vaccino Preparazione rivolta a indurre la produzione di anticorpi protettivi da parte dell’organismo, conferendo una resistenza specifica nei confronti di una determinata malattia infettiva (virale, batterica, protozoaria). In origine, il termine designava il vaiolo dei bovini (o vaiolo vaccino) e il pus ricavato dalle pustole del vaiolo bovino (pus vaccinico), impiegato per praticare l’immunizzazione attiva contro il vaiolo umano.
I v. si dicono mono-, bi-, tri- e polivalenti secondo che siano rivolti a prevenire una specifica malattia infettiva (o, talora, parassitaria), oppure due, tre o più affezioni, inducendo una condizione di immunità attiva.
Il principio dell’azione della vaccinazione risiede in meccanismi fisiologici che sfruttano principalmente il concetto di memoria immunologica. Si distinguono vaccinazioni preventive o profilattiche, volte a prevenire le malattie infettive e parassitarie; vaccinazioni terapeutiche o curative, impiegate in talune patologie, specialmente nel passato, allo scopo di attivare la risposta anticorpale; vaccinazioni desensibilizzanti, impiegate per controllare patologie dovute a fenomeni di ipersensibilità.
La scoperta della proprietà immunizzante della vaccinazione risale a E. Jenner, il quale dimostrò come una lieve infezione prodotta dal virus del vaiolo vaccino fosse in grado di proteggere da quella, molto più grave, prodotta dal virus del vaiolo umano. Successivamente, nel 1880, L. Pasteur dimostrò con colture avirulente dei microrganismi responsabili del colera dei polli che lo stesso principio era valido per instaurare la resistenza contro le infezioni batteriche e chiamò v. la coltura batterica attenuata. Questa scoperta permise a Pasteur e collaboratori di preparare v. contro altre malattie infettive (carbonchio, rabbia ecc.).
Grazie all’introduzione delle vaccinazioni e alla produzione di v. specifici, numerose malattie batteriche, ma soprattutto virali, possono essere controllate. Dopo il successo della vaccinazione mondiale contro il vaiolo, che ha portato all’eradicazione di questa malattia (l’ultimo caso è stato descritto nel 1977), l’Organizzazione mondiale della sanità nel 1988 ha selezionato la poliomielite come la successiva malattia da eradicare a livello globale. L’incidenza della malattia all’inizio del 21° sec. va in effetti progressivamente diminuendo e aree sempre più vaste ne sono state dichiarate esenti (nel 1994 il continente americano, nel 2000 le regioni del Pacifico occidentale, nel 2002 il continente europeo). In molti paesi campagne analoghe sono state lanciate contro difterite, tetano, morbillo. Per quanto riguarda la politica vaccinale, esistono notevoli differenze fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. In questi ultimi, date le difficoltà che si incontrano da un punto di vista organizzativo e ambientale, si cerca, se non l’eradicazione completa di talune malattie, quanto meno il loro controllo.
Le modalità della vaccinazione dipendono da talune caratteristiche farmacologiche dei v. e fondamentalmente tendono a realizzare una risposta immunitaria il più possibile completa ed efficace. La via di introduzione è generalmente parenterale per iniezione sottocutanea per garantire la massima permanenza locale che assicura un assorbimento lento. Deroghe a questo principio vengono fatte impiegando la somministrazione intramuscolare, per i v. che possono dare effetti secondari locali, od orale, per i v. viventi i cui componenti patogeni seguono questa via di penetrazione. I v. orali e quelli somministrati per via nasale rappresentano una possibile alternativa anche per ovviare al problema delle iniezioni multiple. Oltre a rendere la somministrazione meno traumatica, aumentano le difese indotte dai v. stessi anche a livello delle mucose, dove avviene di solito il primo contatto con l’agente infettivo.
