Infettive, malattie
Si definiscono infettive le malattie determinate dalla penetrazione di un microrganismo patogeno all'interno di un organismo ospite. Il concetto di malattia infettiva e quello di infezione (v.) non coincidono totalmente, in quanto non sempre l'infezione comporta l'instaurarsi di un quadro morboso. Nel passato le malattie infettive erano la causa principale di mortalità anche in Occidente, ma attualmente mantengono tale primato solo nelle aree in via di sviluppo; nei paesi industrializzati infatti il miglioramento delle condizioni sociosanitarie e l'adozione generalizzata di farmaci efficaci e di vaccini hanno enormemente accresciuto la possibilità di prevenire e curare queste malattie.
1. La situazione attuale
Le malattie infettive hanno sempre condizionato la storia e i costumi dell'uomo: peste e colera hanno devastato città ed eserciti e la stessa colonizzazione europea dell'America Centrale e Meridionale, nel 17° secolo, si è realizzata rapidamente anche per la decimazione degli aztechi, dei maya e delle altre popolazioni indigene, causata dal vaiolo e dalla sifilide importati dall'Europa. Grazie ai progressi della medicina, della prevenzione e dell'igiene, oggi il rischio di contrarre la maggior parte delle malattie infettive si è drasticamente ridotto: il vaiolo è stato eradicato, il controllo delle zanzare ha eliminato, nelle zone più evolute, la malaria autoctona e il perfezionamento dei sistemi di smaltimento dei rifiuti ha ridotto la frequenza di infezioni e infestazioni intestinali. Tuttavia, sono molte le malattie ancora presenti: malaria, febbre tifoide, tubercolosi e AIDS sono endemiche in molte aree in via di sviluppo, di cui contribuiscono a rallentare il progresso e molte malattie a trasmissione sessuale sono diffuse anche nei paesi industrializzati. In alcuni casi però, sono gli stessi progressi tecnologici a determinare l'insorgenza di problemi: è noto lo sviluppo della chemioresistenza nei germi, per cui sono comuni, in ambiente ospedaliero, le infezioni che non rispondono più ai farmaci disponibili; l'uso di antibiotici nell'alimentazione animale ha fatto emergere salmonelle multiresistenti, responsabili poi di epidemie umane; il plasmodio della malaria e il suo vettore sono oggi insensibili a farmaci e a insetticidi, che erano attivi fino a pochi anni fa. I progressi della scienza hanno inoltre creato particolari nicchie ecologiche, dove anche microrganismi poco patogeni sono in grado di produrre danni: ne sono un esempio i trapiantati e i cancerosi sottoposti a terapie immunodepressive, così come i portatori di protesi ricostruttive. Nuovi agenti patogeni sono stati scoperti negli ultimi anni: il più noto è il virus dell'immunodeficienza acquisita dell'uomo (HIV-1/2), malattia che ha dato luogo allo sviluppo di patogeni 'opportunisti', un tempo rari. Nuove entità cliniche sono state identificate (per es., la malattia di Lyme e quelle da legionelle, clamidie e micoplasmi) e di altre, infine (megaloeritema infettivo, sarcoma di Kaposi, ulcera peptica) è stato individuato l'agente causale.
Una malattia infettiva si verifica quando un microrganismo provoca segni e sintomi di infiammazione o di malfunzione nell'ospite. Essa può essere causata direttamente dall'infezione (se l'agente si moltiplica nell'organismo colpito), ovvero dai veleni che l'agente stesso produce. Esito della malattia sarà l'eliminazione dell'aggressore o dell'ospite, oppure la latenza cronica dell'agente. La capacità di un microrganismo di causare malattia dipende dall'interazione tra la sua virulenza e le misure difensive attivate dal soggetto infettato. La virulenza è un carattere intrinseco del microrganismo, che gli consente di colonizzare e distruggere i tessuti dell'ospite, ma che è sempre relativo: può avvenire infatti che anche agenti poco virulenti provochino malattie gravi se l'immunità dell'ospite è compromessa (cosiddetti agenti opportunisti), così come può accadere che un microrganismo, benché trasmesso a un ospite suscettibile, non sempre sviluppi la malattia. L'incontro fra agente patogeno e ospite è il primo evento nello sviluppo di una malattia infettiva; ogni microrganismo possiede un suo habitat (o reservoir), dove risiede e si moltiplica. Il luogo dove il patogeno si trovava prima di essere trasmesso è detto sorgente, o fonte: essa è endogena quando il microrganismo è annidato sulle mucose o nei tessuti dell'ospite; esogena se proviene dall'esterno.
