dall'esistenza di leggi non meccaniche, come la gravitazione, dall'ordine e dalla bellezza dell'universo, nonché dalle cause finali. Con i Principia si concluse la grande fase creativa della ricerca di Newton. La pubblicazione dell'Opticks (1704) fu ritardata fino alla morte di Hooke, ma era già pronta da molto tempo. In appendice all'Opticks comparvero due opuscoli matematici, che esponevano il metodo delle flussioni di N. trovato negli anni Sessanta. Nel 1705 una recensione negli Acta eruditorum, anonima ma certamente di Leibniz, sembrava suggerire che il metodo delle flussioni fosse semplicemente una trasposizione dell'analisi infinitesimale di Leibniz. Come esempio di applicazione delle flussioni venivano indicati i Principia, che erano posteriori di tre anni alla Nova methodus pro maximis et minimis di Leibniz. La recensione rivendicava quindi una priorità nella scoperta del calcolo, ma non insinuava alcun sospetto di plagio. La risposta tardò qualche anno, ma fu molto dura. Nel 1710 le Philosophical transactions pubblicarono una memoria di Keill, che conteneva un'accusa di plagio nei confronti di Leibniz. Wallis aveva infatti pubblicato le lettere di N. sul calcolo, e non v'era dubbio che il metodo delle flussioni fosse stato inventato per primo da N.; ma c'era di più: "... la stessa aritmetica tuttavia, mutati solo il nome e le notazioni, era stata pubblicata da Leibniz negli Acta Eruditorum". Leibniz, che era socio della Royal Society, chiese spiegazioni e ci fu uno scambio di lettere che invelenì gli animi. Per dirimere la disputa, la Royal Society nominò una commissione che si pronunciò nel 1712 a favore di N., auspicando la pubblicazione dei documenti originali. Il volume, che raccoglieva documenti e lettere di Barrow, Collins, Wallis, N., Leibniz in ordine cronologico, uscì l'anno seguente con il titolo Commercium epistolicum D. Johannis Collins et aliorum de analysi promota. N. stesso ne fece una recensione nel 1715 sulle Philosophical transactions. Questa recensione contiene anche un confronto tra la filosofia di N. e quella di Leibniz, assai più utile per comprendere il pensiero del primo della sterile disputa sul calcolo. Leibniz, che aveva già diffuso una charta volans con un giudizio di G. Bernoulli a lui favorevole, mandò a S. Clarke una prima lettera critica sulla filosofia newtoniana. Ne seguì un'altra polemica epistolare per interposta persona, giacché Clarke fece da prestanome a N., che non voleva scrivere personalmente a Leibniz. Lo scambio epistolare mise in luce i tratti caratteristici della filosofia della natura newtoniana intorno ai concetti di gravitazione, spazio, tempo, natura e divinità. Altre polemiche segnarono gli anni del declino. Nel 1723 si sviluppò un'accesa disputa intorno a un estratto di N. sulla cronologia degli antichi imperi, trasmesso dall'abate Antonio Conti all'Académie des inscriptions di Parigi, che l'aveva pubblicato. Nonostante le dispute, N. continuò ad essere attivo: lo attestano le numerose queries aggiunte alla seconda edizione inglese dell'Opticks (1717), che propongono all'esame sperimentale varî interrogativi sull'etere e sullo "spirito elettrico" per la spiegazione dei fenomeni del microcosmo e della struttura della materia - un tema abbozzato da N. fin dal 1675 e ripreso in un'appendice inedita alla seconda edizione dei Principia (1713) - e la grande massa dei manoscritti religiosi ed eruditi che N. continuò a rielaborare per tutta la vita. Ricordiamo qui di seguito alcune locuzioni relative a leggi, scoperte, teorie legate, nei varî campi, al nome di Newton. ▭ Anelli di N.: figura di interferenza ad anelli alternativamente luminosi e oscuri che si produce al contatto di una superficie riflettente piana con una superficie rifrangente sferica (v. interferenza: Interferenza della luce). ▭ Disco di N.: disco dalla periferia opportunamente colorata, realizzante il diagramma cromatico con cui N. sperimentò la sua teoria sulla composizione dei colori (v. cromatica). ▭ Formula di N. sull'attrito interno nei fluidi: v. attrito: Attrito interno. ▭ Formula del binomio o di N.: v. binomio. ▭ Formula del diottro di N.: altro nome dell'equazione del diottro (v.) sferico. ▭ Formula di interpolazione di N.-Gregory: v. interpolazione. ▭ Identità di N.: relazioni che intercorrono tra i coefficienti di un'equazione algebrica e le somme delle potenze simili delle radici: v. radice. ▭ Legge del raffreddamento di N.: legge approssimata che regola il passaggio di calore da un corpo al fluido circostante, a temperatura inferiore, in cui esso sia immerso (v. raffreddamento: Fisica). ▭ Legge universale di N.: denominazione con cui talora è ricordata la legge della gravitazione universale (v. gravitazione: Fisica). ▭ Metodo di N.-Fourier, o metodo delle tangenti: procedimento iterativo che permette di approssimare numericamente le radici reali di un'equazione (v. numerico: Calcolo numerico). ▭ Parabole cubiche di N.: i cinque tipi di curve del terzo ordine, secondo la classificazione di N. (v. cubico). ▭ Principî di N.: sono così brevemente indicate le tre leggi fondamentali della dinamica, per le quali v. dinamica; in particolare per la terza di tali leggi, il principio di azione e reazione, v. anche azione. ▭ Telescopio di N. o telescopio newtoniano: v. telescopio. ▭ Tubo di N.: tubo in cui si pratica il vuoto, usato per esperienze sulla caduta dei gravi nel vuoto, e precisamente per verificare l'indipendenza del tempo di caduta dalla massa e dalla forma del corpo.