Lo studio delle modalità di interazione fra antigeni e cellule immunocompetenti ha portato a considerare il numero delle dosi e l’intervallo di tempo che deve intercorrere fra esse come parametri importanti per potenziare l’intensità della risposta immunitaria. Nella pratica, per i v. vivi attenuati si impiega una sola somministrazione con l’eccezione della vaccinazione con poliovirus che viene effettuata con 3 dosi. Per i v. inattivati si praticano, di solito, 2 somministrazioni a distanza di 6-8 settimane, e una eventuale terza dose dopo 6-12 mesi; le tre dosi costituiscono il ciclo base cui possono seguire somministrazioni ulteriori (richiami). Per limitare il numero delle vaccinazioni richieste, la ricerca punta sullo sviluppo di v. combinati.
L’efficacia della vaccinazione dipende non solo dalla immunogenicità del v. ma anche dalla risposta del soggetto che è massima fino all’età prepuberale. Quindi le vaccinazioni dovrebbero essere attuate prima di questa età, in soggetti in buone condizioni di salute e non in trattamento con farmaci che interferiscano con la risposta immunitaria. I v. possono presentare effetti indesiderati, distinguibili in incidenti (episodi gravi, a carattere epidemico, quasi sempre imputabili al v. per errori di preparazione, conservazione, somministrazione ecc.), effetti collaterali e secondari (dovuti a proprietà intrinseche dei v.), intolleranze (manifestazioni dovute a incapacità del soggetto a tollerare l’infezione locale provocata da v. attenuati) e complicazioni (manifestazioni cliniche che non dipendono eziologicamente dalla vaccinazione, ma da questa messe in evidenza o aggravate poiché preesistenti, contemporanee o successive).
I v. classici vengono classificati in tre raggruppamenti: v. costituiti da microrganismi vivi, v. costituiti da microrganismi uccisi e v. costituiti da immunogeni purificati.
I v. costituiti da microrganismi vivi utilizzano un ceppo attenuato del patogeno originale in grado di replicarsi e d’indurre una risposta immunitaria nell’ospite senza determinare la malattia. Essi tendono a riprodurre l’infezione naturale e inducono un’immunità duratura. L’attenuazione consiste nel passaggio degli agenti patogeni in specie animali o in colture cellulari da esse provenienti diverse dal loro ospite naturale, passaggio che determina la perdita completa e irreversibile della virulenza.
I v. costituiti da microrganismi uccisi sono preparati da organismi inattivati, stimolano il sistema immunitario del vaccinato, ma non si replicano nell’individuo ospite. In generale, con questo tipo di v., per ottenere risposte immunitarie efficaci si richiedono dosi più elevate e la protezione può essere meno duratura.
Il gruppo dei v. costituiti da immunogeni purificati riunisce quelli costituiti da sostanze batteriche o virali purificate e detossicate, che siano capaci da sole d’indurre una risposta immunitaria protettiva.
Accanto ai v. classici, sono stati più recentemente preparati, grazie ai progressi nel campo della biologia molecolare (DNA ricombinante ecc.), v. sintetici, costituiti da catene peptidiche con specifica attività antigenica ottenute in laboratorio e inserite nella catena polipeptidica di una proteina di trasporto (che imprime al prodotto un potere immunogeno); la progettazione dei v. sintetici mira a evitare gli inconvenienti che si lamentano con i v. naturali, ad ampliare il ventaglio dei trattamenti profilattici e a ridurre i costi di produzione.
La lotta contro difterite e tetano è tra i successi principali nel campo delle vaccinazioni. I v. sono basati sulla somministrazione della rispettiva tossina inattivata (anatossina) che è in grado di far produrre anticorpi antitossici. Nella difterite e nel tetano, infatti, tutta la sintomatologia morbosa si può far risalire all’azione della tossina prodotta dal batterio responsabile: ne consegue che la presenza di anticorpi contro la tossina è sufficiente a prevenire qualsiasi segno della malattia.
