Igiene
L'igiene, dal greco ὑγιεινή (sottinteso τέχνη), "salubre, che giova alla salute", è un ramo della medicina che si occupa della salvaguardia e del miglioramento dello stato di salute, mediante lo studio delle misure di protezione sanitaria degli individui e delle popolazioni. Campi propri dell'igiene sono la rimozione dall'ambiente esterno delle condizioni dannose all'organismo, la regolamentazione dei metodi di lavorazione dei prodotti alimentari, la lotta contro le malattie epidemiche, infettive e che hanno una rilevanza sociale. L'igiene mentale intende tutelare la salute psichica, definendo gli interventi atti a promuovere uno sviluppo psicologico equilibrato, prevenire l'insorgenza del disagio, curare i danni provocati dalle malattie mentali.
di Augusto Panà, Anna Spinaci
L'igiene è la disciplina che si occupa della promozione, del mantenimento e del potenziamento dello stato di salute, inteso come una condizione di benessere fisico, psichico e socioambientale. Da questa definizione, fatta propria anche dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), si può desumere l'importanza di un'integrazione ottimale tra funzionalità psicofisica e inserimento dell'individuo nell'ambiente naturale e sociale. Il concetto di tutela della salute si è pertanto modificato nel tempo venendo ad assumere, al di là del mero significato di lotta contro le malattie, quello di una continua ricerca di equilibrio tra un corpo e una mente sani e una società e un ambiente egualmente sani. Durante il Novecento vi è stato un cambiamento dei fenomeni patologici che ha portato a una diminuzione costante delle malattie sostenute da agenti infettivi, le quali costituivano, fino alla Seconda guerra mondiale, le principali cause di morbilità e mortalità ed erano responsabili di una bassa speranza di vita alla nascita (v. infettive, malattie). Tale flessione è legata al migliorato benessere della popolazione, coincidente con lo sviluppo tecnologico e industriale, alla scoperta degli antibiotici e, soprattutto, all'introduzione su larga scala della pratica vaccinale (v. vaccino). Nello stesso tempo però, il progressivo aumento della vita media ha permesso che le popolazioni venissero più frequentemente e lungamente a contatto con fattori morbigeni ambientali, favorendo l'instaurarsi di un meccanismo lento e progressivo che ha condotto al moltiplicarsi di patologie prima meno incidenti come quelle degenerative (tumori e malattie cardiovascolari).
Le cause delle malattie sono dunque mutate e per molte di esse si sono dovuti prendere in considerazione, oltre agli aspetti eziologici, anche e soprattutto le concause e i fattori di rischio. Esistono infatti alcune problematiche come quelle delle tossicodipendenze, del consumo volontario di sostanze nocive (tabacco, alcol, abuso di farmaci) e del degrado dello stato economico-sociale di frange di popolazione che, oltre a costituire una grave minaccia per la salute, rappresentano un volano su cui si implementano le patologie. Un ulteriore aspetto del problema è legato all'invecchiamento della popolazione, che comporta una serie di problemi di ordine clinico e socioassistenziale.
Per realizzare le sue finalità, l'igiene utilizza una gamma di strumenti, classificabili sinteticamente in investigativi, organizzativo-legislativi ed educativi.
a) Strumenti investigativi. Costituiscono un complesso di interventi rivolti a individuare cause, concause e fattori di rischio dei fenomeni morbosi e si identificano in gran parte con gli studi epidemiologici. L'epidemiologia - nata nella seconda metà dell'Ottocento come scienza orientata allo studio della diffusione delle malattie e delle condizioni che le favoriscono o le ostacolano - ha avuto negli ultimi decenni del 20° secolo un grande sviluppo in virtù delle ricerche sul ruolo diretto o indiretto di numerosi fattori responsabili dei danni alla salute umana; in questa prospettiva si è avvalsa anche di altre discipline, tra cui la microbiologia, la statistica e, più recentemente, l'informatica. Quindi, in un'accezione più moderna, l'epidemiologia designa il complesso degli studi mirati a individuare l'insorgere, il manifestarsi, il propagarsi e il permanere nelle popolazioni delle affezioni morbose, prendendo in esame le componenti causali e concausali che possono favorire tali evenienze; in tal senso, essa rappresenta il primo e più importante passo verso la prevenzione. Le indagini epidemiologiche si riferiscono sempre a gruppi di popolazione e tendono a stabilire correlazioni utili e significative, ricorrendo ai quozienti o tassi di natalità, mortalità, morbilità.
L'epidemiologia applica metodologie descrittive, investigative e sperimentali. Le metodologie descrittive analizzano il fenomeno morboso relativamente alla distribuzione delle situazioni fisiologiche e patologiche in differenti popolazioni, territori, classi di età, sessi, attività lavorative; questo studio è fondamentale per rilevare le dimensioni della malattia, pur ignorandone le cause o i fattori concausali, e valutare quindi l'entità degli interventi. Le metodologie investigative permettono di individuare i fattori eziologici e di rischio delle affezioni morbose attraverso studi prospettivi e retrospettivi. Gli studi prospettivi, detti anche di incidenza o di coorti, si basano sulla selezione di due gruppi di soggetti caratterizzati dall'esposizione, o non, al fattore di rischio. Il fine è esaminare nel tempo gli eventuali effetti dannosi di una o più sostanze, o di particolari abitudini di vita e alimentari, o di attività lavorative che prevedono l'esposizione a condizioni anomale, in rapporto a quanto avviene nel gruppo di individui di controllo sottoposti a condizioni del tutto differenti. Tali indagini possono fornire risultati precisi e attendibili, tuttavia richiedono un impegno a lungo termine e costi molto elevati. Gli studi retrospettivi, detti anche studi caso-controllo, si basano su dati già esistenti; prendono in esame soggetti malati o deceduti in seguito a patologie ben definite, ricercando nella storia degli individui eventuali collegamenti tra l'insorgenza della malattia e determinate abitudini alimentari, sesso, età, condizione sociale. Rispetto alle inchieste precedenti, il carico organizzativo e gestionale risulta ridotto. Le metodologie sperimentali riguardano le prove condotte sugli animali da esperimento; questi studi sono tra i più validi per stabilire rapporti di tipo causale e hanno il vantaggio di consentire l'esame di condizioni-limite che, per ragioni di carattere etico o di sicurezza, non sono estensibili all'uomo. È comunque necessario fare delle riserve, legate alla diversità di risposta a certi stimoli da parte di specie animali differenti da quella umana.
