Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno.
Come concetto filosofico, il f. è stato originariamente oggetto di discussione soprattutto sul piano logico. Si trova nel De interpretatione di Aristotele la prima trattazione del problema di quelli che i logici medievali chiamarono futura contingentia, cioè il problema del valore di verità delle asserzioni relative agli eventi futuri. Aristotele lo discute in relazione alla validità del principio del terzo escluso: l’applicazione di tale principio alle asserzioni sul f. gli appariva problematica, poiché in casi del genere non è possibile dire, prima del verificarsi o meno dell’evento descritto, che di una coppia di enunciati contraddittori uno sia necessariamente vero e l’altro necessariamente falso, come invece imporrebbe il principio del terzo escluso (che tuttavia resta valido per le asserzioni sul passato e sul presente). Gli eventi futuri sono infatti determinati dalle deliberazioni e azioni umane, e la verità o falsità degli enunciati a essi relativi non è decisa ‘sin dal principio’, potendosi realizzare indifferentemente due opposte possibilità. Il problema aristotelico fu ampiamente discusso per tutto il Medioevo e si ampliò nella questione, metafisica e teologica, della libera determinazione della volontà in rapporto alla prescienza divina: ammettere la verità o la falsità ‘in atto’ di un’asserzione sul f. equivarrebbe a concepire il f. come predeterminato e quindi a negare la libertà dell’azione umana. Tommaso d’Aquino attribuì a Dio la conoscenza attuale degli eventi futuri (cioè come già realizzati) senza tuttavia negare la libertà delle azioni dell’uomo.
linguistica
Il f. (o tempo f.) è una categoria del verbo che indica l’azione in quanto si deve svolgere nel f., appartiene quindi alle distinzioni temporali del verbo, non a quelle d’aspetto. Per quanto il sistema verbale preistorico indoeuropeo fosse basato soprattutto sull’aspetto, una forma di f. sembra tuttavia assicurata nella concordanza dei f. del lituano e del sanscrito, almeno inizialmente come forma di volontà. La forma del f. spesso continua espressioni perifrastiche. Il f. può appartenere a vari modi (indicativo, imperativo, infinito, participio); in italiano esiste soltanto il f. dell’indicativo, detto anche f. semplice per distinzione dal f. anteriore, tempo composto, che rappresenta anch’esso un’azione futura, ma passata rispetto a un’altra futura.