Si parla di contatto diretto quando un organismo incontra da vicino la fonte e si contagia tramite le secrezioni o gli escreti di un altro; di trasmissione aerea quando l'agente viaggia nell'aria, in particelle di acqua o di polvere; di contatto indiretto se esso avviene tramite mezzi inanimati (veicoli), di cui i più comuni sono cibi, acqua e sangue. Anche i mezzi animati (vettori), cioè animali e artropodi, possono trasmettere l'agente dalla fonte all'ospite, fungendo a volte anche da reservoir e da ospite essi stessi. All'inizio il microbo colonizza e si moltiplica nella porta di entrata, che potrà abbandonare più tardi, quando la sua carica infettante sarà cresciuta e si sarà realizzata l'aderenza agli epiteli e ai tessuti. L'attacco agli epiteli avviene tramite le adesine microbiche, molecole che si legano all'ospite e che, nei batteri, sono localizzate nelle strutture filamentose (pili e fimbrie) e mostrano affinità per specifici recettori cellulari (per es., glicoproteine di superficie e gangliosidi). I pili aumentano perciò la virulenza dei batteri, permettendo loro, per es., di aderire all'epitelio urinario contro il flusso dell'urina. Analoga funzione svolgono i polisaccaridi di superficie, come il destrano (che incolla gli streptococchi alla superficie del dente), oppure il glicocalice di carboidrati complessi (il quale consente l'adesione degli stafilococchi alle protesi artificiali). La crescita dell'agente infettante sulla porta di entrata è condizionata sia dall'umidità e dal pH ambientali sia dalla disponibilità di O₂ e di energia. L'agente compete con la normale flora per procurarsi i fattori nutritivi e accedere ai siti di attacco. È per questo che, se la flora normale è alterata da antibiotici o da processi patologici, i patogeni (come per es. Clostridium difficile) possono proliferare e causare malattia.
Se la proliferazione resta localizzata, l'agente sarà escreto per un periodo più o meno lungo (stato di portatore o carrier) e non darà una malattia invasiva; questa si renderà invece evidente se il microbo dilaga nei tessuti. In gran parte dei casi si verifica una lesione primaria (in genere alla porta di entrata), cui può seguire la proliferazione del microrganismo sulle mucose e la sua diffusione lungo i piani fasciali e nel sistema vascolare. L'infezione per via ematica può dar luogo a sepsi, con interessamento multisistemico a distanza. Quasi sempre nelle infezioni virali e in quelle da batteri e protozoi a crescita intracellulare, l'invasione precede la proliferazione. La maggioranza di questi organismi possiede molecole di superficie che facilitano l'aggancio e l'ingresso ai bersagli cellulari. Per es., i virus influenzali aderiscono all'acido N-acetilneuraminico degli epiteli respiratori mediante una emoagglutinina espressa dal virus e la neuroaminidasi virale ne consente la penetrazione intracellulare. Clamidie, rickettsie e leishmanie hanno proteine di superficie che stimolano la fagocitosi, per cui si fanno trasportare da macrofagi e linfociti dal sito di ingresso ai linfonodi regionali, dove si riproducono rapidamente, dando inizio alla fase viremica. Quando è interessata la cute, lesioni microvasali danno luogo a esantema. Tra i fattori specifici di virulenza sono da considerare altri enzimi, come le proteasi delle larve degli schistosomi e dell'anchilostoma, che permettono la penetrazione anche attraverso la cute integra, e quel miscuglio di collagenasi, ialuronidasi, lecitine e streptochinasi di molti batteri piogeni (Staphylococcus aureus, Streptococcus pyogenes, Pseudomonas aeruginosa e Clostridium perfringens), che lede il connettivo.