b) Strumenti organizzativo-legislativi. Gli studi epidemiologici costituiscono la base essenziale per l'avvio dei programmi di prevenzione, i cui risultati servono poi per valutare l'efficacia degli interventi. A questo proposito, un esempio positivo è fornito dagli interventi di immunizzazione attiva delle popolazioni, in seguito ai quali è stata rilevata una sensibile caduta degli indici di morbilità e mortalità della maggior parte delle malattie infettive. Per le patologie a eziologia multifattoriale, quelle che incidono maggiormente nella nostra epoca, è fondamentale una corretta impostazione dello studio epidemiologico; essendo infatti più articolato e complesso l'intervento di prevenzione, eventuali errori nell'organizzazione preventiva hanno maggiori conseguenze sul piano sanitario ed economico. Al riguardo, le metodologie epidemiologiche tradizionali si sono arricchite di altri strumenti, definiti di epidemiologia valutativa, che servono a verificare l'efficacia dell'intervento preventivo. L'azione preventiva spesso viene attuata per mezzo di strumenti legislativi che, rendendo obbligatori determinati atti, permettono di controllare il fenomeno morboso; allo scopo di ottenere una reale protezione della salute è tuttavia necessario che tali interventi legislativi avvengano con tempestività, e non siano settoriali; bisogna, inoltre, che l'organizzazione dei servizi sanitari operi per il miglioramento dello stato di salute nel quadro di un'utilizzazione razionale delle risorse disponibili. c) Strumenti educativi. L'educazione sanitaria si basa su una serie di interventi coordinati, il cui obiettivo è far acquisire all'individuo o al gruppo modalità comportamentali utili a mantenere e migliorare la salute propria e altrui. Secondo l'OMS, scopo fondamentale dell'educazione sanitaria è favorire la consapevolezza nei singoli, come individui e membri di una comunità, che i progressi della salute derivano dalla loro responsabilità personale. In base alla Costituzione italiana (art. 32), la tutela della salute è un diritto fondamentale dell'individuo e un interesse della collettività: compito primario dell'educazione sanitaria è informare il cittadino su come mantenere e preservare la salute (corretta alimentazione, igiene personale ecc.), e stabilire tra gli utenti e le strutture sociosanitarie pubbliche (ambulatori, ospedali ecc.) un rapporto non limitato al momento contingente della malattia ma di continuo scambio di esperienze e dati. Da questo punto di vista, l'educazione sanitaria deve costituire uno strumento informativo della personalità umana a partire dall'età prescolare e scolare.
2.
Gli interventi di prevenzione si distinguono in primari, secondari e terziari, e sono rivolti rispettivamente all'uomo sano, all'uomo candidato alla malattia, all'uomo già malato. I metodi di prevenzione primaria sono propri dei servizi di igiene delle Aziende sanitarie locali (ASL) e degli altri organi di sanità pubblica regionali e nazionali. Rientrano nei loro compiti istituzionali l'effettuazione di vaccinazioni, la conduzione di campagne di educazione sanitaria, la tutela della salubrità degli alimenti e dell'ambiente. Gli interventi primari sono quelli cui mira prioritariamente l'igiene, in quanto diretti a impedire che le noxae patogene, o agenti lesivi, raggiungano l'uomo sano; in tal senso, alla prevenzione primaria delle malattie infettive vanno aggiunte le azioni rivolte a limitare il più possibile la presenza, nei molteplici substrati, di sostanze pericolose per la salute. La riduzione della contaminazione atmosferica con sostanze provenienti da attività industriali e il controllo del loro potenziale nocivo costituiscono dunque un intervento di prevenzione primaria. Dal momento che tra l'esposizione alle noxae ambientali e l'insorgenza di malattie croniche intercorre un periodo di tempo piuttosto lungo, è quanto mai importante l'attuazione di metodologie in grado di individuare, a priori, i componenti più dannosi e di eliminarli dal ciclo produttivo, come avviene oggi per i test di mutagenesi e carcinogenesi, che consentono la stima della pericolosità delle sostanze ancor prima della loro introduzione nei cicli produttivi. La prevenzione secondaria, definita anche diagnostica precoce delle malattie, costituisce un valido strumento di predizione dei principali fenomeni morbosi e compete non solo all'operatore di sanità pubblica, ma all'intera classe medica e all'organizzazione sanitaria nel suo complesso. Pure in questo caso, il metodo epidemiologico permette di suggerire gli interventi più opportuni anche sotto il profilo del bilancio costi-benefici. La tecnologia diagnostico-medica moderna consente quindi di attuare azioni preventive molto efficaci.
La prevenzione terziaria, o utilizzazione ottimale delle tecniche di riabilitazione, rappresenta oggi un importante capitolo della medicina. Essa opera quando l'intervento terapeutico del medico ha esaurito il suo compito. Gli interventi di riabilitazione possono migliorare sensibilmente la condizione psicofisica degli ammalati, consentendo una più elevata qualità della vita e quindi una prospettiva di sopravvivenza che sono di grande portata e interesse. Tali interventi si ritengono particolarmente necessari alla fascia sempre più ampia di soggetti anziani. Per realizzare gli obiettivi programmati, l'igiene si avvale dell'analisi degli indici statistici sanitari, mediante i quali può comprendere l'andamento e l'evoluzione delle malattie e acquisire un'esatta conoscenza dell'entità dei fenomeni e del loro evolvere, operando confronti con altre collettività. Applicando rapporti numerici abbastanza semplici è possibile conoscere l'incidenza di una determinata malattia su una popolazione, quanto essa sia letale, i suoi riflessi nei confronti delle diverse attività lavorative ecc. Tra i principali indici statistici sanitari si ricordano: i tassi di prevalenza e di incidenza, che misurano rispettivamente tutti i casi di malattia in una popolazione in un determinato periodo di tempo e la frequenza con cui la malattia si manifesta; gli indici di mortalità generale e specifica, e in particolare l'indice di mortalità infantile, i cui valori sono direttamente proporzionali allo stato sociosanitario di un paese. Per rappresentare graficamente la situazione demografica e sanitaria di una determinata area in campo igienistico vengono particolarmente utilizzate la piramide dell'età, per la distribuzione della popolazione in una data zona, in un dato anno, secondo l'età, il sesso e lo stato civile, e la curva di Lexis, per la frequenza delle morti in funzione dell'età in una data popolazione
3.
In linea generale si può affermare che le malattie possono avere cause dirette e indirette. Le cause dirette sono tra le più facili da osservare in quanto provocano direttamente il fenomeno morboso e senza di esse la malattia stessa non sussiste. È possibile distinguerle, in modo sommario, in cause biologiche, sostenute cioè da agenti patogeni viventi (Metazoi, Protozoi ecc.), cause chimiche (veleni, tossine microbiche, acidi, composti organici tossici), cause fisiche (radiazioni, calore, freddo ecc.).