Il v. per l’epatite B è stato messo a punto con le più recenti tecniche d’ingegneria genetica. L’agente immunizzante è rappresentato da una proteina purificata dell’involucro virale. Non completamente nota fino a oggi è la durata della protezione conferita.
Il v. contro l’influenza è costituito da virus influenzali inattivati. La variazione antigenica dei virus influenzali, così come la breve durata dell’immunità indotta dal v., richiede che i gruppi a rischio siano sottoposti a vaccinazione ogni anno. Infatti ogni autunno la composizione del v. viene cambiata per includere i ceppi ritenuti importanti nell’epidemia dell’inverno successivo.
Con tecniche di ricombinazione genetica è stato messo a punto un v. contro la malattia di Lyme, determinata da Borrelia burgdorferi.
Il v. contro morbillo, parotite, rosolia è un v. combinato costituito dai virus vivi e attenuati responsabili delle tre malattie. Riveste notevole importanza per i vantaggi che risultano dalla prevenzione delle complicanze delle malattie nel corso di morbillo e parotite, e dall’eliminazione dei casi di embrio-fetopatia dovuti a rosolia contratta nel primo trimestre di gravidanza. Una sola dose di questo v. è sufficiente a conferire un’immunità duratura. È pressoché privo di effetti collaterali.
Il v. del papilloma virus è diretto contro 4 ceppi dell’HPV (Human papilloma virus) , la cui infezione è fortemente associata al cancro della cervice uterina.
Il v. a cellule uccise contro la pertosse ha ridotto notevolmente la frequenza dell’infezione. Le reazioni provocate da questo v. sono relativamente frequenti, anche se nella maggior parte dei casi risultano di modesta entità. V. antipertosse acellulari costituiti da componenti purificate e detossicate del batterio sono considerati efficaci e sembrano essere associati a un numero inferiore di effetti collaterali.
La profilassi attiva della poliomelite si avvale di due tipi di v., uno costituito da poliovirus inattivati messo a punto nel 1955 da J.E. Salk e uno a base di poliovirus vivi e attenuati secondo la preparazione di A.B. Sabin disponibile dal 1962. È soltanto con quest’ultimo tipo di v., che è quello attualmente più in uso, che si è avuta l’eradicazione della malattia nei paesi sviluppati. Si tratta di un v. vivente che, somministrato per via orale, provoca un’infezione inapparente del tutto simile a quella che si verifica in condizioni naturali. La protezione conferita è considerata permanente.
L’infezione da rotavirus costituisce nei bambini la causa più comune di diarrea gravemente disidratante, ed è associata a mortalità e morbosità elevatissime (900.000 morti ogni anno ca., la maggior parte nei paesi in via di sviluppo). Un v. orale (costituito da virus vivo attenuato, isolato da scimmie Rhesus e denominato RRV) è stato provato sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo dimostrando un’efficacia di circa l’80% nei confronti della forma grave e del 50% nei confronti di tutte le infezioni da rotavirus.
Il batterio Streptococcus pneumoniae è responsabile di molti casi di polmonite, batteriemia, meningite e otite media. Il v. esistente ha il comportamento tipico dei v. polisaccaridici, i quali esplicano un’azione protettrice negli adulti ma non nei bambini sotto i 2 anni di età, a causa di un’incompleta risposta immunitaria. I progressi su un nuovo v. seguono la strategia dei v. coniugati in modo da rendere l’antigene riconoscibile da parte del sistema immunitario pure nei soggetti di età inferiore ai 2 anni.
Il v. antitubercolare BCG (Bacillo di Calmette e Guérin) è costituito da un ceppo batterico vivente e attenuato che induce immunità nei confronti del micobatterio tubercolare. Sebbene sia ampiamente usato in tutto il mondo e la sua totale sicurezza sia riconosciuta, la sua efficacia è ancora controversa.
