(gr. Τρίτων) mitologia Dio marino degli antichi Greci, detto di solito figlio di Posidone e di Anfitrite; considerato talvolta in tarde leggende dio del Lago Tritonide (o Palude Tritonia) in Libia, ha allora per figlia Pallas, compagna di Atena, uccisa incidentalmente da questa. Un’altra figlia di T., Triteia, amata da Ares, fu madre di Melanippo.
Il nome di T. fu dato in seguito a una serie di esseri del corteggio di Posidone, raffigurati con corpo umano terminante in appendici pisciformi. Il tipo compare già nell’arte arcaica greca in sculture e su vasi dipinti, ma nel 4° sec. la figura va sempre più umanizzandosi e l’unione fra la parte inferiore pisciforme e il tronco umano diviene più armonica; spesso sul dorso del T. siede una Nereide (v. fig.). Scopa creò un celebre gruppo statuario e il tema trovò largo sviluppo nell’arte romana, nei mosaici termali e in sarcofagi. astronomia Il maggiore satellite di Nettuno e il penultimo in ordine di distanza dal pianeta. Fu scoperto da W. Lassell nel 1846. È l’unico, fra i satelliti di Nettuno, a muoversi in senso retrogrado: la sua orbita, quasi perfettamente circolare, ha un raggio di 354.800 km ed è inclinata di 157° rispetto all’equatore del pianeta. Il suo periodo di rivoluzione è di 5,88 giorni. La sua superficie ha una riflettività molto elevata (∿75%), superata, fra tutti i satelliti del Sistema solare, soltanto da quella di Encelado. Insieme a Titano e Io, è uno dei pochissimi satelliti a possedere un’atmosfera. L’esistenza di questa atmosfera, inferita con osservazioni da Terra, fu confermata dalla sonda Voyager II che esplorò il satellite nell’agosto 1989. È risultato che essa consiste principalmente di azoto, con tracce di metano, e che la pressione al suolo è di appena 2∙10–5 bar. La superficie del satellite presenta una notevole varietà di strutture: fra queste, le chiazze scure circondate da un bordo brillante, la cui natura è tuttora incerta. Sulle regioni polari si estendono vaste calotte, costituite da metano e azoto allo stato solido. A causa dell’inclinazione del suo asse di rotazione, T., nel corso dell’anno nettuniano (della durata di circa 165 anni terrestri), è soggetto a un marcato ciclo stagionale, che conduce alla sublimazione periodica di parte delle calotte polari.