Le cause indirette di malattia sono quelle che concorrono al manifestarsi del processo morboso, favorendo spesso l'azione delle cause dirette. Si possono distinguere in cause ambientali, sociali (guerre, sottoalimentazione, particolari condizioni di abitazione e di lavoro), organiche (età, sesso, stati di debolezza dell'organismo sia naturali sia acquisiti). Gli agenti biologici responsabili dell'insorgere e del diffondersi di malattie infettive e parassitarie sono molteplici, e appartengono per lo più a gruppi vegetali e animali. Sotto l'aspetto igienico-sanitario della loro azione, si possono classificare in Metazoi, Protozoi, batteri, virus.
I Metazoi sono parassiti pluricellulari patogeni che determinano le malattie parassitarie o infestazioni. Gli agenti compresi in questo raggruppamento animale si dividono in ectoparassiti ed endoparassiti. Gli ectoparassiti (zanzare, pulci, pidocchi) non sono direttamente responsabili di malattie specifiche, ma sono importanti come vettori di altri agenti infettivi, virali o batterici. Agli endoparassiti appartengono gli elminti, che possono essere a loro volta distinti in platelminti e nematelminti. Al gruppo dei nematelminti, o vermi cilindrici, appartengono numerosi agenti patogeni per l'uomo, fra i quali l'Ascaris lumbricoides, l'Ossiurus vermicularis e l'Ancylostoma duodenalis, la cui diffusione avviene generalmente in condizioni di scarsa igiene personale, di sovraffollamento, di eccessiva promiscuità.
I Protozoi, che possono essere considerati i più elementari esponenti del regno animale, sono microrganismi unicellulari eucarioti, eterotrofi. Possono avere dimensioni molto varie (da pochi mm a 100 mm) e presentare una morfologia relativamente complessa. Le malattie causate da Protozoi, che interessano il nostro paese, sono quelle sostenute dal Trichomonas vaginalis, dal Toxoplasma gondii e dal Plasmodium malariae.
Gli Schizomiceti o batteri sono microrganismi unicellulari, privi di clorofilla, di tipo procariotico. Dal punto di vista morfologico si possono distinguere in cocchi (di forma sferica), bacilli (di forma cilindrica allungata o bastoncellare) e spirilli o vibrioni (di forma ricurva). Tra i principali cocchi patogeni troviamo il meningococco, responsabile della meningite cerebrospinale epidemica; il gonococco, portatore della gonorrea; lo pneumococco, che aggredisce le vie respiratorie provocando polmoniti e pleuriti; lo streptococco, spesso presente nella gola e all'origine di malattie come la scarlattina, l'endocardite, le tonsilliti e il reumatismo articolare acuto; lo stafilococco, molto diffuso nell'ambiente, che vive sulla pelle e sulle mucose ed è responsabile di tonsilliti, foruncolosi, osteomieliti, polmoniti e che talora, poiché elabora una tossina molto resistente, causa anche l'infezione tossica degli alimenti. Particolari bacilli sono la causa di importanti malattie: il colera, gastroenterite gravissima, a volte mortale; la tubercolosi, malattia che si diffonde più facilmente in ambienti malsani e tra popolazioni malnutrite; la difterite, determinata da un bacillo che alberga nel cavo faringeo, capace di sviluppare una tossina che, entrando in circolo, provoca seri danni all'organismo; il tetano, causato dalla contaminazione di ferite e lesioni, entro le quali il bacillo produce una tossina che genera disturbi nervosi spesso mortali; il botulismo, grave intossicazione determinata dalla tossina presente in alcuni alimenti conservati o nella carne insaccata, quando si creano le condizioni per la proliferazione; il tifo, la cui diffusione avviene attraverso le feci dei malati o dei portatori che contaminano l'acqua e gli alimenti.
I virus sono organismi con un genoma costituito da una sola molecola di acido nucleico, DNA o RNA, contenuta in un involucro chiamato capside; non sono in grado di riprodursi da soli, poiché non possiedono meccanismi di sintesi e capacità di produrre energia e si comportano pertanto come parassiti intracellulari obbligati. Possono penetrare nell'organismo per via respiratoria, gastrointestinale, genitale oppure attraverso lesioni della cute e provocano infezioni a carico degli apparati cardiorespiratorio e digerente, dei sistemi nervoso, linfoide ed ematopoietico, della cute e delle mucose. Inoltre, durante la gestazione, possono essere trasmessi dalla madre al figlio causando l'insorgenza di infezioni fetali e perinatali (v. virus).
4.
In seguito al contatto tra ospite e parassita si instaura un rapporto di reciproca competizione il cui esito dipende da una serie di fattori, alcuni riguardanti l'agente patogeno, altri l'ospite, altri ancora le specifiche condizioni ambientali. La trasmissione delle malattie avviene mediante il passaggio dell'agente responsabile da una sorgente di infezione a un soggetto recettivo, il quale dopo un periodo di incubazione comincerà a manifestare i sintomi di quella patologia. Il trasferimento dell'agente patogeno dalla sorgente al soggetto recettivo (v. contagio) può avvenire sia direttamente, per contagio diretto, sia indirettamente, o, a volte, in entrambi i modi. Sono esempi di trasmissione per contagio diretto le malattie veneree e le affezioni esantematiche dei bambini (il morbillo, la rosolia ecc.). Nei casi in cui il contatto diretto è indispensabile perché si manifesti la malattia, gli agenti responsabili non sono generalmente molto resistenti alle sollecitazioni ambientali.
La situazione è diversa nel caso della trasmissione indiretta, che può avvenire tramite veicoli e vettori e implica che l'agente patogeno sia tanto resistente da poter sopravvivere anche per lungo tempo al di fuori dell'organismo. Veicoli importanti di malattia, ossia gli elementi inanimati che trasportano l'agente patogeno, sono l'acqua, che può trasmettere molte affezioni enteriche; gli alimenti, poiché trasportano gli agenti infettivi e in essi tali agenti riescono a sopravvivere e a moltiplicarsi; l'aria, che induce patologie respiratorie; e i cosiddetti fomites, gli oggetti venuti a contatto con l'individuo affetto da malattia infettiva (v. oltre). I vettori sono invece gli esseri animati che fungono da tramite tra la sorgente di infezione e l'individuo recettivo, sia come semplici trasportatori (vettori meccanici) sia entrando a far parte attivamente del ciclo biologico dell'agente patogeno (vettori obbligati). Un esempio tipico di vettore meccanico è la mosca, che a causa delle sue abitudini può rapidamente contaminarsi con materiale infetto e trasferirlo agli alimenti. Il vettore obbligato è quel vettore la cui presenza è indispensabile perché si verifichi e si diffonda una determinata malattia. Un esempio classico è fornito dalla malaria; questa malattia è causata, infatti, da un protozoo che compie parte del suo ciclo vitale nella zanzara anofele e parte nell'uomo: l'eliminazione dei fattori ambientali favorevoli allo sviluppo della zanzara fa scomparire automaticamente anche la malattia.
