L’asse secondario di un tallo o di uno dei 3 costituenti del cormo (radice, fusto, foglia), con stesso valore morfologico dell’asse primario. Negli alberi si distinguono i r. primari (o maestri), detti anche branche, che ne formano l’impalcatura; su questi sono inseriti i r. di secondo ordine, sui quali s’impiantano i rametti, di 2 o più anni; questi infine portano i ramoscelli, che sono i r. dell’annata (detti anche vermene, getti, ramicelli, germogli ecc., e, nella vite, tralci o capi). Nelle cormofite i r. del fusto si sviluppano dalle gemme, che sono abbozzi di germogli che conservano una parte dei tessuti meristematici dell’apice del fusto. In alcune piante, per es. nel genere Prunus, si notano r. lunghi (macroblasti) con internodi lunghi e foglie distanziate e r. brevi (brachiblasti) con internodi brevi e foglie ravvicinate (➔ ramificazione).
Il r. di origine P0 (a0, b0) di una curva piana (algebrica o più generale analitica) è l’insieme di quei punti della curva, appartenenti a un certo intorno di P0, le coordinate dei quali sono esprimibili mediante serie di potenze di un parametro t, x = a0+a1t+a2t2+ …, y = b0+b1t+b2t2+ …, in modo tale che ci sia corrispondenza biunivoca tra i punti dell’insieme e i valori del parametro t. Si chiama ordine del r. il numero α dato dall’esponente minimo non nullo con cui compare t nelle due serie di potenze; esso rappresenta geometricamente il numero dei punti comuni a una retta generica e al r., i quali tendono a P0 quando la retta tenda genericamente a passare per P0. Per un r. di ordine α si dice retta tangente in P0 quella retta per P0 che ha con il r. un contatto almeno (α+1)-punto. Ogni punto della curva in questione è origine di un numero finito di r., la cui struttura è univocamente determinata. Così, un punto semplice è sempre origine di un unico r. lineare, ossia di ordine 1, mentre un punto multiplo di molteplicità s può essere origine o di s r. lineari (ed è senz’altro così se il punto in esame è ordinario, cioè se possiede s tangenti principali tutte distinte) o di un numero inferiore di r., uno almeno dei quali è però necessariamente superlineare, ossia ha ordine maggiore di 1. La determinazione dei r. uscenti da un punto singolare P0 di una curva è perciò strettamente collegata da un lato al problema di geometria algebrica classica dello scioglimento della singolarità che la curva stessa presenta in P0, e dall’altro alla possibilità di ottenere una o più rappresentazioni esplicite locali di una curva rappresentata da un’equazione del tipo f(x,y) = 0. Alcuni esempi sono: a) la curva x2−y2 = x3 possiede nell’origine P0 delle coordinate un punto doppio nodale; in un intorno di P0 essa è costituita da due r. lineari rappresentabili con le equazioni x=t, y=t+t2/2–t3/8+… e x=t, y=−t+t2/2+t3/8+…; b) la curva y2=x3 ha una cuspide nell’origine P0: in un intorno di P0 è formata dall’unico r. cuspidale di equazioni x=t2, y=t3. R. di una funzione olomorfa ω=f(z) di una variabile complessa z, nell’intorno dei valori ω0, z0, essendo ω0=f(z0), è l’insieme dei valori della funzione dati da una serie di potenze, nel suo cerchio di convergenza: