vaiolo medicina Malattia infettiva acuta, contagiosa ed epidemica, di natura virale, caratterizzata da un tipico esantema vescicolopustoloso. Può colpire, oltre l’uomo, diversi animali, nei quali, a seconda della specie, riveste carattere ora minaccioso, ora mite. Il v. umano e quello animale sono provocati da virus distinti ma appartenenti allo stesso gruppo (Poxvirus). Il v. è stato uno dei morbi più devastanti nella storia dell’uomo (in circa 13 secoli ha ucciso più di un miliardo di persone, per lo più bambini in tenera età), ma, grazie agli sforzi compiuti dall’Organizzazione mondiale della sanità, è stato eradicato.
Il v. e alcuni metodi per combatterlo sono descritti in testi medici sanscriti e la sua presenza nel subcontinente indiano sembra accertata da alcune migliaia di anni. Secondo alcuni autori, certe stimmate sulla pelle delle mummie egiziane potrebbero esser state causate dal v.; tuttavia nessuna fonte greca, romana o egiziana parla della malattia. Nel mondo occidentale la prima descrizione accurata risale al 930 d.C. ed è di Rhazes, medico a Baghdad. Un’epidemia verificatasi in Siria intorno al 300, tuttavia, potrebbe essere stata di v., e quasi certamente la malattia si diffuse alla Mecca fra il 569 e il 571, decimando un esercito di abissini che assediavano la città. Il v. si diffuse durante l’Alto Medioevo nel mondo arabo e da qui nel Nord Africa e in Spagna fino ai Pirenei. I crociati lo reintrodussero poi periodicamente in Europa di ritorno dal Medio Oriente. Nel 1518 la malattia fece la sua prima comparsa nel Nuovo mondo fra gli abitanti dell’isola di Hispaniola, portata forse da alcuni schiavi africani arrivati al seguito degli Spagnoli. Nel 1520 l’epidemia scoppiò in Messico con l’arrivo delle truppe spagnole di Pánfilo de Narváez. La metà degli abitanti aztechi di Tenochtitlán (od. Città di Messico) morì di v. durante l’assedio degli Spagnoli, che nel 1521 riuscirono a conquistare la città stremata dall’epidemia con un esiguo contingente di armati. Dal Seicento il v. colpì ripetutamente tutti i paesi del mondo abitato. La malattia diventò endemica, uccidendo periodicamente centinaia di migliaia di persone. In circa due secoli si stima che il v. abbia colpito all’incirca l’80% dell’intera popolazione europea, con una mortalità variabile dal 20 al 40%.
La medicina occidentale era impotente di fronte alla malattia, quindi non esistevano veri e propri metodi di cura. Si prescrivevano diete, si tenevano le navi in quarantena, si vietavano spostamenti e contatti fra le persone in periodo di contagio. Dalla constatazione che molti degli schiavi provenienti dall’Oriente con i segni della malattia sul viso ne erano immuni, derivò il tentativo di provocare artificialmente la malattia in forma benigna, sperando così di proteggere un soggetto sano da ulteriori contaminazioni. La tecnica, detta di vaiolizzazione, ebbe diverse varianti. Per lo più si procedeva al prelievo da un malato di pus vaioloso, che veniva trasmesso a un soggetto sano per via cutanea. In Occidente la pratica fu introdotta alla fine del Seicento dall’anatomista T. Bartolinus e si diffuse successivamente in Inghilterra e poi in tutta Europa.
Un nuovo capitolo della lotta al v. è rappresentato dalla vaccinazione antivaiolosa messa a punto da E. Jenner, in base ai suoi studi sulla relazione tra la malattia che colpiva le vacche (cowpox) e il v. che colpiva gli uomini. In An inquiry into the causes and effects of the variolae vaccinae (1798) Jenner descrisse il suo procedimento, che venne denominato vaccinazione dall’origine del materiale infettivo. La Norvegia per prima rese obbligatoria la vaccinazione nel 1810, seguita da Svezia, Inghilterra, Danimarca, Germania. La lotta contro il v. in tutto il Novecento è stata sempre più efficace. Nel 1967, tuttavia, la malattia era ancora endemica in 33 paesi con quasi 15 milioni di ammalati ogni anno. Una campagna dell’Organizzazione mondiale della sanità, durata più di 10 anni, sembra oggi aver eradicato definitivamente la malattia: l’ultimo caso segnalato è del 1977 in Somalia. botanica Nella vite, aspetto della malattia detta antracnosi, quando si presenta sui tralci sotto forma di macchie piccole e spaziate; perciò è chiamata anche antracnosi a vaiolo.
Nel pesco, sintomo della malattia detta gommosi: le foglie presentano dapprima tante macchiette rosse; i tessuti fogliari attaccati si seccano e si staccano lasciando tante perforazioni.
Nell’olivo il termine equivale a occhio di pavone (➔ occhio).