L'animale e l'uomo costituiscono sorgente d'infezione non solo quando sono malati ma anche quando sono portatori, ossia in grado di disseminare l'agente infettivo senza peraltro manifestare sintomi della malattia. I portatori vengono classificati in sani, precoci, convalescenti e cronici. Tra essi i più importanti sono i portatori precoci, che trasmettono l'agente patogeno durante il periodo di incubazione: in tale fase della malattia essi non sono controllabili e possono quindi con facilità diffondere l'infezione nell'ambiente in cui abitualmente vivono.
Non sempre però la penetrazione dell'agente infettante nell'organismo riesce a sviluppare la malattia (v. immunità). Nell'ambito dello studio delle difese organiche dalle patologie infettive si usa fare la distinzione tra immunità naturale o congenita e immunità acquisita. Per immunità naturale si intende una sorta di inattaccabilità che si manifesta fin dalla nascita nei riguardi sia degli agenti infettanti sia delle loro tossine. Il virus dell'epatite, per es., provoca danni solo all'uomo, in quanto gli altri animali hanno nei suoi confronti un'immunità naturale che li protegge dal contagio. L'immunità acquisita consiste invece nella reazione che l'organismo innesca contro gli agenti infettanti; può essere distinta in attiva, se l'organismo stesso produce le difese contro l'agente infettante, e passiva, se tali difese vengono introdotte in esso già pronte.
Nei Vertebrati la difesa immunitaria è controllata dal sistema immunocompetente, i cui elementi (linfociti) sono ampiamente distribuiti nell'organismo: nel timo, nella milza, nelle linfoghiandole e nei vari apparati respiratorio, digerente ecc. Il sistema immunocompetente ha la fondamentale prerogativa di reagire nei confronti degli stimoli estranei all'organismo, producendo o inducendo la produzione di particolari proteine con funzione di difesa: gli anticorpi. Gli stimoli estranei capaci di sollecitare la formazione degli anticorpi vengono chiamati antigeni; in questa categoria rientrano virus, batteri e tossine. L'immunità acquisita presenta due caratteristiche fondamentali, la specificità e la memoria. La risposta è specifica nel senso che ogni anticorpo corrisponde a un solo antigene, che è quello che ne ha provocato la produzione. L'organismo è poi in grado di 'ricordare' un precedente contatto con un antigene e di reagire a un ulteriore contatto più prontamente e intensamente (memoria della risposta immunitaria). Esiste inoltre un tipo di immunità acquisita artificialmente, dovuta a una vaccinazione che stimola il sistema immunocompetente dell'organismo a produrre anticorpi specifici (v. oltre).
5.
Le cause ambientali di malattia sono costituite dall'inquinamento dell'aria, dell'acqua e degli alimenti.
a) Inquinamento dell'aria. La porzione di aria atmosferica che interessa l'igiene è quella della troposfera, lo strato di aria in continuo movimento che si estende dalla superficie terrestre fino a circa 12 km di altezza e costituisce parte integrante dell'ambiente in cui vive l'uomo. I continui moti cui essa è soggetta fanno sì che la sua composizione sia pressoché costante in ogni suo punto, eccetto lievi variazioni stagionali o locali. L'aria atmosferica è costituita da un miscuglio di gas, rappresentati in percentuale variabile, e da una certa quantità di vapore acqueo che le conferisce umidità. Si parla di inquinamento atmosferico quando, a motivo di una variazione dei costituenti dell'aria o per la presenza di sostanze estranee a essa, si possono determinare condizioni dannose per l'uomo, le piante e gli animali. L'inquinamento dell'aria può avere un'origine naturale (per es. dalle eruzioni vulcaniche): in questo caso, escludendo episodi di particolare entità e gravità, esso si inserisce nel sistema ecologico senza risultare traumatico per il suo equilibrio; fondamentalmente, però, l'inquinamento è artificiale, conseguenza delle azioni e dei comportamenti umani. Le fonti principali di inquinamento atmosferico sono le emissioni di gas di scarico da parte degli impianti di riscaldamento domestico, dei mezzi di trasporto, delle attività industriali; le sostanze contaminanti che ne derivano sono generalmente di tipo pulviscolare e gassoso. L'inquinamento atmosferico si verifica soprattutto nei grandi agglomerati urbani, e vi concorrono in misura rilevante particolari fattori climatici. Infatti in situazioni climatiche normali si realizza una tendenza alla dispersione dei contaminanti verso gli alti strati dell'atmosfera, processo, questo, favorito dalle correnti aeree. Quando tuttavia si instaurano determinate condizioni di rigidità della temperatura, di assenza di vento e di umidità ambientale elevata, il potere di dispersione nell'atmosfera diventa assai basso (inversione termica) e si creano i presupposti per una concentrazione di tali sostanze negli strati inferiori, a più diretto contatto con l'uomo, che costituisce lo smog.
Tra i principali contaminanti gassosi dell'atmosfera possono essere citati l'anidride solforosa (SO₂), l'ossido di carbonio (CO), gli ossidi di azoto (NO e NO₂) e gli idrocarburi policiclici aromatici. L'inquinamento può indurre intossicazioni acute o croniche; in generale sono più noti i suoi effetti a medio o lungo termine, cioè le broncopneumopatie croniche, alcune malattie cardiovascolari e i tumori del polmone. Anche l'aria degli ambienti chiusi può subire modificazioni, spesso a causa del sovraffollamento. I fattori che influenzano questo microclima ambientale sono più in generale di natura fisica e comprendono variazioni abnormi di temperatura, di umidità, nel movimento dell'aria e nell'irraggiamento termico; l'alterazione in eccesso o in difetto dei valori considerati normali per ciascuno di tali fattori provoca una sensazione di malessere.
b) Inquinamento dell'acqua. La quantità di acqua necessaria giornalmente a un individuo viene calcolata tenendo conto del consumo diretto e dei consumi mediante i quali la società garantisce all'individuo stesso i servizi pubblici necessari. Nel 20° secolo il consumo di acqua ha avuto un notevole incremento dovuto essenzialmente allo sviluppo industriale, all'espansione dei centri abitati, al miglioramento delle condizioni di vita e della cura personale. A motivo del sempre crescente fabbisogno idrico, calcolato ormai nella misura di oltre 200 l pro capite al giorno, è impossibile alimentare grandi agglomerati urbani con acque di origine meteorica o di falda, e pertanto si avverte la necessità di utilizzare a tale scopo anche acque non sorgive ma provenienti da bacini idrici superficiali, per le quali occorrono complessi trattamenti di depurazione. L'acqua potabile non deve contenere, se non in quantità minime, sostanze chimiche tossiche, quali i metalli, e sostanze organiche, segno di inquinamento da liquami. L'unica traccia azotata ammessa nelle acque potabili è rappresentata dai nitrati, che sono l'espressione finale della mineralizzazione della sostanza organica. Da un punto di vista microbiologico, la potabilità dell'acqua viene valutata ricercando indici batterici classici, cioè esaminando se in essa sono presenti agenti patogeni quali le spore di batteri anaerobi, batteri coliformi e lo streptococco fecale; agenti non patogeni possono essere inclusi nelle acque potabili solo entro rigorosi limiti fissati dalle autorità sanitarie.
