Ogni concezione che consideri l’accadere, tanto fisico quanto spirituale, come il prodotto di una pura causalità meccanica e non preordinato a una superiore finalità.
Nel senso più generale, il m. indica una concezione del mondo fisico che spiega i fenomeni naturali attraverso il movimento locale di corpi dotati di caratteristiche meramente quantitative. Questa concezione si esprime già nel pensiero antico con il sistema atomistico di Leucippo e di Democrito: la materia è costituita di atomi, elementi compatti e indivisibili che si muovono, nel vuoto, in tutte le direzioni; la forma geometrica degli atomi e il loro moto spiegano i fenomeni, e le qualità sensibili sono il prodotto dell’azione meccanica dei corpi sugli organi di senso. Attraverso gli sviluppi del sistema di Epicuro, il m. democriteo ha assunto sempre più un significato antagonistico alle filosofie che subordinano l’ordine cosmico a una visione finalistica e, in fisica, fanno appello come principi di spiegazione del moto a forze vitali o cause formali non riducibili alle leggi del moto meccanico. In questo senso m. è divenuto anche sinonimo di materialismo.
La concezione meccanicistica trovò un suo più articolato sviluppo nella rivoluzione scientifica del 17° sec., in relazione alla ripresa della filosofia corpuscolare e tuttavia non sempre può identificarsi atomismo e m., poiché è possibile trovare tentativi di accogliere una concezione corpuscolare e atomistica in una prospettiva platonica e finalistica. Il m. seicentesco assunse varie forme, anche in rapporto al diverso uso della matematica come strumento concettuale capace di trascrivere i fenomeni naturali; resta comunque caratteristica comune del m. la distinzione tra qualità secondarie (colori, sapori, odori, suoni), che dipendono dalla nostra sensibilità e sono soggettive, e qualità primarie od oggettive (figura, grandezza, posizione, movimento, numero), proprietà geometrico-meccaniche, inerenti alla materia, sulle quali si fonda l’or;dine necessario e immutabile della natura.
In R. Descartes la concezione meccanicistica raggiunge una più organica espressione, includendo anche i fenomeni vitali (teoria degli animali-macchina) nell’ambito della ‘materia estesa’ e delle sue leggi, da cui resta distinta la sostanza pensante; mentre T. Hobbes spiega meccanicisticamente anche la vita psichica dell’uomo, riconducendola ai movimenti provocati nelle particelle del cervello dai movimenti degli oggetti esterni. Un’accentuazione materialistica del m., accompagnata da una aperta polemica antireligiosa, si ha con alcuni esponenti dell’illuminismo francese, quali J.-O. de La Mettrie e P.H.D. d’Holbach, che tendono a spiegare ogni fenomeno, fisico o psichico, con le modificazioni determinate dai movimenti della materia. Motivi caratteristici del m. si ritroveranno poi nel positivismo e in genere in varie forme di materialismo moderno.
Il m. biologico nacque come un corollario del materialismo, il quale implica l’esclusione di ogni elemento metafisico nell’interpretazione della natura; secondo questa concezione i fenomeni vitali dovrebbero interpretarsi completamente ed esclusivamente in base alle leggi della fisica e della chimica; ogni finalità dovrebbe essere esclusa, e il corso dei processi vitali essere guidato soltanto dal principio di casualità, nel senso democriteo. La prima chiara affermazione meccanicistica, anche nel campo biologico, è in Democrito, che considera come principio di vita un’anima composta di atomi ignei sottilissimi, e mortale, che si dissolve nel corpo. Il m. si contrappone al vitalismo (➔) dove il principio della vita, del movimento e dello sviluppo è l’anima, entità diversa ma unita alla materia.
Nel 18° sec. il dibattito tra m. e vitalismo si concentrò sull’embriologia (➔ embrione) con la controversia fra gli assertori dell’epigenesi e quelli della preformazione e la vittoria dei primi sui secondi. Il 19° sec., con le teorie dell’evoluzione e l’enorme sviluppo delle ricerche sui più intimi fenomeni vitali, vide il trionfo del meccanicismo. Il darwinismo spiegò gli adattamenti senza ricorrere alle cause finali, come effetto della selezione. La teoria dei tropismi di J. Loeb e la partenogenesi sperimentale dello stesso autore recarono forti argomenti in favore della concezione meccanicistica; nel fervore antidogmatico si giunse all’esagerazione di fare del m. e delle affermazioni della scienza una sorta di dogma.
