In biologia e in anatomia, materia organica e organo che presentano aspetto omogeneo e limiti ben definiti. S. bianca e s. grigia Le due componenti fondamentali del sistema nervoso centrale, così denominate, la prima per il colore delle fibre mieliniche di cui è ricca, e la seconda per il colore dei pigmenti presenti nei neuroni. S. corticale e s. midollare In alcuni organi a struttura non omogenea (rene, surrene, ovaie ecc.), la parte periferica e, rispettivamente, quella centrale. S. nera (substantia nigra o locus niger) Formazione pigmentata del mesencefalo facente parte del sistema extrapiramidale.
Con valore più generico, s. fondamentale di un tessuto, quella parte del tessuto che circonda le cellule, la cui composizione può variare considerevolmente a seconda dei tessuti considerati; s. basofila, eosinofila, metacromatica ecc., piccoli ammassi di natura chimica spesso non definita che presentano particolari affinità tintoriali.
Termine usato per indicare ciò che vi è di permanente nella realtà, al di sotto di ogni mutamento; in tal senso contrapposto ad accidente. Nella storia del pensiero filosofico la riflessione sulla s. come ciò che è al di là del divenire è presente fin dalle origini; ma è con Platone e Aristotele che il termine assume particolare valore. Per il primo, s. è l’idea, unica realtà vera ed eterna, contrapposta al mondo dell’apparenza sensibile. In Aristotele il termine assume significati diversi: in particolare esso indica sia la concreta realtà individuale (sinolo di materia e forma), designata anche come s. prima per distinguerla dai generi e dalle specie o s. seconda, sia l’essenza o specie formale, fondamento metafisico della realtà e suo principio di intelligibilità. Il pensiero medievale riprende il concetto platonico-aristotelico di s. apportandovi ulteriori determinazioni. Nell’età moderna si assiste a una progressiva trasformazione del concetto classico di s.: R. Descartes affianca alla s. divina, definita secondo la tradizione scolastica come ciò che non richiede altro da sé per sussistere, le due s., da quella derivate, del pensiero e dell’estensione; B. Spinoza, sviluppando il concetto cartesiano di s., ne afferma l’assoluta unicità, dando al pensiero e all’estensione il valore di attributi di essa, atti a manifestarne, da una particolare angolazione, l’infinita essenza. Nel tentativo di risolvere il problema del dualismo cartesiano, G.W. Leibniz elabora il concetto di un’infinita molteplicità di s. individuali o monadi, esseri completi e autosufficienti nella cui realtà in nuce è contenuto tutto ciò che può loro accadere e dalla cui nozione sono logicamente ricavabili tutti i predicati loro attribuibili. Ma il vero e proprio processo dissolutivo del concetto di s. inizia con J. Locke, che se non nega l’esistenza di un sostrato permanente e immutabile delle proprietà dei corpi, esclude tuttavia che possa essere oggetto di conoscenza da parte dell’uomo, dato il fondamento empirico di quest’ultima. Per G. Berkeley non è neppure necessario ammettere l’esistenza di questo, seppure inconoscibile, sostrato, poiché è Dio stesso a porre tale idea nel nostro spirito, che la potrà dunque percepire alla stregua di tutte le altre idee. Sviluppando ulteriormente i presupposti dell’empirismo di Locke, D. Hume giunge a spiegare la genesi dell’idea di s. con l’attività associativa dell’immaginazione, riconducendo la persistenza e la permanenza della s. alla forza dell’abitudine e al regolare e assiduo presentarsi nell’esperienza di impressioni simili. Con il criticismo kantiano la s. diventa una delle categorie trascendentali dell’intelletto che concorre all’unificazione del molteplice sensibile in un’esperienza possibile, e viene ad assumere così il valore di una funzione soggettiva del conoscere.