Poiché l'acqua è potenzialmente uno dei principali veicoli di malattia e di sostanze tossiche, i rischi per la salute derivanti dal suo inquinamento, sono di natura infettiva e tossica. Nell'ambiente naturale le acque, siano esse superficiali (mare, fiumi, laghi) o telluriche (falde acquifere), fanno parte del sistema ecologico e presentano nella loro composizione un equilibrio tra sali minerali, gas disciolti, forme animali e vegetali. Un'acqua si dice, quindi, inquinata quando l'intervento umano diretto o indiretto varia la sua composizione in modo tale da renderla, sotto ogni aspetto (organolettico, fisico, chimico, batteriologico), meno fruibile o addirittura non utilizzabile. Le più frequenti cause di alterazione possono essere individuate in agenti patogeni, fertilizzanti e diserbanti, idrocarburi, composti organici, metalli pesanti, sostanze radioattive.
L'acqua, pur essendo un veicolo indifferente nei confronti dello sviluppo degli agenti patogeni (ne permette, infatti, soltanto il trasporto), può tuttavia trasmetterli all'uomo anche attraverso il consumo di animali eduli, come i frutti di mare, che accumulano notevoli cariche infettanti qualora siano pescati in acque batteriologicamente contaminate, comportandosi da veri e propri concentratori biologici. Poiché gli agenti patogeni sono rappresentati prevalentemente da enterobatteri ed enterovirus (salmonella, tifo, colera, epatite virale ecc.), le malattie trasmesse interessano soprattutto l'apparato digerente.
Per depurare un'acqua esistono sistemi meccanici, chimici e fisici. Tra i sistemi meccanici, particolarmente diffusa è la filtrazione che si attua per mezzo di vasche contenenti ghiaia e sabbia che funzionano da filtri. Inizialmente il filtro svolge un'azione chiarificante; dopo alcuni giorni, sulla superficie della ghiaia e della sabbia si forma una membrana biologica, costituita da batteri nitrificanti che hanno capacità depuratrici. L'acqua che ne risulta è depurata per il 95-97%. I sistemi chimici si servono invece del cloro, che può essere immesso nell'acqua sotto forma di cloro gassoso oppure di ipocloriti di sodio e di potassio. Le dosi di cloro necessarie per la depurazione sono in media di circa 0,5 mg/l, ma la quantità varia notevolmente a seconda del grado di contaminazione dell'acqua. Un altro sistema chimico attualmente in uso è la depurazione con ozono (O₃), un gas fortemente ossidante e quindi battericida. Tra i sistemi fisici, infine, risulta efficace l'impiego dei raggi ultravioletti.
c) Inquinamento degli alimenti. Questi possono costituire un importante veicolo sia di agenti biologici sia di sostanze chimiche di natura tossica. Per quanto attiene alla contaminazione biologica, i microrganismi veicolati dagli alimenti possono essere di origine endogena, quando gli agenti infettivi derivano da malattie dell'animale stesso che serve da alimento, o di origine esogena, per contaminazione ambientale dei cibi. Tale contaminazione può verificarsi in tutte le fasi di produzione, lavorazione, trasporto, conservazione e consumazione del cibo. Tra i principali contaminanti biologici si trovano le salmonelle, gli stafilococchi, il bacillo botulinico, responsabili di gravi tossinfezioni alimentari, e ancora il vibrione del colera e i virus dell'epatite e della poliomielite. Per quanto riguarda gli elminti, spesso si annidano negli alimenti le trichinelle e le tenie. Inoltre, un protozoo talora presente nelle carni è il Toxoplasma gondii.
La contaminazione chimica può avvenire in particolare attraverso gli alimenti a base di pesce proveniente da acque inquinate da arsenico e da mercurio, che possono essere presenti in concentrazioni anche elevate nei crostacei e nei molluschi. Altri metalli che possono contaminare gli alimenti sono il cadmio, il manganese e il piombo, quest'ultimo riscontrabile soprattutto nelle bibite. Tra le sostanze chimiche tossiche vanno menzionati gli insetticidi che, adoperati in grande quantità nell'agricoltura, inquinano l'ambiente e si trovano accumulati nei cibi. Analoga rilevanza igienica ha la presenza negli alimenti di additivi, cioè di sostanze prive di valore nutritivo aggiunte in piccole quantità per migliorare l'aspetto estetico e le proprietà di conservazione; gli additivi sono considerati in molti casi potenzialmente pericolosi e mutageni, ossia in grado di indurre mutazioni genetiche. I nitrati o i nitriti, usati come conservanti possono causare metaemoglobinemia nei bambini e dar luogo alla formazione nell'organismo di nitrosammine cancerogene.
6.
Contro la diffusione delle malattie infettive e ambientali vengono adottati vari sistemi di prevenzione.
a) Prevenzione delle malattie infettive. Detta anche profilassi, comprende una serie di interventi atti a impedire, o almeno limitare, l'insorgenza e la diffusione delle malattie infettive nella popolazione. In generale si distingue in diretta, indiretta e specifica. La profilassi diretta è riferita al complesso di provvedimenti che si attuano in presenza di un pericolo concreto, quando cioè si sono già verificati episodi morbosi. Essa si basa su alcune misure di fondo, quali la denuncia alle autorità sanitarie di ogni caso di malattia sostenuta da agenti patogeni, l'accertamento in laboratorio, l'isolamento del malato e l'indagine epidemiologica necessaria per individuare la sorgente d'infezione. Successivamente, per impedire la diffusione della patologia, si opera la disinfezione del luogo e degli oggetti venuti a contatto con il soggetto ammalato. Per disinfezione si intende la distruzione di tutti i patogeni e i saprofiti presenti in un materiale o in un ambiente; per disinfestazione, l'eliminazione dei macroparassiti patogeni, oppure dei vettori di malattie infettive. La disinfezione può essere effettuata con mezzi fisici e chimici. I primi prevedono l'uso di raggi ultravioletti, radiazioni ionizzanti, ultrasuoni e sistemi filtranti. Il mezzo fisico di più ampia applicazione pratica è però il calore, che può essere usato come fiamma diretta, calore secco e calore umido, cioè vapore fluente ottenuto dall'ebollizione di acqua tenuta sotto pressione in autoclave dove il vapore raggiunge temperature assai elevate, capaci di distruggere anche le forme batteriche più resistenti che si presentano come spore. Alcuni disinfettanti, a concentrazioni particolari, possono agire come batteriostatici o antisettici, cioè come mezzi che non sono in grado di uccidere un microrganismo, ma ne inibiscono la crescita. I disinfettanti chimici si distinguono in due classi: disinfettanti in soluzione e allo stato gassoso. Sono compresi tra i primi gli acidi, gli alcali, i sali di metalli pesanti, gli alogeni, gli alcoli, le aldeidi e i fenoli; tra i secondi, la formaldeide, l'ossido di etilene e l'ozono.
La disinfestazione, pratica di profilassi che ha lo scopo di eliminare i serbatoi e i vettori degli agenti patogeni, cioè i ratti, i topi e gli insetti, gli artropodi e le loro uova, si basa sull'azione di acido cianidrico, anidride solforosa e pesticidi organofosforici. Si deve rilevare che una utilizzazione indiscreta di tali sostanze rappresenta un pericolo anche per l'uomo, sia a causa della loro tossicità acuta sia per il fatto che esse si accumulano nell'ambiente. La profilassi indiretta delle malattie infettive consiste nel complesso di interventi a livello ambientale, fisico e sociale, rivolti a bonificare l'ambiente e renderlo inadatto all'insediamento e alla persistenza degli agenti infettanti. Soltanto modificando radicalmente le condizioni ambientali, con il contributo essenziale anche dell'educazione sanitaria, si può infatti sperare di eradicare del tutto alcune malattie infettive.
La profilassi specifica delle malattie infettive viene distinta in profilassi immunitaria attiva, profilassi immunitaria passiva e chemioprofilassi. La profilassi immunitaria attiva sfrutta le capacità dell'organismo che consentono di reagire all'introduzione di sostanze estranee di natura proteica mediante la produzione di anticorpi specifici. Nel caso della profilassi immunitaria, gli antigeni capaci di indurre la produzione di anticorpi sono chiamati vaccini. Le vaccinazioni possono essere effettuate con batteri viventi e attenuati (per es. il vaccino antitubercolare, BCG), con batteri uccisi (vaccini antitifo, antiparatifo, anticolerico), con tossine batteriche rese atossiche grazie a particolari trattamenti (anatossine tetanica e difterica), con virus viventi e attenuati o uccisi (vaccini antivaioloso, antipoliomielitico, contro la rosolia). La protezione dei vaccini nei riguardi delle malattie infettive si verifica in genere dopo un periodo variabile fra i 7 e i 10 giorni dall'inoculazione dell'antigene vaccinale. In genere, perché si abbia un'immunizzazione completa, occorre somministrare più di una dose di vaccino; soprattutto importante è la dose vaccinale di richiamo, che serve a rinforzare lo stato protettivo e a stabilirlo nel caso fosse ancora insufficiente. La profilassi immunitaria passiva consiste nell'introduzione diretta nell'organismo di anticorpi già formati in precedenza da soggetti vaccinati, o che abbiano superato quella determinata malattia. Presenta il vantaggio di proteggere immediatamente l'individuo che corre il rischio di ammalarsi, ma anche l'inconveniente di fornire una protezione non illimitata, anzi di breve durata (un mese circa). In Italia esistono alcune vaccinazioni obbligatorie per i bambini (antipoliomielitica al terzo mese, antitetanica e antidifterica entro il primo anno di vita) e per categorie particolari (antitifica per gli alimentaristi e antitubercolare per gli individui più esposti al rischio). La chemioprofilassi è una forma di prevenzione delle malattie infettive che viene utilizzata quando i vaccini non sono a disposizione. In questi casi la somministrazione di determinati farmaci (antibiotici e sulfamidici) ha una sua efficacia nel prevenire l'estensione dei fenomeni morbosi. La chemioprofilassi viene attuata quando ci sia rischio di malattie quali la meningite, la tubercolosi, il colera.
b) Prevenzione delle malattie ambientali. Si basa essenzialmente sull'allontanamento e lo smaltimento di tre tipi di rifiuti pericolosi per la salute: rifiuti liquidi, comunemente detti liquami; rifiuti solidi o spazzature; rifiuti di origine industriale.
I rifiuti liquidi rappresentano un serio pericolo sia per l'uomo sia per l'ambiente, potendo trasportare un gran numero di agenti infettanti e infestanti, nonché di sostanze organiche putrescibili e tossiche. L'origine dei liquami è da ricercare nei prodotti del metabolismo umano, nelle acque di lavaggio domestiche (acque nere), nelle acque meteoriche (acque bianche) e in quelle di rifiuto provenienti da impianti industriali. Per diminuire drasticamente i pericoli di inquinamento, soprattutto nei grandi centri urbani, i liquami vengono trattati negli impianti di depurazione (v. sopra) prima di essere riversati nei corsi d'acqua superficiali, nel mare, nei laghi e nei fiumi, che in questo modo non subiscono sensibili alterazioni nel loro equilibrio chimico e biologico. I rifiuti solidi urbani sono quelli provenienti dalle abitazioni e dalle aree pubbliche. Rappresentano un grave problema soprattutto a causa della loro quantità: in media, ogni persona quotidianamente ne elimina infatti 1500 g. I pericoli sono anche qui di ordine putrefattivo e infettivo, cui si aggiungono quelli rappresentati dalla formazione di gas maleodoranti, dall'umidificazione, dalla presenza tra i rifiuti di insetti vettori di parassiti e di molti serbatoi di infezione, come i topi e i ratti. Le principali tecniche di smaltimento sono: la discarica controllata, l'incenerimento mediante l'uso di inceneritori attrezzati con impianti di controllo e purificazione dei fumi emessi, il compostaggio e il riciclaggio.
Il problema dei rifiuti industriali è molto vasto e sempre più complesso. Esso riguarda sia i lavoratori delle industrie sia gli agglomerati urbani che gravitano nella zona in cui tale tipo di rifiuti viene smaltito. Ogni tipo di industria presenta problemi diversi per l'eliminazione delle scorie, rendendo difficile il controllo. Ciò comporta la necessità di una vigilanza rigorosa, capillare, e di adeguati provvedimenti legislativi, in quanto i gas tossici, le polveri nocive, le sostanze radioattive costituiscono un serio pericolo per l'uomo e, in generale, per gli organismi viventi.
di Luigi Frighi
1.
L'igiene mentale va intesa nella duplice accezione di movimento di opinione pubblica e di specifica disciplina di studio, aventi entrambi per fine la promozione della salute mentale.
