segale Erba annua (Secale cereale; fig. 1) della famiglia Poacee, simile al frumento, con foglie strette, rivestite, come il culmo, di abbondante pruina. Ha spiga lunga, spesso incurvata, ad asse tenace, che porta su ciascun dente una spighetta a tre fiori, di cui di norma 2 soli fertili; le glume sono corte e la glumetta esterna è aristata; la cariosside è nuda, allungata.
La s. è originaria dell’Asia sud-occidentale (derivata dalla varietà spontaneum, scoperta in Asia Minore) e mostra affinità con Secale strictum, presente anche in Italia; è coltivata da lungo tempo in Asia e nell’Europa centrale. Della s. si conoscono varietà autunnali o comuni, che sono le più importanti, e varietà primaverili o marzuole. È più rustica e più resistente al freddo del frumento ed è coltivata fino a 69° lat. N, sulle nostre montagne tra 1300 e 1500 m. Si coltiva anche in consociazione con frumento o con la veccia da seme, seminata a file con carota, rapa ecc.; si presta anche per la costituzione di erbai, dove viene falciata presto. Le norme colturali sono all’incirca le stesse del frumento; in generale la s. esige assai meno fertilizzanti; la raccolta avviene con le modalità usate per il frumento.
La s. è coltivata quasi esclusivamente nell’emisfero boreale, e in particolare nella fascia temperata del continente eurasiatico nella quale coesiste con il grano. È il cereale più utilizzato dopo il frumento e, anzi, in alcuni paesi nordici la sua coltivazione è più estesa di quella del frumento stesso. Tuttavia, sia la superficie mondiale coltivata a s. (6.307.272 ha nel 2007) sia la produzione (14.741.248 t) hanno accusato, a partire dalla metà del 20° sec., un netto e costante regresso, dovuto al sensibile calo della domanda. Tra i paesi maggiori produttori, al primo posto si colloca la Russia (3.910.290 t nel 2007), seguita da Polonia (3.125.691), Germania (2.698.282), Bielorussia (1.304.949), Ucraina (562.500). In Italia la s. è coltivata particolarmente nelle zone montane, specialmente alpine, e, in generale, nei terreni poveri, alluvionali o sabbiosi, dove, anche per le condizioni climatiche, la coltivazione del frumento non sarebbe redditizia. La produzione italiana è comunque molto modesta (7685 t).
I chicchi contengono in media 13% di protidi, 1,8% di lipidi, 80% di carboidrati. Dalla loro macinazione si ottiene una farina più o meno tendente al giallognolo-grigiastro caratterizzata da un glutine che la rende meno adatta di quella di frumento alla panificazione. Tuttavia essa viene utilizzata da sola o in miscela con la farina di frumento per ottenere un tipo di pane (che si conserva meglio anche se è meno digeribile di quello di frumento) il cui consumo è in continua crescita. Miscelata con orzo e altri cereali, la s. viene utilizzata anche nella preparazione della birra. Le cariossidi macinate costituiscono un ottimo alimento per il bestiame; si utilizza anche la paglia di s. per imballaggi, coperture ecc. e per la cellulosa da carta.
Le avversità della pianta sono comprese fra quelle a cui è soggetto il frumento; tra i funghi speciali, Urocystis occulta, o carbone della s., colpisce tutta la parte aerea, mentre varie Puccinia (ruggini) attaccano specialmente le foglie; una Tilletia produce la carie delle cariossidi.
La s. cornuta è una malattia degli ovari della s. e di altre Poacee, provocata da Claviceps purpurea (fig. 2), fungo ascomicete dal cui sclerozio si ottiene una droga medicinale, chiamata anch’essa s. cornuta. Il fungo si presenta sotto tre forme: una conidiofora, una di conservazione, o duratura (sclerozio), e una ascofora. La prima appare in primavera quando fioriscono le Poacee (s., orzo, avena, frumento ecc.); l’infezione avviene per mezzo delle spore trasportate dal vento: queste, se cadono sugli stimmi del fiore, germinano producendo un micelio che invade i tessuti dell’ovario, arrestandone lo sviluppo; intanto all’esterno si producono ife conidiofore, i cui conidi, staccandosi, cadono in un liquido zuccherino giallastro, secreto dal micelio stesso e detto melata. Vari insetti la suggono e s’imbrattano con i conidi che poi trasportano su altri fiori, diffondendo così la malattia. L’ovario infetto viene alla fine sostituito da una formazione consistente, simile a un cornetto, che è lo sclerozio. Esso cade sul terreno, dove permane nello stadio di riposo fino alla primavera successiva; allora produce alcuni stromi, formati da un peduncolo sormontato da una piccola capocchia rossa, nella quale si formano periteci con gli aschi contenenti le spore filiformi, che vengono diffuse dal vento.
Gli sclerozi sono velenosi e una volta determinavano disturbi e avvelenamenti perché si macinavano insieme con le cariossidi della segale. L’ingestione di farine infette può provocare una intossicazione caratteristica, talora mortale (ergotismo), che in passato, dal Medioevo fino a epoche relativamente recenti, ha frequentemente colpito intere collettività come una epidemia. L’azione tossica della s. cornuta è dovuta agli alcaloidi presenti nello sclerozio del fungo parassita.
In certi paesi si fanno coltivazioni speciali di s., che viene infettata, spruzzando nelle spighe in fiore una sospensione di conidi, per ottenere una grande quantità di sclerozi per usi officinali. Tra le varie sostanze che derivano dalla s. cornuta hanno importanza farmacologica gli alcaloidi aminici e derivati (amidi dell’acido lisergico, ergometrina, metilergometrina, metisergide) e gli alcaloidi peptidici (ergotammina, gruppo dell’ergotossina, bromocriptina). L’impiego dei derivati della s. cornuta in medicina include diverse indicazioni terapeutiche: azione uterotonica in ostetricia (per es., ergometrina); trattamento dell’emicrania (per es., ergotamina) e controllo dei sintomi del morbo di Parkinson (per es., bromocriptina) in neurologia; trattamento dell’ipertensione e dell’insufficienza cerebrale senile (per es., diidroergotossina). Un ruolo significativo è anche quello della bromocriptina in corso di iperprolattinemia, dato il prolungato effetto inibitorio di questa molecola sulla sintesi della prolattina, che contribuisce al ripristino di normali cicli mestruali.