Rilevante fattore di virulenza sono anche le tossine batteriche, in grado di attivare o di modificare vie metaboliche e sistemi di regolazione quali la coagulazione, la cascata del complemento, la produzione di citochine infiammatorie, la vasocostrizione, con una conseguente alterazione della pressione arteriosa e di importanti funzioni organiche. Le tossine possono essere secrete e quindi agire a distanza (esotossine), oppure essere parte dei costituenti strutturali del microrganismo (endotossine). Le prime possono provocare danni anche in assenza di infezione sistemica, come quelle preformate negli alimenti da Staphylococcus aureus o da Bacillus cereus, che causano intossicazioni alimentari senza partecipazione diretta dei batteri; altre esotossine, invece, sono prodotte in loco e causano malattia a distanza, pur senza invadere i tessuti, come nella diarrea massiva da enterotossina di Vibrio cholerae, nella scarlattina, nella difterite, nel tetano e nella sindrome da shock tossico. Le endotossine sono un gruppo eterogeneo di lipopolisaccaridi, contenuti nella parete di batteri gram-negativi. La liberazione di queste sostanze durante un'infezione (o per infusione di soluzioni contaminate) provoca un'intensa risposta dell'ospite, detta sindrome da shock settico. Nel caso dei virus dell'immunodeficienza dell'uomo (HIV) e dell'epatite C (HCV), l'enorme capacità replicativa, sommata alla bassa fedeltà del sistema di duplicazione del loro genoma e alla cronicità dell'infezione, rende possibile che, all'interno del singolo ospite, essi esistano in realtà come una 'nuvola' di particelle virali, simili tra loro ma non identiche (quasispecie). La quasispecie modifica progressivamente nel tempo la propria sequenza genetica maggioritaria e quindi l'assetto antigenico, contribuendo a eludere la risposta immunitaria e, in corso di chemioterapia antivirale, favorendo l'insorgenza di mutanti resistenti.
Nelle malattie infettive, ogni singolo passaggio è condizionato dalle relazioni reciproche tra azione microbica e reazione dell'ospite, anche perché molti agenti sviluppano strategie capaci di eludere i sistemi immunitari di difesa. Per es., alcuni organismi colonizzanti riescono a proliferare perché sfuggono alle difese locali aggirando l'immunorisposta aspecifica (grazie, per es., alla capsula che protegge alcuni batteri dalla fagocitosi, o alla resistenza intrinseca di altri microrganismi ai danni prodotti dall'attivazione del complemento). Clamidie, rickettsie, toxoplasmi e leishmanie eludono, invece, gli anticorpi e la fagocitosi nascondendosi dentro le cellule dell'ospite. Il mimetismo antigenico è una strategia messa in atto da borrelie e tripanosomi in modo da sfuggire al riconoscimento da parte degli anticorpi (il che spiega la natura cronica e recidivante di queste malattie). I virus influenzali modificano nel tempo il loro corredo antigenico e danno luogo alle grandi epidemie quando i neoantigeni non vengono più riconosciuti dal sistema immunitario della popolazione umana. Alcuni patogeni producono sostanze che inattivano l'immunorisposta, come la IgA-proteasi di Neisseria gonorrhoeae che degrada gli anticorpi mucosali o le proteine di superficie di Staphylococcus aureus e di streptococchi che si legano alle immunoglobuline in conformazioni non funzionali. Clostridi e bordetelle producono tossine che uccidono i leucociti; HIV-1 infetta e distrugge i 'registi' dell'immunorisposta, cioè i linfociti CD4+. È l'equilibrio tra la virulenza microbica e l'immunità dell'ospite che delinea l'evoluzione della malattia. Quando la risposta dell'organismo eradica l'agente infettivo si ha la guarigione. Altre volte la risposta immune porta il patogeno a nascondersi in siti protetti, per es. le cellule neurogangliari, dove il virus dell'herpes simplex (HVS) o della varicella zoster (VZV) si rifugiano dopo la prima infezione; in questo caso ogni abbassamento dell'immunosorveglianza potrà riattivare l'infezione (come accade per virus erpetici, per toxoplasmi e micobatteri).
