Disciplina che studia ed enuncia principi e norme generali di controllo economico sulla gestione delle aziende e che rappresenta lo strumento necessario per raccogliere, mediante l’osservazione quantitativa, la storia delle condizioni di esistenza e delle manifestazioni di vita delle aziende stesse.
Il Medioevo. La storia della r. può farsi risalire al tardo Medioevo. I più antichi esempi di tenuta regolare dei conti sono offerti dalla contabilità pubblica, come i pipe rolls della tesoreria della Corona inglese (1130) e il cartulario del massaro del Comune di Genova (1340), dove peraltro vengono adottati metodi di rilevazione già largamente in uso presso le aziende commerciali.
Il Quattrocento. I primi trattati in materia di tenuta dei conti, e in particolare di utilizzo del metodo della ‘partita doppia’ per lo svolgimento delle operazioni rilevative si incontrano, nella forma più completa, nella Venezia del Quattrocento, e ‘veneziano’ fu detto universalmente, alla fine del Quattrocento, tale metodo contabile. A questo periodo risalgono Della mercatura et del mercante perfetto di B. Cotrugli (1458, pubbl. nel 1573) e la Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità, di fra Luca Pacioli (1494), opera internazionalmente riconosciuta come la prima sistematizzazione ufficiale del metodo della partita doppia.
Dal 17° al 19° secolo. Nel Seicento il nuovo metodo si diffuse in Inghilterra e in Francia, dove con l’Ordonnance du commerce (1673) si ebbe, prima che in altri paesi, l’obbligo di una regolare tenuta dei libri. Fino al 19° sec. le opere di r. non si discostano molto, in genere, da quelle dei secoli precedenti e gli autori non si propongono una sistemazione dottrinale della materia. In questo arco temporale la r., da arte di tenere i conti diventò metodologia contabile, si affinarono le tecniche di scritturazione e gli studi perseguirono la perfezione nella rappresentazione formale dei fatti aziendali. Nel 19° sec. si assiste a una notevole evoluzione. Si formarono ben definite correnti di pensiero, di solito legate a determinate provenienze geografiche.
Sotto l’influenza di queste diverse ‘scuole’ lo studio della r. si arricchì di un elevato grado di elaborazione scientifica: per merito particolarmente di F. Villa (Elementi di amministrazione e contabilità, 1850), maggiore esponente della scuola lombarda, la r. si dilatò nello studio dell’economia della gestione e dell’organizzazione e la rilevazione di conto fu considerata come uno strumento di quello studio.
Impulso notevole al progredire degli studi fu dato dagli appartenenti alla scuola toscana. In particolare con G. Cerboni (La ragioneria scientifica, 1886), che fu il principale propugnatore della cosiddetta ‘teoria personalistica’ dei conti già sostenuta da F. Marchi (I cinquecontisti, 1867) – secondo la quale tutti i conti dovrebbero intendersi accesi a persone – la r. assunse dignità scientifica. Questo studioso ideò un modo di rilevazione, detto logismografia, che, pur adottando il metodo della partita doppia, classificava simultaneamente i ‘fatti amministrativi’ delle aziende in diverse coppie di aspetti, anziché in una sola coppia, nell’intento di rilevare gli effetti specifici, giuridici ed economici dei fatti stessi. La logismografia è quindi vista come mezzo per individuare l’insieme delle leggi che governano le aziende.
Con l’avvento della scuola veneta, e in particolare con F. Besta (La ragioneria, 1891), la r. assurse definitivamente al rango di scienza, arricchendosi notevolmente nei contenuti. Besta, confutando le precedenti teorie personalistiche, introdusse ‘i conti a valore’, gettando le basi delle concezioni odierne, e riconobbe la r. come scienza del controllo economico.
Nel frattempo anche all’estero, soprattutto in Germania, andavano formandosi importanti correnti di pensiero. L. Gomberg affermò esplicitamente che la r. era non già lo studio dei procedimenti di rilevazione ma quello dei fenomeni economici d’azienda e delle relazioni fra gli stessi, esprimibili mediante i suddetti procedimenti. In Francia si sviluppò la tendenza a costruire la dottrina economica generale dell’impresa, considerata nei suoi fini, nella sua costruzione e organizzazione e nella sua attività. Notevoli le opere di J.-G. Courcelle-Seneuil (Manuel des affaires ou traité théorique et pratique des entreprises industrielles, commerciales et agricoles, 1855) e di H. Fayol (Administration industrielle et générale, 1920). Nei paesi anglosassoni un ramo di studi si occupò in genere delle scritture contabili (accounting), l’altro riguardò l’amministrazione considerata nei metodi di organizzazione, programmazione e controllo del lavoro in azienda (management). Le opere del primo ramo di solito non si elevano alla ricerca sistematica di principi e all’esame critico dei procedimenti contabili, considerandoli nei fini cui tendono. Per il secondo ramo di studi è notevole l’opera di E.R. Taylor e seguaci. Nella dottrina anglo-americana si parla anche di una scienza generale dell’impresa (science of business) che dovrebbe interessare l’intera materia economico-aziendale, ma le pubblicazioni prodotte, pur costituendo opera scientifica e offrendo all’indagine un abbondante e utile materiale di fatti e di osservazioni, hanno di solito carattere di manuali pratici.