In seguito fu dichiarata l’insufficienza del m. a rendere ragione di tutti i fenomeni vitali, e i biologi si divisero in due campi: alcuni rimasero fedeli al m., mentre altri si volsero al vitalismo, che risorse con H. Driesch come neovitalismo. Negli anni seguenti, varie teorie (organicismo, olismo ecc.) cercarono di porre fine al dissidio, introducendo il concetto di ‘unità biologica’ o ‘totalità’ (ted. Ganzheitsbegriff), come qualche cosa di essenziale, primo e capitale attributo degli organismi, cui sono subordinati tutti i fenomeni fisici e chimici elementari, e affermando che i fenomeni biologici sono su un piano diverso da quelli fisici, cui invano si cerca di ridurli. Se è necessario ammettere che il m. non è riuscito a dar ragione di tutti i fenomeni vitali, si deve però riconoscere che esso ha stimolato vigorosamente la ricerca in ogni campo, e che in virtù del metodo che esso bandisce è data continuità al progredire delle scienze biologiche.
Il contributo più fruttuoso della concezione meccanicistica si è avuto nella fisica, dove sempre più nettamente essa è divenuta, da generale concezione del mondo, ipotesi di ricerca scientifica legata ai progressi della meccanica. I successi conseguiti nella dinamica, e in particolare nel campo della meccanica celeste hanno aperto nuove prospettive alle concezioni meccanicistiche e acceso nuove speranze all’ambizioso disegno di ‘comporre la macchina’, di dare la chiave di ogni fenomeno naturale, così che di ogni sistema si possa, dal presente, ricostruire il passato e prevedere il futuro. Tali speranze si avvertono particolarmente vive in P.-S. Laplace, in G.L. Lagrange e in molti dei loro contemporanei.
In termini generali il problema si può formulare nei seguenti termini: la storia passata e quella futura di un sistema materiale sono racchiuse in un sistema di equazioni differenziali, risolvendo le quali questa storia può essere ricostruita, o costruita, in modo univoco non appena siano conosciuti la configurazione e l’atto di moto che competono al sistema in esame all’istante che separa per noi il passato dal futuro, cioè in quel che si chiama l’istante iniziale. E non solo i fatti meccanici ma ogni fenomeno fisico si presume possa restare costretto entro lo schema strettamente deterministico regolato dalle equazioni della dinamica.
Tuttavia, già nella prima metà dell’Ottocento, gli sviluppi delle diverse teorie e certi sintomatici contrasti con l’esperienza posero seri dubbi sulla possibilità, sia pure soltanto concettuale, di ricavare l’intera storia di un corpo dalla risoluzione di un sistema di equazioni e dall’associata conoscenza delle condizioni iniziali. Il 2° principio della termodinamica (Clausius, 1850) mise chiaramente in luce l’irreversibilità di tutti i fenomeni naturali, laddove le equazioni dinamiche di Lagrange rispecchiano un andamento assolutamente reversibile. Così, lo schema meccanicistico, mentre si apriva a nuove ricerche e a più sottili evoluzioni, appare ricondotto, sul finire del 19° sec., entro i limiti di un metodo atto a individuare, con un grado più o meno soddisfacente di approssimazione, l’evolversi di un fenomeno meccanico. Se queste possibilità di utilizzazione restano tuttora valide nella fisica macroscopica, esse sono cadute nella fisica atomica e subatomica, là dove, cioè, le conseguenze della quantizzazione e le correzioni relativistiche non sono più trascurabili e il determinismo meccanicistico nel senso sopra indicato viene meno: basti ricordare l’impossibilità, sancita dal principio di indeterminazione, di valutare contemporaneamente con precisione posizione e velocità d’una particella come sarebbe richiesto per l’applicabilità dei principi della dinamica classica. Ciò tuttavia non sembra pregiudicare in alcun modo la questione dell’oggettiva esistenza di leggi cui soggiacciano i fenomeni del mondo fisico, anche se esse restano del tutto inaccessibili o, per la molteplicità e piccolezza delle cause concomitanti, accessibili soltanto a un metodo d’indagine statistica.