Le malattie infettive erano un tempo riconosciute soltanto dalle modalità di risposta dell'organismo, quali febbre, brividi, leucocitosi e modificazioni di 'fase acuta' del siero. Le caratteristiche dei sintomi e della febbre sono tuttora utili sia per la diagnosi sia per valutare l'evoluzione del processo e l'efficacia della terapia, laddove i segni dell'infiammazione caratterizzano le infezioni a livello degli organi colpiti. Utile è anche il supporto del laboratorio, per lo studio delle modificazioni delle cellule ematiche e delle proteine sieriche, poiché nella reazione di fase acuta si attua un incremento di proteine (come l'amiloide A, la proteina C reattiva, il fibrinogeno), di molti inibitori delle proteasi e una diminuzione del ferro, dello zinco e dell'albumina. Maggiore importanza si attribuisce, oggi, al comportamento delle citochine proinfiammatorie IL-1 (interleuchina-1), IL-6, TNF (Tumor necrosis factor) e γ-interferone che causano febbre, inducono leucociti e macrofagi a elaborare i fattori di crescita del midollo osseo, aumentano le proteine di fase acuta, provocano flogosi e innescano la risposta catabolica, stimolando la secrezione di cortisolo, glucagone e catecolamine. In alcuni casi il processo evolutivo di un'infezione può alterarsi a motivo di un'anomala reattività immunitaria: il consumo dei grassi corporei e della massa muscolare nelle infezioni protratte è dovuto agli effetti catabolizzanti e anoressizzanti di TNF e di IL-1. In altri casi antigeni e anticorpi formano immunocomplessi che, innescando reazioni infiammatorie, causano vasculiti e glomerulonefriti; se invece microbi e tessuti dell'ospite presentano antigeni in comune, si innescano malattie autoimmuni (malattia reumatica, morbo celiaco, sindrome di Reiter, diabete giovanile ecc.).
Obiettivo fondamentale della diagnostica nelle malattie infettive è individuare gli organi colpiti e l'agente responsabile; ciò richiede un'anamnesi attenta, un esame obiettivo rigoroso e un uso intelligente del laboratorio. I sintomi e i segni deponenti per l'origine infettiva di una malattia sono l'esordio improvviso e la febbre, con tutta la serie di manifestazioni tipiche delle flogosi: calore, tumefazioni, arrossamenti e ostacolo delle funzioni. Nel momento in cui si ipotizza una determinata eziologia, deve essere anche studiata la successione degli eventi morbosi e la presenza di fattori di rischio. La sede dell'infezione è spesso resa evidente dai sintomi (come disuria, tosse, dolore e così via); altre volte, invece, si tratta soltanto di manifestazioni generali. Tuttavia, poiché gli organi sono colpiti in maniera preferenziale da alcuni agenti, già una classificazione sindromica (come polmonite, meningite, cistopielite, shock settico o ascesso cutaneo) è utile ai fini diagnostici e terapeutici. Anche la modalità di insorgenza dei sintomi può suggerire determinate eziologie: virus o batteri piogeni se il quadro è acuto o subacuto; micobatteri o miceti se cronico; borreliosi, malaria o brucellosi se è ricorrente. Poiché molti agenti infettivi possiedono reservoir e vie di trasmissione ben noti, la ricerca nell'anamnesi di fattori di rischio deve essere effettuata a fondo, con particolare riguardo a quelli familiari, sociali, sessuali, lavorativi e a eventuali viaggi recenti.
Di fronte a una polmonite, per es., si indagherà sulla presenza di altri casi in famiglia (micoplasma), sul contatto con uccelli domestici (clamidie), o con altri animali (tularemia, febbre Q), su pregresse esposizioni al freddo (pneumococco), all'aria condizionata (legionellosi) o all'alcol (pneumococco, Klebsiella): ciascuno di questi dati potrà suggerire particolari eziologie. Le notizie sulle abitudini sessuali sono ovviamente fondamentali, insieme a quelle sull'uso di droghe, nel sospetto di una infezione da HIV. Numerosi fattori di rischio sono iatrogeni, correlati cioè a pratiche mediche, in particolare ai ricoveri ospedalieri e a pregresse cure per via endovenosa con siringhe di vetro (epatite C), ai trattamenti farmacologici e alle pratiche diagnostiche invasive. Sarà poi il ricorso a test di laboratorio a consentire l'identificazione e lo studio del microrganismo responsabile. I metodi diretti consistono nella ricerca dell'agente o di una sua parte; fra questi, la coltura rappresenta sempre la metodica principe, poiché permette di valutare in vitro la suscettibilità ai chemioterapici disponibili (antibiogramma). La ricerca nei tessuti di frammenti proteici dell'agente utilizza le tecniche di immunofluorescenza e quelle radioimmunologiche e immunoenzimatiche.
