Una delle due coordinate altazimutali di un astro; in particolare, a. di un astro sull’orizzonte è l’ampiezza, espressa usualmente in gradi sessagesimali, dell’arco di cerchio verticale compreso fra l’astro e l’orizzonte o, che è lo stesso, l’angolo che la visuale dall’osservatore all’astro forma con il piano orizzontale per l’osservatore. Convenzionalmente, all’a. di un astro, variabile fra 0° e 90°, si attribuisce il segno + o − a seconda che l’astro si trovi al disopra o al disotto dell’orizzonte. Si distinguono un’ a. apparente, che è quella effettivamente misurata con gli strumenti, e un’ a. vera, che è quella corretta dall’errore di rifrazione e da altri di minore importanza (parallasse, aberrazione, depressione dell’orizzonte ecc.): poiché la rifrazione provoca un innalzamento apparente dell’astro, l’a. vera risulta sempre minore di quella apparente. In particolare si parla dell’ a. meridiana di un astro per indicare quella che compete all’astro nell’istante in cui esso passa per il meridiano del luogo; dell’ a. del Polo, per indicare l’arco di meridiano compreso tra il Polo e l’orizzonte, che interviene nella determinazione delle latitudini.
In acustica, l’a. o acutezza di un suono è uno dei suoi caratteri distintivi, individuato dalla frequenza (➔ suono).
In fonetica, fattore della pronuncia dei fonemi vocalici. Il suo variare dipende dalla diversa impostazione delle corde vocali: cresce con la maggiore frequenza dell’accostamento delle corde, diminuisce nel caso contrario. L’a. può variare sia nella pronuncia di una vocale rispetto alle altre della stessa parola, sia nella pronuncia di una o più parole nella frase. Non sempre però il rapporto fra le varie a. ha valore distintivo; quando lo ha, si parla d’intonazione e di accento (➔) tonale o musicale.
In geometria, la misura del segmento che separa un punto dalla retta o dal piano di riferimento. A. di un triangolo In un lato AB, è il segmento che ha per estremi il vertice C opposto ad AB e il piede H della perpendicolare condotta da C ad AB; le a. relative ai tre lati concorrono in un unico punto, detto ortocentro. A. di un parallelogramma In un rettangolo, è la distanza tra due lati opposti (ciascuno dei quali può essere assunto come ‘base’). A. di una piramide o di un cono Il segmento della perpendicolare condotta dal vertice alla base e, anche, la sua misura. A. di un parallelepipedo (rettangolo o no), è la distanza tra due facce opposte.
Il titolo di A. (lat. Celsitudo) nel Medioevo (sec. 12°-15°) apparteneva ai re, accompagnato talvolta da quello di Eccellenza. Quando, seguendo l’esempio di Carlo V (1519), gli imperatori e i re presero il titolo di Maestà, quello di A. passò ai principi sovrani minori e ai figli di re e imperatori; si ebbero così i titoli di A. Imperiale, A. Reale, A. Serenissima, A. Elettorale, A. Granducale. Il titolo di A. Reale fu conferito al cardinale-infante Ferdinando, figlio di Filippo III di Spagna, nel 1633. A. Serenissima fu il titolo dei principi italiani, ma i duchi di Savoia ebbero quello di A. Reale per la pretensione sul Regno di Cipro. Nel 19° sec. in Francia il titolo di A. Reale fu riconosciuto ai principi della casa di Borbone di Francia dei rami collaterali (1822) e nella Confederazione germanica ai granduchi e all’elettore di Assia-Cassel. Oggi il titolo di A. Reale si dà ai capi di Stato che hanno il titolo di principe e di granduca e ai discendenti diretti di un re, quello di A. Serenissima (ma in Gran Bretagna solo quello di A.) ai membri dei rami collaterali di una famiglia reale. Il Gran Maestro dell’Ordine di Malta ha il titolo di A. Eminentissima.