Per la complessità connaturata nel termine e per l'intrinseca vaghezza dei suoi confini, si tende ad attribuire all'igiene mentale un territorio operativo di 'frontiera' incuneato in campi di ricerca comuni ad altre materie scientifiche. Così, per es., l'igiene mentale si occupa, al pari della psichiatria, dei disturbi psichici, ma li osserva, li studia e li misura nell'ottica privilegiata della 'prevenzione', avvalendosi di altre discipline scientifiche come l'epidemiologia, la psicologia, la sociologia, l'antropologia, l'economia, la statistica. Ancora più ambigua, dal punto di vista semantico, può apparire la distinzione con la psichiatria sociale, che costituisce anch'essa un settore di studio dai contorni sfumati e confusi. Data la palese inutilità di sceverare quanto appartenga all'uno o all'altro campo, si può evidenziare, da un lato, che la psichiatria sociale, nel suo aspetto primario di ricerca, rappresenta una delle diverse opzioni scientifiche della psichiatria e sottolineare, dall'altro, l'impegno che l'igiene mentale deve mantenere a livello di agente opinionista nella promozione della salute psichica, nella prospettiva della prevenzione con il concorso di psichiatri, psicologi e di quanti, nelle varie istituzioni (scuola, lavoro, amministrazioni pubbliche e organismi politici ecc.), dovrebbero sentirsi investiti del ruolo di garanti del miglioramento della qualità della vita e dunque del benessere psicofisico degli individui.
Il promotore del movimento di opinione pubblica, che più tardi lo psichiatra svizzero A. Meyer denominerà igiene mentale, fu agli inizi del 20° secolo C.W. Beers. Affetto, in giovane età, da disturbi psichici culminati in un tentativo di suicidio durante uno stato depressivo maggiore, Beers, nel volgere di pochi anni, fu ricoverato in vari istituti psichiatrici dai quali derivò un'esperienza personale di sofferenze e di malpractice psichiatrica che lo condusse all'impegno di scrivere un resoconto e di diffonderlo con l'intento di promuovere la riforma dell'assistenza nei servizi psichiatrici americani. Il risultato fu la pubblicazione della sua autobiografia (Beers 1908), che riscosse l'attenzione e l'adesione di personalità del mondo accademico, politico e religioso nordamericano, tra cui Meyer e il filosofo e psicologo W. James. Insieme a essi e sostenuto da vasti consensi, Beers costituì nel 1909 un Comitato nazionale per l'igiene mentale con lo scopo di innalzare il livello di formazione psichiatrica professionale, migliorare i metodi teraupeutici e l'assistenza ai malati mentali, promuovere l'igiene mentale, in senso lato, mediante un'opera di sensibilizzazione e coinvolgimento di strutture pubbliche e di privati. Per il successo ottenuto dal movimento negli Stati Uniti e la sua risonanza in altri paesi, nel 1930 fu possibile organizzare a Washington il primo Congresso internazionale d'igiene mentale al quale parteciparono rappresentanti di 41 nazioni, tra cui l'Italia. Il Congresso segnò il punto culminante della popolarità di Beers, figura ormai carismatica ed esempio vivente di riabilitazione psichica.
In Italia le nuove idee sulla prevenzione o profilassi mentale, come allora veniva denominata, trovarono un terreno fertile presso quanti erano interessati al rinnovamento dell'assistenza psichiatrica. Tra i neuropsichiatri dell'epoca maggiormente impegnati a diffondere anche nel nostro paese le proposte del movimento d'igiene mentale, possono essere ricordati E. Medea, L. Bianchi, E. Morselli, E. Levi, E. Tanzi, G.C. Ferrari, i quali contribuirono alla costituzione ufficiale della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, avvenuta a Bologna nel 1924: i compiti che questa istituzione si proponeva nello statuto di fondazione conservano a tutt'oggi un'indubbia validità programmatica. In seguito, le vicende, nel nostro paese, legate al fascismo e il graduale addensarsi sull'orizzonte internazionale di presagi connessi allo scoppio della Seconda guerra mondiale, finirono per rallentare fino all'esaurimento l'attività del movimento (De Sanctis 1967). Con la fine della guerra, tuttavia, esso riprese consistenza trovando nuovo seguito tra gli interessati ai problemi della salute mentale. Segno di questa ripresa fu l'istituzione, avvenuta nel 1948 a Londra, della World federation for mental health, al cui atto di fondazione prese parte una delegazione italiana guidata da C. De Sanctis, allora segretario generale della Lega italiana. Com'era già accaduto con Beers, promotore su scala mondiale del movimento, il merito maggiore per la costituzione della World federation for mental health va ascritto allo psichiatra inglese J. Rees, uno dei fondatori della Tavistock clinic di Londra. La federazione si costituì come organo permanente 'non governativo', evidenziando così che l'igiene mentale non poteva rappresentare un hortus conclusus della psichiatria, bensì un forum multidisciplinare e multiprofessionale nel quale discutere problemi di interesse comune e di rilevanza sociale. Anche per quanto riguarda la Lega italiana d'igiene mentale, l'adesione di figure professionali non solo provenienti dal circoscritto campo psichiatrico, ma operanti a diversi livelli e con diversificate funzioni nel contesto sociale, contribuisce a renderla ancora oggi un organismo non corporativo, in grado di promuovere mutamenti nell'opinione pubblica rivolti alla tutela della salute mentale, nella prospettiva attuale strettamente legata al concetto di qualità della vita.
2.
In linea teorica generale, vi è già una difficoltà nello stabilire in maniera univoca il concetto di sanità mentale. Se è facile definire il malato come colui che presenta di volta in volta una certa costellazione sintomatologica, l'assenza di tale costellazione non è di per sé sufficiente a individuare una persona come sana di mente; in realtà i concetti di sviluppo psicologico, equilibrio psichico, sanità e normalità si definiscono in relazione all'ambiente in cui sono immersi e del quale sono espressione; anche il sentimento del 'sentirsi bene' risulta in qualche modo collegato a quell'idea del benessere che in un dato luogo e in un dato momento riceve il consenso della maggioranza della popolazione.
La complessità dei problemi che una società in evoluzione come quella attuale deve affrontare, soprattutto a carico di quegli ambiti di studio e promozionali che maggiormente hanno a che fare con il 'sociale', rende poi oltremodo complicata la selezione di aree principali, o campi privilegiati di ricerca e intervento, per l'irruzione di nuove problematiche individuali e collettive che superano i confini di quanto si era cercato di fissare e delimitare con chiarezza. Il campo dell'igiene mentale risente del continuo oscillare alla ricerca di equilibri tra settori diversi di indagine e interventi che possono risultare validi, a volte, soltanto per brevi periodi, a conferma che il percorso dell'igiene mentale, per sua natura, non può che essere continuamente innovativo, simile a un itinerario aperto a nuove frontiere e a rinnovate sfide per la promozione della salute psichica.