Negli ultimi anni i metodi di amplificazione genica (in primo luogo la PCR, Polymerase chain reaction), per la loro straordinaria sensibilità (rilevano anche poche copie di qualsiasi agente noto) hanno rivoluzionato la diagnostica infettivologica. I sistemi indiretti misurano la risposta dell'ospite all'agente infettante, attraverso il rilievo del titolo degli anticorpi prodotti. Sono più specifici dei primi, ma perdono sempre più importanza a causa del tempo richiesto dalla risposta anticorpale. Se è vero che molte malattie virali sono benigne e si risolvono spontaneamente, non c'è dubbio che per quelle più gravi, così come per quelle che sono sostenute da batteri, è necessario ricorrere alla terapia chemioantibiotica. La scelta del farmaco più adatto terrà conto di criteri di efficacia, tossicità, costo e praticità di somministrazione. In alcune situazioni è possibile (nelle forme più gravi è addirittura imperativo) iniziare la terapia mentre ancora si è in attesa (o in assenza) del riscontro eziologico ma, nella maggior parte dei casi, è bene basarsi sullo studio della sensibilità dell'agente isolato ai chemioantibiotici. In infettivologia ha particolare importanza la prevenzione, che deve essere sempre anteposta alle cure. Le vaccinazioni (o immunoprofilassi attiva) sono pietre miliari della storia della medicina e del progresso umano (v. vaccino). Non vanno peraltro trascurate le misure di igiene (v.), rivolte a ridurre il rischio di infezioni (l'asepsi e l'antisepsi, in specie negli interventi chirurgici) e, in situazioni particolari, la chemioprofilassi e l'immunoprofilassi passiva.
a) Infezioni della cute e dei tessuti molli. Sono causate essenzialmente da batteri, funghi e parassiti. Tra i batteri i più frequenti germi aerobi sono Staphylococcus, Streptococcus e Pseudomonas, che provocano nel tegumento infezioni localizzate (foruncoli, favi, ipodermiti, celluliti, ferite suppurate) che, sia pur di rado, si possono complicare dando luogo alle sindromi da shock tossico (nel caso dello stafilococco) oppure all'erisipela (nel caso dello streptococco). Bacillus anthracis è il germe responsabile del carbonchio, una zoonosi ormai quasi scomparsa nei nostri paesi che si manifesta, nella sede di inoculazione, con la tipica papula evolvente in escara e con segni generali. Tra i batteri anaerobi, Clostridium tetani è l'agente responsabile del tetano (v.). Le malattie causate da funghi, o micosi, si dividono in tre gruppi: le tigne, dovute a dermatofiti che crescono nello strato corneo della cute senza approfondirsi, ma che possono talvolta distruggere i follicoli piliferi o capilliferi; la pytiriasis versicolor, estremamente diffusa, che provoca chiazze iper- o ipopigmentate; l'infezione da Candida albicans, un normale saprofita della cute e delle mucose, il quale in particolari situazioni di deficit dei meccanismi difensivi locali o sistemici si moltiplica oltre il dovuto, provocando infiammazione.
b) Infezioni dell'apparato respiratorio. Vengono suddivise, a seconda del tratto interessato, in infezioni delle alte o delle basse vie respiratorie. Le prime comprendono riniti (v. raffreddore), faringiti (angina, faringotonsillite) e tracheobronchiti (laringite, laringotracheobronchite); le seconde, polmoniti e broncopolmoniti. Le infezioni delle alte vie respiratorie sono, in genere, malattie poco gravi che però nei bambini piccoli, negli anziani e nei soggetti con malattie respiratorie croniche, possono divenire anche serie. Gli agenti causali di queste infezioni sono soprattutto virali (oltre 150 specie appartenenti a una dozzina di gruppi: Rhinovirus, virus influenzali e parainfluenzali, Adenovirus, virus respiratorio sinciziale) e vengono trasmessi con le goccioline di saliva espulse con la tosse o lo starnuto. Meno spesso sono implicati batteri (pneumococchi, Mycoplasma pneumoniae, Chlamydia pneumoniae, Moraxella catharralis, Haemophilus influenzae) spesso a localizzazione intracellulare. La sintomatologia è a volte eclatante (tosse, irritazione, catarro, dolore nella deglutizione, disfonia) ma aspecifica, nel senso che lo stesso quadro clinico può essere provocato da agenti diversi e il medesimo agente può provocare sintomi diversi. Con il termine polmoniti si intendono i processi infiammatori a decorso acuto o subacuto che interessano il tessuto polmonare a valle delle più piccole derivazioni bronchiali (v. polmone). Sono suddivise in forme batteriche in senso stretto (soprattutto da pneumococco, Streptococcus pneumoniae e Haemophilus influenzae) e in forme atipiche (da virus, micoplasmi e rickettsie). Nelle prime la moltiplicazione batterica avviene principalmente nel lume degli alveoli polmonari che, riempiendosi di essudato ricco di cellule infiammatorie, dà luogo a immagini radiografiche di addensamenti intensi e ben delimitati. Il contemporaneo interessamento dei piccoli bronchi dà il quadro della broncopolmonite (spesso causata da stafilococchi o batteri gram-negativi). Nelle polmoniti atipiche è l'interstizio polmonare a essere infiammato, con ispessimento dei setti interalveolari. Le conseguenti immagini radiologiche vengono spesso definite 'a vetro smerigliato'.
