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epidemia

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fig.1

Manifestazione collettiva d’una malattia (colera, influenza ecc.), che rapidamente si diffonde fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto in dipendenza da vari fattori, si sviluppa con andamento variabile e si estingue dopo una durata anche variabile (fig.1). Quanto alla provenienza, le e. si distinguono in importate e autoctone. Per l’Italia e l’Europa, per es., sono e. importate quelle di morbi esotici (peste, colera ecc.). Le e. si propagano per contagio diretto (malato, convalescente o portatore sano), o indiretto (oggetti infetti, pulviscolo atmosferico, acqua, insetti vettori ecc.). Le cause indirette possono essere individuali od organiche, climatiche o stagionali ecc. L’omologo dell’e. negli animali è l’ epizoozia (o enzoozia), nelle piante, l’ epifitia.

L’ epidemiologia è la parte dell’igiene che studia il ritmo con cui si manifestano le malattie e le condizioni che favoriscono od ostacolano il loro sviluppo. Costituisce la base per una razionale profilassi. Le malattie infettive costituiscono la parte più interessante dell’epidemiologia che presuppone la conoscenza della eziologia e patogenesi delle malattie, delle condizioni organiche, ambientali, demografiche e sociali che possono costituire cause di predisposizione, del comportamento degli agenti morbigeni, nell’ambiente. Tuttavia, ha acquisito notevole interesse la patologia non infettiva: malattie degenerative, tumori, traumi. Le malattie cardiovascolari raggiungono quasi la metà della mortalità totale e se a esse si sommano le malattie tumorali se ne raggiungono i 2/3 circa. Questi rilievi epidemiologici non rappresentano solo un fatto statistico, ma spesso costituiscono una guida all’interpretazione patogenetica, permettendo l’individuazione di fattori causali e di importanti fattori di rischio sfuggiti ad altre indagini. In larga misura a osservazioni epidemiologiche si deve la maggiore importanza attribuita, nel campo dei tumori, ai fattori esterni all’organismo (ambiente fisico e sociale, abitudini di vita e alimentari ecc.), alla base delle variazioni di suscettibilità osservate nelle popolazioni immigrate rispetto a quelle proprie dei paesi di origine.

fig

Lo studio di una data malattia in rapporto a una popolazione può essere condotto valutandone il numero di nuovi casi in un determinato intervallo di tempo ( tasso di incidenza) e il numero totale di casi, vecchi e nuovi, osservabile in un certo tempo ( tasso di prevalenza): questo metodo, alla base della cosiddetta epidemiologia descrittiva, consente di rilevare in termini statistici la frequenza e la distribuzione nei vari strati della popolazione dei diversi fenomeni morbosi. Le indagini tese a individuare le relazioni causali tra una data malattia e i numerosi fattori individuali e ambientali che ne favoriscono lo sviluppo ( epidemiologia analitica), consentono di valutare i fattori di rischio e mettere in atto i provvedimenti adeguati per eliminarli o evitarne l’azione. (v. .) La diffusione capillare dell’assistenza sanitaria sotto il controllo statale ha dato un notevole impulso agli studi della epidemiologia sperimentale, volta a studiare su larghi strati della popolazione i risultati di determinati provvedimenti (per es., una vaccinazione). Il complesso di questi studi ha consentito non solo di acquisire importanti elementi di interesse statistico-sanitario, ma anche di recare molto spesso utili contributi alla conoscenza dell’eziologia di determinate forme morbose e all’individuazione di fattori di ordine clinico-biologico, incidenti negativamente sul piano sociale ed economico.

Il quadro generale della morbilità e della mortalità, emerso dalle ricerche epidemiologiche effettuate nei paesi a più elevato sviluppo socioeconomico, era caratterizzato da una netta diminuzione delle malattie infettive e dall’aumento di quelle degenerative, cardiovascolari, neoplastiche, traumatiche. Alla fine del 20° sec., tuttavia, si è notato nelle popolazioni occidentali una notevole ripresa delle patologie infettive, non prevedibile in base ai correnti dati epidemiologici, tanto che è stata coniata la locuzione ‘malattie infettive emergenti e riemergenti’ (aumento dei casi di tubercolosi, gravi epidemie da Escherichia coli, diffusione dell’AIDS ecc.). Le cause di questo fenomeno sembrano potersi individuare, da un lato, nella diffusione di agenti patogeni divenuti resistenti alla maggior parte degli antibiotici e dei chemioterapici, dall’altro, nelle diminuite difese immunitarie individuali e negli squilibri demografico-ambientali (massiccio incremento dell’immigrazione).

Vedi anche
influenza Malattia infettiva acuta e contagiosa, endemica ed epidemica, causata da particolari virus (virus influenzali) di cui sono stati finora individuati un tipo A (1933), un tipo B (1940) e un tipo C (1950), nonché numerosi sottogruppi. Di tali virus, il tipo A sembra responsabile delle forme più gravi e ... igiene Ramo della medicina che mira alla salvaguardia dello stato di salute e al miglioramento delle condizioni somatiche e psichiche, mediante lo studio e il suggerimento delle misure di protezione sanitaria dei singoli individui (i. individuale o i. privata) e delle popolazioni (i. pubblica), con riferimento, ... zoonosi Malattie che possono essere trasmesse naturalmente dagli animali vertebrati all’Uomo e viceversa. Accanto a questo termine, onnicomprensivo, ne esistono altri, usati a volte in sinonimia, aventi significato più esplicativo e/o limitato: antropozoonosi (malattie trasmesse all’Uomo dagli altri vertebrati), ... carestia Mancanza o grave scarsità di derrate alimentari con conseguente incremento della mortalità dell’intera popolazione dell’area colpita, o di particolari gruppi all’interno di essa. Tra le principali cause di c. ricorrono siccità, inondazioni, epidemie, malattie di piante e animali, guerre. L’evoluzione ...
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