Acceleratore di particelle cariche pesanti (protoni, particelle α ecc.). Il primo esemplare, ideato (1930) e realizzato (1931) da E.O. Lawrence, forniva protoni di 80 keV.
Il c. (v. fig.) consiste di due scatole metalliche semicircolari (D1, D2) contenute in un recipiente chiuso, nel quale si pratica il vuoto, tra i poli di un potente elettromagnete; al centro dell’intercapedine tra le due scatole si trova la sorgente (S) di particelle. Un oscillatore mantiene tra i bordi affacciati delle scatole un campo elettrico oscillante ad alta frequenza (qualche MHz). Consideriamo per es. un protone in S e supponiamo che a un certo istante il campo elettrico sia diretto da D2 verso D1 e abbia il suo massimo valore in modo che il protone sia attratto dalla scatola D1 (nel cui interno non c’è campo elettrico); per effetto del solo campo magnetico (perpendicolare al piano del disegno, v. fig.) il protone si muove con velocità costante su una traiettoria circolare il cui raggio è proporzionale, a parità di altre condizioni, alla velocità v del protone. Se la frequenza del campo elettrico è tale che il campo s’inverte nello stesso tempo (indipendente, in tale caso, dal raggio) che il protone impiega a descrivere una semicirconferenza all’interno di ciascuna scatola, esso, uscendo da D1, viene nuovamente accelerato dal campo, che ora è diretto da D1 verso D2. Continuando questo processo, la traiettoria risulta una «spirale» di raggio crescente (tratteggiata, v. fig.). Quando essa si è allargata tanto da giungere sulla periferia delle scatole, un campo elettrico prodotto da un elettrodo deflettore E attrae il protone che, attraversata la parete della scatola, prosegue in linea retta con l’energia posseduta al momento di uscire dal ciclotrone. Come si dimostra, tale energia risulta inversamente proporzionale alla massa della particella e direttamente proporzionale al quadrato della carica, al quadrato del raggio massimo della traiettoria e al quadrato dell’induzione magnetica: ciò equivale a dire che un c. è tanto più potente quanto più potente e grande è l’elettromagnete. In realtà, un limite all’energia ottenibile è posto dall’aumento relativistico della massa con la velocità che determina uno sfasamento tra l’oscillazione del campo elettrico e il moto della particella. Le energie massime ottenibili con i moderni c. per protoni vanno da qualche decina a qualche centinaio di MeV. Lo sfasamento anzidetto può essere corretto con due sistemi: o variando nel tempo la frequenza del campo acceleratore o dando al campo magnetico valori crescenti in senso radiale. Il primo metodo, che è impiegato nel sincrociclotrone (➔), permette di raggiungere energie molto elevate, ma ha l’inconveniente che l’intensità del fascio delle particelle accelerate è bassa. Con il secondo metodo, in cui la frequenza del campo acceleratore viene mantenuta fissa, la variazione del campo magnetico in senso radiale produce una defocalizzazione degli ioni, che viene però compensata con una opportuna modulazione del campo magnetico stesso in senso azimutale, cioè nella direzione della velocità delle particelle; i c. di questo tipo richiedono particolari cure per la costruzione dei magnete, ma hanno il vantaggio di fornire intensi fasci di particelle a elevata energia e hanno una grande flessibilità di impiego per la possibilità di variare facilmente il valore dell’energia finale.
Frequenza di c. La frequenza νc = qB/2πm del moto circolare uniforme di una particella di massa m e carica elettrica q in un campo magnetico trasversale uniforme di induzione B, in quanto coincide con la frequenza del moto delle particelle in un ciclotrone.