c) Diarree infettive. Con il termine diarrea si indica un aumento di frequenza delle evacuazioni intestinali, accompagnato dalla produzione di feci non formate o liquide. Le diarree sono classificabili in base alle diverse eziologie e quelle di origine infettiva sono caratterizzate dalla moltiplicazione dell'agente patogeno nell'intestino, talora associata alla produzione di tossine. Gli agenti eziologici possono essere: batterici (ceppi enteropatogeni ed enteroinvasivi di Escherichia coli, Salmonella spp., Shigella spp., Campylobacter spp., Yersinia enterocolitica; tra quelli produttori di tossine, Staphylococcus aureus, Clostridium perfringens, Clostridium difficile, ceppi enterotossici ed enteroemorragici di Escherichia coli, Vibrio cholerae, Vibrio parahaemolyticus, Bacillus cereus); virali (Enteroviridae, Rotaviridae, Astrovirus, Calicivirus, Coronavirus, Adenovirus, agente di Norwalk); protozoari (Giardia lamblia, Entamoeba histolytica, Cryptosporidium, Isospora belli). Sul piano epidemiologico, le diarree infettive si distinguono, invece, in tre grandi sindromi: la gastroenterite infantile, le enteriti batteriche (shigellosi, campilobatteriosi, salmonellosi, yersiniosi) e la diarrea dei viaggiatori.
d) Epatiti. Le flogosi epatiche sono quasi esclusivamente di origine infettiva (virus, batteri e protozoi) e, fra queste, le virali sono di gran lunga prevalenti. Sul piano clinico, vanno distinte le forme acute (spesso itterigene) dalle fulminanti e dalle croniche e le forme diffuse da quelle a focolaio. Le epatiti virali sono frequenti e ubiquitarie. Diversi tipi e famiglie di virus ne costituiscono le cause: HAV (Picornavirus), HEV (Calicivirus), EBV e CMV (Herpesvirus) e Flavivirus YF sono responsabili di forme acute (persino fulminanti), mentre HBV (Hepadnavirus), HCV (Hepacivirus) e forse HGV (denominato anche GBV-C) e HDV (un virus difettivo 'satellite'), danno luogo a epatiti acute (anche fulminanti) che, con diversa frequenza, tendono a evolvere in forma cronica, in cirrosi e in epatocarcinoma (v. epatite). Anche le leptospire (quasi esclusivamente Leptospira icterohaemorrhagiae) provocano malattie acute, talora anche mortali. La forma a focolaio caratterizza l'ascesso epatico, che riconosce eziologie batteriche (Escherichia coli, Klebsiella, Staphylococcus aureus, Bacteroides e altri anaerobi) o protozoarie (Entamoeba histolytica). e) Infezioni del sistema nervoso centrale. Comprendono diversi quadri clinici suddivisi schematicamente in meningiti, processi infiammatori delle meningi con localizzazione diretta dell'agente patogeno, e nevrassiti, a loro volta suddivise in encefaliti e mieliti, infezioni rispettivamente del parenchima cerebrale e del midollo spinale. Molti agenti patogeni possono infettare il sistema nervoso centrale ma, tranne rare eccezioni, i singoli agenti responsabili non provocano quadri tipici. Sul piano clinico-eziologico si distinguono tuttavia vari tipi di meningiti: acute virali da Enterovirus e da virus parotitico (forme generalmente benigne e autolimitanti); acute batteriche, talora fulminanti, che richiedono una pronta diagnosi e terapia (principali agenti sono Streptococcus pneumoniae, Neisseria meningitidis, Haemophilus influenzae e nei neonati Escherichia coli e Streptococcus agalactiae); subacute (tubercolare, brucellare, luetica, da leptospira, in corso di malattia di Lyme ecc.; v. meninge). Le encefaliti e le encefalomieliti acute sono di gravità variabile, ma lasciano spesso sequele permanenti (v. encefalo). In Italia le più frequenti sono causate da Herpesvirus hominis e da Enterovirus (Poliovirus, Coxsackievirus ed Echovirus), mentre in altri paesi (Nord-Europa, USA) predominano le forme da RNA-virus o da rickettsie, trasmesse da Artropodi (zecche, zanzare, flebotomi). Rara, ma a esito quasi sempre letale, la nevrassite da virus della rabbia. Vanno infine ricordate le encefaliti postinfettive (panencefalite sclerosante subacuta da virus del morbillo) e le postvaccinali, a patogenesi autoimmune. Negli immunodepressi si presentano con frequenza le meningiti fungine (da Criptococcus neoformans e da Candida albicans) e l'encefalite da toxoplasma.