Il bisogno di studiare l’azienda nel suo svolgimento economico-unitario non poteva mancare di farsi sentire con il progredire di ricerche relative alla vita aziendale. La rilevazione contabile, pur affinata nelle molteplici applicazioni, si rivelava insufficiente a illuminare l’amministrazione economica consapevole; occorreva studiare l’economia delle aziende, e tale studio costituì la base delle ricerche sostenute e sviluppate con successo da G. Zappa (Tendenze nuove negli studi di ragioneria, 1926; La determinazione del reddito nelle imprese commerciali, 1920-29). Zappa affermò che i problemi dell’economia aziendale, riguardino essi la gestione, l’organizzazione o la rilevazione, non si risolvono scindendone il complesso; queste tre parti sono tra loro complementari e costituiscono una disciplina unitaria che si propone di studiare «le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita delle aziende». La r. diviene così una branca dell’economia aziendale (➔ economia), che studia i metodi di rilevazione, in espressione quantitativa dei fenomeni economico-aziendali, sì da poterne dedurre il risultato consuntivo, la cui interpretazione, anche ai fini prospettici, è possibile considerando l’azienda quale entità economica di gestione e di organizzazione, nel contesto dell’economia generale.
Il pensiero di Zappa ha impresso un fortissimo impulso agli studi economico-aziendali tuttora in continua evoluzione. Nel campo della ragioneria, il progresso scientifico si ebbe soprattutto grazie a P. Onida (Le discipline economico-aziendali, 1951; Economia d’azienda, 1963) e T. D’Ippolito (La scienza della ragioneria alla metà del secolo XX e il suo posto nel complesso delle odierne dottrine di economia aziendale, 1955). Questi due studiosi, allievi di Zappa, colgono nella teoria economico-aziendale nuovi spunti per l’affermazione della r., dimostrandone l’importanza per il progresso delle conoscenze in campo aziendale. In parallelo con lo sviluppo delle ricerche zappiane, si affermano anche altri studiosi della materia, tra i quali meritano un posto di rilievo A. Ceccherelli e A. Amaduzzi. Ceccherelli affermò per primo che la rilevazione non poteva essere considerata un semplice procedimento scritturale, attribuendo il compito di riconoscere i fatti aziendali, tramutando il dato contabile in economico. Per questo autore alla r. si poteva senz’altro attribuire un ruolo propedeutico, di preparazione allo sviluppo della scienza economico-aziendale. Anche Amaduzzi (L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, 1953) attribuì un significato ampio alla rilevazione: questa afferma ormai pienamente la sua natura di strumento interpretativo dei fatti aziendali, suscettibile di evidenziarne la capacità segnaletica in relazione al verificarsi o meno delle condizioni di equilibrio aziendale.
Il contenuto della r. si è arricchito ulteriormente per opera di studiosi quali A. Riparbelli ed E. Giannessi, allievi di Ceccherelli, D. Amodeo e G. Ferrero, allievi di Onida. Essi hanno portato la r. al punto massimo della sua evoluzione scientifica, dove, accanto al compito di formare le quantità espressive della dinamica aziendale, si trova il compito di interpretare tali espressioni allo scopo di ricostruire su basi logiche la dinamica aziendale.
R. generale dello Stato Nell’organizzazione amministrativa dello Stato italiano, è l’organo dipendente dal ministro del Tesoro che ha funzioni di riscontro sull’intera gestione di bilancio e patrimoniale dello Stato e funzioni di vigilanza sulla gestione di enti economici, amministrativi e finanziari in cui lo Stato è interessato. In particolare, la R. generale ha il compito di preparare i bilanci preventivi e i rendiconti patrimoniali e finanziari da sottoporre all’approvazione delle assemblee legislative e tutti gli altri documenti contabili nei quali trovano rilievo le periodiche situazioni finanziarie. Le sezioni della R. generale dello Stato distaccate presso ciascun ministero prendono il titolo di R. centrale del ministero cui sono addette.