Delitto commesso da chiunque, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno (art. 640 c.p.).
Concorrono a configurare tale fattispecie una condotta integrativa di artifici o raggiri; l’induzione in errore della vittima; il compimento da parte di quest’ultima di un atto di disposizione patrimoniale; e non da ultimo un danno patrimoniale causato alla vittima con contestuale ingiusto profitto per l’agente o per persona diversa.
Con riferimento alla condotta attiva, può qualificarsi artificio la rappresentazione di una situazione non riscontrabile nella realtà; il raggiro consiste, invece, in un discorso o in un ragionamento finalizzato a determinare un falso convincimento nella vittima.
L’induzione in errore deve essere una diretta conseguenza degli artifici o dei raggiri e si configura allorché la vittima percepisca come vera una situazione in realtà inesistente.
A causa dell’errore in cui versa, la vittima deve poi compiere un atto di disposizione patrimoniale avente ad oggetto qualsiasi elemento del patrimonio: beni mobili e immobili, diritti reali e di credito.
Tale atto può, inoltre, identificarsi in un comportamento omissivo quale, ad esempio, la mancata riscossione di un credito o il mancato esercizio di un diritto.
Ai fini della configurazione del delitto è necessario che vi sia un legame causale tra l’atto di disposizione del patrimonio compiuto dalla vittima e un danno patrimoniale per la stessa.
La dottrina è concorde nel ritenere che tale danno deve avere sempre carattere patrimoniale, identificandosi ora nella perdita di un bene economico, ora nel mancato acquisto di un’utilità economica.
Al danno della vittima deve corrispondere un ingiusto profitto per l’agente o per altri. Il profitto non deve essere necessariamente patrimoniale, potendo consistere in qualsiasi tipo di utilità; è necessario, invece, che sia ingiusto, ossia contro l’ordinamento giuridico.
La truffa si consuma quando l’agente consegue l’ingiusto profitto con altrui danno, anche se tale profitto non corrisponde compiutamente all’iniziale previsione o alla finalità dello stesso.
L’elemento soggettivo è integrato dal dolo specifico consistente nella volontà di porre in essere una condotta ingannatrice al fine di ottenere un ingiusto profitto contestualmente all’altrui danno.
Il fatto è aggravato (Circostanze del reato) se commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico; se commesso col pretesto di far esonerare qualcuno dal servizio militare; se commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’autorità.
L’art 640 bis prevede, poi, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, fattispecie introdotta con la l. n. 55/1990, relativa ai casi in cui la truffa riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati, ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato di altri enti pubblici o delle Comunità europee.