f) Endocarditi infettive. L'endocardite è l'infiammazione del rivestimento interno delle cavità e delle valvole cardiache. Le forme infettive (di natura diversa rispetto alla forma reumatica e a quella autoimmune) sono causate da batteri, più di rado da miceti, eccezionalmente da clamidie e rickettsie. Si distinguono, sul piano clinico, le forme acute dalle subacute, quelle su valvola nativa (già sana o malformata o alterata da interventi di cardiochirurgia o dalla malattia reumatica) da quelle su protesi. Si manifestano con febbre, splenomegalia, modificazioni del reperto cardiaco ed emboli. La diagnosi è confermata dall'ecocardiografia e dalle emocolture. Gli agenti più frequentemente in causa nei nostri paesi (ma l'epidemiologia è in continuo cambiamento) sono: Staphylococcus epidermidis, nelle endocarditi infettive su protesi; Staphylococcus aureus, bacilli gram-negativi e Candida nelle endocarditi infettive su valvola sana dei tossicodipendenti (forme acute); Streptococcus viridans ed Enterococcus faecalis, in quelle su valvola malformata o alterata.
g) Infezioni delle vie urinarie e della pelvi. Sono determinate da un gran numero di specie batteriche, in prevalenza bacilli gram-negativi di provenienza intestinale. Concorre, però, quasi sempre, un fattore meccanico, rappresentato da un ostacolo al deflusso urinario (uropatie ostruttive dell'anziano, prolassi perineali nella donna, malformazioni nel bambino). Il quadro clinico dipende soprattutto dalla sede e dall'estensione dell'infezione. Sintomi tipici della cistite sono la disuria, la pollachiuria e la stranguria, mentre febbre, brividi e dolore lombare, benché spesso presenti anche in queste forme, caratterizzano piuttosto le infezioni delle alte vie (pieliti e pielonefriti; queste ultime, sia pur di rado, complicate da batteriemia e shock). Vanno anche segnalate le infezioni della prostata, delle vescicole seminali e degli annessi uterini, tutte denunziate da segni e sintomi a esse peculiari, senza però dimenticare che esiste anche una batteriuria asintomatica.
h) Artriti e osteomieliti. La maggior parte delle infezioni dell'osso e delle articolazioni sono causate da Staphylococcus aureus. Altre volte si tratta di localizzazioni o di complicanze di infezioni che hanno sede altrove, come nel caso di Neisseria gonorrheae, Neisseria meningitidis, Haemophilus influenzae, Mycobacterium tuberculosis, Brucella, Streptococcus, Salmonella o Pseudomonas aeruginosa. I segni clinici sono prevalentemente quelli di una flogosi localizzata, ma si possono presentare manifestazioni generali anche gravi.
i) Sepsi. Il termine sepsi definisce una malattia, generalmente grave, caratterizzata dalla presenza e dalla moltiplicazione, nel torrente circolatorio, di germi patogeni e di loro tossine. Va distinta dalla batteriemia, che indica la semplice presenza di germi in circolo, anche in mancanza di segni o sintomi di malattia. Diversi sono gli agenti responsabili, e differiscono tra le infezioni contratte in comunità (tifoidi, pneumococcie, meningococcie, brucellosi) e quelle nosocomiali, dovute a piogeni ed enterobatteri. Le sepsi si presentano con febbre, sudorazione, tachicardia, tachipnea e stato di shock, a volte complicato per una sindrome da coagulazione intravasale disseminata (CID), o per quella da deficit respiratorio acuto (ARDS, Acute respiratory disease syndrome) o per insufficienza cardiaca, renale o epatica. La diagnosi è clinica e microbiologica: indispensabile, quest'ultima, per impostare un'efficace terapia chemioantibiotica, pur restando comunque essenziale il trattamento sintomatico e patogenetico delle complicanze.