Esiste tuttavia, sul piano diacronico, qualcosa di essenziale che si collega a uno dei concetti chiave dell'igiene mentale ed è rappresentato dai programmi di prevenzione e dalla loro attuazione. Classicamente, la tutela della salute psichica si svolge a tre livelli: prevenzione primaria, ovvero miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, informazione sanitaria e risanamento di quei fattori che possono contribuire a far emergere stati di disadattamento o vere e proprie patologie psichiche; prevenzione secondaria, o diagnosi tempestiva di ogni turba mentale e inizio della terapia al suo primo manifestarsi; prevenzione terziaria, o cura degli esiti delle malattie psichiche con programmi di riabilitazione e reinserimento nell'ambiente familiare e professionale.
Per quanto attiene al primo livello, se si pensa a una prevenzione primaria capace di eliminare a monte i disagi psichici ancora prima che il male si manifesti, si cade facilmente nell'aspirazione a un desiderio illusorio, impossibile, e infatti si deve riconoscere che una prevenzione di questo genere non è stata attuata in nessun paese. L'antitesi utopia-realtà indica i poli fra i quali si articola ogni discorso sulla prevenzione, fermo restando che l'utopia deve rappresentare una spinta verso la situazione ideale, non costituire un ostacolo, nella sua astrazione, o un alibi con cui far naufragare l'opera intera. Nell'ambito della prevenzione primaria le istituzioni della famiglia e della scuola hanno un'importanza capitale. Nei confronti della prima è necessaria un'opera di educazione ai compiti innovativi cui sono chiamati i genitori, sempre più confusi sui rispettivi ruoli e sugli spazi da concedere alla prole. A tale proposito va sottolineato il principio che i livelli di libertà concessa devono essere considerati a seconda dell'età e della maturità dei ragazzi e i diritti da essi reclamati sono sempre da collegarsi ai doveri e alle responsabilità individuali. È necessario inoltre educare i genitori a stabilire rapporti continuativi e intensi con la scuola, che rappresenta un'istituzione primaria per ragioni connesse sia alla funzione formativa che le compete, sia alla connotazione specifica di luogo essenziale per l'interscambio e l'interazione giovani-adulti che le è propria. Le complesse problematiche sociopsicologiche della scuola richiedono oggi una figura d'insegnante che sia anche psicopedagogo e perciò maggiormente interessato alle motivazioni del conoscere che agli aspetti tecnici del sapere, attento ai fenomeni emotivi dei giovani nella loro ricerca di autonomia e contemporaneamente di guida, osservatore delle dinamiche di gruppo che la classe tende a esprimere e, al tempo stesso, sensibile alle caratteristiche psicologiche del singolo scolaro. Allo scopo di riattivare le potenzialità di cambiamento ancora reperibili in una delle istituzioni più conflittuali della nostra società, è forse necessario considerare la scuola non come un'istituzione a sé stante, ma come un servizio inserito in un dato contesto socioambientale. La scuola potrebbe allora essere vista non come l'unica ed esclusiva entità formativa, bensì come uno dei tanti punti di riferimento di un sistema di educazione policentrico che comprenda altri istituti e strutture con compiti di istruzione e formazione: famiglia, gruppo dei pari, biblioteche, musei, attività di tempo libero, laboratori e officine per l'apprendimento di arti e mestieri.
Se si passa poi a esaminare le tematiche emergenti negli ambiti operativi della prevenzione secondaria e terziaria, si possono prendere in considerazione alcuni gruppi a rischio che meritano un'attenzione particolare. Certe popolazioni risultano a rischio per l'età stessa dei loro componenti, come avviene per gli adolescenti e gli anziani i cui problemi (politossicofilie, microcriminalità, fallimenti scolastici, e, rispettivamente, alcolismo, solitudine, stress da pensionamento) richiedono soluzioni adeguate, non sempre recepite nei programmi di prevenzione. Un'altra area emergente è quella rappresentata dalla 'nuova cronicità psichica', costituita da giovani psicotici che non hanno un passato di lunghe istituzionalizzazioni, ma sono stati sottoposti ai microtraumi di ospedalizzazioni frequenti, causati dal cosiddetto revolving doors treatment ("trattamento della porta girevole"). Strettamente connesso appare il fenomeno, in continua crescita, degli individui senza fissa dimora che popolano le strade della città e che, rispetto ai clochards del passato, sono più giovani, presentano una componente femminile abbastanza cospicua e si dimostrano maggiormente refrattari ad accettare condizioni di assistenza protetta. Questo fenomeno si aggiunge ai tanti altri che rendono sempre più travagliato il rapporto tra il vissuto dell'uomo e il suo habitat cittadino. In un quadro siffatto, bisogna evitare che un'eccessiva psichiatrizzazione di problemi situati tra il sociale e lo psicologico conduca all'oblio oppure alla svalutazione di tutta una serie di fattori economici, amministrativi e politici che stanno alla base dell'evoluzione negativa del contesto urbano, oppure, ancora, al progetto di costruire, anziché una città adatta all'uomo, un uomo forzosamente adattato alla città.
Un'altra tematica di rilievo è rappresentata dall'immigrazione, fenomeno da considerarsi come non transitorio, ma aperto a sempre nuove immissioni nel nostro paese di individui provenienti da culture eterogenee e con motivazioni diverse (lavoro, asilo politico, ricongiungimento familiare, studio ecc.). In questo caso si tratta non tanto di far fronte a emergenze di patologie d'importazione, ma di migliorare la qualità di vita che il nostro paese può offrire agli immigrati, in cambio del contributo economico e del lavoro che prestano: il loro inserimento comporta un lungo processo di acculturazione biunivoco, che deve coinvolgere noi e gli altri (Frighi 1995), e una programmazione di interventi ben al di là della semplice accoglienza dettata dall'emergenza.
Un ultimo accenno merita l''etica della salute'. Le nuove biotecnologie, i trapianti, la medicina fetale, le tecniche di prolungamento indefinito della vita vegetativa di organismi umani, le manipolazioni genetiche, le clonazioni, le metodiche di fertilizzazione e, infine, la crescente popolarità della cosiddetta medicina alternativa, possono costituire esemplificazioni dei problemi etici sui quali lo psicoigienista verrà chiamato a rispondere. Nello scenario delineato, è lecito sostenere la necessità per l'igiene mentale, nella sua duplice natura di movimento d'opinione e di specifica disciplina di studio, di continuare a incoraggiare, sulla scia dei promotori storici, orientamenti, ricerche e programmi, che possano svolgersi nell'ambito esclusivo dei diritti dell'uomo.
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