Il v. contro la varicella è costituito da un virus vivente attenuato coltivato su cellule diploidi umane. In varie prove cliniche controllate l’efficacia è stata stimata intorno al 100%. Il v. deve essere utilizzato nei bambini immunocompromessi ad alto rischio di varicella grave dove induce immunità sufficiente per prevenire o contenere le conseguenze della malattia. Il v. contro la varicella è disponibile da solo o in combinazione con i v. contro il morbillo, la rosolia e la parotite.
La ricerca sui v. si muove lungo due direttrici principali. La prima riguarda la messa a punto di v. attivi su patogeni nuovi o su patogeni per i quali in passato non era stato possibile allestire un v. sufficientemente efficace e innocuo. La seconda è volta al miglioramento della formulazione e del modo di somministrazione dei v. già esistenti. Verso la fine degli anni 1970 l’avvento della biologia molecolare dei batteri e dei virus e i progressi delle tecniche d’ingegneria genetica hanno fatto sperare in rapidi passi avanti nel campo delle vaccinazioni. Quest’ottimismo era sostenuto dal successo del v. contro l’epatite B, nel quale l’agente immunizzante è una proteina dell’involucro virale sintetizzata con i metodi del DNA ricombinante. Questa tecnica si basa sull’identificazione della struttura della proteina immunogena per risalire quindi all’identificazione del gene che è preposto alla sintesi della proteina stessa. I v. ottenuti con questa tecnica sono quindi potenzialmente più sicuri dal momento che contengono soltanto i determinanti immunogenici importanti del patogeno e sono privi di tutti gli altri prodotti cellulari potenzialmente dannosi. La messa a punto del v. antiepatite B è stata peraltro possibile perché era noto quale antigene forniva immunità protettiva e quale era il meccanismo dell’immunità protettiva.
Una delle sfide più importanti per la ricerca scientifica attuale è l’individuazione di un v. contro il virus HIV, agente responsabile dell’AIDS. La richiesta di un v. per questa malattia è d’importanza tale da attribuire alla sua scoperta addirittura un valore potenzialmente risolutivo per l’intero problema. La ricerca è complicata da una serie di fattori: l’identificazione precisa della risposta immunitaria correlata con la protezione nell’infezione da HIV; la diversità genetica dell’HIV, la quale richiede che un v. efficace sia formulato tenendo in considerazione molti ceppi virali diversi; i modelli animali usati per testare i v. anti-AIDS, che hanno notevoli limitazioni. Per la maggior parte, i v. anti-AIDS sviluppati finora sono versioni modificate con ingegneria genetica di proteine di superficie del virus e non contengono materiale genetico di HIV.
I programmi d’immunizzazione generalizzata sono diretti alla popolazione pediatrica. Gruppi selezionati di adulti rappresentano popolazioni bersaglio di alcune vaccinazioni. Sono obbligatorie per tutti, in Italia, le vaccinazioni contro la difterite, il tetano, la poliomielite, e dal 1991 contro l’epatite B (la vaccinazione antivaiolosa è stata sospesa nel 1977 e abrogata nel 1981). Obbligatorie per speciali categorie di persone sono le vaccinazioni antitubercolare, antirabbica, antitifoidea e antimeningococcica. Facoltative quelle contro la pertosse, il morbillo, la rosolia e l’influenza. La vaccinazione antitubercolare è obbligatoria per i parenti o coabitanti di tubercolotici, i lavoratori ospedalieri, gli studenti di medicina. La vaccinazione antirabbica è indicata nei soggetti morsi da animali rabidi o sospetti tali. La vaccinazione contro la febbre tifoide è invece obbligatoria per gli addetti ai servizi di cucina e lavanderia degli ospedali e di tutti gli impianti pubblici, e per chi lavora nell’ambito dell’approvvigionamento idrico e della depurazione delle acque, dei servizi di raccolta e smercio del latte, di produzione, vendita e trasporto di alimenti e bevande. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata per le persone anziane e per individui con malattie croniche degli apparati cardiocircolatorio o respiratorio.