l) Malattie esantematiche. Oltre alle comuni malattie esantematiche infantili (morbillo: famiglia Paramyxoviridae, genere Morbillivirus; rosolia: famiglia Togaviridae, genere Rubivirus; scarlattina: genere Streptococcus, specie Streptococcus pyogenes o streptococco β-emolitico di gruppo A; varicella: famiglia Herpesviridae, genere VZV o HHV-3; v. esantema), fra gli altri esantemi, quelli che si presentano con maggior frequenza sono l'eritema infettivo da Parvovirus B 19, la roseola infantum da Herpesvirus HHV-6 e la malattia mano-piede-bocca da Coxsackievirus A, che sono tutte forme lievi, benigne e a guarigione spontanea. Non è ancora nota l'eziologia della malattia di Kawasaki o sindrome linfonodale mucocutanea, anch'essa caratterizzata da eritema e frequente causa di cardiovasculopatie. Fra le molte altre sindromi che possono manifestarsi con esantema, ricordiamo quelle simil-mononucleosiche - da EBV (Epstein-Barr virus), CMV (Cytomegalovirus), HIV, Toxoplasma gondii - e le infezioni da Salmonella typhi e da alcune rickettsie ed Enterovirus.
m) Principali sindromi a eziologia specifica. La tubercolosi (detta anche TBC), causata da un batterio (famiglia: Mycobacteriaceae, specie: Mycobacterium tuberculosis o bacillo di Koch, bK) ha un decorso clinico che varia sensibilmente da un paziente all'altro, poiché può presentarsi con infezioni benigne, talora asintomatiche, di breve durata e a spontanea risoluzione, fino ad arrivare a malattie progressive e letali. Queste differenze si sono rese ancor più evidenti in seguito all'epidemia di AIDS, che ha rivelato il ruolo fondamentale del sistema immunitario. La TBC ha localizzazione esclusivamente polmonare nell'85% dei pazienti immunocompetenti, ma solo nel 38% degli immunocompromessi (HIV-positivi, neonati, anziani, immunodeficit secondari). La malattia dà luogo a segni e sintomi tipici per i diversi organi colpiti, oltre a manifestazioni sistemiche più o meno gravi (v. tubercolosi). Le leptospirosi (famiglia: Leptospiraceae, specie: Leptospira interrogans) sono antropozoonosi, con reservoir in animali selvatici, domestici e peridomestici. L'inizio della malattia è bifasico e comune (con febbre, artromialgie e cefalea), mentre si distinguono poi, sul piano clinico, una grave epatonefrite (o malattia di Weil) e una meningite linfocitaria. Molto efficace risulta la terapia antibiotica, quando viene iniziata prontamente. Con l'eccezione delle banali infezioni genitali localizzate da Trichomonas vaginalis, la diarrea da Giardia lamblia e quelle dei soggetti immunocompromessi, le malattie da protozoi sono oggi tutte da importazione. Ci limiteremo quindi a ricordare le principali, cioè la malaria (v.), nelle sue forme eziologiche di terzana benigna (da Plasmodium ovale e Plasmodium vivax), terzana maligna (da Plasmodium falciparum) e di quartana (da Plasmodium malariae); la tripanosomiasi, distinta in malattia del sonno (da Trypanosoma brucei) e malattia di Chagas (da Trypanosoma cruzei); la leishmaniosi, distinta nella forma viscerale o Kala-azar (da Leishmania donovani) e in quella cutanea (da Leishmania tropica); l'amebiasi (da Entamoeba histolytica), con le sue forme gastrointestinale ed epatica; e la babesiosi (da Babesia microti), affezione simile alla malaria, di recente individuazione. La sindrome da immunodeficienza acquisita, AIDS (famiglia: Retroviridae, specie: HIV-1 e 2) è un gravissimo deficit dell'immunità cellulomediata causato da HIV-1, il quale contagia l'uomo per via sessuale oppure ematica, infetta e distrugge i linfociti T helper (CD4+), chiave di volta di questo sistema di difesa (v. aids).
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